Piacentini, stop di 20 mesi
5 Febbraio 2008 da Ping Pong Italia
del Drago Rosso
Notizia a sorpresa: la squalifica di Piacentini è stata aumentata da un anno a 20 mesi. Come si ricorderà, la Corte di Appello Federale aveva accolto la richiesta della Procura antidoping e condannato Piacentini a un anno di squalifica per essere stato trovato positivo ai metaboliti della cocaina durante i Campionati italiani a Terni. La Procura aveva chiesto un solo anno, anziché i 2 previsti in questi casi, perché Piacentini aveva collaborato dichiarandosi colpevole e rinunciando alle controanalisi. Ma l’Agenzia mondiale antidoping aveva fatto ricorso contro quella sentenza. Così, il giudizio è passato al Giudice di Ultima Istanza (GUI), che ha aggiunto 8 mesi alla squalifica. Adesso, l’unica possibilità per Piacentini di vedersi ridurre la pena è rivolgersi al Tribunale arbitrale dello sport (TAS), che ha sede a Losanna.
Ma perché la Wada ha fatto ricorso? Il motivo è uno solo: Piacentini, quando è stato trovato positivo, ha vinto i titoli di singolo e doppio. Questa per la Wada è un’aggravante che non viene annullata dalla collaborazione dell’atleta nel rifiutare le controanalisi e dichiararsi colpevole. Il senso è che la gara è stata falsata in maniera ancora più grave proprio perché Piacentini l’ha vinta, quindi c’è stato un danno maggiore per gli altri atleti, in particolare per quelli dalla sua parte del tabellone, che non hanno avuto la possibilità di gareggiare per la vittoria.
E’ importante quindi precisare due cose:
1) la posizione di Piacentini non è cambiata, vale a dire che non è stata trovata un’altra sostanza proibita, lui non ha commesso qualcosa di più grave, non è diventato “più cattivo”, ed è bene precisarlo per evitargli ulteriori accuse, semplicemente è stata valutata diversamente la situazione agonistica della gara, con il danno maggiore agli altri atleti, di qui l’aumento della pena;
2) proprio perché è entrato in ballo l’impatto sugli altri atleti, appare ancora più sbagliata la decisione della Fitet di assegnare i titoli ai finalisti, i titoli non andavano assegnati perché a essere danneggiati non sono stati solo i finalisti, ma anche tutti gli atleti che hanno incontrato Piacentini in quella gara.
Ultima precisazione. Ho letto, su questo blog e altrove, interventi nei quali si invocava anche la squalifica a vita. Ferma restando la libertà di opinione, è bene precisare che davanti a tutto c’è il rispetto delle leggi. Per l’infrazione compiuta da Piacentini le leggi sono ben precise, le avevo già ricordate e sono state applicate nel rispetto dei diritti di tutti, Piacentini compreso. Non si può condannarlo alla radiazione perché questa pena, per il suo caso, non è prevista. Lo sarebbe per ulteriori infrazioni dello stesso genere, ma per la prima volta non è prevista. Quindi, non è stata commessa alcuna ingiustizia, né in un senso, né nell’altro. Diversa è la questione che si possa pensare di radiare chiunque sia positivo al doping, ma per farlo bisogna prima cambiare le leggi. Quindi, ricordiamoci che è ingiusto additare Piacentini come qualcuno che debba uscire dal mondo del tennistavolo. Doveva essere punito, e lo è stato, solo per quello che ha fatto. Dal punto di vista della giustizia sportiva e della civiltà giuridica non può essere giudicato oltre.
Caro Drago Rosso
è sempre difficile e non corretto giudicare una persona,personalmente non credo ai benefici della sostanza riguardo alle performance sportive,20 mesi lontano dalle gare son molti per un Agonista,se il problema esiste davvero abbuonerei la “pena” a favore di un programma di recupero….
Ribadisco sempre se il problema è questo in quanto è dato poco sapere
con stima
Mi sembra che, in linea di principio, io e Vasco de Gama diciamo le stesse cose. Nell’articolo ho solo messo in evidenza i fatti nudi e crudi, non ho parlato delle mie convinzioni in materia, cosa che avevo già fatto all’epoca della prima squalifica. In quell’occasione, avevo detto (opinione strettamente personale) che non ritengo l’uso della cocaina come vero doping sportivo. Il doping sportivo è quello che mira ad alterare la prestazione a danno degli altri concorrenti. L’inserimento della cocaina fra le sostanze proibite ha due motivi principali: uno legato a un certo numero di casi in cui l’atleta ha un beneficio (ma limitatissimo nel tempo: per esempio, un calciatore che prende la cocaina peggiora le sue prestazioni; un pongista dovrebbe prenderne prima di ogni partita, quindi anche più volte al giorno, un’assurdità); l’altro legato a concetti di moralità, magari anche imposti da culture e tradizioni, oltre che dal pensiero cattolico dominante in Occidente, che sono state ripudiate da molte delle giovani generazioni. Per conto mio, a evitare qualsiasi equivoco, non mi importa una mazza della droga, io odio la “dipendenza”, qualsiasi forma di dipendenza, materiale (la droga in sé per sé) e ancor più mentale (che è poi la spinta a prendere droga o qualsiasi altra sostanza in maniera abnorme, tipo il vino, il fumo e così via). Io non bevo alcool, non fumo, non mi drogo, ma non mi sento di giudicare chi lo fa, a meno che non provochi danni ad altre persone (se guida ubriaco e investe qualcuno). Se uno si droga, per me sono fatti suoi, ma certo non lo indicherò come esempio ai bambini, a maggior ragione se questo è un campione dello sport.
Nel caso di Piacentini, ho solo messo in rilievo i motivi (che potevano risultare oscuri) dell’aumento della squalifica. Che sono sì agonistici (il danno all’avversario), ma non strettamente connessi alla “prestazione” sportiva. Cerco di spiegarmi meglio: non si sostiene che la cocaina lo abbia aiutato a battere gli avversari, si sostiene che, nelle condizioni in cui si trovava ai Campionati italiani, con i metaboliti della cocaina nel sangue, non sarebbe stato suo diritto partecipare, quindi la sua presenza e le sue vittorie hanno danneggiato chiunque abbia giocato con lui. Ripeto: non perché lui fosse più forte del normale, avendo preso cocaina, ma per il semplice fatto di esserci quando invece non avrebbe dovuto giocare. Una volta stabilito questo, è più chiaro l’aggravamento della punizione.
Ma, e arrivo alla conclusione, 20 mesi sono una punizione dura per chi non ha “barato al gioco”, volendo usare la terminologia da doping sportivo, ma ha assunto una sostanza per suo uso personale e ha poi ammesso di aver sbagliato a farlo. Tutti sono liberi di esprimere un giudizio negativo sull’accaduto (sulla persona è un altro discorso, io preferisco di no), ma, faccio notare ancora una volta, bisogna rispettare leggi e regolamenti anche quando si deve punire qualcuno. Altrimenti, ogni volta si invocherebbero punizioni più o meno gravi a seconda dell’impatto emotivo che ha avuto la vicenda, col rischio di cadere nella barbarie giuridica. Bisogna avere quella che è definita “la certezza del diritto” (io so quale punizione mi tocca se sbaglio). I 20 mesi a Piacentini formalmente non sono ingiusti, ma credo che, considerata anche la portata economica di uno sport come il tennistavolo (che dà stipendi miseri, almeno qui in Italia), questi 20 mesi sono una punizione peggiore rispetto ai 20 mesi in un altro sport più ricco (dove un atleta ha sì un danno più grande, ma ha avuto anche più soldi “prima”, quindi in teoria può camparci). Quindi, credo che un anno fosse già sufficiente, ma, visto che io stesso ho detto che le regole vanno rispettate, Piacentini deve rispettare la punizione e, magari, fare ricorso al Tas, che spero gli riduca la squalifica. Non c’è invece la possibilità di uno “sconto” in cambio di un programma di recupero. Quella è una cosa strettamente personale di Piacentini, se vorrà farlo e, soprattutto, se davvero ne ha bisogno. Meglio per lui che non ne abbia bisogno.
Sono stato lungo, ma ritengo fosse doveroso evitare equivoci su una materia così delicata. Spero di aver chiarito a Vasco de Gama e a chiunque altro come la penso.
Concordo pienamente sul tuo discorso sulle “dipendenze”
Ti riconfermo se si vuole aiutare l’agonista….IN CAMPO SUBITO…poi ci dovra’ pensare lui a mettere al posto le sue “croste”… personali…