Dalla Gazzetta dello Sport del 21/5
22 Maggio 2009 da Ping Pong Italia
TENNISTAVOLO Una straordinaria storia dalla Sicilia
Andrea, l’arbitro migliore è quello cieco
Non vedente dalla nascita, sa ascoltare i tocchi della pallina Anche sulla rete
GENNARO BOZZA
Andrea Donzella finisce di arbitrare Kerkent Agrigento-Helios Catania, serie C1 di tennistavolo, e fa il bilancio degli errori: 3 net dei quali non si è accorto, 2 scambi in cui non ha capito chi abbia vinto il punto. Solo 5 errori su un totale di 519 scambi (che arrivano a circa 550 considerando i net), meno dell’1%. E gli arrivano i complimenti: «Nemmeno chi ci vede ne fa così pochi». Già, perché Andrea Donzella è cieco, sin dalla nascita.
Una persona normale
Ma si fa fatica ad accorgersene: perché è di una bravura tecnica incredibile e perché il suo modo di essere e di parlare spiazza chi si preoccupa di non ferirlo. Quel punto? «Non l’ho visto». E non sta facendo una battuta, lui davvero ragiona in questi termini. I paragoni vittoriosi con gli arbitri vedenti? «Mi dicono che sono più bravo, ma non so se è vero, ho qualche dubbio». Gli avversari, avvertiti, prima appaiono stupiti, poi si uniscono ai complimenti. Ma come è possibile che diriga una partita? Le risposte sono due. Quella dei regolamenti: nelle serie minori, non ci sono arbitri designati (mancano i soldi), il ruolo lo svolge un tesserato della società ospitante. Donzella non lo è, tanto che a firmare il referto in quella gara è stato un altro, ma, una volta tesserato, potrà farlo ufficialmente. Quella della possibilità concreta: lui decide in base al rumore. «Mi immagino il tavolo e il movimento della pallina — spiega Andrea,
18 anni - . Riesco anche a percepire il rumore dello spigolo, più fioco. Più difficile il net sul servizio, devo stare molto concentrato: poi, riesco a distinguere il rumore con l’orecchio destro e quello sinistro per capire se la pallina, dopo il net, è andata nell’altro campo o è rimasta in quello di chi serve».
Ritmo magico
La passione nasce 5 anni fa perché «sente» giocare suo fratello gemello, Valerio, con cui frequenta l’ultimo anno del Liceo sociopsicopedagogico ad Agrigento. «Il rumore della pallina è meraviglioso, il ritmo lo sento dentro. Arbitrare mi permette di partecipare, di impadronirmi di questo gioco». Comincia con un torneo della Confraternita Suore Porte Aperte, poi quelli del Csi. Viene notato dai dirigenti del Kerkent che gli propongono di arbitrare in C1. E lui debutta alla grande. Suo fratello e altri amici si alternano per correggere eventuali errori, che però sono pochissimi. Difficoltà particolari? «La maggiore è nei tornei con più tavoli, i rumori sono tanti e lo stress mentale è notevole. Devo riuscire a isolare il tavolo sul quale sto arbitrando». La sua abilità non è limitata all’arbitraggio del tennistavolo. «Gioco con la playstation, i ruoli di combattimento, ho memorizzato 400 mosse e dal rumore mi regolo per agire». Vuole iscriversi a un corso di Fisioterapia all’Università e pensa di poter arbitrare anche in A. «Ho provato a farlo con le gare in TV, ho visto gli scambi, più veloci, e ho sbagliato poche volte. Sento che posso farcela».
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