Leggende indiane
17 Aprile 2010 da Ping Pong Italia
Lunedì 12 Aprile è stata una giornata speciale. Erano previsti, come di consueto, l’allenamento dalle 7 alle 8, poi dalle 9.45 alle 12.15 e dalle 17 alle 20.00 tutto bene per la prima e la seconda seduta, ma alla terza c’è stato un cambio di programma che volentieri ho accettato. Dietro indicazione del SAI Sport Authority of India, abbiamo invitato alcune leggende del pingpong indiano, obiettivo: motivare e coinvolgere gli atleti ad interagire con loro.
Ho chiamato il meeting “quando il presente incontra il passato” e così è stato.
All’incontro hanno partecipato, Kamlesh Metha, Indu Puri e Monalisa Barua. Solo qualche giorno più tardi ci è venuta a trovare un’altra giocatrice Shailaja Solokhe. Per gli italiani sono nomi che non diranno tanto ma in India dove, con tutte le sue divisioni e contraddizioni, c’è un fortissimo rispetto verso chi ha fatto la storia, non solo del pingpong, quelle persone rappresentano un modello
Il moderatore è stato il chief coach Bhawani Mukherji, un eccellente tecnico e amico superbo. La prima a portare la propria eseprienza di fronte i 22 giocatori, 5 tecnici e 3 membri dello staff tecnico è stata Indu Puri, a fine anni ‘70 fece scalpore la sua vittoria contro la campionessa del mondo 1977 Pak Yung Sun della Corea del Nord. Ha raccontato di quella e di tante altre partite. Poi Kamlesh Metha, miglior classifica 71 al mondo, col quale ho giocato svariate volte. Ha motivato i giocatori come meglio non poteva. Alla fine mi è toccato l’intervento finale durante il quale mi è sopraggiunta una forte emozione. Mi sono immedesimato nei giocatori e ho pensato a quando io ero come loro, al desiderio di diventare come quelli che mi avevano preceduto, come Sturani, Molina, Winderling, Macerata, Pelizzola, Triulzi, Bosi, Malesci, Giontella Bisi Guido. Per me sono stati le mie ideali guide per ottenere il successo, senza di loro non avrei fatto la carriera che ho fatto. Mentre parlavo mi è venuta in mente una frase di Patrizio Deniso che mi disse qualche tempo dopo il terzo posto ai mondiali di Kuala Lumpur del 2000 ottenuto dall’Italia: il successo di quella medaglia lo dobbiamo anche a te. Per quello che mi ha detto credo di non averlo ringraziato abbastanza.
Da qui il concetto di gratitudine che durante il meeting è scaturito più volte. È un fatto verissimo: non si ringrazia mai abbastanza il proprio allenatore, i prorpri compagni, i dirigenti, la famiglia, la prorpia nazionale e tutti coloro che fanno parte delle nostre performances.
Gli atleti erano elettrizzati, carichi, vogliosi di andare al tavolo e dimostrare il proprio valore, pronti a dare tutto pur di servire nel migliore dei modi il proprio paese.
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