Intervista esclusiva a Leo Amizic

27 Giugno 2011 da Ping Pong Italia 

del Drago Rosso

Più volte nei miei interventi ho ricordato che, secondo me, in Europa ci sono tre grandi allenatori, i migliori di tutti: Massimo Costantini, il romeno Gheorghe Bozga (anche lui fatto fuori dalla sua Federazione, ma guarda un po’) e il croato Leo (Leonardo) Amizic, 52 anni, fratello minore di Mario, che per tanti anni ha allenato in Germania e poi in Giappone. Lui stesso ha allenato in Germania, a Ochsenhausen e adesso, in quella stessa città, è il responsabile di un Centro per l’addestramento delle giovani promesse del tennistavolo, il Masters College. Leo Amizic era a Rotterdam e ne ho approfittato per intervistarlo. Potete accorgervi subito che Leo Amizic non è un tipo che le manda a dire ed è davvero duro contro l’attuale mondo del tennistavolo.
- Il tuo modo di essere allenatore è particolare. Non ti curi solo della tecnica, ma dai grande rilevanza all’aspetto umano, alla personalità del giocatore, al suo modo di essere e di vivere anche lontano dal tavolo. Puoi spiegare questo tuo modo di vedere il mestiere di allenatore?

“Per farmi capire meglio, prendo l’esempio da un episodio accaduto in questi Mondiali. Ho incontrato Tokic dopo la sua partita contro Ma Long, persa per poco, e lui mi ha detto: “Avevo bisogno di te, avevo bisogno di un allenatore”. Ovviamente, lui aveva un tecnico in panchina. Non faccio questo esempio per dire che io sono il più bravo allenatore del mondo, è altro quello di cui sto parlando. Parlo del fatto che conosco Tokic da anni, so che viaggia con la sua borsa, da solo, senza far parte di un gruppo sociale, sportivo, senza avere un contatto diretto con un allenatore che possa farlo riflettere su cosa fa, su cosa succede, che lo guidi, lo critichi, gli faccia fare le cose giuste. Voglio dire che un giocatore, quando è solo, è molto debole e non gli bastano le indicazioni tecniche durante la partita. In quel momento, ha bisogno di avere qualcuno che comprenda i suoi problemi sociali, oltre che sportivi, gli aspetti della sua vita personale”.

- Perché, secondo te, quasi tutti gli allenatori non seguono questa strada e si limitano agli aspetti tecnici?

“Credo che sia un problema culturale. Faccio un altro esempio concreto. C’è un ragazzo sudcoreano, campione del mondo allievi, che si sta allenando nel nostro College a Ochsenhausen. E’ stato portato dai coreani e lasciato lì, da solo, in un piccolo paese. Così, io mi occupo di lui, sto scoprendo chi è, cosa pensa, come pensa, tutte le cose che gli allenatori coreani non fanno con i giocatori. Loro fanno un lavoro col gruppo, io uno individuale. Per me è normale fare così. Per loro, per la cultura coreana e asiatica in generale, un gruppo è un sistema che funziona, non si occupano degli individui”.

- Anche in Europa, però, la maggiorparte dei tecnici non lavora sull’aspetto umano, c’è un problema di cultura anche qui. E allora, tu da dove esci con queste teorie, perché hai questo modo di pensare?

“E’ stato mio padre, Tomo, a darmi l’esempio. L’ho visto lavorare in palestra, lui si occupava personalmente di tutti. Ha fatto crescere generazioni e tutti, una volta diventati grandi, che siano stati forti giocatori o no, hanno preso qualcosa da papà. Allo stesso modo, tutti i giocatori che io ho seguito hanno portato con loro un pezzo di me. E anch’io ho preso qualcosa da loro. C’è uno scambio, una comunicazione vera, non si tratta solo di un lavoro nello sport, ma di passaggio di conoscenze e di esperienze da una persona all’altra”.

- In Cina i primi insegnamenti ai bambini riguardano il movimento delle gambe. In Europa gli si mette in mano la racchetta e non si pensa alle gambe. Qual è il sistema migliore secondo te?

“Ho lavorato molto con i bambini, ho cominciato la carriera di allenatore proprio con loro. Ero con Stipancic in un Centro in Croazia, con 40 bambini. E cominciai a cercare un metodo di lavoro. Dopo 5 anni, sono andato in Austria e anche lì ho lavorato con i bambini e ho sviluppato un mio metodo. Dal mio punto di vista, quando si comincia a giocare c’è bisogno di una crescita armonica: un passo di gambe, un movimento del braccio e del corpo. Non è qualcosa che possa essere diviso. Ci vuole ritmo, uno-due, uno-due. Non ci può essere il due se non c’è l’uno. Per me è un collegamento naturale e l’inizio di tutto, è come un cuore. Un’altra filosofia dei movimenti nel tennistavolo non riesco a vederla. Non vedo la ragione di imparare prima il movimento del braccio e poi cominciare a lavorare con le gambe, mi sembra molto complicato”.

- Eppure, i tecnici europei continuano a sbagliare.

“Ancora un esempio. Ho visto in Germania un giovane tedesco, che è anche entrato in nazionale e adesso si allena nel nostro College. Non ha mai imparato lo step-between, il passo fra un movimento e l’altro, fra un colpo e l’altro. Senza di questo non puoi giocare, perché non riesci a muoverti, sei fuori ritmo. Questo ragazzo ha un buon braccio, ma non sa fare lo step-between, non c’è collegamento fra la fine di un colpo e l’inizio dell’altro. Non lo sa. Fa un colpo, poi un passo che però non è collegato all’altro. Ho notato questa situazione e ho detto al suo allenatore: questo ragazzo non ha imparato la lettera A dell’alfabeto, perciò tutti i movimenti che fa sono per lui molto difficili e non si sente naturale. Allora abbiamo iniziato a insegnarglielo. E’ stata una fase che è durata 4 mesi, perché lui aveva bisogno di ritornare alla lettera A. Così, ha perso tempo che sarebbe stato utile per imparare qualcos’altro. Perciò, tornando al discorso del metodo, su come penso si debba iniziare, penso che si comincia a fare tutto insieme”.

- Per un po’ di tempo, hai avuto Ovtcharov fra i tuoi giocatori, quando era un ragazzino. Ricordo che aveva movimenti più puliti. Poi, si è staccato da te e adesso, secondo me, è diventato “storto”.

“A impostarlo sono stati il padre e l’allenatore. Io sono stato uno di quelli che l’hanno seguito. Quando aveva 14 anni, per lui sono stato un riferimento mentale e tecnico, forse un’ispirazione nel rapporto allenatore-giocatore. Lui veniva a Ochsenhausen ogni tanto, quando aveva tempo. Prendeva il treno e veniva lì per allenarsi e per parlare con me. Così, io ho avuto una certa influenza sulle sue idee, ma il maggior lavoro nella sua vita sportiva l’ha fatto il padre. Ci siamo parlati di nuovo l’anno scorso, agli Open di Germania, quando lui giocò contro Ma Long. Dopo la partita, venne da me e chiese cosa ne pensassi. Io gli risposi: stai facendo gli errori di un bambino, di un principiante, gli stessi che facevi a 14 anni. Uno di questi è la risposta al servizio, che io avevo criticato proprio quando lui aveva 14 anni. A quel tempo, gli dissi: basta, dovresti imparare la risposta col diritto. Però suo padre e il suo allenatore non hanno continuato a insegnarglielo e lui risponde sempre col rovescio, anche dal lato del diritto”.

- Perché non ha sicurezza?

“No, perché non ha tecnica, e di conseguenza gli manca anche la sicurezza. In un mondo di professionisti, questa è una cosa che lui dovrebbe affrontare, perché è ancora giovane, dovrebbe rischiare. Secondo me, rischiare è una sperimentazione nei movimenti, è la creazione di nuove situazioni, cosa che lui non fa. E questa è una cosa che non sopporto. Come allenatore, io sto all’opposto. Cerco di aprire la mente per essere in grado di cercare nuove situazioni. Non si deve essere conservativo per il solo fine di ottenere una vittoria”.

- Un’altra cosa molto strana di Ovtcharov è quel servizio in cui lui parte quasi da terra, con molta scena, per poi alzarsi e fare un normale servizio di rovescio che non ha niente a che fare con tutto il movimento precedente. Per me è qualcosa di completamente sbagliato. E per te?

“Nella mia vita ho già visto servizi strani. Di questo penso che è molto faticoso per il suo corpo. Deve consumare un sacco di energie per abbassarsi sulle ginocchia, poi alzarsi. Forse, mentalmente, è un servizio che fa impressione agli avversari, ma nell’esecuzione non vedo niente di speciale. Se vogliamo fare una comparazione, penso a Kong Linghui. Lui per anni ha usato un servizio di rovescio molto semplice, di side-spin”.

- Quello che sembrava il servizio di un bambino, che usò nel quinto set della finale olimpica contro Waldner, il quale non ci capì niente e sbagliò quasi tutte le risposte, dando il vantaggio decisivo a Kong per il titolo.

“Esatto. Magari non è il paragone più giusto, visto che i due servizi sono così diversi, ma è per far capire a Ovtcharov: c’è un altro servizio di rovescio che funziona meglio ed è molto semplice da eseguire. E’ anche vero, comunque, che c’è l’aspetto dell’abitudine da considerare. Ogni giocatore ha qualche movimento che fa per abitudine. Vuol dire che Ovtcharov è abituato a fare questo servizio, è un suo rituale”.

- Io sostengo che, per un allenatore, il lavoro in palestra e quello in panchina non sono la stessa cosa. Quindi, non è detto che la stessa persona possa fare entrambe le cose. O almeno, non è automatico che le faccia, c’è chi va bene in entrambi i ruoli e chi può svolgerne solo uno. Cosa ne pensi?

“Penso che ci sono allenatori bravi in panchina, ma non nel lavoro di tutti i giorni. Vuol dire che sono bravi ad analizzare la partita e danno buoni consigli, ma durante l’allenamento non sono in grado di guidare i giocatori, di essere leader, di avere l’intuizione giusta per insegnare un esercizio, o avere continuità nel lavoro. Voglio dire, per quest’ultimo concetto, che un allenatore ogni giorno deve fare un allenamento che ha un inizio e una fine, e questa fine dovrebbe essere ottima, per essere soddisfatti del lavoro svolto. Questa caratteristica non ce l’hanno tutti gli allenatori. Credo che quelli bravi nel lavoro in palestra sono capaci di intuire, di collegare gli esercizi e non essere solo programmatori, possono perciò avere qualcosa da dire anche in panchina. Al contrario, quelli che sanno solo parlare in panchina, non sono buoni allenatori, sono soltanto consiglieri. Naturalmente, ho visto molti allenatori bravi a fare entrambe le cose”.

- C’è chi sostiene che bisogna essere stati per forza buoni giocatori per poter poi diventare allenatori. Io non sono d’accordo. E tu?

“Ho avuto anche questo tipo di esperienza. Io non sono stato un grande giocatore. Ero un talento da ragazzo, ho vinto tre volte i campionati allievi in Jugoslavia, sono stato in nazionale junior, ma non sono stato capace di svilupparmi completamente. Mi sono trovato, quindi, per la prima volta in vita mia, nella situazione di dover allenare un grande giocatore quando avevo in squadra Chen Xinhua, il difensore, uno dei più forti cinesi, uno che sapeva tutto della tecnica, un giocatore eccezionale. Nel suo modo di pensare, lui non poteva capire come fosse possibile che io gli dessi consigli ai massimi livelli, sapendo, al tempo stesso, che io non ero stato a quei livelli da giocatore. Un giorni mi chiese: puoi dirmi come è possibile, tu non eri un top player, ma capisci tutto questo. Ed era quasi arrabbiato mentre lo diceva. Io gli risposi: sono arrivato a certi livelli del gioco da un’altra via”.

- Del resto, non si spiegherebbe come un giocatore come Massimo Costantini abbia imparato da un tecnico come Enzo Pettinelli, che da giocatore non era stato nemmeno ai tuoi livelli, che tu definisci non elevati. Insomma, se usi il cervello, non hai bisogno di essere stato un forte giocatore.

“Certo. E, inoltre, se sei stato un grande giocatore non vuol dire che potrai essere un grande allenatore. Quello dell’allenatore è un altro lavoro, è un ruolo in cui l’ego può disturbare molto di più di quanto lo è per un giocatore. E’ questa la grande differenza. Io penso che molti giocatori sono egoisti, il che per uno sport individuale è anche una cosa positiva. Hanno bisogno di essere così. Ma come allenatore devi imparare a diminuire il tuo ego più che possibile, per poter essere nel ruolo di insegnante. Naturalmente, ci sono esempi come Mourinho dai quali si vede che anche con un grande ego si può essere un grande allenatore, e anche un motivatore. E infine c’è l’altra faccia della medaglia da considerare: alcuni grandi giocatori possono poi diventare grandi allenatori”.

- Dall’Europa non arrivano nuovi giocatori. L’ultimo di alto livello è Boll, che ormai ha quasi 30 anni. Cosa si sta sbagliando?

“Penso che la vera differenza fra la Cina e l’Europa sia nell’allenamento. Gli asiatici si allenano molto di più degli europei. Facendo un parallelo fra Ma Long e Ovtcharov, dico che Ma Long in un anno si allena almeno 500 ore di più, e forse addirittura mille ore di più. E questa per me è già una differenza incredibile. Inoltre, Ma Long si allena con i numeri 1, 2 3 del mondo e così via, Ovtcharov no. Queste sono le cose che fanno la differenza. Quindi, gli europei devono semplicemente allenarsi di più. Per me è addirittura una sorpresa che qualche europeo riesca a giocare contro i cinesi, come Tokic contro Ma Long. Tokic è un ragazzo che da anni viaggia per tutta l’Europa, non so nemmeno come riesca a essere un giocatore, senza che qualcuno lo segua, ma riesce a giocare alla pari con Ma Long. D’altra parte, bisogna pensare ai coreani, che si allenano intensamente, ogni giorno per tante ore, con un bel gruppo, ma da 15 anni non riescono a creare un grande giocatore. E anche i giapponesi, che hanno molti giovani, non hanno il grande campione. Eppure, si vede che hanno lavorato, c’è un grande movimento lì. Penso che mio fratello abbia fatto un gran lavoro per insegnare loro a giocare di rovescio, perché prima non sapevano farlo. Adesso, tutti i giapponesi giocano col rovescio, una cosa da far notare. Comunque, nonostante tutto questo lavoro, non sono riusciti a creare il campione fortissimo. Il fatto è che loro sono davvero bravi nell’imitare, ma non mi fanno una grande impressione”.

- A parte la quantità di allenamento, quali altri motivi ci possono essere per spiegare questa differenza fra Cina e resto del mondo?

“Il numero di allenatori che sono stati campioni da giocatori. A parte gente come Liu Guoliang e Kong Linghui, tecnici della nazionale, qui a Rotterdam ho incontrato Ma Wenge e Feng Zhe, che sono stati due giocatori di altissimo livello e che hanno cominciato a lavorare con i bambini. In Europa non c’è Waldner che allena i bambini. Io ho smesso di lavorare con i professionisti perché sono stanco di tutta questa frenesia di cercare il risultato settimana per settimana, vincere la partita o il torneo. Non c’è un programma. Per me, l’unico motivo che mi ha spinto a tornare nel tennistavolo è stata la possibilità di sviluppare una scuola e lavorare con i giovani”.

- Eppure, una volta, dall’Europa venivano fuori non solo i fuoriclasse come Waldner, gli svedesi, gli ungheresi, ma anche gente forte come Gatien, Primorac, Saive. Oggi c’è il deserto.

“Non è solo questione di lavoro. Ho già detto che, in un gruppo che si allena 6 ore al giorno, quello che non resiste sarà buttato fuori. In Europa i giovani guadagnano soldi più velocemente che mai. Un Mutti, a 16 anni, ha più soldi di quanti ne guadagnava Gatien alla sua stessa età. Questo perché il marketing, il business entra nel tennistavolo troppo presto. Così, i giovani perdono di vista la realtà. Il sistema non è sviluppato e non c’è un confronto con il giocatore, ma con lo sponsor. Proprio negli anni in cui si deve lavorare di più, si ha la mente altrove. Qui a Rotterdam, per fare un altro esempio, c’erano Primorac, Saive e Persson, tre vecchi giocatori che sono riusciti a ottenere la qualificazione diretta per l’Olimpiade di Londra. E io mi chiedo: dove sono i giovani europei che prendono tanti soldi troppo velocemente, che non si allenano abbastanza, che non sono maturi ma pensano di essere già bravi? Dove sono in questo momento?”.

- Non ci sono anche responsabilità degli allenatori europei in tutto questo?

“Gli allenatori europei non hanno abbastanza coraggio per alzare la voce e dire quello che pensano. Non combattono per il loro ruolo. Sono lenti a capire che questo è un lavoro, un mestiere. Non comunicano oppure la comunicazione è bassissima”.

- Magari ognuno pensa di essere il migliore e va avanti per conto suo?

“Ognuno sta cercando il proprio interesse. Ho lavorato in Russia per un paio di mesi. Ogni allenatore locale prende una percentuale sui premi dei suoi giocatori. Per esempio, un ragazzo di 12 anni vince 4000 euro a un torneo, messi in palio dalla Gazprom, e l’allenatore della regione per cui gioca prende una parte del premio. E’ tutto così tragico”.

- Non credi che la preparazione tecnica degli allenatori sia più bassa che in passato? Che non vogliono studiare? Un indizio, secondo me, è che nessuno va in Cina per imparare qualcosa, probabilmente anche perché crede di saperne di più dei tecnici cinesi.

“Siamo arrivati a una situazione in cui il ruolo dell’allenatore in Europa non vale molto. Ce ne sono 2-3 che mi sembra abbiano le conoscenze giuste e hanno anche la personalità per comportarsi da veri allenatori. Ma non è abbastanza. I giocatori si rivolgono all’allenatore quando ne hanno bisogno per fare qualche risultato, però non c’è una relazione in base alla quale puoi dire che questo allenatore lavora con questi giocatori, che c’è un rapporto fra loro. Ci sono, comunque, anche segnali positivi. Quest’anno ho fatto 6-7 camp con i ragazzi e ho visto che in Croazia c’è un allenatore che fa un buon lavoro con allievi e junior. Ho visto due allievi e due junior di questo allenatore che hanno con lui un rapporto tecnico, mentale e sociale a un livello tale che dà la possibilità a tutti di imparare. Questa si chiama etica dello sport. Socializzare, essere concentrato negli allenamenti, voler dare il meglio di se stessi. Quando ho visto questo allenatore, mi sono detto: questo ragazzo fa un buon lavoro. E ho visto anche la nuova generazione della Polonia, ho parlato con Krseszewski, penso che lì ci sia una riserva di talenti che spariscono ogni anno. Potrebbero avere scambi con il mio College, lo sto proponendo. A loro manca solo l’ultimo passo per diventare forti giocatori”.

- Allenatori, dirigenti e anche giornalisti europei, dopo l’Olimpiade di Pechino, col trionfo dei cinesi, si misero a piangere con l’Ittf a proposito degli scambi tecnici con la Cina. Si lamentarono perché, a loro dire, i cinesi, quando ci sono gli europei che vanno da loro ad allenarsi, non rivelano i loro segreti. Quindi, gli europei aspettano chissà quale trucco per battere i cinesi, magari senza allenarsi! Cosa ne pensi?

“Penso che un giocatore ottiene un consiglio quando appare chiaro che ha bisogno di averlo. Se un giocatore arriva all’allenamento e aspetta che qualcuno gli debba dire qualcosa, è nel posto sbagliato. Per me, un giocatore deve mostrare la volontà di imparare. Se non lo fa, non ottiene niente. Se va all’allenamento e ha il problema di aprire una palla medio-lunga, deve chiedere: come lo faccio? Tutto qua. E avrà la risposta. Se non lo fa e aspetta che qualcuno vada da lui, dopo aver passato 25 anni in palestra da allenatore, per dirgli: perché non fai così?, ha sbagliato tutto. Si deve guadagnare innanzitutto il rispetto e lo si guadagna innanzitutto chiedendo le cose che non si sanno”.

- Hai allenato Kong Linghui a Ochsenhausen, a metà degli anni ’90, quando lui era giovane. Puoi parlare di questa esperienza?

“Lui venne da me quando già era campione del mondo, anche se ancora molto giovane. Fu mandato dalla Federazione cinese e non aveva la possibilità di dire no. E questa è un’altra differenza enorme nei ruoli di allenatore e insegnante. In Europa la funzione di insegnante non ha più alcun valore. La nostra società ha perso questi valori fin dalla scuola elementare. A scuola non c’è rispetto degli allievi per il professore. In Asia invece niente è cambiato. L’allenatore di Kong Linghui ha detto: lo mandiamo in Europa per fargli imparare gli aspetti mentali, per fargli vedere un altro mondo, per fargli imparare altre tecniche dagli allenamenti degli europei, per vedere la vita, per farlo diventare più forte da tutti i punti di vista. Ecco perché lui venne in Europa, come anche Wang Liqin. Quale giocatore europeo sarebbe disposto a farsi mandare in Asia da un allenatore? Questa è la domanda per tutti gli allenatori e per tutto il sistema pedagogico e sociale europeo. Quale famiglia di un giocatore sarebbe in grado di accettare queste decisioni? Questa è già una grande differenza e non riguarda solo lo sport. Perciò torno alla mia filosofia: lavoro con gli uomini, con la personalità, non con il gruppo”.

- Quindi, come andò con Kong Linghui? In teoria, visto che era stato obbligato a venire da te, poteva ubbidirti ma allo stesso tempo non accettarti.

“Ma le cose andarono benissimo, il rapporto con lui fu super. Lui ha imparato da me la lingua inglese e parlando inglese si è aperto mentalmente. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, non facevamo grandi discorsi perché lui era già un campione. C’era qualche scambio, tipo: quando torni in Cina, impara a giocare un po’ di più col rovescio lungolinea. E lui, quando ci rivedevamo, mi diceva che l’aveva fatto. Alla fine, quindi, non mi accettò perché stava eseguendo un ordine, ma perché ci fu corrispondenza mentale fra noi. Un solo esempio. Nel 1997, ai Mondiali di Manchester, dopo la vittoria su Ma Wenge, lui lasciò i tecnici cinesi e venne da me, in tribuna, a parlare della partita. Abbiamo continuato ad avere un rapporto umano e sportivo e anche qui a Rotterdam abbiamo parlato”.

- Cosa pensi di tutte le nuove regole volute dall’Ittf?

“Innanzitutto, devo fare una critica all’Ittf a proposito dei servizi. Hanno fatto tanto chiasso sull’esigenza di avere servizi puliti, ma poi hanno dimenticato di mettere in atto la nuova regola. Vedo che i giocatori fanno servizi irregolari e gli arbitri non reagiscono. L’Ittf e anche l’Ettu devono rinnovare la regola o accettare il fatto che gli arbitri non sono in grado di farla rispettare. Tutto questo è ridicolo”.

- E passiamo alle altre regole. La peggiore in assoluto, per me, è la pallina da 40 millimetri, che ha snaturato il gioco e lo ha reso meno spettacolare, cancellando tra l’altro il colpo più spettacolare, la controschiacciata lontano dal tavolo, ora impossibile perché la pallina si affloscia come quella del badminton. E secondo te?

“E’ chiaro che il gioco con la pallina da 40 millimetri è più lento e meno attraente di prima, è un cambiamento che non ha migliorato il tennistavolo. La partita era più interessante e complicata, dal punto di vista delle rotazioni, con la pallina da 38. Era un gioco più esplosivo. Adesso, il gioco è diventato più fisico. Basta andare a rivedere le partite degli anni ’80 e inizio anni ’90 per vedere la differenza”.

- E qual è, allora, il tennistavolo più bello?


“Quello di prima, senza discussioni”.

- Io ho espresso l’idea che per i ragazzi le supergomme come le Tenergy e tante altre siano un danno clamoroso e che, fino ai 16 anni, loro debbano usare gomme non più spesse di un millimetro, per poter impostare correttamente i movimenti di braccia e corpo. Cosa ne pensi?

“Che questa è la vera base del tennistavolo. Sono assolutamente d’accordo. E poi, visto quanto costano le Tenergy, faremmo un favore ai ragazzi anche dal punto di vista economico”.

- Vorrei concludere con un riferimento al tennistavolo italiano. Ho saputo che avete chiesto alla Fitet di far andare Mutti nel vostro College per una serie di stage, ma avete avuto risposta negativa. E’ vero?

“E’ vero, basta andare a chiedere al presidente del College per avere la conferma. Io ho parlato personalmente con Mutti, l’ho invitato a venire a Ochsenhausen e lui sarebbe d’accordo. Ma la Federazione italiana non è d’accordo. Intanto, vedo che Mutti è molto peggiorato rispetto a quando l’ho visto le prime volte. Adesso, è molto più rigido nei movimenti, rinunciatario nel gioco, non usa quasi mai il diritto. L’ho visto perdere male nel torneo di consolazione, contro un avversario scarso. Stavo in tribuna e, a un certo punto, non sono riuscito a trattenermi e ho detto: ma quand’è che cominci a giocare a tennistavolo? Credevo di averlo detto a bassa voce, ma mi hanno sentito, anche lui. Ma questa è la verità, non sta giocando a tennistavolo”.

Commenti

29 risposte per “Intervista esclusiva a Leo Amizic”

  1. lelesguizzero ha scritto il 27 Giugno 2011 22:14

    Ecco un altro smoke seller!!!

    12 pagine per non dire una beata minkia!!!

    E pensare che lo pagano pure!!!

  2. about.blank ha scritto il 28 Giugno 2011 10:09

    Grazie Drago, lettura molto interessante.

    Riguardo Mutti, temo che al solo sentire la parola “Ochsenhausen” a Castél vedano agitarsi fantasmi funesti. Preferiscono evidentemente tenere vicino il talento naturale che deve ancora imparare a giocare un tennistavolo nel quale sia impegnato tutto il corpo, bloccandone così lo sviluppo, pur di scongiurare la possibilità che possa conoscere realtà diverse e un domani andarsene. La disposizione d’animo é sempre la stessa: “ha tutto ciò che può servirgli quì a casa, perché mandarlo fuori col rischio che ceda a qualche lusinga?” E’ accaduto lo stesso con Bobo che voleva tornare in Germania ed é rimasto in Italia col “ricatto” dell’Aeronautica. Questo perché Federazione e Società sono la stessa cosa… purtroppo.
    Te ne vai? Sei irriconoscente. Ma verso chi? Verso la Federazione o verso la Società? Un nazionale resta tale anche all’estero. Ma se la Società si sovrappone alla Federazione, allora é tutto un altro discorso.

    Parlando del “famigerato” servizio di Ovtcharov, Amiciz conferma il mio pensiero: quel gesto inutile dal punto di vista tecnico può essere solo un rituale nel quale raggiungere il più alto grado di concentrazione. Un tic, come ne hanno molti, solo più dispendioso di altri.

    Mi ha interessato molto il discorso tecnico sullo “step between” che mi piacerebbe approfondire.

    Oltre alla tecnica é molto interessante l’approccio psicologico del coach col giocatore. Comprendere le motivazioni e all’opposto i lati oscuri nella formazione del carattere del giocatore significa comprendere il perché di certi cedimenti di testa durante il match, di certe sconfitte inspiegabili solo partendo da dati tecnici, inducendo nel giocatore la consapevolezza che l’avversario spesso é una proiezione di sé stesso o il suo alter ego che vuole privarlo di una soddisfazione che inconsciamente sente di non meritare.

    Un Saluto.

  3. about.blank ha scritto il 29 Giugno 2011 09:11

    Mi rendo conto solo ora di aver scritto: “Amiciz”. Vabbé, se é un lapsus non é certo una gaffe, data l’assonanza con la parola “amicizia”. :-)

    Torno sul discorso delle gomme da 1mm. per i giovani, introdotto tempo fa dal D.R. e ribadito in questa intervista.

    Premesso che la cosa mi trova assolutamente d’accordo, sfogliando i vari cataloghi di materiale reperiti a Rimini noto che sul mercato vengono distribuite gomme per gioco d’attacco o allround con spessore minimo di gommapiuma di 1.7 mm. . Credo possa comunque bastare.

    La cosa però mi induce un’ altra idea.
    Sempre che la cosa non sia in contrasto con le normative antitrust sulla libera concorrenza, non sarebbe una bella pensata se l’ETTU bandisse un concorso/gara d’appalto per fornire una monogomma monomarca da utilizzare in tutte le competizioni giovanili minicadet e cadet? La ditta che offre di più si accaparrerebbe l’esclusiva sulla fornitura per tutto il quadrienno olimpico di tutte le federazioni europee e tutti i “giovanili” fino alla categoria cadet sarebbero obbligati ad usare la monogomma. Con l’intero ricavato dall’esclusiva l’ETTU finanzierebbe i programmi di sviluppo nei paesi economicamente disagiati.
    Oltre a ciò si comincierebbe fin dalla giovane età ad affrancarsi dalla schiavitù dai materiali e a mettere tutti nelle medesime condizioni di partenza.
    E nel contempo si debellerebbe la tendenza di molti tecnici pigri che invece di insistere ad insegnare il rovescio, non esitano a metter sù un bel puntino a piccini e piccine e accorciare così il percorso didattico. Per me sarebbe un sogno se fosse l’ITTF a farsi carico di una simile rivoluzione (centinaia di migliaia di dollari per il progetto di sviluppo nel terzo mondo) ma credo sarebbe veramente utopistico imporre la monogomma su scala globale.

    Riguardo le norme antitrust, la monogomma monomarca esiste per le corse automobilistiche e motociclistiche… forse si può fare. ;-)

  4. thehammer ha scritto il 9 Luglio 2011 11:21

    Scusate, ma una cosa non mi è chiara. Prima si cantano le lodi del sistema cinese in cui il giocatore sembra una pedina in mano alla federazione:
    “Lui venne da me quando già era campione del mondo, anche se ancora molto giovane. Fu mandato dalla Federazione cinese e non aveva la possibilità di dire no.”
    Poi quando la federazione italiana nega a Mutti il permesso di andare ad allenarsi a Ochsenhausen si lascia capire che il nostro sistema è sbagliato.
    Si vuole l’autonomia decisionale o si vuole il potere della federazione?
    O devo capire che quando la federazione prende decisioni che condividiamo è giusta e buona, mentre quando ci trova contrari, abominio e sventura?

  5. Drago Rosso ha scritto il 21 Agosto 2011 17:28

    Per qualche misterioso motivo tecnico, non sono riuscito a collegarmi al blog per molto tempo. Sfortunatamente per molti, adesso riprendo a intervenire e comincio, sempre per sua sfortuna, dal quesito posto da The hammer.
    Sin dalla scuola elementare ci hanno insegnato che non si possono sommare cose diverse: quindi, 3 mele più 2 pere rimangono 3 mele e 2 pere, non sono 5 melepere. Nel caso in questione, The hammer fa una grandissima confusione e ci mette anche il tocco maligno, da perfetto e demente avvocato difensore della Fitet, perché sempre lì si va a finire: i servi della Fitet non finiscono mai.
    E allora, entrando nel merito, Leo Amizic non ha mai espresso un giudizio sul sistema cinese, ha semplicemente illustrato la realtà. E l’ha ricordata solo per spiegare il rapporto fra lui e Kong Linghui, non per parlare delle differenze ed esprimere valutazioni. Gli è stato affidato un giocatore e questo giocatore non ha scelto Amizic come allenatore, ha semplicemente eseguito un ordine. Leo Amizic, allora, prova a spiegare come è riuscito a costruire un rapporto con qualcuno che non lo aveva scelto ma che era stato obbligato ad allenarsi con lui. Tutto qui. E queste sono le mele.
    Il caso di Mutti è tutt’altra cosa (e qui parliamo delle pere). E The hammer è doppiamente in malafede perché non solo fa finta di non capirlo, ma stravolge completamente la realtà. E’ stato chiarito, specificatamente, che Mutti voleva andarsi ad allenarsi con Leo Amizic, che infatti non si mette a fare una disquisizione sui massimi sistemi, ma dice semplicemente che è sbagliato non assecondare la volontà di un giocatore. Che, andando a vedere in profondità, è esattamente la stessa cosa che dice a proposito di Kong Linghui: sa benissimo che la sua volontà non è stata rispettata e non cerca di imporsi come allenatore, cui Kong Linghui dovrebbe obbedienza assoluta per assecondare gli ordini della sua Federazione, ma cerca di conquistarlo e di farsi “scegliere”.
    The hammer è libero di non capire una mazza e di leccare il culo alla Fitet, ma rimane un povero idiota e disonesto.

  6. about.blank ha scritto il 22 Agosto 2011 09:59

    “..Mutti voleva andarsi ad allenarsi…” ???

    Chi é quel disonesto che ha rubato la password al Drago Rosso? :-D

  7. about.blank ha scritto il 22 Agosto 2011 10:02

    Drake, visto che questo é anche un post di tecnica, perché non ci dici il tuo parere tecnico e, perché no, politico sulla pallina in PVC?

    Fai finta che non te lo chieda about:blank ma molti appassionati. ;-)

  8. thehammer ha scritto il 30 Agosto 2011 01:22

    Drago, non si scaldi così, che poi si rovina la salute.
    Cosa vuole che me ne fotta della Fitet, ho altro a cui pensare.
    Mi fotte ancora meno di Amizic, e dei suoi rapporti con Kong Linghui, se è per quello.
    Io invece volevo proprio disquisire sui massimi sistemi, perché vede, Drago, io sono contro tutte le federazioni, di tutto il mondo, e contro i diktat di stampo pseudomilitare che esse impongono agli atleti. Credo che tutti gli sport e tutti gli atleti si esprimerebbero meglio senza questi inutili carrozzoni parastatali che tendono a diventare feudi politici del tirannello di turno, di cui la Fitet è un fulgido esempio.
    Capisce quindi che, come si suol dire, se la Fitet andasse a fuoco io non ci piscerei sopra.
    Aggiungo, tuttavia, che mi stanno sui testicoli coloro i quali difendono a spada tratta il sistema delle federazioni, salvo poi sparare a palle incatenate ogni volta che la federazione di turno prende decisioni che essi non condividono.
    La domanda “si vuole l’autonomia decisionale o si vuole il potere della federazione?” voleva solo rimarcare che mi era sembrato di cogliere una differente valutazione su comportamenti, che a me continuano a sembrare uguali, di due federazioni diverse (“..La nostra società ha perso questi valori fin dalla scuola elementare. A scuola non c’è rispetto degli allievi per il professore. In Asia invece niente è cambiato. L’allenatore di Kong Linghui ha detto: lo mandiamo in Europa…”).
    Kong è stato obbligato ad andare in Germania. E queste sono mele.
    Mutti è stato obbligato a non andare in Germania. E queste secondo me sono ancora mele.
    Io credo invece che gli atleti dovrebbero essere liberi di prendere tutte le decisioni che ritengono giuste, pertanto condanno severamente la Fitet, ma per coerenza critico qualunque altra federazione.
    Quanto agli insulti, come Lei ben sa, chiamano altri insulti, pertanto mi rammarico di prendere purtroppo atto che Lei, essendo un povero idiota, servo e leccaculo della federazione cinese, non ha capito un cazzo di quello che ho scritto.
    Mi fermo per non scadere nella volgarità.

  9. newlogin ha scritto il 30 Agosto 2011 17:03

    Che gli atleti debbano essere liberi di prendere decisioni mi sembra eccessivo, sopratutto quando si tratta di giovani. Ritengo invece che società, allenatore e atleta (o genitori in caso di giovani) debbano pensare ad un percorso nell’esclusivo interesse del giocatore. Se l’atleta è del giro della nazionale è ovvio che in questo contesto deve inserirsi la Federazione. Quando si fanno i veri interessi del giocatore, ne trarrà vantaggio la società, l’allenatore e la Federazione. Purtroppo di dirigenti e allenatori disposti a passare sul cadavere del propro atleta c’è ne sono e di commistioni società/federazione pure.

  10. Drago Rosso ha scritto il 1 Settembre 2011 20:07

    L’unica preoccupazione che mi fa venire l’intervento di The hammer, nuovo pezzo di merda dei blog e dei forum, sulla scia di illustri maestri, è relativa al suo invito a non scaldarmi perché mi rovinerei la salute. Così, per legittima difesa, mentre scrivo questa risposta mi tocco le palle per fare gli scongiuri sulla mia salute, e lo faccio con tutte e due le mani, in modo da avere un effetto più grande. Mi scuserete se non rivelo il segreto per toccarmi le palle e scrivere contemporaneamente.
    Comunque, arrivo alla sostanza. The hammer è davvero patetico quando tenta di insultarmi e non sa come fare, per cui si inventa una mia condiscendenza verso la Federazione cinese. Un vero poveraccio!
    Intanto, faccio notare che, nella sua demenza (stabilisce il record di nemmeno un neurone nel suo cervello bacato), non riesce a distinguere il discorso sulla società asiatica da quello sulla Federazione cinese. Leo Amizic fa una constatazione sulla società e prende come elemento positivo il rispetto verso i maestri o allenatori che dir si voglia. Non si mette a fare una prosopopea sul fatto che la Federazione abbia “potere di vita e di morte”. Ed è una constatazione che gli serve per poi chiarire i rapporti personali fra lui e Kong Linghui. Ma figuriamoci se un mentecatto come The Hammer possa capirlo.
    Per quanto riguarda me, ho mai scritto che quello che fa la Federazione cinese è “comunque” buono e giusto? Ho parlato positivamente dell’organizzazione e dei risultati, oltre al fatto che faccio il tifo per i cinesi perché mi piace la Cina, ma quando si è trattato di chiarire alcuni punti controversi non ho mai dato ragione aprioristicamente ai cinesi. In particolare, ho parlato dele regole che non permettono ai giocatori di iscriversi per conto loro ai tornei, visto che le iscrizioni per qualsiasi gara sono fatte solo dalle Federazioni. Ho citato il caso delle olandesi Vriesekoop e Kloppenburg che si rivolsero alla magistratura civile per poter partecipare a un campionato europeo, causa che vinsero. E in quell’occasione ho scritto che la causa principale di questa regola è la volontà della Federazione cinese, criticandola.
    E allora, dove sta questo servo della Federazione cinese?
    Il problema è che The hammer, sputtanato davanti a tutti, non ha saputo trovare altro che un miserabile pretesto per attaccarmi, facendo però un’altra figura di merda, alla grandissima.
    Per quanto riguarda gli insulti, vada a prendere lezioni. Altro che The hammer, altro che “martello”, qui siamo in presenza di un povero verme che striscia nel fango e negli escrementi e se li mangia pure, perché gli piace vivere così.
    Ecco, merda di The hammer, continua così, quanto ci fai divertire!
    P.S. Non hai bisogno di frenarti per paura di diventare volgare. E’ la tua stessa esistenza di merda che è volgare per conto suo, non hai nemmeno bisogno di sforzarti.

  11. thehammer ha scritto il 2 Settembre 2011 18:35

    Se ci arrivo perfin io, senza un unico neurone
    Come mai non ce la fa, il pur mitico dragone

    A capir che tante volte, gira e frulla, il turpiloquio
    Si appalesa immantinente, come mero vaniloquio

    Ora, il drago, e chi lo nega, di gran scienza è possessore
    Grandi atleti ha conosciuto, e ha seguito con amore

    Il problema, lo sappiamo, non da ora ma da anni
    È che vede tutti quanti, come sgherri dello scianni

    Se ti provi a far quesiti, fosse pure alla lontana
    Te le canta e te le suona, poi ti dà della puttana

    Se ti scappa per isbaglio di toccargli Costantini
    E’ capace son sicuro, anche di farti a pezzettini

    Come è vero e tutti sanno, per il bene del pongista, il dragone si fa il maxxo
    Ma si sa niuno è perfetto, e anche il drago c’ha un difetto, è una gran testa di caxxo

  12. zzantitop ha scritto il 3 Settembre 2011 11:00

    difentiamo le teste di caZZZo a spada tratta !!

  13. Drago Rosso ha scritto il 4 Settembre 2011 16:25

    Mi fa piacere notare che The Hammer riconosca implicitamente di essere stato sputtanato, quindi di non poter ribattere e allora non gli rimane che sparare ulteriori cazzate. Godo come un riccio, rosso naturalmente.

  14. about.blank ha scritto il 5 Settembre 2011 15:50

    Max, avevo già chiesto al Drago ma lui ha detto che non mi caga.

    Tu che ne dici di questa novità? E, please, vedi se riesci a convincerlo a parlarne, anche senza che possa sembrare una risposta a me. :-)

    http://www.youtube.com/watch?v=r4nueL5_iYU

  15. albi fortuna ha scritto il 8 Settembre 2011 15:54

    @Drago: lo sputtanamento aumenta giorno dopo giorno. E’ il clou deve ancora arrivare. Ormai anche il signore degli anelli comincia a picchiare duro. Trova certamente terreno facile visto che chi subisce non sa come difendersi. Il respiro diventa sempre più affannoso . La cosa è importante è fare circolare le notizie o meglio fare sapere cosa succede nel palazzo impenetrabile da regime.

  16. newlogin ha scritto il 9 Settembre 2011 12:57

    @albi: Hai ragione. Le società non sanno proprio nulla di quello che succede a Roma. E’ importante dare il giusto risalto a tutte quelle grandi cose che Scianni e i suoi fedelissimi si inventano, studiano, pensano, elaborano. Quando una grande mente si impegna a favore di un movimento sportivo è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare. Visto che Attili scrive poco, pensiamoci noi. Anzi Drago pensaci tu. C’è tanto da scrivere. Ne hanno fatte proprio tante. Bisogna dare spazio perchè Sciannimanico si è dimostrato il più grande della storia del tt.

  17. shinn ha scritto il 10 Settembre 2011 17:16

    Scianni si è dimostrato il più grande su questo non si discute. Non può pagagonarsi a nessuno dei precedenti presidenti. Penna, Sagrestani, Bosi al suo cospetto dirigenti non certo come lui. Se fosse possibile lo farei clonare in più esemplari da mandare alle federazioni estere o alle altre federazioni sportive italiane. Quando un dirigente è bravo bisgona utilizzare tutte le sue capacità.

  18. about.blank ha scritto il 11 Settembre 2011 09:41

    @Shinn: come enunciato da Pascal e ricordato da Gommalacca, dipende sempre dai punti di vista. Visto da Castél Scianni é grandissimo, in tutti i sensi.
    Anche Bosi visto da Terni ha la sua bella stazza, pur non essendo ternano ha fatto tanto del bene da quelle parti.

    Di Scianni resterà solo lo storico ingresso nei Gruppi Sportivi Militari. Speriamo che la collaborazione continui anche in un futuro senza Scianni… e non solo a senso unico come ora.

    Comunque, Shinn, tu stai giocando sporco.. sei solo un depistatore, un agitatore, un provocatore.

  19. newlogin ha scritto il 12 Settembre 2011 11:30

    @about: Se Scianni è amatissimo a Castel, gli facessero fare il sindaco come da suo desiderio. Da abile dirigente/manager saprà ben amministrare. Tanto la Fitet la lascerà in buone mani e in una condizione eccellente. Sarà come una passeggiata gestire la federazione sull’onda di qello che ha fatto Scianni di buono. Tutto è perfetto e collaudato. Magari potrebbe portarsi a Castel come consulenti il tuo amico Di Napoli e Scardigno che sono una garanzia
    Se Scianni farà il Sindaco, io quale ex-collega gli chiederò un aiutino per farmi tornare a fare la linea Milano-Chiasso.

  20. about.blank ha scritto il 12 Settembre 2011 22:26

    “Se Scianni farà il Sindaco, io quale ex-collega gli chiederò un aiutino per farmi tornare a fare la linea Milano-Chiasso.”

    Boh? Se questa me la spiegassi te ne sarei grato.

  21. about.blank ha scritto il 13 Settembre 2011 10:05

    @Newlogin: strumentalizzare le amicizie é meschino. Non ripudio gli amici neanche quando sbagliano.

  22. albi fortuna ha scritto il 15 Settembre 2011 08:32

    @about: hai ragione. Gli amici sono sempre amici, anche quando sbagliano. Però agli amici veri si fa notare che stanno sbagliando altrimenti ci si ritrova che quando conviene si dice che stanno sbagliando, quando non conviene si dice che stanno facendo bene. Peggio ancora si tace. Questo succede molto spesso e anche su questo forum. Hai visto quanti imbavagliati ci sono!
    @newlogin; se Scianni facesse il sindaco certamente l’esperienza Fitet sarebbe utile. Di Napoli e Scardigno potrebbero aiutarlo anche là. Vedo bene anche 40elli come Assessore allo Sport.

  23. about.blank ha scritto il 16 Settembre 2011 00:13

    Sig. Fortuna: non mi insegna nulla di nuovo. Le faccio un esempio: c’é stato un famoso caso pubblico che ha visto coinvolti due miei amici. Ho sempre cercato di vedere le responsabilità dell’uno e dell’altro e a ciascuno di essi ho detto dove, secondo il mio punto di vista, sbagliavano o avevano ragione, corroborato in questo anche dalla considerazione che il torto e la ragione non sono mai del tutto dalla stessa parte. Se vogliamo parlare precipuamente di Di Napoli, lei non sa le discussioni che abbiamo avuto e abbiamo su vari aspetti della vita federale. Ciò non toglie che io nutra la stessa amicizia di prima nei suoi confronti anche se, per esempio, alcune dei nostri scambi di opinione vertano sulla diversa (e per me mutata) considerazione che rispettivamente abbiamo del presidente o del direttore tecnico federali.

    Un Saluto.

  24. TimeOut ha scritto il 16 Settembre 2011 15:23

    Intervista esclusiva a Leo Amizic….ovvero tutte le strade portano a Roma ,passando da Torino…e comuni limitrofi…

    che due palle !!

  25. about.blank ha scritto il 16 Settembre 2011 20:42

    @ TimeOut:

    Se avessi manifestato la tua orchite prima che io rispondessi avrei evitato di infierire. La prossima volta sii più tempestivo, magari ti potrei risparmiare una sofferenza inutile. Prova pure a lamentarti con chi provoca, così il dolore sarà ancora più breve.

  26. TimeOut ha scritto il 17 Settembre 2011 16:37

    scusi about blank , commento quanto ritengo opportuno di commentare non ho mica bisogno di apparire ovunque come lei o di dire sempre la mia su tutto, mi accontento di poco e son felice con tante altre cose che proprio il protagonismo è l’ultimo dei miei pensieri….sa qua si commenta una certa cosa e alla fine si devono leggere sempre le solite cose….tra i soliti fenomeni da baraccone…

    io fossi il responsabile di questo blog il 99% dei suoi interventi non li passerei nemmeno!

    ha visto che mi son lamentato in tempo adesso ?

    Non replichi la prego perchè so anche essere maleducato !

  27. about.blank ha scritto il 18 Settembre 2011 16:54

    Allora Signor TimeOut stavolta sarò veramente tempestivo e la precederò:

    vada pure… affanculo!

  28. TimeOut ha scritto il 19 Settembre 2011 07:09

    di solito ci si va in due……in ogni caso lei è un cafone malato di protagonismo…..
    che poveretto !!! alla sua eta’…..scusi lei oltre a ragliare sui massimi sistemi del tennistavolo cosa fa per questo movimento ?

    Si infiamma facilmente…..qualche scheletro nell’armadio?

  29. about.blank ha scritto il 19 Settembre 2011 09:19

    @Time Out: nel mi piccolo.. credo di fare qualcosa di più che.. chiamare un time out. :-D

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