Elezioni e democrazia

29 Settembre 2016 da Ping Pong Italia · 4 Commenti 

In tempo di elezioni è quasi prassi consolidata che i singoli candidati si confrontino in quelle che si definiscono “le primarie” ossia l’opportunità di testare e tastare l’elettorato affinché si raggiunga una definizione di candidati col consenso popolare, democratico.

Per questa tornata elettorale della FITeT 2016 la regola è stata confermata ma con un meccanismo davvero insulso, offensivo direi all’idea di democrazia, ma questa non è una novità. La FITeT o il movimento pongistico nazionale ha la fama di avere un sistema…non saprei quale espressione usare: non democratico? Anti democratico? Dittatoriale? Totalitario? Scegliete voi.

Come molti potrebbero sapere, ogni candidato, per poter competere a una tornata elettorale, deve essere nominato da almeno 70 figure societarie siano esse atleti, tecnici o dirigenti, e fin qui nulla di eccezionale. L’insulto alla democrazia è un altro, è l’azione perpetrata da alcuni volta all’eliminazione “fisica” dell’avversario politico facendo piazza pulita di nomine, e quindi togliendo la possibilità di partecipare che è la madre di ogni democrazia, la partecipazione: mamma mia quanto è brutta questa cosa. Ma c’è di peggio, qualcuno si è fatto promettere la nomina ancora prima che i “giochi” ufficialmente abbiano avuto inizio, quando non si conoscevano nemmeno i probabili candidati alla presidenza. Complimenti vivissimi!!! Ancora una bella dimostrazione di democrazia e trasparenza all’interno dello sport che tutto deve essere meno di ciò che stiamo dimostrando. Gli attori coinvolti non si sentono minimamente in colpa di tutto ciò, per loro è lecito, agiscono nei binari delle regole e della legalità, come dargli torto, è nel loro diritto. Tuttavia, considero queste, azioni basse, grette e figlie di una sotto cultura democratica.

A peggiorare le cose, c’è l’atteggiamento, guarda caso, anti democratico, che vige in modo generalizzato all’interno della società sportiva stessa quando, le tre sacre componenti societarie (dirigente, atleta, tecnico), fortemente volute dal CONI un ventennio fa con lo scopo di rafforzare la democrazia interna, altro non sono che l’espressione della volontà del “capo”, dove il tecnico e l’atleta non si possono permettere di pensare in modo autonomo, indipendente, libero da condizionamenti, altrimenti scatta la punizione.

Ma dove è la democrazia? Ma davvero vogliamo raccontarci le barzellette? Ma quale ipocrisia stiamo vivendo, anzi in quale complotto antidemocratico siamo complici e vittime allo stesso tempo?

Vi racconto questa che dà l’idea di cosa oggi stiamo e state subendo.

Già nel 2002, Bosi era presidente, e lo sarebbe stato per altri due anni come aveva promesso, prima o forse dopo essere diventato allenatore della Nazionale e responsabile tecnico delle Nazionali, come membro del consiglio Nazionale del CONI in rappresentanza degli atleti, avevo fortemente esternato le mie riserve sul sistema degenerativo dei voti plurimi della FITeT che non garantiva la benché minima espressione democratica tanto a livello nazionale quanto a livello regionale; per inciso, vorrei dire che, come sapete, in medicina, quando una cellula degenera si chiama cancro, si perché è di questo che da un ventennio la FITeT è affetta, inizialmente era benigno ora è decisamente maligno, il che porta alla morte della democrazia e del pingpong.

Bene, al CONI avevo segnalato la malattia della FITeT nella sua fase conclamata, ma non mi ascoltarono, ero un pivello allora, e non battei i pugni o la scarpa sul tavolo, è un mio grande rammarico; chiesi: mettiamo un tetto ai voti plurimi. Mi risposero: buona idea! ma poi non fecero nulla. E noi, qui, italiani del pingpong, stiamo ancora combattendo con un sistema antidemocratico che, come una metastasi, va a compromettere altri organi vitali della nostra quotidiana attività sportiva.

Io non sto con Bosi, nemmeno con Di Napoli e nemmeno con l’opposizione, io sto con la democrazia e vorrei che tutti abbiano la possibilità di candidarsi. In questo momento Bosi rischia di non avere questa possibilità e sarebbe un peccato perché veniamo meno al principio di democrazia, pertanto aiutarlo a raggiungere le fatidiche 70 nominations cosi che possa competere significa semplicemente fare un atto democratico. Facciamo in modo che in tutta libertà si possa pensare, scegliere e decidere. Lavoriamo per questo obiettivo. Cerchiamo di essere onesti, di essere noi stessi, una volta per tutte.

L’altro giorno, qui in Indore nello stato del Madhya Pradesh nel cuore dell’India, durante una conferenza stampa mi hanno rivolto una domanda: dopo 6 anni fuori dall’India, che cosa hai imparato dalle tue esperienze internazionali? Ho risposto: trasparenza e leggerezza.

Le ragioni della trasparenza derivano dal fatto che sebbene chiunque commettesse degli errori o facesse delle cose fatte bene all’interno di regole ben chiare, limpide, di meccanismi oggettivi voluti dalla collettività, il suo operato è inattaccabile, rafforza il suo essere e, con esso, il suo metodo di lavoro.

Leggerezza, intesa come idea di rapportarsi con gli altri dove la propria cultura, le proprie conoscenze, lo specializzarsi in qualcosa, non è un modo per discriminare o per sottomettere chi sta vicino ma una risorsa per accettare e coinvolgere chi sta vicino.

Per concludere, due accorati appelli ai dirigenti, tecnici e atleti e di conseguenza ai candidati

  1. Ai primi, fate in modo che tutti abbiano le stesse possibilità di competere, non abbiate paura di affermare la democrazia, vi appartiene, non fatevela rubare.
  2. Ai secondi, siate bravi chirurghi ed estirpate il cancro, completamente, definitivamente.

Conversazione sul Massimo sistema

3 Settembre 2016 da Ping Pong Italia · 5 Commenti 

del Drago Rosso

Stavolta vorrei fare qualcosa di diverso dal solito articolo su una grande manifestazione o su altri argomenti. Non è un mistero che io e Massimo Costantini siamo in costante contatto e che ci incontriamo spesso durante le gare internazionali. Quando lui non è impegnato in panchina con la sua Nazionale, di solito guardiamo insieme le altre partite e le commentiamo. Inoltre, ci mettiamo a parlare di tanti argomenti del tennistavolo in generale. E’ accaduto anche in occasione dell’Olimpiade di Rio, alla quale lui ha partecipato come c.t. degli Usa, io come giornalista. Stavolta, ci siamo messi d’accordo per registrare una nostra conversazione su vari aspetti del nostro sport e trascriverla in modo da offrire, a chi interessa, sia le nostre opinioni (molto di più le sue, ovviamente) sull’attualità, sia il nostro modo di ragionare e discutere. Ecco a voi il contenuto di circa un’ora di conversazione fra me e Massimo. Alla fine c’è un mio post scriptum su un altro argomento, sempre per chi eventualmente sia interessato.

DRAGO ROSSO
Cominciamo da un argomento che vedo trattato su blog, twitter, forum: sempre la stessa cosa, che Zhang Jike ha perso volontariamente con Ma Long. A me sembra la cosa più stupida perché basta guardare la partita per capire benissimo che non è così. Per me, la prima cosa da osservare è la velocità dei due giocatori, a tutto vantaggio di Ma Long che prevale anche per il differente tempo e il differente ritmo. Non che Zhang Jike non sia capace di raggiungere determinate velocità, ma negli ultimi due anni non è stato più in grado di reggere certi ritmi.

MASSIMO
A me è sembrata una partita vera, assolutamente normale. Zhang Jike mi è sembrato “contento” di aver raggiunto la finale, perché era davvero preoccupato, il sorteggio non era granché per lui. Doveva affrontare avversari con cui aveva già perso. Infatti, in tutta la prima parte del torneo era teso, nervoso e quando ha vinto la semifinale è stato un po’ un atto liberatorio. Questo non significa che ha lasciato vincere Ma Long per ordini di scuderia, non ci credo, anche perché, nel salottino degli atleti dove noi tecnici potevamo stare, c’era la tv e lì, insieme a me, c’era l’allenatore personale di Zhang Jike, Xiao Zhan, che non era andato in tribuna, ma aveva preferito guardare la partita lì, seduto sul divano, ed era preoccupato. Uno che sa che la partita è “organizzata” non fa così, se ne frega, sta lì a guardarla quasi disinteressato. Nel caso di Xiao Zhan, si vedeva che era partecipe della partita.

DRAGO ROSSO
Sapeva che Zhang Jike in quel momento era inferiore a Ma Long.

MASSIMO
Era in difficoltà. Poi, dopo il primo set 12-10, Ma Long ha preso il largo. Ma la differenza, come dicevi tu, è la velocità. C’è una cosa da osservare, secondo me, una cosa che molti non riescono a individuare. Molti giocatori “si fermano” durante lo scambio. Si fermano, c’è un momento di stop, una sorta di stand-by, per vedere cosa succede, e quello è cruciale per perdere il punto, per arrivare in ritardo. Se osservi Ma Long, lui si muove sempre. Lui ha già una preparazione motoria, uno schema in base al quale si muove comunque, non dico in anticipo, ma si muove.

DRAGO ROSSO
Forse perché sa già cosa fare, che tipo di colpo ha preparato per il tocco successivo, sa già come impostare il suo movimento, l’azione.

MASSIMO
Sì, sa già come impostare l’azione, ma c’è proprio un atteggiamento mentale da parte di molti giocatori. Per esempio, si vedono tanti giocatori che eseguono un controtop e rimangono un attimo fermi, si vede chiaramente, sia dal vivo sia guardando il video. Guardatelo, fateci caso, c’è un momento di stop e poi la ripartenza. Ma Long non ha questa pausa, questo break durante lo scambio. E questo break è comune a tutti i livelli. Quando vedi giocare i bambini soprattutto, giocano una palla e poi si fermano. E questo è uno dei fattori più importanti per la continuità dello scambio, per seguire il gioco, per andare di anticipo. Il fatto di continuare a muoversi sembra banale, come dire “sì, è chiaro che è così”, ma poi non avviene nella realtà. C’è evidentemente una interruzione dello schema motorio che ti porta a cercare di capire “cosa succede adesso?”. E, nel momento in cui reagisci, potrebbe andar bene, ma se sei un filo in ritardo, sbagli.

DRAGO ROSSO
A proposito di questo, ricordo la sua prima apparizione ai Campionati nazionali cinesi, che fu anche la prima volta in cui lo vidi, nel 2002, aveva quasi 13 anni e il suo modo di interpretare il gioco, di attaccare, saltava come un forsennato, mostrava un’energia incredibile, ma era altrettanto chiaro che non era solo una questione di gioventù, ma di una vera e propria impostazione, sia tecnica che mentale, di attacco alla palla e di continuità nella velocità. A vederlo adesso, capisco che questa è la naturale evoluzione, portata agli estremi limiti, di quella impostazione di base.

MASSIMO
Infatti, l’impostazione di base è fondamentale. Forse non consideriamo abbastanza il “ritorno alla posizione”. Quando uno si gira o fa un controtop oppure fa un recupero, molte volte c’è, come dicevo prima, uno stop. Ma Long, invece, “ritorna”, ha questa idea della ripartenza. In buona sostanza c’è l’ha anche Mizutani, si vede in lui soprattutto quando va in recupero sulla sinistra o anche quando tende a girarsi, ha subito quel modo di fare, di andare a recuperare la posizione, perché sa che da lì deve ripartire, magari dalla parte opposta o dalla stessa parte, però c’è questa idea della continuità e secondo me questa è il fattore più importante. Guardiamo invece Ovtcharov, lui si ferma, fra due palle giocate lui si ferma, e lo stesso fa Boll. Questa mancanza di continuità del movimento secondo me porta poi a quelle differenze tecniche, di espressione del gioco e a tante altre cose collegate.

DRAGO ROSSO
Tra l’altro, secondo me, queste pause sono un danno anche dal punto di vista fisico perché fanno aumentare lo sforzo. La continuità del movimento alleggerisce lo sforzo perché fermarsi e riprendere il movimento provoca il più alto consumo di energia.

MASSIMO
E’ sicuramente uno sforzo diverso, un adattamento che viene richiesto al fisico e che non è naturale. E’ come dire che io faccio una corsa e dopo 10 metri mi fermo, sto fermo un secondo e poi riparto, e poi mi rifermo e riparto e così via, è esattamente la stessa cosa, manca la continuità del gesto tecnico, del gesto atletico, dello schema motorio se vogliamo.

DRAGO ROSSO
E io vorrei andare a vedere anche cosa c’è dietro queste capacità di Ma Long, per far capire che non nascono dal nulla, ma dalla combinazione di talento e fatica. A Rio, ho visto una seduta di allenamento di Ma Long, che necessariamente, in prossimità della gara, non poteva essere la più pesante possibile. Per utilizzare un termine comune, non siamo nella fase “di carico”. Diciamo che siamo nella fase più “leggera”. Ma Long si allena per due ore su un tavolo nella sala principale, dove si giocheranno poi tutti gli incontri ufficiali, ed è un lavoro notevole quello che fa. Alla fine, insieme al tecnico-sparring, Qin Zhijian, si sposta nella sala di riscaldamento. Siccome si libera un tavolo, che doveva essere occupato da altri giocatori non ancora arrivati, Qin Zhijian e Ma Long decidono di lavorare per un’altra ora. Beh, quest’ora di allenamento imprevisto è molto più dura e pesante delle due ore precedenti, a velocità incredibile con Qin Zhijian che lancia palline in sequenza accelerando sempre di più, le ultime della serie partono quando Ma Long sta ancora chiudendo il movimento della pallina precedente, in un vero e proprio parossismo di fatica. Quasi non ci sono pause. Ogni 5 minuti di questo lavoro senza interruzione, c’è una pausa di mezzo minuto al massimo, poi si riprende e si va avanti con schemi sempre più complessi, ma con la stessa velocità. Alla fine dell’ulteriore ora di allenamento, Ma Long si concede 3-4 minuti di stretching e finalmente va via. Quindi, dopo due ore di lavoro notevole, un’altra ora allucinante. Mi sembra che qui entriamo davvero in un altro mondo.

MASSIMO
L’ho notato anch’io e l’ho notato anche in altri giocatori e giocatrici. Per esempio, le ragazze giapponesi, dopo aver perso la semifinale a squadre contro la Germania, in un incontro durato circa 5 ore, il giorno dopo si sono allenate per 4 ore di seguito per preparare la finale per il bronzo. Ero lì e le ho viste. Non so quante volte hanno provato il doppio, e hanno ripetuto gli schemi centinaia e centinaia di volte, per quattro ore di seguito. A me pare che ci sia una componente più mentale che tecnica o fisica. Cioè, lo sforzo richiesto durante la partita c’è, sì, perché c’è, è indubbio, ma non è che se ti prepari 2 o 3 ore cambia molto. Quello che cambia secondo me è lo sforzo mentale cui gli atleti vengono sottoposti per migliorarli mentalmente, per essere meno fragili, più continui, per essere sempre pronti.

DRAGO ROSSO
Per abituarli alla sofferenza, a non arrendersi: non ce la faccio più, ma devo andare avanti.

MASSIMO
Esatto, andare avanti, devo andare avanti e sto bene andando avanti così. A me pare molto mentale questa cosa perché alla fine, quando li vedi giocare, quando fanno gli schemi, tutto il mondo, adesso generalizzo, fanno praticamente le stesse cose. Fanno lo schema delle due palline, due sul diritto e due sul rovescio che coprono col diritto, poi fanno schemi random. Voglio dire che non ci sono schemi particolari, c’è solo una ripetitività delle cose con un unico scopo: avere la costanza e la forza mentale di continuare, di tenere, di non lasciare mai. Quindi la quantità che serve ad attuare un condizionamento mentale, perché per me è un condizionamento mentale, niente di più. O come tante volte fanno sessioni di fitness, di preparazione fisica che non hanno lo scopo, lì per lì, di migliorare una prestazione fisica del giorno dopo, è solamente, ancora una volta, un forzare la mente a tenere duro, a non cedere, a essere più forti mentalmente. Sono più forte mentalmente, posso esprimere meglio il mio gioco.

DRAGO ROSSO
Quando ti ho raccontato l’allenamento di Ma Long, mi hai fatto un raffronto con la situazione italiana. Dopo uno scambio duro, il giocatore si ferma un paio di minuti, si mette a parlare, allenta la tensione, poi riprende, una differenza di mentalità che però dipende anche da chi dovrebbe imporre una mentalità diversa.

MASSIMO
Sì, c’è questo atteggiamento, è molto generalizzato per la verità, però anche qui possiamo parlare di persone che hanno comunque la consapevolezza di avere certi limiti, e li accettano, e persone che invece hanno un altro tipo di percezione, che è quella di essere al top, sempre al top. Anche i giapponesi, per esempio. Non li vedo mai scherzare durante gli allenamenti. Prima sono lì che parlano fra loro, scherzano, ma quando entrano in campo per l’allenamento ognuno diventa “egoista”, ha un sano egoismo per cui non gli interessa chi c’è intorno, non gliene importa niente, sa che deve fare un determinato lavoro, anzi se potesse ne aggiungerebbe altro, fa qualcosa in più, quindi una mentalità completamente diversa: io aspiro a qualcosa di grande e do tutto per quello; so invece che non posso aspirare a qualcosa di grande e in automatico vado a ridimenzionare quello che è il mio sforzo. E’ molto mentale, chiaramente è molto mentale, ma è un’attitudine generalizzata di tanti paesi, non solo italiana, ne ho visti tanti che fanno così. Esempio positivo, invece, sono i romeni. Mi piacciono quando giocano e quando fanno allenamento sono molto concentrati, se devono fare un certo tipo di lavoro lo fanno nel miglior modo possibile, 10 minuti tirati e giocano più palline possibili, non c’è il rilassamento tra uno scambio e l’altro, tipo “vabbé, l’ho fatto, adesso riprendo fiato”, no, cercano di riprendere la pallina prima possibile e via a fare un altro scambio, possibilmente migliore di quello giocato prima. C’è quindi un portare al limite le proprie capacità perché hai qualcosa cui aspirare, cui ambire. Mi sembra che nella maggiorparte dei casi, nell’80% delle nazioni, invece, non c’è questa attitudine mentale.

DRAGO ROSSO
Adesso vorrei tornare alla finale Ma Long-Zhang Jike. Certe volte, l’impressione che sia una partita falsa dipende anche dal numero di errori che si vedono commettere, che si pensano inspiegabili, per cui “ha fatto apposta a sbagliare”. Non si pensa che un errore ha una causa anche diretta nel colpo dell’avversario. Nel caso in questione, già abbiamo parlato della velocità di Ma Long nell’andare in anticipo e della consapevolezza di Zhang Jike di essere inferiore a Ma Long in questo momento. Quegli errori, o quel voler forzare l’apertura di rovescio dalla parte del diritto, o il fatto di non essere più convinto dei propri colpi e di rifugiarsi nelle proprie origini, vale a dire nel colpo primordiale che gli riusciva meglio e che gli dà più sicurezza, il rovescio in questo caso, tutto questo possiamo aggiungerlo all’analisi della finale olimpica?

MASSIMO
Certamente. Bisogna considerare gli aspetti psicologici. Zhang Jike sicuramente si è sentito appagato per aver raggiunto la finale, sicuramente sapeva di essere inferiore a Ma Long in quel momento, sapeva che Ma Long era in stato di grazia ed era il favorito. C’era stato un sondaggio fra tutti gli atleti, fatto dall’Ittf, su chi avrebbe vinto l’Olimpiade, e tutti avevano detto Ma Long. Insomma, Ma Long era il grande favorito. Zhang Jike era contento di essere arrivato in finale. Poi, se esaminiamo il suo gioco, Zhang Jike non è mai stato “limpido”, il suo gioco è sempre stato fatto di errori, però Ma Long ha forzato sempre, alla prima possibilità lo ha messo subito alle corde, lo ha costretto immediatamente a rallentare la palla, perché Ma Long è stato sempre il primo a essere aggressivo. Se Ma Long avesse, come dire, “interagito”, nel senso “vabbè dai, rallento un po’ questa palla e vediamo cosa fa lui”, allora Zhang Jike avrebbe potuto pensare “adesso è il momento mio, posso attaccare”, ma Ma Long non gli ha proprio dato questa possibilità e si è comportato così con tutti, sin dal primo turno, chiunque sia andato contro di lui. Anche col sudcoreano Jung Youngsik, quando si è trovato sotto 0-2, è andato diretto, senza compromessi. Certo, sembrava un po’ nervoso, forse Liu Guoliang lo aveva caricato un po’ troppo, ma lui è andato avanti come una furia. E’ aggressivo sin dal servizio e anche quando dà una risposta lunga si vede che è pronto per un attacco successivo. Molti giocatori invece giocano la palla e poi dicono “vediamo quello che fa”. E’ questa la differenza abissale. Lui non dice “vediamo cosa fa il mio avversario”, lui dice “io faccio, questo devo fare e questo faccio”. E voglio aggiungere un’altra cosa importante su Ma Long, riguarda il suo atteggiamento verso gli avversari. Che si trovi di fronte il numero 2 del mondo o il numero 200 il suo comportamento non cambia: sin dal primo punto è concentrato nella stessa maniera, si impegna nello stesso modo, per lui non esiste una gara “snobbata”, in cui accelera solo quando ce n’è bisogno. Parte veloce e aggressivo contro chiunque e va avanti sempre così. Se guardiamo il comportamento di tanti altri, anche di giocatori di alta classifica, anche di altri cinesi, possiamo notare che ci sono cambiamenti significativi a seconda dell’avversario, magari una partenza con minor tensione, un rallentamento quando il vantaggio è notevole. Ma Long no, sempre uguale dall’inizio alla fine e contro chiunque. E questo è un altro segnale della sua straordinaria forza mentale, che fa la differenza rispetto agli altri.

DRAGO ROSSO
Nelle considerazioni su Zhang Jike fatte nei vari commenti su blog, forum e twitter vari, e quindi sulla sopravvalutazione del suo valore in questo momento, mi sembra che siano state completamente ignorate le perplessità che i tecnici cinesi hanno avuto sul mandarlo o no all’Olimpiade, segno che sapevano quale fosse la sua reale situazione tecnica e che avevano dubbi persino sul fatto che riuscisse a battere i “non cinesi”. Vorrei ricordare le sue prestazioni in alcuni degli ultimi Open prima dell’Olimpiade. Contro Ovtcharov, agli Open del Kuwait, a marzo, vinse davvero a stento 4-3, poi negli Open del Qatar, la settimana dopo, incontrò di nuovo Ovtcharov e perse 4-1, per non parlare della sua sconfitta con Chen Chien An, di Taipei. C’è stato un lungo dibattito fra i capi del settore tecnico cinese, incluso Cai Zhenhua, presidente della Federazione cinese di tennistavolo (oltre che di quella del calcio), ma comunque l’uomo che dà la parola definitiva su qualsiasi cosa succeda nella squadra di tennistavolo. Si è ipotizzato di scegliere Xu Xin, ma c’erano dubbi sui suoi punti deboli contro alcuni tipi di avversario (confermati dalla sua sconfitta con Mizutani nella finale a squadre); ipotesi anche su Fan Zhendong, ma si temeva la sua immaturità mentale, che lo porta in molte occasioni a stentare contro avversari assolutamente inferiori a lui. Perciò, alla fine, Cai Zhenhua e Liu Guoliang hanno deciso che il “male minore” era Zhang Jike: ovviamente lo Zhang Jike attuale, che viene da un lunghissimo periodo di apatia, con scarsa voglia di allenarsi, con tanto tempo perduto con il golf e cose del genere, altrimenti altro che male minore. Il fatto che al primo turno gli sia capitato proprio Chen Chien An, con cui aveva già perso, e che in semifinale avrebbe dovuto incontrare Ovtcharov (che ha confermato una volta di più le sue origini in falegnameria), poi battuto da Samsonov, sono la conferma alla sensazione che hai descritto tu, quel suo “essere contento” di aver raggiunto la finale, a ulteriore dimostrazione, dico io, della sua inferiorità tecnica attuale. La stessa semifinale con Samsonov, che ha 40 anni, non ha fatto fare certo bella figura a Zhang Jike, che ha rischiato un inatteso prolungamento del match, volto a suo favore anche grazie a qualche colpo fortunato. Ma questo mi spinge a introdurre un altro argomento. Nel 2004, Waldner 39enne nella finale per il bronzo, così come Persson, anche lui 39enne, nel 2008, fino a Samsonov a Rio. Tutti gli elogi a questi atleti, esempio per tutti, ma l’indicazione tecnica generale per me è preoccupante, fermo restando, ad ogni modo, che il torneo olimpico (insieme alla Coppa del Mondo) è il più scarso tecnicamente rispetto a qualsiasi altra manifestazione internazionale: Mondiali, Finali Pro Tour e Open di primo livello.

MASSIMO
Sappiamo che in effetti l’Olimpiade “facilita” questi risultati per via della qualità dei giocatori, due atleti per nazione, basti pensare a Fan Zhendong, numero 2 del mondo che non può partecipare ed era lì che faceva lo sparring! Era incredibile vedere lui, di un altro pianeta, stare lì solo per fare gli allenamenti. L’Olimpiade quindi può favorire questi episodi. In questo caso, Samsonov ha raggiunto le semifinali giocando una partita incredibile contro Ovtcharov. Lo ha veramente annullato dal punto di vista tattico: non un servizio sul rovescio, ogni servizio era corto sul diritto, ogni risposta era corta sul diritto, anche quando Ovtcharov tentava servizi in topspin lui comunque riusciva a smorzare la palla e anche quando la dava lunga c’era sempre quello schema tattico coerente, continuo, e così lo ha imbrigliato. Si vedeva che Ovtcharov non riusciva a prendere il ritmo della palla tesa, Samsonov gli rallentava sempre la palla, gliela mandava “morta”, senza velocità. Ovtcharov non era a suo agio, tentava di girarsi, tentava di andare di rovescio a fare il flip, ma sapeva che gli ritornava una palla molle su cui non riesce a spingere. Molti giocatori si abituano a una certa palla e quando gli rompi quel ritmo, quello schema, sembra una palla stupida, di poca qualità, però contro certi giocatori che magari la soffrono funziona così. L’ho detto a Samsonov alla fine della gara, lui era ancora dolorante perché si era infortunato e aveva vinto da infortunato: “Hai fatto una partitona”. E lui, ridendo: “Lo so, lo so. Adesso spero di recuperare, ho una costola mezzo incrinata”.

DRAGO ROSSO
Tutto questo aggrava le pecche di Ovtcharov, che si presenta come il terzo incomodo e perde con un Samsonov che ha 40 anni e gioca quasi da fermo per un serio infortunio. Io tornerei al discorso sul suo peggioramento e sul suo ritorno a difetti che in alcuni momenti della carriera (come quando fu allenato da Leo Amizic) sembrava aver eliminato. In pratica: dentro ti rimangono le scorie iniziali, risalenti a quando sei stato impostato tecnicamente.

MASSIMO
Lui paga una carenza tecnica che è questa palla corta sul diritto e anche questa apertura sul diritto che non ha. Lui il diritto lo usa solo quando deve fare il controtop e cerca di portare l’avversario in questa situazione di gioco in modo tale da approfittarne. Secondo me il problema di Ovtcharov è stato questo: come per tanti altri giocatori, è prevalsa la natura conservativa, non voglio fare qualcosa di nuovo perché ho paura di perdere quello che già so fare. Quindi, sarà stato mal consigliato, o forse, non voglio dare giudizi da questo punto di vista, i giocatori a volte sono troppo preoccupati di perdere quello che hanno piuttosto che essere invogliati o stimolati a guadagnare nel gioco. Subentra la preservazione, il pensiero “ma io non posso fare questo”. E poi tanti altri problemi, come le gare continue, i giocatori non hanno tempo nemmeno per elaborare, avrebbero bisogno di mesi di stop per evolversi. E’ un po’ quello che succede in altri campi, in altri sport: io smonto tutto per rimontare, ma lo rimonto meglio. Ecco, non hanno né il tempo, né, secondo me, lo spirito giusto. Ovtcharov si sa che avrebbe potuto fare molto di più, ma avrebbe dovuto fermarsi a un certo punto, smontare il suo gioco completamente e rimontarlo in modo da arricchirlo di certe parti che continuano a mancargli. Troppe gare, corri dietro ai soldi, se hai un momento di pausa allora c’è la gara di esibizione, e fai quell’altra iniziativa per lo sponsor, poi naturalmente hai il campionato, e poi la gara della Nazionale, poi il Pro Tour di qua e di là, ma quando si allenano questi? Davvero non lo so. Rosskopf, c.t. della Germania, mi diceva che stavolta si sono allenati veramente poco in vista dell’Olimpiade. Mi ha detto che la preparazione non è stata quella che avrebbe voluto fare.

DRAGO ROSSO
L’allenamento è diventato solo una ripetizione di quello che si sa, non c’è alcun lavoro per l’evoluzione.

MASSIMO
E’ solo mantenimento. Hai un motore che gira a regime, vai lì e lo mantieni. Ma se vuoi che abbia prestazioni migliori c’è bisogno che lo smonti e ci metti su altre parti che possano dargli più potenza, che possano ottimizzare il lavoro e tante altre cose. Il lavoro dei meccanici è questo, fare aggiustamenti continui in modo che il motore sia più performante possibile a seconda delle indicazioni del pilota. Qui è la stessa cosa. Manca questo aspetto qui. Vedi giocatori che crescono bene, magari hanno dei limiti, e si vedono chiaramente questi limiti, e allora compensano con qualcos’altro, perché alla fine il ping pong è uno sport di abilità, a volte sbagli il colpo ma entra e fai anche un colpo incredibile. Se guardate la finale a squadre, l’incontro fra Mizutani e Xu Xin, tutti e due facevano dei carpiati, dei colpi arrotolati, lo stesso Ovtcharov nella semifinale a squadre contro Joo Sehyuk faceva un diritto che era contrario alle leggi della fisica, quindi la parte dell’abilità supplisce e compensa la carenza tecnica. Poi vedi Ma Long che gioca contro Joo Sehyuk e tutto fila liscio. Poi però, tornando ai giocatori nella fase di crescita, si fermano, si fossilizzano perché dicono “cacchio, questo funziona, va bene, magari arrivo nei primi dieci. Onestamente, potrei elencarli a uno a uno, ci sono lacune enormi, davvero enormi, che non vedi nei cinesi, e sto parlando dal punto di vista tecnico. Ma Long, Zhang Jike, Fan Zhendong, non mi piace molto Xu Xin, anche se ha gambe incredibili, vedi che lì c’è il lavoro continuo, negli altri c’è un lavoro spezzettato e tutto si compensa con una abilità individuale che è intrinseca in ogni giocatore. Tutti noi sbagliamo i colpi, ma in qualche modo cerchiamo di rimediare con la nostra abilità, con il tocco di palla, con il feeling, con una finta, con quello che è, ma magari la rimediamo e facciamo punto.

DRAGO ROSSO
Nei cinesi c’è l’evoluzione continua, anche nell’invenzione, non si fermano mai, pensano “vediamo se riusciamo a trovare qualche altra novità”, comunque non si fermano, né nel lavoro né nella ricerca.

MASSIMO
E’ questa la differenza, perché poi, alla fine, sei sempre lì a parlare del perché i cinesi sono i più bravi, in ogni paese è questa la domanda. Loro intanto lavorano, loro fanno ricerca, loro sono anche fortunati ad avere un numero di giocatori su cui fare ricerca. Anche a me piacerebbe fare ricerca, ma se ho tre persone in croce come posso farla? Bisogna che ottimizzi il mio lavoro in base al materiale che ho, ed è la stessa cosa per ogni altro paese. In più mettici vari interessi, economici nel senso che come dicevo prima i giocatori si fossilizzano perché hanno da pensare ai loro interessi, al loro guadagno annuale e per loro va bene così, i cinesi invece no. I cinesi hanno un continuo bacino di persone su cui lavorare, su cui fare ricerca, su cui continuare il loro discorso e lo fanno senza pressione, senza alcun problema. E’ un processo normale, naturale per loro, è un processo impossibile per noi, non anormale, assolutamente impossibile.

DRAGO ROSSO
Passiamo a un altro argomento in voga dopo l’Olimpiade di Rio: il confronto generazionale. Molti vedono giocare Ma Long e dicono che è il più forte di tutti i tempi, che se Waldner avesse giocato contro di lui avrebbe perso. E quando si fanno le classifiche “tutti i tempi”, nomi illustri vengono completamente ignorati, alcuni, somma bestemmia, nemmeno conoscono Kong Linghui!!! (ci metto solo 3 punti esclamativi, ma dovrei metterne tremila). Nel fare queste valutazioni si fa il discorso sui materiali, sulla preparazione fisica e via così. Sono argomenti che potremmo anche esaminare, ma quello che più mi colpisce è altro: in questi confronti ideali, si parla della potenza maggiore dei colpi di adesso, della migliore condizione atletica, della più alta velocità, ma non si considera mai un altro argomento e cioè cosa avrebbe potuto fare tecnicamente il “vecchio” giocatore in risposta ai colpi e all’impostazione di gioco di quello “moderno”. Secondo me questa è una grave lacuna perché si toglie ai giocatori del passato sia la tecnica di base, sia la fantasia, sia l’intelligenza per annullare il colpo dell’avversario, sfruttarlo a proprio vantaggio, vale a dire alcune delle cose che sono basilari nell’impostazione di un giocatore di ping pong. Perciò, quando penso a Waldner che gioca contro un bombardiere come Ma Long, e intendo ognuno al massimo delle proprie capacità, penso che Waldner avrebbe messo in difficoltà Ma Long e i più forti moderni con una serie di contromisure. So che non c’è la riprova, ma almeno bisogna pensare a questa eventualità.

MASSIMO
Quando penso ai giocatori di qualche tempo fa, comparati a quelli di adesso, mi sembra che alla fine la differenza sia soprattutto nella potenza. E’ vero che anche a quei tempi c’era l’idea di chiudere il punto prima possibile, c’è sempre stata, ricordiamo la “terza palla”, ma le generazioni precedenti trattavano la palla in maniera diversa, con più tocco, con più rotazione, rallentavano in buona sostanza, non acceleravano prima possibile. E questa secondo me continua a essere l’arma vincente per giocare bene. Perché è vero che appena puoi cerchi di giocare forte, ma è anche vero che non sempre hai la possibilità di farlo. Allora, arrivi a una perfezione tecnica come quella di Ma Long e lui ti spara la palla comunque, su qualsiasi palla gli arrivi, ma puoi anche osservare che fra le donne, soprattutto fra le cinesi, la prima palla non è mai di potenza, poi giocano sulla velocità della quinta palla. Quindi, servono, la palla successiva è di rotazione, ma rotazione vera, nemmeno alta, ma bassa, sulla rete, che ti porta solamente a controllarla, bloccarla, e poi cominciano ad accelerare, a pressare con la loro velocità. Secondo me quel gioco funziona. E pensando a Waldner, ma anche ad altri giocatori, mi viene in mente Lindh o Saive, avevano questa palla rallentata, senza velocità che comunque imbrigliava l’avversario, lo costringeva a bloccare morbido, prendere la posizione arretrata per aspettare di fare il controtop. E questa tattica secondo me funziona ancora. Non è facile farlo capire alle nuove generazioni, questa è la sfida, perché loro pensano solamente di poter giocare la palla più forte possibile, appena possibile, cioè fare la palla di Ma Long, che non si può fare, non si riesce a fare per tutte le motivazioni che ho detto prima. Quindi, secondo me, quei giocatori, Waldner in particolar modo con la sua astuzia, le sue finte, il suo gioco-non gioco, la sua capacità di sfruttare la velocità dell’avversario, avrebbe assolutamente potuto giocare contro gli attuali giocatori. Ma poi, come avevi ricordato tu, lo aveva dimostrato nel 2004, quando ha sfiorato il bronzo all’Olimpiade di Atene, eliminando Ma Lin e perdendo poi da Wang Liqin nella finale per il terzo posto. Lui ci giocava comunque, anche contro giocatori potenti, perché il suo servizio era buono, aveva questa prima palla che gira e non gira, palla piazzata, finte, block incredibile. E se pensi a uno come Kong Linghui, lui giocava di potenza, ma anche lui giocava molto di controllo, come bloccava lui, pochi ce ne sono stati, faceva il servizio semplice, come nella famosa finale olimpica di Sydney 2000, quando cambiò servizio e cominciò a fare il servizio di rovescio “da bambino”. Quindi il gioco di controllo, secondo me, il gioco morbido, la rotazione, il muoversi bene, il gioco tattico, tutto questo funziona oggi più che mai.

DRAGO ROSSO
Fra l’altro, io considererei la differenza della pallina, che ha portato secondo me a vere e proprie aberrazioni. Un esempio: dovendo far viaggiare una pallina più grande, si punta più sulla potenza perché ce n’è bisogno per darle spinta, cosa che considero uno dei grandi danni che la pallina da 40 ha provocato, a partire dagli infortuni a spalla e schiena che si sono moltiplicati. Un esempio: ha diminuito la possibilità di variare, con quella da 38 potevi avere la potenza nella schiacciata, insieme alla sensibilità del polso, insieme alle variazioni nel topspin (ulteriormente penalizzate dalla pallina di plastica), tutte cose che con quella da 40 vengono ridotte, limitate. Quindi, il fatto di dover puntare molto sulla potenza fisica, a causa della pallina grande, ha fatto perdere di vista che i grandi campioni con la 38 facevano anche gioco potente, con schiacciate formidabili (e controschiacciate lontano dal tavolo, colpo che non esiste più con quella da 40). Un confronto epoca contro epoca non può prescindere da questo, per me.

MASSIMO
Io ho diverse opinioni sulla pallina. Secondo me, un effetto negativo evidente si verifica durante l’allenamento. C’è frustrazione da parte dei ragazzi, soprattutto quando devono fare uno schema ripetitivo e quando arrivi a giocare 14, 18 o 22 palle sei “arrivato”, non ce la fai più perché non riesci più a sfruttare la velocità della pallina, ma ogni volta deve generare tu la potenza. Poi il block, considera che molti giocatori lo fanno in modo controllato, soprattutto in allenamento, in modo passivo, non è il block di velocità, spinto, piazzato, è un block regolare che dovrebbe permettere la regolarità. E lì diventano scemi, come assuefatti a questa cosa. Io ho notato anche nei miei americani che fanno quelle due-tre cose, che sono ancorati a quelle due-tre cose, e dopo un po’ si innervosiscono, raggiungono lo stato di stress abbastanza rapidamente. Quindi non è il gioco in sé per sé, o il tipo di colpo, è la pallina che ha portato a questa conseguenza. Invece, nel gioco normale, nella gara normale, a mio avviso non è cambiato molto nel senso dello sviluppo del gioco perché si sa che anche adesso, come prima la terza palla è fondamentale. Come dicevo prima, tatticamente c’è la possibilità di rallentare, ma, se posso, cerco di chiudere il prima possibile, perché si sa che se poi vado avanti c’è la possibilità che gli scambi diventino interminabili perché la palla non produce rallentamenti né accelerazioni. E’ un po’ come quando si comincia a fare lo scambio da vicino, vedi che questa palla è perfettamente equilibrata, da una parte e dall’altra ha la stessa velocità. Oggi, quel tipo di velocità avviene a media distanza. E quando giocano di controtop vedi che questa palla è esattamente uguale. Lo scambio moderno non è più lo scambio che fai vicino al tavolo, ma è quello che praticamente fai lontano dal tavolo. E molte volte anche lo spin è abbastanza ridotto perché tendi a colpire la pallina in modo piatto, sì una piccola quantità di spin, ma il resto è tutta potenza perché hai bisogno di lanciare la palla dall’altra parte. Ecco perché nelle donne c’è un’alta percentuale di difese. A Rio, su 70 partecipanti ce n’erano almeno 23-24 di difesa, un numero enorme, con percentuali che si avvicinano al 40%. Questo perché le donne hanno meno potenza, questa palla la vedi che ritorna di là a zero velocità e tu devi generare potenza partendo da zero velocità, quindi non c’è lo sfruttamento della velocità, è una questione fisica, per cui se la pallina mi arriva a 40 km l’ora, la colpisco e riparte a 70 km l’ora, quell’altro arriva a 100 e così via. C’è una standardizzazione e più di quello la pallina non va. Oserei dire che tutte quelle cose che si dicono sulla palla che va a oltre 160 km orari secondo me non sono più vere. Bisogna sfatare questo mito, secondo me non esiste più la palla dalle 100 miglia all’ora.

DRAGO ROSSO
Ovviamente hai ragione, l’Ittf vende fumo, la vera velocità massima della pallina dovrebbe essere sui 100-110 km l’ora. Se pensiamo che con quella da 38 si era calcolata una velocità di 178 km orari, su una controschiacciata di Kim Taek Soo, si ha un’idea della situazione. Fra l’altro, faccio notare che la velocità maggiore si raggiungeva sulla controschiacciata, non sulla schiacciata, quella controschiacciata lontano dal tavolo che con la pallina da 40 non esiste più perché la palla si affloscia, come nel badminton, e può essere tirata su solo con i topspin, che non possono mai produrre la stessa velocità di schiacciata e controschiacciata.

MASSIMO
Ecco, non è che la palla in sé per sé produca meno spin. Io sono uno che gioca di spin e posso assicurare che la palla gira. Quando gioco con i miei ragazzi e faccio un top carico, loro a fatica bloccano. La palla non è che dà più spin, ma quando vuoi dare più velocità la palla naturalmente riduce il proprio spin. Prima c’era un mantenimento di spin e di velocità, adesso sei portato a colpire la palla piatta, lo spin è veramente poco, ma non perché la palla gira poco, ma perché tu sai che se vuoi dare troppo spin la palla necessariamente rallenta. E quindi si tende a colpire la palla piatta.

DRAGO ROSSO
Ma è proprio questo il problema. Considerando tutte le variabili, di materiale, di grandezza della palla, di impostazione del colpo, di volontà del giocatore di puntare più sullo spin o sulla velocità, è comunque una palla più lenta e provoca come conseguenza il fatto che il giocatore debba irrobustirsi per farla viaggiare ancora più velocemente, con tutte le conseguenze fisiche cui ho accennato prima, con infortuni a spalle e schiena.

MASSIMO
Questo avviene perché non c’è lo sfruttamento della velocità dell’avversario. Prima, la palla accelerava colpo dopo colpo. Adesso la palla dopo due-tre colpi si standardizza, raggiunge il suo massimo, che è minore rispetto alla palla da 38, e lì non puoi più andare avanti. Ripeto: diventa un po’ un controllo di scambio da lontano, non ci puoi far niente.

DRAGO ROSSO
Appunto, scambio da lontano senza possibilità di controschiacciata.

MASSIMO
Esatto, adesso possono solo fare un controtop, ma non è un controtop di potenza, ma un controtop quasi a cambiare il ritmo. Quante volte abbiamo visto una parte che tira e l’altra parte che ributta, come quando si dice “fishing”. Si raggiunge una sorta di velocità costante. Allora, quello che fa fishing a un certo punto è in grado di cambiare quella velocità, non necessariamente supervelocità, e l’avversario è impreparato perché si aspetta sempre quella stessa velocità. In effetti non ci sono più quei colpi incredibili della palla da 38, anche se adesso ci sono sporadiche situazioni con palle davvero spettacolari.

DRAGO ROSSO
Certo, ma queste ultime si verificano solo perché è cambiato il fisico dei giocatori, più potente, che permette ogni tanto di far partire qualche cannonata lontano dal tavolo, al costo però di infortuni vari, come dicevo prima.

MASSIMO
Infatti, non è infrequente vedere scambi lunghi, il gioco si è allungato moltissimo, i tempi di gioco si sono allungati moltissimo. Se guardi le statistiche di questa Olimpiade, ci sono quelle sul numero massimo di scambi, si arrivava anche a 40-42, e poi il numero medio, una volta si arrivava a 5, adesso a 10-12.

DRAGO ROSSO
Il paradosso è che questo era proprio uno degli obbiettivi della palla più grande, secondo l’Ittf: scambi più lunghi per farli diventare più spettacolari. Il problema è che lo scambio non è diventato più spettacolare per il solo fatto di essere più lungo. Alcuni sì, ma la maggiorparte è noiosa, anche perché se una palla alta non riesci mai a chiuderla e l’avversario continua ad alzarla, tu a non poter imprimere maggior potenza, lui a non poter controschiacciare, tutto questo diventa ridicolo.

MASSIMO
Tutto questo è vero, tante volte gli scambi sono noiosi perché sono ripetitivi. C’è stato uno scambio incredibile fra Ma Long e Mizutani, ma perché era incredibile? Per due motivi. Il primo: non erano tutti e due troppo lontani, media distanza, ognuno cercava di essere più potente dell’altro, inusuale da parte di Mizutani, ma c’era il piazzamento. Se c’erano una o due palle incrociate, poi ce n’era una lungolinea, poi si cambiava diagonale per poi ritornare dall’altra parte, e allora quello era davvero spettacolare, e infatti fu uno dei punti più belli. Quindi il gioco è bello, anche quando è lungo, se c’è molto piazzamento della palla. Quegli scambi in cui si gioca dieci volte la stessa palla sono veramente noiosi. Il problema è che molti hanno paura di giocare incrociato sul diritto perché temono che l’altro faccia il controtop. Invece, secondo me, può diventare spettacolare se si piazza la palla, se si continua a variare la direzione, diventa un gioco molto più dinamico, lo apprezzi, è un gioco fisico, è un bel gioco.

DRAGO ROSSO
Ma secondo te un ritorno alla pallina da 38 è possibile? Non dico politicamente, perché l’Ittf non tornerà mai indietro, ma dal punto di vista tecnico.

MASSIMO
E’ difficile dirlo. Io, magari, più che sulla palla da 38 punterei a una flessibilità sulla gomma, come era stato già proposto dalla Commissione Atleti, Samsonov aveva parlato di una tolleranza fino a 4,2 mm e quello sicuramente potrebbe velocizzare il gioco. Ma, ancora una volta, c’è sempre l’idea che la terza palla sia ancora troppo veloce e che quindi potrebbe un po’ uccidere il gioco, c’è il servizio, rispondo male e il punto è finito. Ma bisogna anche distinguere, quando gioca il numero 1 col numero 200 e quando giocano il numero 1 e il 10. La risposta al servizio è cruciale e c’è una bella differenza fra il numero 10 e il 200. Quindi il gioco, in ogni caso, che sia con la pallina da 40 o da 38, c’è sempre. Con la 38 in effetti c’era più velocità di palla e di spostamento, c’erano più colpi improvvisi. Anch’io sono d’accordo sul fatto che era più spettacolare. Adesso, ripeto, forse più che la 38 penserei a innalzare lo spessore se vogliamo far diventare il gioco un po’ più corposo, un po’ più “maschio”.

DRAGO ROSSO
Qualcuno parla anche di innalzare la rete, che per me è la massima stronzata galattica.

MASSIMO
C’è questa possibilità. So che ne devono discutere nel 2017 se adottarla a ottobre 2017. Quindi ci sarà una votazione importante durante i Mondiali individuali di Dusseldorf, votazione già programmata, su proposta della Svizzera.

DRAGO ROSSO
Che l’ha presentata su ordine dell’Ittf che trova sempre il fesso pronto a prendersi la responsabilità delle vaccate sesquipedali.

MASSIMO
Beh, questo non posso saperlo. Comunque, la motivazione che hanno fornito è la solita: rallentare il gioco. Secondo me, sarà ancora peggio, diventerà un volley-pong. Il vero problema, secondo me, non è l’altezza della rete, il vero problema è il servizio: se io non riesco a rispondere bene al servizio, a parte il fatto che butti direttamente la palla in rete o fuori, do una palla facile all’avversario che mi punisce subito. E’ questa la paura dei governanti del tennistavolo. Ma è come se nel tennis volessi eliminare l’ace: può essere spettacolare, inaspettato. Chissà, se magari si pensasse all’idea di un servizio obbligatoriamente lungo, anche se non cambierebbe tanto a mio parere, perché con un servizio lungo sei portato a difenderti, a rimettere la palla morbida perché l’attaccante poi ti punisce. Cambiano le dinamiche, ma alla fine è sempre la stessa cosa.

POST SCRIPTUM DEL DRAGO ROSSO
Vedo in giro classifiche sui più grandi di ogni tempo. Pur non volendo discutere le indicazioni in esse contenute, perché ognuno ha diritto alla sua opinione, vorrei far notare che bisogna almeno conoscere i più importanti giocatori per poterli giudicare, altrimenti potrei mettermi a fare una classifica dei geni della fisica, piazzare ai primi posti Crozza-Zichichi e dimenticare Einstein.
Quindi, giusto per sfizio, ecco la versione ristretta delle mie preferenze.
Miglior giocatore di sempre
Pari merito Waldner e Kong Linghui. Preferenza Waldner per la fantasia, preferenza Kong Linghui per la tecnica. Dietro di loro, a pochi centimetri, Wang Liqin. Quarto posto per Ma Long e Zhang Jike.
Miglior difensore classico di sempre
Norio Takashima
Miglior difensore moderno di sempre
Ding Song
Miglior pennaiolo classico di sempre
Guo Yuehua
Miglior pennaiolo moderno
Wang Hao

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