L’abilità che crea disabilità

1 Luglio 2013 da Ping Pong Italia · 39 Commenti 

Un’idea per l’Europa pongistica.

Alcuni anni fa avevo evidenziato in un articolo apparso proprio su questo blog le differenze tecniche fondamentali che c’erano e che ci sono tutt’oggi tra la scuola cosiddetta cinese e quella europea. L’articolo precedente post era stato poi ripreso dalla rivista cinese e anche da quella tedesca riscuotendo notevoli apprezzamenti. Con questo pezzo invece vorrei formulare delle proposte di lavoro che potrebbero consentire di ridurre il divario qualitativo che c’è tra la Cina e il resto del mondo. Per definire meglio il contenuto di questo pezzo è importante fare una breve ma essenziale introduzione su che cos’è effettivamente il pingpong nella sua interezza.

Sebbene il gioco del pingpong per molta gente possa apparire banale (da un certo punto di vista lo è sul serio, basta rimandare la palla nell’altro lato del campo ed il gioco è fatto), per me non lo è, perché credo profondamente che i concetti fondanti del nostro sport debbano essere tenuti sempre in considerazione. Il pingpong è azione e reazione, è movimento e coordinazione, è tattica e strategia, è tecnica e prestanza fisica, è motivazione e determinazione, e altro ancora, tutte queste caratteristiche fanno riferimento a un capo, a un soprintendente: l’abilità. Come vedete l’abilità ha molti modi di esprimersi, molte sfaccettature, penso che noi europei e, più in generale, il resto del mondo eccetto Cina, faccia un uso sbagliato e/o diverso dell’abilità.

Quindi per capire meglio il senso del discorso dobbiamo partire dall’abilità.
L’Europa paga ancora oggi e per svariati anni a venire, oltre per gli errori sull’impostazione tecnica di cui parlavo nel precedente articolo, anche per il voler giocare concentrandosi sul gioco di abilità nelle varie situazioni che si presentano di volta in volta, situazioni che si evolvono in una sorta di difesa. Il punto su cui vorrei porre l’attenzione è proprio questo: l’abilità all’interno del sistema di gioco.
Uno dei più grandi maestri dell’abilità di gioco, se non il più grande di sempre è J.O. Waldner, un talento unico capace di tutto, tanto invidiato quanto emulato da moltissimi seguaci. Se da una parte Waldner ha fatto scuola, dall’altra ha creato le condizioni per una crescita tecnica e mentale anomala rappresentando un modello di gioco distante da quello che oggi è il concetto vero del pingpong ossia lo scambio rapido e la sua continuità. Spero Waldner non me ne voglia e lungi da me nel riconoscergli una qualche responsabilità diretta sul gap Cina/Europa e Resto del Mondo, inoltre nutro una profonda stima per la persona e grande ammirazione per le sue imprese. Un altro esponente da menzionare è senz’altro Michael Maze, purtroppo la sua partita dei Mondiali di Shanghai 2005 contro Hao Shuai vinta in difesa alta ha creato un precedente negativo che ha contribuito a deprimere ulteriormente il gioco europeo e in alcuni casi anche quello giapponese. Morale della favola: i cinesi si possono battere giocando in modo difensivo, furbetto.
 Andando ancora indietro nel tempo abbiamo avuto altri esempi illustri come il francese Secretin per l’Europa e, pensate, un unico cinese, uno solo Liang Ge Liang, i cosiddetti giocatori “Allround”, ossia l’abilità di gioco fatta a persona. Ripeto, ancora una volta, che non ci sono responsabilità dirette, espongo solamente la verità dei fatti. I fatti indicano che per quasi due decadi, i giocatori Europei non sono riusciti a creare una propria identità di gioco. Un’unica eccezione viene dalla Francia che ha ottimi giocatori ( nella foto Mattenet FRA) con grandi potenzialità ma che risentono di quel background che menzionavo poco fa, sviluppando il proprio gioco in una sorta di azione di controllo senza graffiare più di tanto.

La palla da 40mm ha di fatto contribuito a consolidare questa tendenza negativa dell’Europa. Il fatto che la palla vada più lenta ci ha indotto a considerare lo scambio più lento, ci siamo quindi adagiati a fare un gioco di abilità. Mentre in Cina Liu Guoliang dettava le linee guida per un gioco muscolare, aggressivo e potente eseguito con tattica feroce, (a proposito, avete mai visto Liu Guoliang indietreggiare e giocare di rimessa?) In Europa si stava a guardare sperando che quella palla ci potesse davvero favorire e quindi abbiamo perso ulteriore tempo.

Abbiamo annaspato e stiamo ancora annaspando come meglio possiamo contro lo strapotere cinese aggrappandoci il più delle volte al gioco di abilità piuttosto che andare al confronto diretto, all’abilità del gioco. È ora di cambiare registro.

Il vero precursore del gioco moderno, almeno quello che intendo io, è stato l’ungherese Tibor Klampar, considerato negli anni 70/80 un autentico talento. Mi verrebbe di dire che il suo gioco era molto femminile nel senso che oggi quasi tutte le donne giocano con quel sistema, ossia vicino al tavolo senza indietreggiare mai, puntando sull’azione rapida, il piazzamento della palla e sulla variazione di rotazioni, tutte le altre, giocano in difesa tagliata. In questo settore l’eccezionalità del gioco abile sui livelli internazionali è stata rappresentata solo dall’ungherese Toth, molto spesso, contro lo velocità asiatica, volentieri si rifugiava nella difesa alta. Io ammiro moltissimo il gioco femminile, mi dà l’impressione che sia una sorta di complemento a quello maschile a cui gli uomini fanno fatica ad adottare, anzi non ci pensano nemmeno di farlo. Ve lo immaginate giocare come le femmine ossia veloce ma allo stesso tempo esprimere potenza dei colpi. Certo occorre fare alcuni aggiustamenti sul lavoro di gambe, cambiare l’idea dei passi: non più passo incrociato per muoversi da una parte all’altra ma salto laterale mantenendo l’apertura delle gambe così da non perdere l’equilibrio. Occorre migliorare la velocità di esecuzione dei colpi e la lunghezza dei colpi, l’esplosività del corpo, la flessibilità della spalla, la velocità mentale etc.

Non ho mai assistito a un campionato nazionale cinese e vorrei tanto farlo, anzi colgo l’occasione (lo avevo già fatto in passato) per esortare i tecnici europei o qualunque tecnico ad assistere i campionati cinesi, non c’è nulla di male, non ci sono controindicazioni né effetti collaterali negativi, farebbe solo bene. Dicevo, sono convinto che le partite tra cinesi siano tutto fuorché ripararsi in una sorta di difesa di gioco. Ci si affronta a testa alta. Si fa il servizio, si risponde a un servizio, si esegue un topspin o un’apertura sul tavolo, si blocca e via continuando in un crescendo esasperatamente tattico
. Per capire meglio questo concetto devo portare un semplice esempio che a voi risulterà molto familiare, quasi quotidiano. Quando giochiamo in società, ci alleniamo per conto nostro o siamo addirittura in uno stage collettivo, ci si ritrova sempre nella stessa situazione: una parte attacca, l’altra si difende come può barricandosi spesso nel gioco da lontano, ossia indietreggiando il più velocemente possibile, e in molti casi continuando con una difesa  (fishing) anche alta (lobbing). Mi capita di girovagare qua e là per la “rete” e devo dire che ci sono molti giovani giocatori davvero veloci a prendere la posizione lontano dal tavolo, un mirabile sprint all’indietro, quasi fosse una rinuncia al gioco. Quante volte abbiamo visto questa scena? Moltissime. Questo modo di agire altro non fa che stimolare il gioco abile, quello furbo, un tipo di abilità che ci rende deboli, passivi, vulnerabili tecnicamente e mentalmente. Giorno dopo giorno il giocatore tende a creare e sviluppare situazioni di gioco difensive dove poter ribaltare la qualità dello scambio sperando appunto di risolvere il problema con un colpo di recupero, una difesa, un controtop disperato, a volte un taglio da lontano e così via. Detto così sembra normale, chi è che non lo fa al giorno d’oggi. Il problema è proprio questo, occorre tornare a giocare, a sostenere lo scambio veloce, a vincere il punto perché si è più capaci e non dichiarare bandiera bianca andando a giocare in difesa ributtando la palla alla meno peggio nella speranza di chissà che cosa. Ripeto, questo modo di fare crea dipendenza e debolezza mentale. Molte volte vinciamo il punto ma a scapito di un sistema che non è vincente dandoci l’illusione di poter competere, illusione che poi si infrange fatalmente quando si ha a che fare con un gioco, robusto, concreto, fatto di velocità e potenza, aggressività e determinazione, cose che i cinesi fanno in modo perfetto. Attenzione, non voglio dire che non dobbiamo difendere, dico solo che la difesa non deve prendere il sopravvento sul gioco aperto, di confronto. 
Noi europei siamo scaltri, conosciamo la tattica e conosciamo la tecnica, abbiamo fantasia e inventiva, non abbiamo bisogno di queste cose, ce le abbiamo già. Con il passare del tempo le abbiamo addirittura affinate, ma abbiamo perso il senso del gioco e la sua dignità, la sua fluidità, l’armonia e la bellezza. 
Non mi piace fare esempi di altri sport, ma guardiamo il tennis, “nostro cugino”, proprio in questi giorni Wimbledon ci può ispirare. Non prendo in considerazione la spettacolarità, prendo in esame lo scambio, il gioco in sé per sé. Giochi, scambi, ribatti la palla, se non sei all’altezza, niente da fare, la palla non la raggiungi e perdi. Nel pingpong non avviene la stessa cosa, se non siamo all’altezza ci rifugiamo nel gioco da lontano, andiamo in recupero, speriamo che l’avversario non ci dia il colpo di grazia così possiamo rientrare nel gioco e magari invertire la rotta. Parafrasando il tennis, ho come l’impressione che i cinesi siano fenomenali tanto nell’erba quanto nella terra rossa e tutti gli altri se la giocano solo nella terra rossa. E che dire della scherma, uno sport spesso paragonato al nostro per via dell’idea di duello. Nella scherma si vince combattendo non indietreggiando. Ma che duello è se uno tende a scappare?

Noi, inteso come resto del mondo abbiamo due modi di fare (Dott. Jekill & Mr. Hyde), uno negli schemi di allenamento e uno nelle situazioni di gioco libero. Negli schemi di allenamento siamo eccellenti, pochi errori, la continuità dei colpi, la regolarità nello scambio, esecuzione dei colpi di notevole qualità, siamo persistenti, duraturi, mentalmente ben predisposti. Quando ci troviamo in situazioni di gioco libero allora cambiamo il nostro modo di giocare, quasi a nascondere le nostre capacità, diventiamo irriconoscibili, ecco che non siamo più continui, il nostro gioco diventa confuso, i colpi sono meno efficaci, abbiamo mille dubbi e mentalmente diventiamo difensivi. Tutto questo quando siamo in allenamento, ora, figuriamoci in una competizione vera e propria.

Ai giocatori europei serve la coerenza di gioco, la continuità dell’azione veloce, la reattività delle gambe e la capacità di ripetere le stesse azioni in modo uguale, naturale, continuo, costante senza interruzioni di sorta, quasi non pensando alla partita ma giocando la partita. Ogni volta che ci si discosta da questo sistema significa debolezza. Una piccola crepa che a lungo andare destabilizza l’intera struttura fino a farla cedere del tutto. 
Per arrivare a uno stadio di vera competitività dobbiamo rafforzare la mentalità di un gioco costante, dobbiamo essere capaci di sostenere lo scambio, diventare più potenti, adottare tattica e strategia in modo disciplinato, maniacale aggiungerei. Per fare ciò le idee non bastano, serve il lavoro, la costanza del lavoro, la disciplina del lavoro. Serve una consapevolezza che ti fa essere pronto a fare un passo indietro per farne due avanti. Serve determinazione e forza di volontà. Serve preparazione fisica e mentale. Dobbiamo rinunciare al gioco abile per lasciare spazio alla coerenza di gioco, all’abilità con la A maiuscola, quella che sovrintende tutto, il capo. Dobbiamo partire con le nuove generazioni e educarle alla coerenza di gioco, alla continuità dello scambio da vicino, ad aprire il gioco prima che lo faccia l’altro con un flic o una palla di rotazione, a non aver paura di difendere bloccando sul tavolo o contrattaccare con un controtop, a piazzare la palla, a non subire quando ci si deve confrontare.

Sono convinto che la Cina non è imbattibile, forse sono in controtendenza anche perché pare che ci sia molta rassegnazione. Ho fiducia nella forza di volontà degli europei e del resto del mondo. Ho visto gli allenamenti cinesi come quelli europei, i cinesi sono continui, costanti, non cedono, noi si. Anche in Cina succede una cosa simile, tutti quelli che cedono al gioco abile fatalmente soccombono. E allora, noi, che cosa abbiamo che non possiamo fare?
Forza resto del mondo!!!

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