Fotografare il pingpong

19 Luglio 2006 da Ping Pong Italia 

post e fotografie sono del Drago Rosso

Comincio a togliermi qualche impegno arretrato e parto da una specie di piccolo manuale del fotografo di tennistavolo. Ho già detto che non sono un fotografo professionista, ma le indicazioni che darò sono esatte e sufficienti per chiunque voglia cimentarsi con una delle attività più difficili. In effetti, fare fotografie di tennistavolo è una delle cose più difficili nell’ambito di qualsiasi sport. Prima di cominciare, vi cito due episodi per capire meglio quale sia il grado di difficoltà. Agli Open d’Italia del ’96, arrivò un fotografo professionista molto bravo. Lo aveva mandato la Gazzetta dello Sport per alcune foto su Waldner, che servivano per un servizio speciale. Il fotografo non aveva mai visto una partita di ping pong a quel livello. Si mise all’opera per cominciare a scattare le foto, ma si fermò subito e disse: “Ma questi si muovono troppo velocemente, non riesco a seguirli”. Dopo un po’, si abituò a quella velocità e, grazie anche a una macchina fotografica di altissimo livello, in grado di fare 12 scatti in poco più di un secondo, cominciò a fare le foto. Credetemi, sto parlando di un fotografo con esperienza negli sport più famosi, ma rimase letteralmente choccato. L’altro episodio risale ai Mondiali di Brema, ad aprile di quest’anno. Un fotografo americano, specializzato in tennistavolo, si lamentava per le condizioni in cui doveva operare (e delle quali vi ho già raccontato) e disse agli organizzatori: “Grazie alle condizioni in cui ci avete messo, sapete quanti scatti buoni sono riuscito a fare? Solo due su 150”. Significa che aveva scattato 150 foto, ma di queste solo 2 erano buone per essere usate.
Ecco, avete un’idea di quanto sia difficile fotografare il tennistavolo. Questo non vuol dire che dobbiate demoralizzarvi, ma solo che dovrete affrontare molto seriamente questo compito, se ci tenete a fare belle foto. Quindi, comincio a dare qualche indicazione tecnica. Magari, in qualche punto, dirò cose molto banali, che appaiono scontate, ma è meglio essere il più possibile precisi.
La prima indicazione, alla quale ognuno può arrivare per conto suo, ma che è la base della fotografia nel tennistavolo, è che non si può usare il flash. La banalità di questo principio porta però come conseguenza una delle più complesse procedure fotografiche che si possano immaginare, che non ha eguali in qualsiasi altro sport.
La prima conseguenza, anche questa apparentemente banale, è che non si possono usare le macchinette fotografiche definite “compatte”, quelle che ciascuno usa normalmente per fare qualsiasi tipo di fotografia, da quelle fra amici a quelle turistiche, e che hanno il flash che scatta automaticamente. E’ vero che in queste macchinette c’è un dispositivo che può bloccare il flash, ma in questo caso le foto verrebbero troppo scure, perché la luce nei palazzetti non è sufficiente per quel tipo di macchine. Succede, quindi, che il sistema automatico di messa a fuoco non riesce mai a regolare l’immagine e, anche se uno riesce a scattare ugualmente, viene fuori una fotografia sfocata e, nel migliore dei casi, scura e con il braccio del giocatore molto mosso.
Punto di partenza, quindi, è avere una macchina fotografica del tipo “reflex”, vale a dire di quelle più grandi e più complicate, in cui bisogna mettere a punto il tempo della foto e la luminosità. Queste macchine hanno bisogno di un obbiettivo, che sia zoom o fisso. Lo zoom significa che si può variare la portata dell’obbiettivo: esempio, 35-70 millimetri, o 80-200 millimetri. Con gli obbiettivi appena citati, uno può variare, girando manualmente una ghiera che circonda l’obbiettivo stesso, la distanza.
Se si porta l’obbiettivo a 200 millimetri, ci si avvicina di più al soggetto che si vuole fotografare, che così, guardando nel mirino, diventa più grande. Se si vuole una panoramica, con tutto il tavolo e l’avversario, si riduce il millimetraggio. Naturalmente, in questi casi, cambia anche la messa a fuoco, bisognerà regolare anche quella e lo si può fare manualmente o inserendo il sistema automatico, ma a questo arriverò in seguito. Concludo questa prima parte dicendo che l’obbiettivo “fisso”, come dice il nome stesso, non si può variare. In genere, quelli fissi sono da 300 millimetri fino a 500. Quelli da 500 sono autentici “cannoni”, molto grandi, che potete notare quando assistete a partite di calcio. Su quei campi, così grandi, c’è bisogno di un obbiettivo così grande per fare foto. Nel tennistavolo, in genere, non si va oltre i 300, o i 350 millimetri in alcuni casi. Se uno usa gli obbiettivi fissi, se vuole una visione diversa, con il particolare più in evidenza o più panoramica, deve materialmente spostarsi, al contrario di chi usa lo zoom, che restando fermo, ha la possibilità di avere diverse inquadrature.
Una breve pausa tecnica per dire subito quanto costano queste macchine e quando costano gli obbiettivi. Purtroppo, si tratta di prezzi molto alti. In genere, le case fotografiche sono due: la Canon e la Nikon. La qualità e i prezzi sono pressoché uguali. La scelta dipende da gusti particolari dei fotografi. Per chi non ha idea di cosa prendere, rassicuro: Canon o Nikon, andate comunque sul sicuro e non sbagliate. Fino a qualche anno fa, c’erano le pellicole, da 36 pose al massimo, che dovevano essere sviluppate. Poi, sono venute fuori le macchine digitali, con le schede. La scheda da un giga di memoria può contenere fino a 500 foto o poco più, che poi vanno scaricate sul computer, liberando la scheda per altre foto. Naturalmente, il sistema digitale è molto più comodo, anche se porta a un inconveniente. Con le macchine con pellicola, lo scatto e la foto erano praticamente simultanei, perché la foto andava sulla pellicola quasi istantaneamente. Con le digitali, invece, dal momento in cui si preme sul pulsante dello scatto al momento in cui la foto viene effettivamente immagazzinata nella scheda passano decimi di secondo.
Quindi, se voglio avere una foto con il giocatore che sta colpendo la pallina, devo scattare mentre lui sta partendo per tirare il colpo, altrimenti mi ritroverò la foto con la pallina già colpita e lontanissima dalla racchetta, in molti casi fuori della foto. Comunque, visto che le digitali portano tantissimi vantaggi, è a queste che dobbiamo fare riferimento, anche perché quelle classiche stanno scomparendo. I prezzi di cui vi parlo, quindi, sono quelli delle macchine digitali. Io ho una Nikon D100, che costa circa 2.100 euro. E’ una macchina altamente professionale che sta immediatamente prima di quelle più complesse, la D4, la D5, la D2X e altre ancora che stanno uscendo. Queste ultime, hanno tantissime funzioni, di cui è inutile parlare perché interessano solo i fotografi professionisti, ma ce n’è una che è importante per tutti, professionisti e no: possono fare 15 scatti in poco più di un secondo. Insomma, sono autentiche “mitragliatrici”. Il vantaggio, come potete facilmente capire, è che non si è costretti a scegliere il momento giusto per avere una bella foto, basta premere il pulsante-grilletto prima che il giocatore cominci l’esecuzione del colpo e vi ritrovate senza sforzo tutta la serie fotografica del colpo. Potete perciò scegliere lo scatto in cui la pallina è proprio sulla racchetta. Queste macchine fenomenali costano circa 5.000 euro. Le corrispondenti macchine della Canon costano praticamente lo stesso, sia quella che è equiparata alla Nikon D100, sia quelle equiparate alle D4, D5 e D2X.
Una precisazione per quanto riguarda le mie foto, alcune delle quali avete visto su questo blog: la D100 non ha la funzione di “mitragliatrice”, può scattare al massimo 3 foto in un secondo. Perciò, quando vedete una mia foto in cui la pallina è esattamente sulla racchetta potete star certi che ho fatto un solo scatto e ho trovato il tempo giusto, non ho avuto il vantaggio di premere il pulsante e poi lasciar scorrere, come si può fare con le altre.
Devo dirvi anche i prezzi degli obbiettivi. Quello più comune è l’80-200, usato sia dalla Canon che dalla Nikon (quest’ultima ha anche prodotto il 70-200), con luminosità 2.8. Il concetto di luminosità è estremamente importante, ma ci arrivo subito dopo. Quello che è importante è sapere che più basso è questo indice di luminosità più facile è fare foto in ambienti poco luminosi. L’indice 2.8 è uno dei più bassi. Si possono trovare anche quelli da 2, ma in generale, quasi tutti i fotografi hanno questo obbiettivo. Che costa, purtroppo, più di 2.000 euro, ultimamente è arrivato a 2.400 e pare stia aumentando ancora. Gli obbiettivi di cui parlavo prima, da 500 millimetri, con luminosità 2.8 o 2, costano addirittura 10.000 euro, ma, come dicevo, non sono usati nel tennistavolo. Oltre all’obbiettivo zoom 80-200 (o 70-200), sono usati quelli da 300 e 350 e il costo va sui 3.000 o 4.000 euro, sempre con luminosità che non va oltre i 2.8.
Se andate in un negozio fotografico, potete trovare obbiettivi zoom 70-350 a un prezzo molto più basso, tipo 300 euro o qualcosa del genere. Non sono falsi, sono veri, ma, questo è il punto importante, hanno una luminosità 3.5, 4 o 5.6. Ecco, gli obbiettivi con questi indici di luminosità non sono adatti per il tennistavolo, le foto verrebbero scure. Intendo, le foto in movimento, perché quelle come le figurine, col giocatore fermo in attesa di battere o di rispondere, possono essere fatte da qualsiasi macchina fotografica. E allora, il punto fondamentale è avere un obbiettivo con luminosità non superiore a 2.8, ricordatelo bene.
E adesso passiamo alle istruzioni specifiche per le fotografie. Con una macchina di buon livello, come le Nikon D100 o D70 e le Canon Eos 250D o 350D, e con un obbiettivo zoom 80-200 luminosità 2.8, bisogna fissare due cose per fare la foto: la sensibilità della scheda e il tempo dello scatto. La sensibilità della scheda si fissa una volta e non c’è bisogno di cambiarla più. La cosa migliore è fissarla a 1600 asa. E’ un concetto molto semplice, perché è lo stesso di quelle delle vecchie macchine fotografiche non digitali. Chiunque di voi avrà comprato le pellicole per le macchinette fotografiche non digitali. Erano in vendita anche dai tabaccai e partivano da 100 asa, che era la pellicola più comune. Poi c’erano anche quelle da 200 e 400 asa. Quelle da 400 sembravano da fantascienza. Ebbene, c’erano anche quelle da 800 e addirittura da 1600. La macchina digitale, che non ha la pellicola, ha dentro di sé un meccanismo per fissare la sensibilità allo stesso modo in cui prima questa sensibilità era già dentro la pellicola. Quindi, la cosa migliore è fissarla a 1600 asa. Non è un procedimento complicato, basta seguire le istruzioni che vengono date con la macchina.
Poi, si deve fissare il tempo dello scatto. Ma che cos’è? Niente di preoccupante. Indica per quanto tempo l’obbiettivo resta aperto, prendendo la luce che viene da fuori, con le immagini che si intendono fissare. E’ naturalmente un tempo minimo, stiamo parlando di centesimi di secondo. Per il tennistavolo, non si può andare sotto 1/250 di secondo, se si vuole una foto non mossa. Cerco di chiarire meglio. Quanto più tempo l’obbiettivo resta aperto, più luce entra, quindi la foto viene chiara, ma è anche vero che i movimenti veloci del soggetto da fotografare hanno più tempo per “entrare” nella macchina fotografica e quindi si avrà il braccio del pongista molto mosso. Ripeto: più tempo l’obbiettivo resta aperto, più movimenti entrano nella foto. Meno tempo l’obbiettivo resta aperto, più è facile fissare un movimento istantaneo, quindi avere il braccio del pongista “fermo”. Ma se l’obbiettivo resta aperto per poco tempo, entra meno luce, quindi la foto rischia di venire scura. Su questo precario equilibrio si gioca la felice riuscita della foto.
E allora, cerchiamo di risolvere. In teoria, si potrebbe variare anche la luminosità dell’obbiettivo, perché l’indice che viene indicato sull’obbiettivo stesso è il “minimo”, in modo che si sappia qual è il punto oltre il quale non si può andare. Ma è chiaro che, se io volessi, potrei fissare la luminosità (sempre operando secondo le istruzioni della macchina fotografica: c’è un piccolo cursore, una rotellina esterna facile da maneggiare) a 3.5, 4, 5.6, 11 e via via più in alto. E’ chiaro che non mi conviene, perché la foto, in uno ambiente chiuso, verrebbe scurissima. Quegli indici di luminosità permettono di fare foto all’esterno. Con il sole, se mettessi la luminosità a 2.8, mi troverei una foto bianca, bruciata dal sole. Con l’indice a 11 e anche più in alto, una foto fatta sotto il sole cocente verrebbe con la giusta illuminazione. Quindi, visto che stiamo parlando di foto per il tennistavolo, lasciamo l’indice a 2.8 e buonanotte. Se avessimo un obbiettivo di luminosità 2, lasceremmo la luminosità a 2. L’importante è sfruttare il massimo potenziale dell’obbiettivo. Se dobbiamo variare qualcosa, è il tempo dello scatto.
Quindi, come dicevo prima, 1/250 di secondo è il limite massimo oltre il quale non si può avere una foto “pulita”, vale a dire non mossa. Se mettiamo il tempo a 1/125 di secondo o ancora più su, anche il movimento più lento verrebbe mosso sulla foto. Per cambiare il tempo, come per la luminosità, c’è una piccola rotellina che si gira con un dito. A questo punto, sorge la domanda: visto che la sensibilità della scheda l’abbiamo fissata e non la cambiamo più, visto che anche la luminosità l’abbiamo fissata e non la cambiamo più, come facciamo a decidere che tempo di scatto dobbiamo dare? Non è molto complicato. Con questo tipo di macchine fotografiche, che già vi ho indicato, la procedura è diversa dalle foto normali. Una volta messo l’occhio nel mirino e inquadrato il soggetto da fotografare, bisogna premere leggermente sul pulsante dello scatto, non come se dovessimo scattare la foto in quel momento. Quindi, una leggera pressione e, nella parte bassa del display, il nostro occhio vedrà una specie di sbarra luminosa su cui ci sono delle cifre e delle tacche. Le cifre indicano che tempo di scatto e che luminosità c’è. Non ci interessano, perché già sappiamo quali sono e possiamo anche vederle nel display esterno, che si trova nella parte superiore della macchina, vicino al pulsante dello scatto. Le tacche indicano se la foto è chiara o scura. C’è uno “0” al centro. Se le tacche scendono a destra dello “0”, significa che la foto è “sottoesposta”, quindi verrà scura. Se le tacche si spostano a sinistra, significa che la foto è “sovraesposta”, quindi verrà chiara. La soluzione migliore è avere le tacche sullo “0” o averne una o due al massimo a sinistra, perché è meglio avere una foto leggermente chiara che una scura.
Se le condizioni di luce nel palazzetto sono buone, proviamo a fissare il tempo di scatto a 1/350 o a 1/500 di secondo. Minor tempo di apertura si riesce a dare, meglio è, perché anche il top più violento, tipo quello di Wang Liqin, verrà immortalato con il braccio fermo. Naturalmente, avere la luce tale da poter mettere il tempo a 1/350 o 1/500 è quasi impossibile. A me è capitato solo due volte di trovare un palazzetto che mi permettesse di fissare il tempio di scatto a 1/500 di secondo, entrambe le volte in Cina, nel ’97 a Jiading, vicino Shanghai, e negli ultimi due anni a Wuxi, vicino Nanchino. Tutte le altre volte, mi sono dovuto accontentare di 1/250.

Molte volte, può capitare che vediamo le tacche spostarsi a destra dello zero.
Bene, cattiva notizia: non possiamo fare niente, perché abbiamo già messo la machina fotografica al limite. Non possiamo andare oltre la sensibilità di 1600 asa, non possiamo scendere sotto i 2.8 di luminosità (o dovremmo comprare un altro obbiettivo con questa luminosità, spendendo parecchio di più), non possiamo scendere sotto 1/250 di secondo. In teoria, potremmo provare a scendere a 1/180 di secondo, ma le foto verrebbero comunque mosse. Cosa si fa in questi casi? Ci si fa il segno della croce e si scatta ugualmente anche con le tacche a destra dello zero e con la consapevolezza che la foto verrà un po’ scura. Non significa che verrà nera, ma, se siamo un po’ fortunati, la qualità non sarà così male. Inoltre, ci sono programmi fotografici che possono essere installati nel computer (e che non costano molto), che sono in grado di schiarire un po’ le foto. In casi estremi, si può fare.
Non è finita, perché bisogna ancora considerare una cosa: la messa a fuoco. La messa a fuoco può essere manuale o automatica. Tutte le macchine fotografiche di cui vi ho parlato hanno l’autofocus, vale a dire la messa a fuoco automatica, oltre a quella manuale. Cosa è più conveniente usare? Non c’è una regola fissa. Vediamo le differenze. Con la messa a fuoco automatica, quando puntiamo il soggetto e teniamo leggermente premuto il pulsante di scatto, ma senza scattare la foto, la macchina regola da sola la messa a fuoco, sentite il rumore dell’obbiettivo che ruota attorno a se stesso da solo e vedete il soggetto nitidamente. Nello stesso tempo, nella barra inferiore del display interno, che potete vedere con l’occhio con cui state “mirando”, si accende una pallina verde (o anche nera) che indica che la messa a fuoco è perfetta. Qual è il problema di questo sistema con il tennistavolo? Che i movimenti del giocatore sono così veloci che l’autofocus non fa in tempo a regolarsi da solo e il colpo è già partito e non si è avuto il tempo di scattare bene. Se si riesce però a tenere puntato l’obbiettivo sul corpo del giocatore, sempre tenendo il pulsante leggermente schiacciato, l’autofocus mantiene la messa a fuoco ed è possibile scattare la foto.
Per la messa a fuoco manuale si deve usare la mano sinistra, che tiene la ghiera esterna dell’obbiettivo e la fa ruotare fino a raggiungere la messa a fuoco. Qual è il problema in questo caso? Che il giocatore può allontanarsi dal tavolo o spostarsi lateralmente e la messa a fuoco non va più bene, bisognerebbe aggiustarla con la mano sinistra che deve trovare immediatamente la posizione giusta per la ghiera. Se, invece, per esempio nelle foto frontali, il giocatore tiene più o meno la stessa distanza dal tavolo (uno che sta attaccando e che comanda il gioco, tanto per fare un esempio) la messa a fuoco manuale non dà inconvenienti. Per passare dalla messa a fuoco manuale a quella automatica l’operazione è semplice: si sposta un’altra ghiera che c’è sull’obbiettivo e si sposta un piccolo cursore che c’è sulla macchina.
Se posso dare un’indicazione sulla messa a fuoco, io preferisco quella manuale, ma è una decisione non facile, come non è facile fare foto di tennistavolo.
A questo punto, bisogna passare all’esecuzione pratica e all’inquadramento del “bersaglio”. Direi di cominciare con foto frontali, da fondo campo, in modo da avere perfettamente centrato il giocatore che esegue il colpo. Meglio cominciare con i colpi di attacco, perché è più probabile che il giocatore stia vicino al tavolo ed è più facile impostare la messa a fuoco, e meglio con i colpi di rovescio, perché sono più lenti e perché il giocatore si muove meno per la preparazione del colpo. Come ho già detto prima, con le macchine digitali bisogna scattare un attimo prima del colpo, e anche un po’ di più di un attimo. Ma questo è un aspetto che potete appurare solo facendo le prime foto. Nel display esterno che sta dietro la macchina, potete subito vedere come è venuta la foto, così potete regolarvi sul momento in cui dovete scattare. All’inizio, state sicuri, scatterete in netto ritardo rispetto al momento giusto. Non vi preoccupate, poco alla volta stabilirete da voi stessi quando bisogna scattare. Il vero problema è che bisogna capire il gioco, nel senso che bisogna capire quando il giocatore sta per effettuare il colpo. Non è facile, chi ha giocato a tennistavolo naturalmente è avvantaggiato. Se poi avete una di quelle macchine “mitragliatrici”, allora il problema di aver giocato o no a tennistavolo non si pone. Comunque, visto che nessuno di noi è fotografo professionista e non ha tantissimi soldi da spendere per macchine che non gli serviranno davvero, facciamo conto che stiamo parlando di macchine con uno scatto alla volta. Quindi, un po’ di esperienza da giocatori aiuta.
Poco alla volta, potete cominciare a variare le angolazioni e le posizioni, con scatti dai lati, in diagonale. Importante: cominciate, a prescindere dalla posizione, con vedute più larghe possibile, poi passate a vedute più ravvicinate per finire con i primi piani, i più difficili, e sto parlando sempre di foto in movimento, perché con i giocatori fermi anche un bambino potrebbe fare una bella foto.
In definitiva, per riassumere:
Sistemate a 1600 la sensibilità della scheda
Sistemate a 2.8 (o il meno possibile a seconda dell’obbiettivo che avete) la luminosità
Sistemate a 1/250 di secondo (o il meno possibile se le condizioni di luce del palazzetto lo consentono) il tempo di scatto
Verificate che le tacche sul display interno siano sullo zero, o poco più a sinistra. Se sono molte a sinistra, vuol dire che potete abbassare il tempo di scatto, magari a 1/350 di secondo
Decidete se la messa a fuoco è manuale o automatica
Prendete la mira e scattate
So già che le prime foto verranno male, è capitato anche a me, ma poi migliorerete.
Spero che queste “istruzioni”, anche se vengono da un non professionista, vi possano servire. Comunque, se ci sono domande su aspetti che magari ho dimenticato di esaminare, sono pronto a dare ulteriori chiarimenti.

Commenti

20 risposte per “Fotografare il pingpong”

  1. Paolo Bonazzi ha scritto il 19 Luglio 2006 13:52

    Ciao Drago Rosso,
    ho appena letto il tuo articolo su come fotografare il tennistavolo, le impostazioni della macchina ecc, e mi è sembrato davvero ben fatto e alla portata di tutti…fotografi abili e non (e io rientro appunto in quest’ultima categoria).

    Vorrei chiederti però un parere, nonostante tu abbia sconsigliato esattamente come premessa del tuo scritto le cosiddette “digitali compatte”.

    Probabilmente ce ne sono anche altre, però ho sentito parlare molto bene di un paio di macchine digitali compatte della canon (Powershot S3 IS e Powershot A700).
    Mi spiego…sono apparecchi digitali e di facile utilizzo per tutti, con però la particolarità che TUTTI i settaggi possono essere impostati anche manualmente.
    Quindi in realtà si possono impostare la sensibilità fino a 800 ISO (anzichè i 1600 che segnali tu), hanno luminosità che arriva fino a 2,8 o addirittura 2,7, tempi settabili fino a 1/2000 o 1/2500 e (credo) possibilità anche di scatti multipli (o come dici tu a mitragliatrice).
    Ti chiedo questo perchè sinceramente, per approcciarmi al tennistavolo “fotografato”, oltre che praticato, una spesa anche solo di 2000 euro è importante, e quindi forse per i primi test posso farcela anche con questo materiale (che al confronto di quello suggerito da te è sicuramente scadente).
    I fotografi che ho consultato dicono che assolutamente va benissimo come scelta, però ovviamente non hanno mai provato a fotografare un giocatore di TT !!!
    E’ solo un consiglio che chiedo a te, o che ti chiedo se puoi rigirare ai professionisti delle fotografie di tennistavolo che conosci.
    Ciao

  2. Sconosciuto ha scritto il 20 Luglio 2006 09:45

    Mi permetto di rispondere a Paolo con un paio di noticine:
    - le indicazioni del Drago (che scopro essere preparato anche in campo fotografico) sono, a mio avviso, ottime per fare fotografie STUPENDE! Per intenderci quelle da pubblicare sulle riviste o sui quotidiani, ma richiedono una padronanza del “mezzo” e una disponibilità economica non alla portata di tutti. Con un po di “allenamento” si impara anche il sincronismo con la pallina e i tempi di esposizione, ma per l’esborso temo ci siano poche alternative.
    - le fotocamere compatte o quelle un poco + grandi (ottiche con zoom fino a 12x) che consentono di regolare manualmente tempi e diaframmi possono venire impostate come ha indicato il Drago, e essere quasi alla stessa altezza di una buona reflex. Attenzione: “QUASI”!!!
    Credo però che spendere dai 350.00 ai 600.00€ siano abbastanza per riuscire a togliersi buone soddisfazioni scattando validissime immagini.
    Se si richiede il fuoco manuale (ottimo per effetti particolari), le scelte però diminuiscono notevolmente, visto che quasi tutte le digitali non reflex NON hanno questa opzione e mettono a fuoco genericamente in centro.
    Personalmente ho fatto qualche migliaio di fotografie di giocatori di TT in movimento e mi sono preso belle soddisfazioni utilizzando macchinette del genere (senza mitra), ma di tutte quelle scattate solamente un centinaio sono “belle” (luminosità, soggetto, messa a fuoco…).
    Con la reflex del Drago (e il suo polso) le foto belle possono arrivare anche al 70/80% di quelle scattate, a prescindere dalla mitragliata!
    Evito in questa sede di iniziare disquisizioni su dimensione e tipo del CCD o sui Mpixel e gli obiettivi delle compatte.
    In sintesi, vale la pena partire con una buona macchinetta che scatti in manuale (col rischio di buttare fino al 90% degli scatti effettuati, soprattutto agli inizi) e valutare poi se merita passare ad un acquisto “serio”.
    Ciao

  3. Drago Rosso ha scritto il 20 Luglio 2006 10:43

    Per Paolo Bonazzi:
    In effetti, stanno velocemente uscendo nuove macchine e bisogna esaminarle bene per sapere cosa sono in grado di fare. Come ho gia’ detto, non sono in Italia, appena torno mi informo su questi due nuovi modelli dela Canon e ti faccio sapere. Comunque, in base alle indicazioni che mi hai dato, ho qualche dubbio. Con la sensibilita’ a 800 ISO, c’e’ qualche difficolta’ a tenere il tempo di 1/250 come minimo. Ci vuole buona luce, che purtroppo non c’e’ quasi mai. Le potenzialita’ di queste macchine riguardo i tempi, fino a 1/2000 e oltre, non possono essere sfruttate perche’, come dicevo, con la luce piu’ forte che ho trovato in giro per il mondo, non sono potuto andare oltre 1/500, con sensibilita’ a 1600 ISO. In attesa di mie ulteriori informazioni, potresti fare un altro tipo di domanda ai fotografi che hai consultato. Devi chiedere se, secondo loro, quel tipo di macchina puo’ fare buone fotografie a 800 ISO e con tempo a 1/250 dentro un palazzetto. Proprio perche’ non hanno idea di cosa sia il vero tenistavolo, loro tendono a dire che puoi mettere la macchina a 1/125, perche’ non si rendono conto della velocita’ dei movimenti, o pensano di poterla mettere a 1/2000 perche’ non sanno quali siano le condizioni di luce del palazzetto (o addirittura non sanno che si gioca al chiuso, ma questa e’ un’ipotesi paradossale, dovrebbero saperlo). In questo modo, potresti gia’ avere una idea piu’ precisa. Poi, ti faro’ sapere cosa riesco ad appurare io su queste nuove macchine,

  4. Drago Rosso ha scritto il 21 Luglio 2006 08:09

    ale. Una volta, con le pellicole, erano dolori, si spendeva un patrimonio in pellicole, foto brutte e sviluppo.
    Quindi, credo che il consiglio di Sconosciuto vada seguito. Si cominci con una macchinetta (non e’ spregiativo) e poi ci si rende conto di cosa si voglia effettivamente fare. Solo un appunto a Sconosciuto, utile perche’ serve anche agli altri: anche con la mia macchina reflex e col mio polso (troppo buono Sconosciuto), purtroppo la percentuale di foto buone non arriva mai all’80%. Diciamo che una percentuale del 50-60% e’ ottima, perche’ il tennistavolo e’ davvero lo sport piu’ difficile da fotografare.

  5. S.O.S. drago rosso ha scritto il 22 Luglio 2006 10:32

    Caro Drago,
    è da un po’ che leggo questo blog e devo dire che ci sono molti appassionati……la maggior parte di questi, anzi diciamo tutti, esprime la propria opinione giusta o sbagliata….”non è la fine”…….sui vari temi proposti…i tuoi interventi sono però differenti……anche tu esprimi la tua opinione sui vari temi, ma non ti limiti a questo……tu diffondi tra di noi umili mortali il tuo “verbo”, illuminandoci del tuo sapere e rendendo tutti noi uomini migliori!!!
    Ho un favore da chiederti: sono alcuni anni che sto lavorando a Roma, anzi in Vaticano e sto dipingendo su dei muri…..ecco……in questo momento mi servirebbero i tuoi consigli su come poter terminare il mio lavoro dato che dipingere il soffitto non è facile e devo scegliere i giusti colori, la prospettiva ecc ecc…….ora se tu fossi così gentile da passare dalle mie parti sarei contentissimo se volessi darmi il tuo parere sul mio lavoro…….augurandomi di sentirti presto…….ti saluto!!!
    un tuo ammiratore
    michelangelo b.

  6. Sconosciuto ha scritto il 24 Luglio 2006 11:03

    Per il Drago,
    scusa l’ignoranza, ma…. come posso inviare una foto al blog?!?
    Ho provato a trascinarla e a copiarla nel corpo del messaggio, ma non funziona… Tu come ci sei riuscito?
    Vedo comunque che sui concetti siamo d’accordo, e il paragone tra le nostre foto sarebbe comunque impietoso.
    Dimenticavo anche di scrivere che, partecipando ad una manifestazione con diversi atleti da fotografare, con le “macchinette” si corre il rischio di perdere tempo per un giocatore e perdersi gli altri.
    Se ad esempio qualcuno, partecipando ai C.I., avesse voluto immortalare tutti i propri compagni, avrebbe corso il grosso rischio di non riuscire a compiere l’impresa.
    Intendo che, quando si gioca su più tavoli (come ai tornei), mentre cerchi di scattare una foto decente di un atleta (e tocca fare almeno 15/20 scatti in tutta la partita, prima di trovare quella buona), magari su un altro tavolo, un altro atleta ha già finito e non avrai più occasione di rivederlo all’opera.
    Con una “macchinona”, nel corso di un singolo set, si dovrebbe riuscire a scattare la foto desiderata e passare rapidamente ad un altro incontro.
    Ciao
    Sconosciuto

  7. Amministratore ha scritto il 24 Luglio 2006 15:06

    Per inviare una foto al blog occorre farlo via mail: com@pingpongitalia.com

  8. Sconosciuto ma.......scarso!!!! ha scritto il 25 Luglio 2006 10:25

    Per sconosciuto: se i tuoi compagni finiscono di giocare prima ancora che tu sia riuscito a fotografarli……devono essere proprio forti……..ma dai col girone 3 partite le fanno tutti…..comunque complimenti per la tua squadra…siete uno squadrone!!!!!!!!!!

  9. Dio ha scritto il 25 Luglio 2006 15:19

    Per S.O.S. drago rosso, o michelangelo b., come preferisce:
    Devo comunicarti che Drago Rosso non ti risponderà. Mi ha chiamato per dirmi che non si occupa di tali piccolezze. L’unica cosa che mi chiede di riferirti è che lui non si è mai sognato di intervenire per “illuminare” i lettori di questo blog, ma risponde solo quando è interpellato direttamente. Nel tuo caso, pur tirato in ballo personalmente, ha detto che fa un’eccezione e non ti risponde, perché ti giudica un minus habens. Ti tranquillizzo, io non penso assolutamente che tu lo sia, in questo caso sono solo un povero ambasciatore. Comunque, Drago Rosso mi ha praticamente ordinato di risponderti al posto suo a proposito delle tue performance pittoriche e tu sai bene che grandissimo stracciamaroni lui sia, se non lo accontento non mi lascerà mai più in pace.
    Perciò, considerato anche che io sono uno dei principali soggetti dei tuoi dipinti sui soffitti del Vaticano, quindi di una mia dependence, ti esprimo il mio parere. Non ho bisogno di passare di lì, posso vedere tutto da quassù. Mi sembra che il tuo dipinto non sia proprio originale, e anche il tuo nome mi pare di averlo già sentito. Comunque, un paio di suggerimenti: mettiti un paio di occhialini, così non ti andrà la vernice negli occhi e magari riuscirai anche a vedere meglio qualche gara di tennistavolo, magari è la volta buona che tu cominci a capirne qualcosa, ma non voglio mica dire che tu sia incompetente, ci mancherebbe altro. Poi, potresti diminuire un po’ la grandezza del dipinto, questo mi pare eccessivo per le tue forze, un disegnino con i pastelli sul quaderno delle elementari forse andrebbe bene, ma mica mi sto sognando di dire che tu non sia capace, ci mancherebbe altro. Infine, prima di rivolgerti di nuovo a un semidio come il Drago Rosso, dovresti chiedere il mio permesso, ma non voglio mica dire che sei un povero coglione che non si deve permettere di parlare di cose di cui non capisce una mazza, ci mancherebbe altro.
    Ti mando un caro saluto, non posso dirti arrivederci perché non mi pare sia prevista la tua presenza in paradiso, ma chissà, magari il Drago Rosso riesce a farmi cambiare idea. Non so, vuoi provare a convincerlo?

  10. Sconosciuto ha scritto il 25 Luglio 2006 17:17

    Per Sconosciuto ma…….scarso!!!!:
    per la cronaca non faccio parte di alcuna squadra e non faccio attività agonistica nel tennistavolo da parecchio tempo.
    Visto il tenore dei commenti molto costruttivi (vedi anche michelangelo b.), credo proprio che sia inutile continuare a scrivere in questo blog.
    Ringrazio l’amministratore per l’indicazione (che con rammarico non sfrutterò visto il grande interesse tecnico suscitato in alcuni lettori), e saluto il Drago rimandando ad altra occasione lo scambio di opinioni e immagini.
    Ciao

  11. Anonimo ha scritto il 26 Luglio 2006 10:41

    per Drago Rosso:
    e’ un periodo che mi stai anche simpatico..non credevo ma mi hai fatto anche ridere.
    Secondo me in questo periodo non sei piu’ acido come una volta perche’ in Cina ti stai divertendo!!vero vecchio maialotto?occhio pero’ a non infrangere troppi cuori cinesi che poi li’ le autorita’ si incazzano e ti mettono dentro alla Kong Lunghui

  12. old-clik ha scritto il 26 Luglio 2006 13:17

    i sull’insieme giocatore-pallina, a rappresentare il loro mondo di tensione e concentrazione.
    Ammetto di essere un po’ fuori moda e fuori tempo, però benvenuto anche il bianco e nero, per poter rendere al meglio la drammaticità che una partita esprime.
    La foto ideale, quella che tutti i fotografi di tennistavolo dovrebbero, come me, desiderare aver scattato, è quella che Mario Giacomelli ha fatto a Massimo Costantini. In quell’unico scatto il Maestro Giacomelli è riuscito a racchiudere tutto, a sublimare la pura essenza del gioco.
    In uno sfondo oscuro centinaia di sfere di celluloide illuminate dalla luce del flash; al centro della foto Massimo. Non si sa e non è importante quale delle tante sfere avrà colpito. Il soggetto non è lui; il centro di gravità permanente (mi consenta Battiato) sono quelle bianche sfere.
    Le tue foto con quella pallina ferma rappresentano un buon inizio di lavoro: adesso puoi iniziare a dare a quella pallina una vita propria, se la merita.
    Buon scatto
    Old-clik

  13. Amministratore ha scritto il 26 Luglio 2006 13:28

    Grazie old-clik per il tuo intervento, bello, costruttivo, intelligente. Complimenti.

  14. Drago Rosso ha scritto il 26 Luglio 2006 15:06

    Per Sconosciuto:
    Se mi permetti, ti invito a rivedere la tua posizione. Non considerare gli interventi degli imbecilli e continua a partecipare a questo blog. E ti invito a spedire le tue foto, perché è giusto che gli appassionati si facciano un’idea dei diversi gradi di difficoltà e di riuscita della foto, in modo che possano decidere, prima di spendere un po’ di soldi, cosa preferiscono fare. E in generale è opportuno che chi ha a cuore il tennistavolo ne discuta con gli altri che hanno la stessa passione, e naturalmente non con i cretini. Ti rinnovo perciò l’invito a non abbandonare.

  15. Drago Rosso ha scritto il 26 Luglio 2006 15:19

    Per Old-click:
    Ripeto a te qualcosa che già dissi a un altro partecipante a questo blog, quella volta a proposito di temi di tecnica: sembra che stiamo dicendo cose diverse, ma non è così. Sono totalmente d’accordo con te. Nel mio intervento, ho dovuto concentrare l’attenzione sul momento del tocco di palla perché stavo facendo una specie di “lezione” sul momento in cui scattare, ma il punto essenziale era appunto il “momento” dello scatto. Perciò, anche se voglio cogliere l’espressione del giocatore in un momento particolare, devo sempre pensare a “quando” scattare. Quindi le mie indicazioni sono utili da questo punto di vista.
    Ma tu aggiungi anche qualcos’altro, e anche su questo sono d’accordo con te, ma è importante sapere che stiamo parlando di qualcosa di “artistico”, e in questo aggettivo io considero tutte le cose che hai detto tu a proposito del vero soggetto della foto: le emozioni del giocatore, le sue tensioni, la strategia di gioco, il pathos. In questo caso, avremmo bisogno di “lezioni” particolari, fatte da chi ne sa davvero di fotografia, non da me. L’unica cosa che vorrei fare notare, a tutti, è che le foto invocate da Old-click hanno bisogno di una tecnica superiore e di nozioni più approfondite rispetto a quello che ci vuole per fare una “semplice” foto che inquadra il colpo del giocatore. Paradossalmente, è più facile mettere a posto luminosità, tempo e fuoco per poi prendere la pallina sulla racchetta, di quanto lo sia lasciare il diaframma aperto e avere la racchetta che diventa “un serpente”. Ecco, forse è questo l’unico punto da chiarire, a proposito di quello che ha detto Old-click, con cui, ripeto, sono d’accordo. Magari sapessi fare foto come dice lui.

  16. old-clik ha scritto il 26 Luglio 2006 15:33

    Amministratore, se credi di adularmi con i tuoi complimenti sei proprio fuori strada.
    Mi interessa più l’opinione di Drago Rosso
    old-clik

  17. old-clik ha scritto il 27 Luglio 2006 08:31

    i smettere di guardarla (senza ambizione ed orgoglio), ti ci identifichi. Ogni volta che la guardi quella foto riesce a darti qualcosa di più, un dettaglio che un attimo prima ti era sfuggito. Come un bel colpo rivisto al rallentatore e scomposto nelle sue fasi.
    Ancora non sono riuscito a rispondere a questa domanda: chi è più concentrato, il giocatore o tu che lo stai fotografando, totalmente immerso nella sua realtà che per osmosi diventa anche la tua?
    Qualcuno mi aiuti a trovare la risposta.
    Non importa dove ti trovi; puoi essere ai campionati del mondo o in un circolo di provincia. Il momento magico non dà appuntamenti.
    Forse quel bambino di 10 anni riesce a darti più emozioni del campione del mondo; forse a 10 anni riesce meglio ad esprimere quello che tu stai cercando, quello che hai in te. Il tuo ideale.
    Postilla: non mi piacciono le camere digitali; hanno troppa memoria ed un difetto: permettono di osservare immediatamente gli scatti fatti. Questo toglie concentrazione, priva dell’attesa, trascina indietro quando invece dobbiamo stare nel susseguirsi del nostro presente.
    Diamoci un limite: 36 scatti ad incontro, come un vecchio rullino.
    E promettimi una cosa….non guardare gli scatti fatti prima di domani. Me lo prometti?
    Buon scatto.
    Old-clik

  18. old-clik ha scritto il 27 Luglio 2006 10:52

    No, no e ancora no!!!!
    la tua risposta ha il marchio della sconfitta.
    Ma come, sei ai punti decisivi del 5° set e rinunci così, con un…..”magari sapessi fare…..”!!!
    Tu sai benissimo che a questo punto la tecnica non basta più, quella tecnica che ti sei faticosamente costruito in duri anni di lavoro.
    In questo momento della partita deve uscire quel “quid” che è dentro di te, che è sempre stato dentro di te fin dall’inizio, quando hai iniziato a giocare e ancora la tecnica non l’avevi imparata. Ma anche senza tecnica la pallina riuscivi sempre a rimandarla al tuo avversario. Te lo sei dimenticato?
    La tecnica si impara, quel qualcosa in più si coltiva, si lascia uscire.
    Per la fotografia è lo stesso. La tecnica da sola non ti farà mai vincere al 5° set. Lasciala stare, lascia invece che fluisca da te quello che ti appartiene da sempre. La foto, come un qualsiasi colpo, nasce da dentro. Per il diaframma c’è tempo.
    Buon scatto
    Old-clik

  19. old-clik ha scritto il 27 Luglio 2006 12:57

    Drago Rosso, in questa tua frase c’è un errore di tecnica fotografica.
    “Paradossalmente, è più facile mettere a posto luminosità, tempo e fuoco per poi prendere la pallina sulla racchetta, di quanto lo sia lasciare il diaframma aperto e avere la racchetta che diventa “un serpente”

    L’effetto “serpente” si ha con tempi di scatto alti, il diaframma non c’entra.
    Facciamo un esempio:

    il mio esposimetro mi permette questo:
    tempo 1/250 con diaframma impostato a 4.
    Questo significa che posso fermare un immagine (il tempo basso) ma perdo in profondità di campo(lo sfondo che rimane a fuoco); più chiudo il diaframma più la profondità di campo aumenta.
    Però bisogna ricordare che esiste un rapporto fisso tra tempo di scatto e profondità di campo.
    Nell’esempio precedente, aumentando il tempo di scatto (1/125) e chiudendo di una tacca il diaframma (5,6), l’esposimetro mi darà lo stesso valore, però guadagno in profondità di campo ma un movimento veloce più facilmente può venire mosso.
    L’esposimetro non cambia anche se lavoro al contrario: tempo 1/250 (immobilità)- diaframma 2,4 (ridotta profondità di campo e sfondo sfumato).
    buon scatto
    Old-clik

  20. Drago Rosso ha scritto il 30 Luglio 2006 21:37

    Per Old-clik:
    Ci vorrebbe lo spazio di un’enciclopedia per rispondere bene alle tue riflessioni. Cerco di condensare al massimo.
    Intanto, grazie per aver corretto il mio errore tecnico. Volevo solo dire che è più difficile fare la foto “artistica”, anche se può apparire più semplice, ma per la fretta ho dato un’indicazione tecnica sbagliata. Era disattenzione, non ignoranza, ma è meglio che tu abbia fatto l’intervento di correzione, così nessuno avrà un’informazione che possa indurlo in errore. Da parte mia, chiedo scusa agli appassionati.
    E veniamo alle tue riflessioni. Una premessa. La Leica, nella mia visione delle cose fotografiche, non è soltanto una macchina mitica, la Leica è “la”ro di me ho il ritmo del tennistavolo, avendolo giocato, sia pure a bassi livelli. E anche se non sono “freddo”, perché c’è un mio amico che gioca, riesco ad avere, quasi meccanicamente, un rapporto stretto con la partita, sento quando devo scattare, capisco prima degli altri cosa sta per fare il giocatore. Quindi, le mie foto vengono bene e ho una percentuale di riuscita tecnica, con la pallina sulla racchetta, tanto per fare un esempio, superiore anche ai professionisti. Le mie foto, in effetti, sono “tecniche”, nel senso che possono servire per esempi e lezioni di tecnica.
    Ma quando si tratta di entrare in un’altra dimensione, quella di cui parli tu, ebbene, io devo fermarmi. Questo non vuol dire che non abbia l’aspirazione di fare foto come quelle di cui parli tu, e sui cui principi sono totalmente d’accordo con te. Ma so che, per cominciare a farle, dovrei cambiare dentro. Dovrei avere la pazienza di aspettare anche un intero set, o un’intera partita per fare un solo scatto, nel momento in cui c’è l’ispirazione, che può scattare in qualsiasi istante della gara, o prima o dopo, magari dettata da un gesto apparentemente strano del giocatore. Il senso del mio “magari sapessi fare foto come dice lui” è questo. Magari sapessi entrare in una dimensione diversa, più “lenta” nell’attesa e più “veloce” nel cogliere quel momento. Ma sono ancora troppo legato al risultato del tennistavolo, al risultato del colpo effettuato dal giocatore, se Zhang Yining vincerà o no quello scambio, altrimenti “morirò”, per poter fare le foto di cui parli tu.
    Chiudo con un brevissimo cenno alle foto in bianco e nero (su tutte le altre cose sono d’accordo, come sulla digitale che snatura tutto e che ha come unico vantaggio quello economico). Molti pensano che il bianco e nero siano “due” colori. Molti altri pensano che le foto e i film in bianco e nero sono più “veri”. E sbagliano tutti. Perché il mondo “reale” è a colori. Ma il bianco e il nero sono colori particolari: il bianco è la somma di tutti i colori, il nero è la sottrazione di tutti i colori. Una superficie è bianca perché riflette tutti i colori, una superficie è nera perché li respinge tutti. Se ci “riflettiamo”, magari scopriremo nuovi colori e sapremo inventare nuove fotografie.

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