I Mondiali di Düsseldorf

17 Giugno 2017 da Ping Pong Italia · 5 Commenti 

del Drago Rosso

Con quelli di Düsseldorf sono 23 i Mondiali di tennistavolo cui ho assistito, tutti quelli disputati da Dortmund 1989 a oggi, e la sensazione che ne ricavo è sempre più deprimente. Se in bocca rimane il dolce per una bellissima finale maschile (spettacolare sì, ma non certo la più emozionante di sempre, come la si definisce sul sito Ittf, sempre più “ignorante” in materia), questo non annulla l’amarissimo per tanti altri aspetti di una edizione che ha mostrato ancora di più l’involuzione, sia tecnica, sia organizzativa, che il tennistavolo sta subendo. Ed è una involuzione che l’Ittf cerca di camuffare da grande spettacolo, grazie alla collaborazione di mezzi di informazione stupidi, inetti o asserviti. A Düsseldorf sono successe tante cose, ma quello che viene fuori sono soltanto le immagini false della Tv della stessa Ittf, false perché “ristrette” e circoscritte solo a quello che si vuole far vedere, false perché, con inquadrature ben mirate, si dà un’idea distorta dell’ambiente e delle gare. E viene fuori una rappresentazione altrettanto falsa, anche da parte dei mezzi di informazione indipendenti, o presunti tali, che si limitano a fare “copia e incolla” dei comunicati dell’Ittf o, come migliore indicazione tecnica, fanno sapere che tizio ha battuto caio 4-3, senza essere in grado di dare alcuna indicazione su cosa è davvero accaduto, sul perché è accaduto e sul futuro del tennistavolo. Non mi resta, da solito rompicoglioni, che parlare dei Mondiali come li ho visti io, non nel senso di mia interpretazione (a parte i giudizi tecnici che sono sempre personali) ma di testimonianza diretta di cosa è veramente successo e, per la maggiorparte, non è stato raccontato o analizzato da nessun altro.

DÛSSELDORF

Il ritornello di ogni edizione dei Mondiali, da una decina di anni, è quella dei “più belli di sempre”. A sentire l’Ittf, stiamo arrivando a livelli galattici, visto che si migliora anno dopo anno. La verità è che, dal punto di vista organizzativo, si continua a peggiorare (quello tecnico lo esamino a parte) anche quando le strutture a disposizione, imponenti, permetterebbero di assistere alle gare col massimo della comodità e dell’efficienza possibili. A Düsseldorf, nelle immense sale del Centro congressi Messe, con annesso palasport Esprit Arena (quest’ultimo utilizzato, e male, solo per la cerimonia di apertura), c’è stato il festival dello spreco dello spazio, della scomodità e dei pessimi servizi per gli spettatori: pochi punti ristoro, con file interminabili, pochi bagni. Ma il peggio era, nella sala principale, l’inesistenza di punti di accesso per i disabili, che sono stati costretti a stare sul terreno di gioco, al buio, con ovvie e grandi difficoltà di visione dei tavoli, non solo a causa della necessità di stare sulla carrozzina e quindi di avere gli occhi pochissimo sopra l’altezza delle transenne (più alte del normale nella sala principale), ma anche perché nessuno ha pensato di impedire a fotografi e operatori tv di piazzarsi davanti a loro nella parte che poteva essere tranquillamente lasciata libera senza alcun danno per chi doveva riprendere il tavolo e fare foto. Ma il peggio è arrivato quando, su richiesta precisa a un tedesco sul perché i disabili fossero stati trattati in questo modo, lui ha risposto, candidamente, che quello era il posto migliore in cui potessero stare, e quindi dovevano ritenersi fortunati!!! La tipica “sensibilità” crucca, la tipica arroganza del “Deutschland über alles”!

SALA DA GIOCO

Ma andiamo nello specifico. La seconda sala, utilizzata solo nei primi 4 giorni, era molto lunga, con tribune su un solo lato lungo e una tribunetta su un solo lato corto. Sarebbe potuta anche andare bene così, se non fosse che gli ingressi alle tribune si trovavano sul davanti e non sul di dietro. Così, c’è stato un ininterrotto e fastidioso passaggio di spettatori su un lato dei tavoli, con giocatori che sullo sfondo si ritrovavano con la visuale danneggiata da un continuo movimento. La prima sala, che nelle intenzione sarebbe dovuta essere una meraviglia, è stata invece la dimostrazione di quanto i tedeschi siano ignoranti, ma davvero ignoranti. La pecca più evidente: è stato stabilito il record mondiale di distanza fra gli spettatori e i tavoli. Dal bordo del tavolo alla prima fila delle sedie dei lati lunghi c’erano 25 metri, verificati da me. La distanza minima era quella fra i tavoli laterali (fin quando ce ne sono stati 4 nella sala) e i lati corti, “solo” 15 metri. Ma quando i tavoli sono stati ridotti a 2, la distanza dai lati corti saliva a 35 metri. E quando c’è rimasto un solo tavolo, gli organizzatori hanno avuto la brillante idea di non tenerlo al centro, ma spostarlo verso uno dei lati corti, col risultato che gli spettatori dell’altro lato corto avevano il tavolo a 50 metri e anche molti degli spettatori dei lati lunghi si ritrovavano il tavolo ad almeno 30-40 metri. Insomma, pagare il biglietto ed essere considerati figli di puttana rispetto ad altri che avevano pagato la stessa cifra ma, botta di culo, si ritrovano più vicini al tavolo. Eppure, sarebbe bastato avvicinare di 15 metri le tribune ai tavoli e costruirle più ripide per avere sia una miglior visibilità da qualsiasi punto, sia una capienza maggiore. L’Ittf parla di 8.000 posti. Io, da inguaribile e malfidato rompicoglioni, li ho contati, uno per uno, e sono arrivato a 5.500. Dove li hanno visti, quelli dell’Ittf, gli altri 2.500 posti? Infine, a proposito del “tutto esaurito” (mi scuserete se non dico “sold out”, ma non posso adeguarmi agli idioti e agli analfabeti), l’impianto era pieno solo negli ultimi 3 giorni. Inutile prendersi in giro e vantare un successo grandioso per 5.500 posti esauriti negli ultimi 3 giorni. Il punto vero è sapere quanti spettatori c’erano dal primo al quart’ultimo giorno, quanti negli incontri di campionato durante l’anno, quanti negli Open internazionali e così via. Andando a guardare quelle cifre, si scopre che il tennistavolo sta affondando sempre più, a cominciare, ve lo dico da almeno 5 anni, dalla Cina, con un calo incredibile di spettatori. Sono rimasti solo quelli sui siti, che però sono sempre gli stessi che si moltiplicano per ogni contatto, invece di essere considerati nella loro singolarità. Ma sì, come diceva Nanni Moretti, continuiamo a farci del male, è così bello prendersi per il culo.

SHOW

Lo spirito che anima l’Ittf e gli organizzatori non è quello dello spettacolo sul tavolo, ma fuori. In certi casi, si può anche assistere a trovate interessanti. A Düsseldorf mi è sembrata apprezzabile l’idea della presentazione dei giocatori, quando sono rimasti 2 tavoli, con i giochi di luce, le fiamme e le danzatrici con le clavette che diventavano bandiere delle nazioni dei giocatori. L’unico intoppo, comunque divertente, si è verificato nell’incontro Boll-Ma Long, quando all’ingresso di Boll sono apparse le bandiere cinesi e con Ma Long quelle tedesche. Il quadro generale, però, è negativo, colpa soprattutto delle Tv che pare abbiano imposto definitivamente il “buio” intorno al tavolo.

TELEVISIONE ASSASSINA

Negli ultimi anni, l’Ittf ha fatto tornare il tennistavolo ai “tempi bui”, dopo che, dall’inizio degli anni Settanta fino al 2012, si era imposta la luce “aperta”. Non c’è bisogno di essere anziani per ricordare le visioni spettrali di campi con una specie di faro sul tavolo e tutt’intorno l’oscurità. Per avere un’idea dell’atmosfera, vorrei ricordare le parole del padre di un campione antico, l’inglese Fred Perry, l’unico ad aver vinto le gare più importanti sia del tennistavolo (Mondiali) che del tennis (3 volte Wimbledon, 5 negli altri tre tornei del Grande Slam). Suo padre lo vide giocare a ping pong e rimase sdegnato per uno sport che si giocava in luoghi bui, tanto da dire che quegli atleti sembravano “fantasmi”. Fu accontentato perché il figlio, dopo aver vinto l’oro nel singolo ai Mondiali 1929 a Budapest, oltre a un argento e due bronzi fra quelli del ’28 e del ’29, si dedicò completamente al tennis. Dai Mondiali di Parigi 2013 si è tornati alla luce concentrata sui tavoli. A Dusseldorf, c’è stata un’ulteriore, chiamiamola così, innovazione: la luce in faccia agli spettatori. Infatti, c’erano fari piazzati con angolazione tale che gli spettatori dovevano tenere la testa abbassata per non avere la luce di questi fari negli occhi. E va bene che si deve guardare in basso, verso il tavolo, ma non si può starà costantemente con la testa piegata e il fastidio era notevole. Inoltre, non c’era assolutamente motivo per questo, se non quello di fare un po’ di luce, visto che sul campo c’era tanto buio. A chi ha visto le gare sulla Tv dell’Ittf tutto questo sfuggiva e questo fa ancora più capire che quel sistema di luce non aveva senso, così come non ha senso il voler il buio attorno ai tavoli. Il 90% delle riprese Tv sono concentrate sul tavolo, tutto quello che c’è attorno non esiste. Il rimanente 10% è dedicato ai replay e ai giocatori che si preparano a effettuare il servizio. Quindi, a cosa serve il buio? Serve solo ad avere lo sfondo scuro, in quel 10% delle immagini, perché le Tv giudicano disturbante la visione di gente (fotografi, operatori) al di fuori del campo di gioco. E per questo 10% l’Ittf acconsente a mettere in atto questa gigantesca puttanata del tennistavolo al buio? Congratulazioni ai geni dell’Ittf.

GIOCATORI SCHIAVI

Le esigenze della Tv e degli organizzatori, infine, si sono coalizzate per rendere i Mondiali ancora più indecenti dal punto di vista tecnico quando si è trattato di decidere gli orari delle ultime giornate di gara. Per piazzare i tedeschi negli orari più interessanti per la Tv, è stato stravolto il programma del singolo maschile: gli ottavi di finale non si sono giocati tutti nella stessa giornata, due sono stati spostati al giorno dopo, quando si sono comunque giocati tutti i quarti di finale e quando era prevista anche la finale del doppio maschile. Nessun problema per Ovtcharov perché i tedeschi, per tenerlo fresco per la gara in cui pensavano sarebbe arrivato a giocarsela coi cinesi almeno nei quarti, non lo hanno schierato nel doppio. Ma per Xu Xin i problemi ci sono stati eccome. Nella penultima giornata di gara, a causa di questo folle ordine di gioco, Xu Xin ha dovuto affrontare Lin Gaoyuan negli ottavi, partita dura in 7 set, nel pomeriggio ha giocato la finale del doppio, 4-1 a Morizono-Oshima, poi è stato impegnato per un’altra ora fra interviste in zona mista, conferenza stampa e infine premiazione, per poi giocare il quarto di finale contro il giapponese Harimoto senza essersi potuto né riposarsi, né riscaldarsi abbastanza al tavolo. Tre incontri in una giornata, dei turni finali, quindi con maggior carico fisico e mentale, non sono ammissibili, ma Xu Xin è stato sacrificato alla Tv e alla stupidità degli organizzatori tedeschi.

ELEZIONI COL SOSPETTO

A Dusseldorf, prima ancora che alle gare, bisognava prestare attenzione a un altro fatto di ben maggiore importanza, l’elezione del presidente Ittf. I candidati erano due, il presidente uscente, il tedesco Thomas Weikert, e il belga Jean Michel Saive. Weikert era diventato presidente dopo la rinuncia di Adham Sharara, rieletto nel 2013 (contro Stefano Bosi che, potenzialmente in possesso dei voti per vincere, all’ultimo momento era stato tradito dai cinesi), ma poi dimessosi in un clima di sospetti e accuse. Weikert e i tedeschi, che sembravano aver gestito le dimissioni di Sharara in un clima di accordo e amicizia, avevano poi rivoltato la frittata, messo Sharara in un angolo e cancellato il contratto con l’azienda di marketing dell’Ittf, la Tms, legata allo stesso Sharara. Così, Sharara era passato a contrastare Weikert e appoggiava Saive. Purtroppo, il suo appoggio non ha giovato al belga che, da ex giocatore, aveva le simpatie di gran parte della base del tennistavolo. La Cina, in particolare, ha votato Weikert proprio perché pensava che Saive, se eletto, sarebbe poi stato il burattino di Sharara. In realtà, Saive ha la personalità per andare avanti da solo e anche qualche idea per sottrarre il tennistavolo alla morsa dell’attuale Ittf, fatta di gente che non capisce un cazzo di questo sport e sta lì solo per occupare poltrone. Ma ai cinesi faceva anche comodo pensare a un Saive non autonomo da Sharara, come scusa per non votarlo, perché Saive avrebbe potuto impostare un programma in cui i giocatori avessero peso maggiore nelle scelte, oltre che maggiore libertà, cosa questa che non piace non solo ai cinesi, ma in generale a tutte le Federazioni nazionali che vogliono continuare a tenere i giocatori “prigionieri”. Tanto per fare l’esempio più banale: i giocatori non sono liberi di iscriversi ai tornei per conto loro, come nel tennis; in teoria, molto in teoria, ci sarebbe una possibilità del genere, nella realtà non c’è. Il tennistavolo, per i principi legislativi, è nel medioevo dello sport e dei diritti umani. Fra l’altro, a sancire questo accordo fra Cina e Germania c’erano anche le coppie “miste” sui tavoli: Ma Long con Boll nel maschile, Fang Bo con Petrissa Solja nel misto. Ma, a dispetto di tutto questo, Saive avrebbe potuto vincere se non ci fosse stato un intervento “esterno” che si è rivelato decisivo. A Weikert sono andati 118 voti, a Saive 90. Ma la situazione, due giorni prima del voto, era diversa. Saive aveva in tasca 120 voti e l’elezione assicurata. A quel punto, più che un intervento politico, c’è stata l’intromissione di una azienda che opera nel tennistavolo. I rappresentanti di 18 paesi africani e 12 latino-americani si sono ritrovati con somme variabili dai 3.000 ai 5.000 dollari in contanti in tasca, più la promessa di 15 tavoli, con tutti gli accessori annessi e connessi, a partire dal pavimento. Ovviamente per appoggiare Weikert. E lì si è decisa l’elezione. Per capire la “stima” di cui gode Weikert, basti pensare che 30 dei 48 voti europei rappresentati nell’assemblea sono andati a Saive. Insomma, il presidente tedesco non ha la fiducia nemmeno del suo continente. Quindi, per altri 4 anni, ci sarà Weikert, a sua volta burattino dei “poteri forti”, prepariamoci ad altri grandi danni per il nostro sport.

TABELLONI RIDICOLI

Cominciamo a trasferirci sui tavoli, partendo dai tabelloni. Qui oscilliamo fra il ridicolo e l’imbroglio. Intanto, va ricordato che l’Ittf ha ridotto poco alla volta il numero dei doppi per ogni nazione, per poter regalare medaglie agli scarsi. Poi ha restaurato i doppi fra nazioni diverse, anche in questo caso per regalare qualche medaglia, magari con la collaborazione degli stessi cinesi. Fra l’altro, se una nazione ha un giocatore che fa il doppio con quello di un’altra nazione, vale come secondo doppio per quella nazione. Quindi, nel doppio maschile la Cina ha Xu Xin-Fan Zhendong e poi Ma Long con Boll, non può schierare un quarto giocatore per il doppio con un’altra nazione. Quindi, invece di 4 giocatori, ne può schierare solo 3. Nel doppio misto, addirittura, la Cina può schierare solo due giocatori, Fang Bo in coppia con la tedesca Solja e Feng Yalan in coppia col danese Groth. Insomma, come eliminare la possibilità che la Cina arrivi a medaglia. Il punto, però, è che l’Ittf si taglia i coglioni con le sue stesse mani quando fa i doppi fra nazioni diverse. Quindi, come già a Suzhou 2015, si mettono insieme Ma Long e Boll, ma sono considerati come un doppio senza classifica, visto che non hanno punti insieme, e ci credo, visto che non giocano insieme tranne uno o due tornei internazionali qualche anno prima. Così, al secondo turno a Suzhou si scontrano con Xu Xin-Zhang Jike, testa di serie. Avete mai visto una cosa più idiota di questa? A Dusseldorf stessa cosa, l’unica differenza è che invece di giocare al secondo turno contro la testa di serie ci giocano al terzo turno, stavolta contro Xu Xin-Fan Zhendong. Ovviamente, visto che sono poco affiatati e che Boll alla lunga, considerata l’età, non può reggere il ritmo degli avversari molto più giovani, il risultato è scontato. In questo caso, oltre all’idiozia, c’è l’incompetenza assoluta. Nel tennistavolo, la percentuale di valore legato al cosiddetto affiatamento è minima. Se il numero 1 e il numero 2 del mondo si mettono insieme (e lasciamo stare che sono cinesi e magari in allenamento l’avranno pure provato qualche volta, consideriamoli anche non cinesi entrambi) secondo voi valgono meno del numero 20 e 21 che giocano sempre insieme? Chi è che ha sempre gli stessi doppi? Le nazioni più deboli, che hanno pochi giocatori di valore e li mettono insieme per il doppio. La Cina cambia doppi in continuazione e tutti sono in grado di vincere i Mondiali. Insomma, di che cavolo stiamo parlando. Vogliamo un esempio clamoroso dell’idiozia di questa regola del cazzo? Eccolo: la testa di serie numero 1 del doppio femminile a Dusseldorf è… Ekholm (Svezia)-Pota (Ungheria). Che hanno più punti nella classifica del doppio, ma che non valgono un’unghia dei doppi veri, infatti perdono al primo turno contro Bilenko (Ucraina)-Pavlovich (Bielorussia), che poi perdono con Garec (Slovenia)-Moret (Svizzera), che poi perdono con un doppio vero, Feng Tianwei-Yu Mengyu (Singapore). Ci rendiamo conto di quanto tutto questo sia ridicolo e oltraggioso per il tennistavolo? Ma che cazzo di tabellone è mai questo? I due doppi cinesi, Chen Meng-Zhu Yuling e Ding Ning-Liu Shiwen, sono solo teste di serie n. 3 e 4, ma perché qualche volta hanno giocato insieme. E infatti arrivano entrambe in finale. Così come nel maschile Xu Xin e Fan Zhendong, solo testa di serie n.3 dopo Morizono-Oshima (Giappone) e, qui siamo oltre il ridicolo, Franziska (Germania)-Groth (Danimarca)!!! Ovviamente, vincono i cinesi.

TABELLONI CON IMBROGLIO

E passiamo agli imbrogli. Diciamo che ce n’è solo uno di rilievo a Dusseldorf e riguarda il singolo femminile, a vantaggio della giapponese Miu Hirano. Molti, dopo la sua vittoria nei Campionati asiatici, sperano e predicono che vincerà anche i Mondiali. Su come va a finire parlo a parte. Sul tabellone c’è qualcosa da dire. Nel primo quarto c’è la testa di serie n.1 Ding Ning, nel secondo quarto c’è la Hirano, senza cinesi e con la sola Feng Tianwei come giocatrice forte. Nella parte bassa del tabellone ci sono tutte le altre cinesi: Liu Shiwen, Zhu Yuling, Chen Meng e Mu Zi. Quest’ultima, barzelletta delle barzellette, parte dalle qualificazioni perché, non avendo giocato gare internazionali per più di 8 mesi, ha perso la qualifica, tant’è che nel gruppo di qualificazione parte come numero 3 su 3 giocatrici, alle spalle di Lorenzotti (Uruguay) e Fins (Portogallo), nel gruppo 42 sui 51 totali: i gruppi “degradano” a seconda della classifica, per cui il 41 è uno di quelli con le giocatrici più scarse!!! Ora, a parte l’idiozia di considerare inesistente una giocatrice che, al momento della “scomparsa” era 14 del mondo, e non 5 anni fa, ma nemmeno un anno fa, nel discorso sui tabelloni con imbroglio si inserisce anche il fatto che il sorteggio maligno ha fatto capitare tutte le cinesi dalla parte opposta a Hirano. Ma che coincidenza! Sembrava quasi di riassistere ai tabelloni con Boll che si trovava da solo in un quarto del tabellone, con un cinese nell’altro quarto e con gli altri 6 cinesi (allora era possibile iscriverne 7 ai Mondiali) tutti nell’altra metà. Anche allora, sorteggio “sfortunato” per i cinesi. Sul fatto che la Hirano sia stata poi malmenata da Ding Ning torno dopo.

DOPPI MISTI E OLIMPIADI

Parlando di doppi, misti fra nazioni e misti nel senso classico, arriviamo a un argomento ancora più importante, che parte dai Mondiali per finire alle Olimpiadi. Dico subito che il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha approvato l’ingresso di nuove gare a Tokyo 2020, una di queste è il doppio misto nel tennistavolo. Per un momento, comunque, torniamo ai Mondiali di Dusseldorf. I cinesi hanno rinunciato ormai a schierare doppi “nazionali” in questa gara e, sempre nel rispetto del patto elettorale di cui ho già parlato, hanno cercato di regalare alla Germania un oro mondiale, specialmente nel doppio misto (vista la gigantesca cazzata dell’Ittf a proposito delle regole delle teste di serie in quello maschile). Il problema è che quella affiancata a Fang Bo, pur essendo la miglior tedesca nella classifica mondiale, n.20 (lasciando da parte le cinesi Han Ying e Shan Xiaona, che non possono giocare i Mondiali per regolamento), è davvero scarsa, anche se la Federazione tedesca e l’Ittf la lanciano come grande protagonista. In effetti, lo si è visto nel singolo quanto è scarsa (fuori 4-1 dalla ungherese Pergel, n.99 del mondo!!!) e nel doppio misto è stata la palla al piede per Fang Bo. Alla fine sono andati fuori in semifinale per mano dei giapponesi Yoshimura-Ishikawa dopo essere stati in vantaggio 3-1. I giapponesi hanno poi vinto scatenando gli scomposti commenti dell’Ittf e degli incompetenti, che adesso arrivano a pronosticare per loro addirittura l’oro olimpico. Possibile? Alle Olimpiadi, come ho già ricordato, non sono possibili doppi fra nazioni diverse, quindi i cinesi potrebbero presentare un doppio misto autentico. Ma c’è un dubbio in proposito. Questa proposta fu lanciata dall’Ittf al Cio un po’ di tempo fa e prevedeva quanto segue: ogni nazionale potrebbe partecipare a un massimo di 4 gare sulle 5 in programma alle Olimpiadi, avendo quindi il diritto di scegliere a quale rinunciare. IL significato è chiaro: fuori i cinesi dal doppio misto (perché la Cina, essendo costretta a scegliere, eliminerebbe la gara meno importante, il misto) e tre medaglie regalate ad altre nazioni, una delle quali conquisterebbe il titolo di campione olimpico grazie a un trucco. Insomma, un gigantesco imbroglio. E infatti, l’Ittf si è affrettata a lanciare in pompa magna sul suo sito l’ipotesi che Yoshimura e Ishikawa possano diventare campioni olimpici a Tokyo. Ma questa regola c’è o non c’è? E qui viene il bello. L’Ittf, fra annuncio ufficiale e articoli di propaganda, non ha detto se ogni nazione potrà partecipare a tutte e 5 le gare in programma o solo a 4, come previsto dall’ipotesi iniziale. Nemmeno la Cina, al momento, sa quale sarà il regolamento in proposito. L’Ittf lo tiene nascosto anche a loro. L’unica cosa certa è che il Cio in tali questioni non interviene, quindi tutto dipende dall’Ittf, che interpellata ufficialmente non ha risposto ad alcuna delle richieste di chiarimento. Spero di sbagliarmi, ma sento puzza fortissima di un altro regalo, addirittura tutto il podio olimpico, agli scarsi.

KONG LINGHUI

Fra le tante sorprese, purtroppo c’è stata quella dell’allontanamento di Kong Linghui dai Mondiali e, in assoluto, dalla guida della Nazionale cinese femminile. Si sa cosa è successo, ma ci sono particolari interessanti da osservare. Un giornale cinese ha riferito che un Casinò di Singapore ha portato Kong Linghui in tribunale per un debito di gioco di 290.000 euro. Immediatamente è scattata la reazione della Federazione cinese che ha dichiarato Kong Linghui “indegno” e lo ha sospeso. Kong Linghui ha chiesto scusa e ha spiegato che il debito non è dovuto alle sue giocate, ma a quelle di un famigliare. Era andato a Singapore in vacanza con genitori e parenti “allargati”, ha garantito con la sua carta di credito per tutti e qualcuno, non lui, ha perso tutti quei soldi. Questa appare come una scusa, e quasi sicuramente lo è, considerato che Kong Linghui ha da sempre avuto il vizio del gioco e delle scommesse, tanto che puntava anche sulle partite del calcio italiano. E’ anche vero, però, che molta gente campa alle sue spalle, compresi parenti acquisiti, quindi c’è una piccola probabilità che una parte delle perdite non sia sua. Ma, anche ammettendo e dando per scontato che il debito sia tutto suo, c’è qualcosa che non quadra nella situazione della Nazionale di tennistavolo. La prima considerazione che mi viene da fare è che del vizio di Kong Linghui e delle sue perdite al gioco, non da adesso, ma da parecchi anni, sapevano tutti, dentro e fuori l’ambiente del tennistavolo e della Federazione, ma nessuno si era mai sognato di denunciare “comportamenti non consoni a un tecnico della Nazionale”. Cosa è cambiato adesso? Il fatto che la questione vada in tribunale? Sarebbe una bella ipocrisia. La mia seconda considerazione è che tutto questo è un affare privato fra Kong Linghui e il Casinò. Non c’è dubbio che lui debba risarcire il Casinò, ma qui non si sta parlando di un reato, più o meno grave, che presuppone un comportamento al di fuori della legge. Si parla di una attività svolta legalmente in un paese in cui è permessa dalla legge (Singapore) e di un contenzioso fra una società privata e un privato cittadino. Non vedo il problema. Cattivo esempio per i giovani? Lo era anche prima, anche quando scommetteva e le scommesse in Cina sono vietate, quindi Kong Linghui era “fuori della legge”, ma nessuno glielo ha mai contestato. E allora?

VALZER DEI TECNICI CINESI

E allora succede che nell’ambito dei tecnici della Nazionale cinese si sta svolgendo una lotta dura, con vittime e vincitori. A sostituire Kong Linghui alla guida della Nazionale femminile è stato designato Li Sun, non più giovane allenatore, da molti anni al lavoro con le donne, già tecnico personale di Wang Nan e Zhang Yining, quindi con aspirazioni a diventare capo della Nazionale, ma sempre tenuto dietro nomi più illustri, giustamente dico io perché Li Sun è uno dei peggiori allenatori che io abbia conosciuto, dal punto di vista tecnico e da quello umano, con comportamenti sui quali non posso essere più chiaro perché a rischio di querela. Ha solo sfruttato le occasioni che gli sono state regalate, grazie a buoni contatti personali e politici, con l’assegnazione a lui di campionesse che non avevano certo bisogno delle sue cure e dei suoi consigli. Mi fermo qui perché il discorso diventerebbe troppo lungo e complicato, con riferimenti a un vero e proprio “traffico” dei giocatori più forti da un tecnico all’altro per far guadagnare onore e posizioni a quel particolare tecnico. Fatto sta che Li Sun da anni sognava questo incarico e finalmente lo ha ottenuto. Il giorno in cui Kong Linghui ha abbandonato Dusseldorf ed è tornato in Cina, Li Sun se ne andava in giro per i tavoli ridendo e scherzando con i giornalisti cinesi, i giocatori e chiunque altro, accettando anche le mie provocazioni quando gli dicevo che il prossimo a essere cacciato sarebbe stato lui. Ma accanto a questo cambiamento traumatico, c’è ben altro che sta accadendo nella Nazionale cinese, perché si è deciso di far entrare nei posti di comando ex campioni che si sono ritirati da poco. Così, alle spalle del capo Liu Guoliang, insieme a Qin Zhijian, che già svolgeva questo ruolo, ecco comparire Wang Hao e Liu Guozheng. Ovviamente, qualcuno viene scalzato ed è il caso di Xiao Zhan, allenatore personale di Zhang Jike, che è passato alla femminile ed è stato sostituito da Liu Guozheng. La scusa è stato lo scarso rendimento di Zhang Jike negli ultimi due anni, ma si è visto che, anche col nuovo tecnico, Zhang Jike ha continuato a giocare male. La situazione resta molto delicata, con molti tecnici in fibrillazione e possibili nuovi clamorosi sviluppi.

ZHANG JIKE

Visto che ho accennato ai cambi di tecnici, vediamo quello che coinvolge l’ex campione mondiale e olimpico Zhang Jike. Va via Xiao Zhan, che aveva preso Zhang Jike più di dieci anni fa e lo aveva portato lentamente ai successi più grandi, agendo non solo sul lato tecnico ma anche su quello umano. Zhang Jike, in effetti, dopo essere esploso da allievo nel 2002, aveva avuto tanti problemi tanto che i responsabili tecnici cinesi lo avevano abbandonato al suo destino e messo addirittura fuori della Nazionale. I problemi erano soprattutto caratteriali e di comportamento. Il peggio Zhang Jike lo aveva raggiunto quando cominciò, giovanissimo, a perdere soldi al gioco e, incredibilmente, far attribuire il suo debito sul conto di Ma Lin, che si era così ritrovato a dover pagare grandi somme ai creditori di Zhang Jike. Poco alla volta, Zhang Jike aveva risarcito Ma Lin, ma è chiaro che tutto questo faceva capire quali problemi lui dovesse superare e quanto dovesse lavorare, sul piano umano, chi lo allenava. Xiao Zhan era riuscito a farlo “resuscitare” e a portarlo ai titoli mondiali e olimpici, ma, dopo le grandi vittorie, non era più riuscito a controllare Zhang Jike, che, dopo il 2013, ma particolarmente negli ultimi due anni, ha cominciato a fare la vita da “star” anziché da atleta. Lo avevo già spiegato in precedenti articoli, lo ribadisco adesso: pochi allenamenti con le scuse più varie, partecipazioni a show televisivi in cui appariva anche come cantante, moltissimo tempo sui campi da golf, vita mondana con donne ai suoi piedi e via così. La Federazione non ha avuto la forza di imporgli la disciplina e lui ha cominciato a perdere, inevitabilmente. Così, quest’anno, i grandi capi, per non ammettere che non hanno saputo riportarlo nei ranghi, hanno deciso di scaricare la colpa su Xiao Zhan e allo stesso tempo hanno potuto assegnare una posizione di rilievo a Liu Guozheng, che doveva per forza essere inserito fra i vertici. L’obiezione naturale è: ma Xiao Zhan aveva comunque la responsabilità dell’indisciplina di Zhang Jike. Vero solo in parte, perché quando Xiao Zhan proponeva provvedimenti contro Zhang Jike i vertici lo stoppavano. E allora, ecco il cambio di allenatore personale. I risultati? Ovviamente gli stessi degli ultimi due anni, anzi peggio, perché a Suzhou 2015 Zhang Jike aveva perso con Fang Bo in semifinale, a Dusseldorf ha perso nei sedicesimi con Lee Sang Su, buon doppista, ma nettamente al di sotto dei più forti nel singolo. E Zhang Jike ha rischiato addirittura nei trentaduesimi con l’austriaco Gardos, un 4-2 stentato. Con Lee Sang Su, un 4-1 da vergogna. E, tanto per capirci, nel doppio i tecnici lo avevano escluso, anche se era il campione in carica insieme a Xu Xin, mettendo Fan Zhendong al suo posto insieme a Xu Xin. Zhang Jike adesso è davvero davanti al bivio: non ha più voglia di allenarsi, ha offerte da Tv, si parla anche di cinema, è uno dei personaggi più popolari in Cina anche al di fuori del tennistavolo, cosa farà? Tecnicamente, può ancora tornare ai livelli più alti, ma i dubbi sulla sua voglia di allenarsi e soffrire sono più grandi che mai. Tra l’altro, Zhang Jike è arrivato a un livello tale di arroganza che, dopo la sconfitta con Lee Sang Su, si è concesso solo alle televisioni e ha rifiutato di parlare con i giornalisti in zona mista. I giornalisti cinesi hanno affondato i colpi accusandolo di disonestà morale nei confronti dei compagni di squadra: se era in quelle condizioni, avrebbe dovuto mettersi da parte e permettere a qualcuno più giovane di fare esperienza (il che significa, per i cinesi, arrivare comunque nei primi otto) e di lottare in maniera migliore di quanto abbia fatto lui. Pesanti polemiche ci sono state anche in Cina per il suo comportamento, con la stessa tesi: Zhang Jike è andato ai Mondiali sapendo di non avere alcuna possibilità di buoni risultati, ma solo perché la visibilità gli serviva per la sua immagine con i fan cinesi (a Dusseldorf c’era uno striscione gigante che nelle prime giornate copriva metà del lato corto delle tribune con dedica solo per lui) e per avere più forza contrattuale in Cina per le sue apparizioni in Tv e per eventuali altre occasioni mondane. Concludo il discorso su lui facendo ancora una volta i complimenti a tutti i “competenti” che dicevano che Zhang Jike era stato costretto a perdere la finale olimpica di Rio con Ma Long. Congratulazioni, loro sì che avevano capito tutto! Mica si può prenderli in giro, loro capiscono, grazie a una sola occhiata alla Tv, che Zhang Jike sta facendo apposta a perdere contro uno scatenato Ma Long che, da almeno due anni, ha il doppio della sua velocità, della sua potenza, della sua resistenza e fermiamoci qui per carità di patria. Zhang Jike, e mi concedo l’ultimo barlume di serietà, nella finale olimpica aveva sì e no la forza per resistere un set contro un Ma Long superlativo, cosa che ha fatto, poi gli mancavano già un paio d’anni di allenamenti seri per resistere al ritmo di un atleta vero che si era fatto un culo così mentre lui andava folleggiando e trombando, e sono arrivati gli altri tre set da incubo, un incubo che per Zhang Jike sta continuando tuttora. Ma sono certo che qualcuno degli esperti italiani adesso scoprirà che la Federazione cinese ha ordinato a Zhang Jike di perdere con Lee Sang Su, così, per il gusto di tagliarsi i coglioni!!!

SAMSONOV

Su un viale del tramonto molto diverso da quello di Zhang Jike si può considerare Samsonov, che, anzi, sta onorando sempre più la sua carriera con prestazioni incredibili per un 41enne come lui. Samsonov ha perso negli ottavi con Lee Sang Su, cedendo soprattutto sul piano fisico. Si vede chiaramente che non ha più il ritmo per contrastare chi è molto più giovane di lui, anche se la tecnica gli permette di restare ad alti livelli. Quando però si arriva agli incontri più difficili, Samsonov ha qualche problema. Nel 4-0 subito da Lee Sang Su (9, 1, 3, 9 i parziali) è stato costretto sempre a rincorrere, senza mai riuscire a prendere l’iniziativa, tanto che, dopo la gara, è apparso davvero sconfortato. Sul sito dell’Ittf è apparsa una sua dichiarazione in base alla quale pare che lui stesso non sappia se l’anno prossimo continuerà a giocare. Per quanto ne so io, l’ipotesi è un po’ forzata, Samsonov era sì deluso, anche perché aveva l’occasione di arrivare in semifinale contro Fan Zhendong (al turno successivo c’era Wong Chun Ting, di Hong Kong, non insormontabile), ma forse l’autore dell’articolo ha “interpretato” pessimisticamente le parole di Samsonov, che non ha mai detto testualmente che l’anno prossimo smetterà. La sua stanchezza, comunque, è evidente. Voglio solo ricordare che venne alla ribalta nei Mondiali 1993 a Goteborg, quando provocò una delle due sorprese più grandi (l’altra fu l’eliminazione di Persson, campione mondiale in carica di singolo, a opera del francese Chila al primo turno), battendo al primo turno, appena 17enne, lo svedese Karlsson, fresco protagonista della vittoriosa finale mondiale a squadre contro la Cina. Sono passati 24 anni e Samsonov è ancora capace di arrivare agli ottavi, senza dimenticare la finale per il bronzo, l’anno scorso, all’Olimpiade di Rio. Comprensibile la stanchezza, ma forse Samsonov resterà ancora un po’ nel tennistavolo.

OVTCHAROV

Chi invece appare già vecchio, nonostante sia di 13 anni più giovane di Samsonov, è Ovtcharov, fuori anche stavolta in maniera poco onorevole. A ogni Mondiale viene presentato come l’avversario dei cinesi, ma non riesce nemmeno ad arrivare a uno scontro diretto con loro, perché perde prima. Nel 2013, a Parigi, batosta clamorosa con l’altro tedesco Baum, 4-1 negli ottavi; nel 2015, a Suzhou, eliminato nei trentaduesimi 4-3 da Lee Sang Su; nel 2017, a Dusseldorf, eliminato da Niwa, 4-3 negli ottavi. E gli è andata bene essere arrivato lì, perché era a un passo dall’uscire nei sedicesimi contro il non eccelso romeno Szocs (n. 82 del mondo in quel momento): Szocs spreca, sul 10-8 per lui nel secondo set, una palla altissima che manda incredibilmente fuori, va sotto 0-2 e poi conduce 3-2. Insomma, come significato tecnico, era un 4-1 sputato per Szocs contro Ovtcharov, che poi ha saputo riprendersi e vincere, ma che ha mostrato ancora una volta i suoi più che evidenti limiti. E anche contro Niwa è sempre stata una rincorsa affannosa, conclusasi però male. Qui, ormai, siamo oltre la falegnameria, si arriva agli estremi limiti dei movimenti più rozzi e inutili che abbia mai visto nel tennistavolo. Ogni punto di Ovtcharov è caratterizzato da sbuffi e rantoli che si sentono a decine di metri di distanza. E non parlo solo della partita. Anche quando è in allenamento o si sta semplicemente riscaldando, Ovtcharov mostra una tensione innaturale, uno sforzo sovrumano per colpire la palla, mai un attimo di rilassamento, di movimento sciolto, mai. E non insisto sui movimenti ridicoli nel servizio, perché dovrei passare direttamente a parlare di circhi e di clown, con tutto il rispetto per queste nobili figure. Lasciamo perdere. Tanto, qualche deficiente che si affanna a spiegare che quei movimenti non sono poi così sbagliati, che c’è un motivo per cui Ovtcharov gioca in quel modo, si trova sempre. Beh, che si sfoghi pure, gli avversari di Ovtcharov ringraziano sentitamente.

BOLL

In contrapposizione a Ovtcharov, nella Germania patria dei tecnicamente disadattati, allenatori e giocatori, c’è almeno il lampo d’orgoglio di un “vecchietto” come Boll, 36 anni ormai, che si batte come un leone. Per quanto riguarda i suoi difetti tecnici di base (comunque niente di paragonabile agli obbrobri di Ovtcharov) non ho cambiato idea, gli allenatori tedeschi sono ridicoli, ma lo spirito di Boll, il modo in cui affronta l’avversario, lotta e cerca di trovare soluzioni per batterlo, deve essere di esempio per tutti. Si deve fermare solo davanti a Ma Long, ma impegnandolo severamente, in un 4-2 più equilibrato di quanto si pensi, con Ma Long un po’ nervoso sul 2-2 per la resistenza inaspettata di Boll. Alla fine, la maggior freschezza fisica di Ma Long è stata decisiva, ma l’11-9 dell’ultimo set dimostra che Boll ha lottato alla pari, fino alla fine, con un fuoriclasse che ha stradominato gli ultimi 4 anni del tennistavolo.

MA LONG

Eppure, Ma Long si è presentato a questi Mondiali non al massimo della forma, il che è comprensibile se si pensa che da 4 anni sta giocando a livelli mostruosi con ritmi infernali. Così, dopo la vittoria olimpica, è normale che il 2017 sia un anno di parziale rilassamento. Ma Long veniva dalla delusione dei Campionati Asiatici, in cui aveva perso 3-1 (della puttanata delle gare al meglio dei 5 set parlo dopo) dal sudcoreano Jeong Sang Eun, in quel momento n. 55 del mondo, quindi non con chissà quale forte giocatore, che a Dusseldorf infatti ha poi perso con Wong Chun Ting. Era semplicemente un calo di forma, oltre al fatto che in quel periodo i cinesi erano in piena preparazione per i Mondiali e di solito, un mese e mezzo prima dei Mondiali, il sistema cinese di lavoro prevede carichi molto pesanti, non smaltiti appunto ai Campionati Asiatici. Ma anche a Dusseldorf, in tutta la prima parte dei Mondiali, Ma Long è apparso non in splendida forma. Poi, all’improvviso, tutto è cambiato nell’ultima giornata, quando è tornato il giocatore meraviglioso degli anni precedenti, ha frantumato Xu Xin in semifinale, 4-0, e ha poi battuto il giocatore che appariva come uno schiacciasassi fino a quel momento, un Fan Zhendong da paura. Ma Long, però, ha vinto con un 4-3 e un 12-10 nell’ultimo set che nella realtà è un risultato più netto di quanto possa apparire. Infatti, Ma Long conduceva 3-1, ma soprattutto imponeva il suo gioco, anticipando gli attacchi di Fan Zhendong che è solito aggredire l’avversario. In questa fase della partita si sono ammirati scambi da favola, con bombardamenti da entrambe le parti. Ma sono stati scambi che, poco alla volta, hanno ceduto il passo a traiettorie meno tese, palle più lavorate, senza però che ne sia stato intaccato lo spettacolo, fino ad arrivare all’ultimo set quando i servizi si sono accorciati, gli scambi iniziali sono diventati più “ragionati” e gli attacchi sono stati meno lineari, più improvvisi, meno lunghi nel botta contro botta. E qui Ma Long è stato più accorto e intelligente di Fan Zhendong, che appare più “rozzo” nella visione tattica della partita, fino a scegliere, nei punti decisivi, la risposta corta e tagliata sul diritto di Fan Zhendong, che è devastante sullo scambio lungo ma ha indecisioni inaspettate su quello corto (tant’è che sul 10-10 ha preferito andare di rovescio sulla risposta corta di Ma Long, sbagliando), e poi proprio quello che appare come il lato più forte di Fan Zhendong, la risposta al servizio corto ed effettato con una risposta di rovescio in top carico al massimo. Ma Long, che aveva sofferto un po’ questa risposta di Fan Zhendong fino a quel momento, ha impostato, sul match-ball dell’11-10, proprio un servizio con effetto inferiore-laterale, sul quale Fan Zhendong ha attaccato sì, ma senza la sua usuale forza, e Ma Long ha potuto controllare meglio la palla spostandosi e colpendo di diritto sul diritto di Fan Zhendong, fuori posizione e in ritardo tanto da non riuscire a colpire la palla. Poi Ma Long ha riservato tanti complimenti a Fan Zhendong, dicendo che il futuro è suo, ma lui sta dimostrando, anche quando non è al massimo della forma, che non sarà facile scalzarlo a breve, tant’è che non è un mistero che la Cina punti ancora su lui per l’Olimpiade di Tokyo 2020, insieme a Fan Zhendong naturalmente. Per quest’ultimo, restano le prospettive di tante vittorie nel futuro, ma deve stare attento perché, con quei difetti tattici che tardano a sparire, i successi potrebbero essere molti di meno di quanto si possa pensare guardando le sue potenzialità.

LIN GAOYUAN

Resta parzialmente incompiuto Xu Xin, che avrebbe i mezzi tecnici per vincere molto di più di quanto abbia fatto finora, ma, con Zhang Jike nel limbo, è ancora lui il terzo uomo cinese e lo sarà ancora per un po’ se si dà uno sguardo ai giovani che in teoria dovrebbero premere alle spalle degli attuali campioni. A Dusseldorf occhi puntati su Lin Gaoyuan, presentato dai soliti ignoranti dell’Ittf come la nuova promessa del tennistavolo cinese, basandosi esclusivamente sul fatto che si è conquistata la partecipazione ai Mondiali superando le qualificazioni (stupide) cinesi, arrivando al secondo posto dietro Fan Zhendong. Comincio col dire che queste qualificazioni nacquero una decina di anni fa non per motivi tecnici, ma perché la Tv cinese (CCTV5, il canale della Tv di Stato dedicato allo sport) aveva chiesto di farle, in modo da presentare un programma in più sul tennistavolo e puntare sugli ascolti. La Federazione cinese accettò e non certo per soldi, ma perché già allora i dirigenti si erano resi conto (come sto facendo notare da tanto tempo su questo blog e in qualsiasi intervista a mezzi di informazione cinesi) che il tennistavolo in Cina stava calando in popolarità, con spettatori in drastico calo, a tutto vantaggio di sport come calcio, basket e golf innanzitutto. L’unica salvaguardia, fissata dai responsabili tecnici, era che le qualificazioni servissero ad assegnare il pass solo per 2 o 3 giocatori (2 in quelle per Dusseldorf, non si fanno ovviamente per le Olimpiadi), riservando ai c.t. delle Nazionali il diritto di scegliere gli altri. Passando all’aspetto tecnico, le definisco stupide perché possono solo creare danni in un paese come la Cina. In altre situazioni, in cui la media di livello tecnico non è la massima possibile o in cui spicca solo un giocatore sugli altri, le qualificazioni servono sia come incentivo a fare meglio, sia come possibilità di dimostrare sul campo il proprio valore superando magari certi “muri” messi su da tecnici non esattamente imparziali. Piccolo esempio per andare sul concreto: nel 1990, agli Open d’Italia a Verona, fu data la possibilità di iscrizione anche a molti italiani che non erano in Nazionale e nei Centri federali. Il risultato sul campo fu che gli azzurri dei Centri federali furono eliminati immediatamente, gli italiani “non federali” superarono alcuni turni e il compianto Poli arrivò a giocarsela contro il cinese-austriaco Ding Yi, allora fortissimo, ricevendone i complimenti. Ecco, in una Nazione (non parlo solo dell’Italia) in cui i partecipanti alle gare internazionali sono selezionati solo fra quelli “ufficialmente” impegnati nei Centri federali, le qualificazioni sarebbero quantomai opportune. In Cina il discorso è diverso. Provate a immaginare la mancata qualificazione di qualcuno come Ma Long, Fan Zhendong, Xu Xin? Ma chi è così pazzo da rinunciarvi? Fra l’altro, visto che i giocatori cinesi si conoscono benissimo, visto che giocano centinaia di partite fra loro, il valore dei confronti diretti diventa anomalo. Un giocatore meno forte può anche battere uno dei campioni, il problema per lui arriva quando deve confrontarsi con gli avversari stranieri. E Lin Gaoyuan ha confermato tutti i dubbi. Si qualifica per i Mondiali, anche grazie all’infortunio di Ma Long, costretto a ritirarsi dalle qualificazioni, e a Düsseldorf mette in mostra tutte le contraddizioni di questo sistema. Al primo avversario di una certa levatura, anche se non nei primi posti del mondo, l’indiano Achanta, Lin Gaoyuan rischia moltissimo, vince 4-2 ma Achanta va vicinissimo al 3-3, con possibilità di un settimo set drammatico per il cinese. Ovviamente, considero nel contesto anche la bravura di Costantini, in panchina per Achanta, ma il significato non cambia, vista la differenza di valore tecnico, tenuta fisica ed età, tutte caratteristiche che sfavoriscono l’indiano. Ma poi, quando affronta Xu Xin, ecco che Lin Gaoyuan si trasforma e arriva ad avere 5 match-ball nel settimo set: 10-5 e Xu Xin che sul 10-6 si salva miracolosamente con uno spigolo quasi impercettibile. L’ulteriore riprova che, conoscendosi bene, i valori si livellano. Ma, anche ammettendo che Lin Gaoyuan si sia meritata la qualificazione, dire che è la nuova promessa del tennistavolo cinese è solo una dimostrazione di ignoranza. Lin Gaoyuan ha ufficialmente 22 anni (molto probabilmente ne ha 23, ma la differenza di un anno non cambia i termini del discorso), quindi non stiamo parlando di un “giovane”, almeno secondo gli standard dei campioni cinesi. Fan Zhendong ne ha ufficialmente 20 (quasi sicuramente 21) e dal 2013 è fra i primi 10 del mondo. Lin Gaoyuan era n. 32 a dicembre 2011, n. 40 prima di Dusseldorf, ora n. 29. Insomma, un giocatore di medio livello per gli standard cinesi, favorito nella strada in Nazionale dal fatto di essere rimasto l’unico giocatore di un certo livello della Provincia del Guangdong, quella di Ma Lin per intenderci. Per questioni di politica sportiva, il Guangdong deve avere per forza un giocatore fra i primi della Nazionale e partecipare a quante più manifestazioni internazionali possibili. Questa è la vera situazione di Lin Gaoyuan. Se vogliamo davvero restare alle giovani promesse cinesi, confermo che per il momento c’è un solo giocatore potenzialmente di altissimo livello, il 17enne (vero) Wang Chuqin, di Pechino, che però negli ultimi due anni ha frenato un po’ nella sua evoluzione e non ha ottenuto i risultati sperati, ma è anche vero che persino Ma Long, dopo i primi exploit, ebbe un periodo con qualche problema, legato sia alla crescita fisica, sia a diversi cambiamenti di allenatori. Per Wang Chuqin potrebbe essere lo stesso, io ritengo comunque che sia il giocatore tecnicamente più in grado di arrivare ai livelli dei campionissimi.

DONNE

Discorsi diversi per le donne, anche se alla vigilia si era tentato di accreditare la giapponese Miu Hirano come possibile ammazzacinesi. Di lei parlerò più diffusamente dopo. Per il momento, faccio solo notare che, a Dusseldorf, Ding Ning l’ha semplicemente distrutta, distraendosi solo in un set, ma prendendola a bastonate negli altri 4. Quindi, c’è stato il solito dominio cinese, con l’eccezione della Hirano sul podio grazie agli imbrogli nel tabellone, già segnalati prima. Non c’è stato, però, un alto livello tecnico. Dei difetti e delle pecche di Ding Ning ho già parlato in altre occasioni, adesso si ritrova immeritatamente a stabilire il record di tre vittorie consecutive nel singolo ai Mondiali, soprattutto grazie al grande trucco del 2015, quando si finse infortunata mentre stava perdendo con Liu Shiwen e fece ammattire l’avversaria che finì col perdere, ma anche grazie all’eliminazione diretta delle sue avversarie, con la sopravvissuta Zhu Yuling che deve consumare tutte le sue energie per battere Chen Meng e Liu Shiwen, e che poi spreca in finale la palla del 3-1 per poi mollare negli ultimi due set. Andando a vedere i confronti diretti fra loro due, si vede che Ding Ning prevale fino al 2015 nelle gare internazionali, ma in quelle nazionali è Zhu Yuling a prevalere, anche con vittorie di prestigio come nei Campionati nazionali cinesi. Certo, a vedere che giocatrici stratosferiche come Zhang Yining, Wang Nan, Guo Yue, Deng Yaping e altre del passato come Cao Yaohua (per non parlare di Zhang Li, mai vincitrice a causa di ordini superiori), non hanno vinto 3 Mondiali di seguito o non di seguito, fa effetto constatare che, formalmente Ding Ning le abbia superate. Come valore tecnico e agonistico, però, il paragone non regge proprio per niente. Per il resto, il panorama mondiale è davvero scarso, con l’eccezione della coraggiosa Romania, che continua a lottare, senza grandi mezzi economici, e ha fare bella figura, con due giocatrici, Samara e Dodean, negli ottavi di finale, uniche due europee vere, insieme alla tedesca Silbereisen (ma quest’ultima favorita da un tabellone generoso), così avanti nei Mondiali, visto che l’olandese Li Jie e la portoghese Xiao, anche loro negli ottavi, sono cinesi belle e buone.

HIRANO

La speranza, dei giapponesi e dell’Ittf, di battere le cinesi è miseramente naufragata nel momento in cui si è arrivati a giocare seriamente. Non si può dire che si sia giocato seriamente ai Campionati asiatici, con la ridicola formula dei 5 set. Così, Miu Hirano, lanciata come nuova campionessa, ha mostrato tutti i suoi limiti. Certo, le cinesi devono comunque fare un esame di coscienza per la sconfitta ai Campionati asiatici perché, 5 o 7 set, sono obbligate a vincere, visto il loro livello tecnico, ma bisogna anche ricordare quanto ho già fatto notare prima, che un mese prima dei Mondiali i cinesi tutti si ritrovano sempre con le gambe pesanti a causa dei carichi di lavoro previsti nella loro preparazione alle gare iridate. Così, fra gambe pesanti, set ridotti e una minore abitudine al gioco della Hirano, tutto scambi e pochissime rotazioni, le cinesi si sono fatte sorprendere. Ma appena hanno ripreso fiato e aggiustato il tiro, ecco che la differenza è tornata evidente. Un ulteriore esempio è arrivato dagli Open del Giappone, primo torneo dopo i Mondiali, in cui Chen Meng, che aveva perso la finale dei Campionati asiatici contro la Hirano, stavolta l’ha battuta 4-0, tanto per capire qual è la vera differenza fra cinesi e giapponesi (aggiungendoci, sempre agli Open del Giappone, anche la vittoria di Wang Manyu sulla Ito). Sia chiaro, non voglio dire che la Hirano è scarsa, perché comunque è una giocatrice da prime 10 posizioni nel mondo (anche se non da prime 5), ma il suo gioco ha limiti ben precisi e insormontabili. Sostenere poi, come fa l’Ittf con i suoi capolavori di ignoranza e di malafede, che la Hirano ha vinto la Coppa del Mondo, è ridicolo, perché bisognerebbe precisare che in quella edizione non c’erano cinesi. Ricorda un po’ il presunto record dell’altra giapponese, Mima Ito, che secondo l’Ittf è la più giovane giocatrice ad aver vinto un Open internazionale. Bisognerebbe specificare che è la più giovane ad aver vinto un Open “senza cinesi”, e senza le prime 10 del mondo. Il record vero è della cinese Guo Yue, che ha vinto, a 14 anni, gli Open del Giappone, con tutte le cinesi più forti in gara a eccezione di Zhang Yining, quindi con 5 delle prime 10 in tabellone. Se poi vogliamo che l’Ittf continui bellamente a prenderci per il culo, bene, accettiamo i suoi finti record e buonanotte. Ma quando si arriva alle vere gare, lì sul tavolo, le prese per il culo non hanno più senso e le cinesi spaccano tutto

HARIMOTO

L’unica novità è che i giapponesi si sono fatti vivi anche nel maschile, col 14enne Harimoto, arrivato ai quarti di finale. Per lui, canti di gloria ancora più grandi rispetto alla Hirano. Per lui, l’Ittf e tanti osservatori si sono sbilanciati tanto da profetizzargli un futuro da numero 1 del mondo. E allora, provo a chiarire alcuni punti. La prima cosa da notare è che Tomokazu Harimoto, a dispetto del nome giapponese, è cinese al 100%. Suo padre è cinese, si chiama Zhang Yu e ha un passato da giocatore nella Nazionale giovanile della Cina. Sua madre è cinese, si chiama Zhang Lin e anche lei, giocatrice di difesa, è stata nella Nazionale cinese, a un livello più alto del marito, partecipando ai Mondiali di Tianjin 1995. Come giocatore, Harimoto è un “prodotto” cinese perché ad averlo impostato tecnicamente, ad averlo allenato sin dall’inizio e ad allenarlo tuttora è suo padre. A Dusseldorf, in panchina c’era un tecnico giapponese, perché ci doveva essere per forza, ma nelle gare internazionali disputate finora c’è sempre stato il padre in panchina, con le sue indicazioni in lingua cinese. Insomma, Harimoto è cinese, ma gioca per il Giappone visto che i genitori erano “emigrati” lì. Dal punto di vista tecnico, però, e qui sta la novità, Harimoto ha quasi niente di cinese, perché il padre lo ha impostato come giapponese moderno, e intendo dire come giapponese “da pallina di plastica”. Come la Hirano e come le nuove leve giapponesi, Harimoto ignora quasi totalmente le rotazioni, è una macchina da scambi potenti e da schiacciate. Impressionante, certo, ma con limiti tecnici evidenti, che si sono manifestati anche contro avversari non eccelsi. Contro lo slovacco Pistej, n. 156 del mondo (110 dopo i Mondiali), ha stentato parecchio e il 4-1 finale non dà l’idea di come sia andata la partita, sempre molto combattuta, ma, fatto ancora più importante, con Harimoto in difficoltà sulle rotazioni, soprattutto laterali, e sulle palle rallentate dell’avversario. L’arrivo nei quarti di finale, poi, era stato favorito dal fatto di trovarsi nella parte di tabellone destinata alla testa di serie Mizutani, che cercava di imporsi con “toppini” senza forza, favorendo le schiacciate di Harimoto. Così, Harimoto, a parte Mizutani, è andato liscio fino ai quarti, dove ha trovato Xu Xin. Ho già spiegato che a questa partita Xu Xin è arrivato spossato per due gare dure disputate nello stesso giorno e dopo un’ora di interviste, festeggiamenti e premiazione per la vittoria nel doppio. Ciò nonostante, Xu Xin ha comandato il gioco in maniera molto più netta di quanto appaia dal punteggio. Il 4-1, con due parziali a 9 e 8 (gli altri a 6 e 4), non rende l’idea della superiorità di Xu Xin, che conduceva sempre con largo margine e poi si rilassava concedendo punti facili ad Harimoto. Ovviamente, considerati il valore e l’età di Xu Xin, la sua vittoria e la differenza sul tavolo erano “obbligate”, ma quello che vorrei far notare è che, sulle rotazioni di Xu Xin (dopo quelle di Pistej), Harimoto appariva indifeso, non in grado di trovare alcuna soluzione tecnica o tattica per contrastare il cinese. Impostazione sbagliata la sua? Il punto non è questo. Il punto è che suo padre ha calcolato che con la nuova pallina di plastica (merda assoluta, e non faccio distinzione di marche) questo sarà il gioco da preferire, visione che coincide con quella dei giapponesi in generale, sia maschile che femminile. Quindi, ha impostato il figlio in questa maniera e avrà sicuramente fatto un calcolo dei pro e dei contro, decidendo che i pro sono prevalenti. Io sostengo che il suo calcolo è giusto per far diventare il figlio fortissimo, è sbagliato per farlo diventare il numero 1. Le rotazioni saranno comunque decisive, anche se la nuova pallina le ha ridotte. Ma è anche vero che i cinesi, ogni qualvolta si sono trovati di fronte a nuove situazioni (dalla pallina da 40 mm ai set a 11 punti) hanno studiato come superarle e ci sono sempre riusciti. Io ritengo che anche stavolta sarà così, se non altro anche per un motivo non tecnico: mentalmente, i cinesi sono più malleabili, i giapponesi impostati come Harimoto, di fronte alla difficoltà o a traiettorie “sconosciute”, non riescono a trovare soluzioni, impostati come sono, da robot. Lo so che molti pensano che sono i cinesi ad assomigliare a robot, ma io dico che possono essere considerati tali solo per gli sforzi fatti in allenamento, ma per quanto riguarda il gioco sono fra i più fantasiosi del mondo, tutto tranne che robot. Ultima notazione, a proposito di Harimoto, sul fatto che non ci sono cinesi di pari età alla sua altezza. Faccio notare solo un paio di cose. Ai Mondiali giovanili, i cinesi mandano i giocatori più forti una sola volta e quando sono più piccoli del limiti di età. L’anno dopo, anche se hanno ancora 3-4 anni da junior davanti, non partecipano più ai Mondiali giovanili. In certi casi, alcuni giocatori o giocatrici non hanno mai partecipato ai Mondiali giovanili, come Guo Yue fra le donne. Quindi, le vittorie di Harimoto in questa competizione hanno un significato molto grande, ma non assoluto. Inoltre, vista la competizione interna che c’è in Cina, i dirigenti hanno sempre preferito rispettare un ordine ben preciso nelle convocazioni per le manifestazioni, per cui un 13enne cinese, anche se molto forte, è quasi impossibile che partecipi ai Mondiali giovanili, ma compie un percorso diverso. Poi, può essere che non ci siano cinesi della stessa età di Harimoto in grado di competere con lui, ma questa è un’ipotesi che non può essere verificata, per cui un pari età di Harimoto, forte come lui o più forte, potrebbe spuntare quando i due avranno 16-17 anni, così come potrebbe non spuntare. Al momento, è impossibile saperlo. Fra l’altro, a riprova della “non affidabilità totale” delle classifiche giovanili, ricordo che i cinesi più piccoli fanno pochissime gare internazionali, perché i dirigenti preferiscono lasciare le vittorie ad altre nazioni e pensano che la competizione interna, a quell’età, sia più che sufficiente per formare le ossa dei ragazzini cinesi. Infatti, andando a guardare queste classifiche, nelle varie categorie, si vede che i cinesi sono pochissimi, i giapponesi in maggioranza. Situazione che si ribalta quando si passa alle classifiche assolute.

INDIA

Mi avvio verso la fine. Le ultime indicazioni riguardano l’India e l’Italia. Per l’India, ovviamente, il riferimento è Massimo Costantini, che ha ricominciato il lavoro interrotto quando un golpe di palazzo lo aveva fatto fuori della guida della Nazionale e lui era andato ad allenare in California. Fatto fuori l’autore del golpe, Massimo è stato richiamato e i risultati si sono cominciati a vedere. Ho detto di Achanta, fermato nei sedicesimi da Lin Gaoyuan, dopo una partita alla pari col cinese. Aggiungo il bel risultato nel doppio femminile, con Batra-Das nei quarti di finale. E se è vero che negli ottavi hanno avuto via libera per l’indisposizione della cinese-polacca Li Qian, che era in coppia con Li Jie, è anche vero che con il loro gioco particolare, con gomma anti sul rovescio, sono in grado di creare notevoli difficoltà alle difese, per cui una eventuale vittoria sul tavolo contro Li Qian-Li Jie era fra le ipotesi possibili. Contro Ding Ning e Liu Shiwen, che poi hanno vinto la gara, Batra e Das hanno giocato una partita alla pari nei primi due set, perdendoli entrambi a 7, ma restando agganciate alle cinesi fino al momento in cui hanno commesso alcuni errori banali, frutto di mancanza di concentrazione. Poi, come svuotate, è sembrato che non abbiano più creduto in se stesse, con gli altri due set quasi non giocati, ma resta la loro bella prova e la dimostrazione di aver compiuto un salto di qualità. Giusto per restare a Costantini, faccio notare che il doppio statunitense Wu Yue-Zhang Lily, allenato da Massimo fino a un anno fa, è arrivato anch’esso nei quarti, perdendo dall’altra coppia cinese Zhu Yuling-Chen Meng. Hanno un altro allenatore adesso, ma il lavoro di Massimo è ancora presente nelle loro gambe, nelle loro braccia e nella loro mente.

ITALIA

Sugli azzurri sarebbe impietoso affondare i colpi. Ritengo inutile ripetere le stesse considerazioni fatte innumerevoli altre volte. Continuo a pensare che hanno anche le loro responsabilità personali, ma tutto si può dire dei giocatori italiani tranne che vengano messi nelle condizioni migliori, tecniche e psicologiche, per rendere al meglio. E ritengo inutile rifare processi a questo e quello. Io parlo solo della Fitet, che da 12 anni, da quando furono cacciati Costantini ed Errigo dalla guida delle Nazionali maschile e femminile, non ha mai pensato a lavorare per il bene del movimento e dei singoli giocatori. Non credo sia giusto, quindi, esporre proprio i giocatori alle critiche, non in questo momento. Faccio solo un piccolo riferimento a Debora Vivarelli per onorare il suo impegno sportivo nel momento in cui aveva ricevuto una brutta notizia dall’Italia, la perdita di un caro famigliare. Lei ha dato tutto sul campo e solo dopo ha sfogato il dolore. Anche per questo, ribadisco che per me i giocatori azzurri sono la parte più sana di tutto il tennistavolo italiano.

INFORMAZIONE ITTF

E finalmente concludo questo lungo viaggio nei Mondiali di Dusseldorf con il mio consueto attacco alla disinformazione, dell’Ittf, ma anche dei mezzi di informazione in generale. La tendenza a sottovalutare sempre più la stampa indipendente è ormai senza freni da parte dell’Ittf, che pone ostacoli sempre più grandi allo svolgimento del lavoro e punta sfacciatamente all’informazione di regime. E il regime non è solo l’Ittf, ma tutte le Federazioni che ne fanno parte. Lo dico per l’ennesima volta, a costo di apparire scontato e banale: a parte i giornalisti cinesi, che sono professionisti per il semplice fatto di lavorare per un giornale (in Cina la legge è questa, il tesserino vale fino a quando lavori nel giornale, se ne esci non sei più giornalista, in Italia il tesserino di giornalista professionista vale per sempre, anche dopo che sei andato in pensione), a parte loro, quindi, non c’è neanche un giornalista professionista fra quelli accreditati ai Mondiali, a parte me. Tutti quelli che si vedono in tribuna stampa sono persone che lavorano per le Federazioni nazionali, ma non sono giornalisti. Addirittura c’è qualcuno accreditato come giornalista che faceva e fa il procuratore dei giocatori! Trovate di tutto: il professore di matematica appassionato di ping pong, il dipendente comunale che ha un incarico in federazione, i dipendenti delle federazioni, e così via. Ora, pensate che questa schiera di “non giornalisti”, al servizio delle Federazioni, possa mai criticare l’Ittf che è sostenuta dalla Federazione che lo paga? E l’Ittf ha al suo servizio schiere di “giornalisti”, nel senso di persone che scrivono gli articoli, ovviamente esaltando qualsiasi cosa e nascondendo la realtà. Così, va a finire che, a ogni edizione dei Mondiali, la tribuna stampa si rimpicciolisce, materialmente intendo, ci sono sempre meno posti. Inoltre, si impedisce ai fotografi di andarci: o stanno sempre sul terreno di gioco o stanno in sala stampa, senza la possibilità di vedere le partite, cosa che serve anche a loro. Poi, di contrabbando, va a finire che entrano anche loro, ma è il principio che conta: meno gente possibile e informazione controllata dall’Ittf. Fra l’altro, anche i fotografi indipendenti, come me, sono messi nella condizione di non lavorare perché l’autorizzazione ad arrivare vicino ai tavoli viene data solo a un “pool” stabilito dall’Ittf, ovviamente fotografi che lavorano per l’Ittf o gente fidata che lavora per le Federazioni o addirittura per le Aziende di prodotti del tennistavolo. Gli altri devono stare lontani dai tavoli, con foto comprensibilmente meno buone. E’ tutta una organizzazione che fornisce un prodotto già fatto, in modo che il 99% dei giornali, che non ritengono opportuno spendere soldi per mandare inviati o fotografi ai Mondiali di uno sport di cui non sbatte il cazzo alla maggiorparte dei loro lettori, si affida completamente all’informazione ufficiale dell’Ittf. E qual è questa informazione? Eccola qua. Un paio di esempi per capirci. L’oro del Giappone nel doppio misto è stato celebrato in pompa magna, con un riferimento storico fatto apparire come importantissimo: un oro mondiale nel misto al Giappone 48 anni dopo l’ultima volta, quando nel 1969 il titolo andò ad Hasegawa-Konno. Peccato che l’Ittf non dica che a Dusseldorf non c’erano coppie cinesi in gara, ma questo potrebbe anche passare in secondo piano perché c’erano comunque due cinesi in altrettante coppie miste con altre nazioni. Ma quello che davvero l’Ittf tace è il riferimento storico, perché nel 1969, come nel 1967, la Cina non partecipò ai Mondiali, a causa della Rivoluzione culturale in atto, che aveva di fatto annullato qualsiasi attività sportiva, non solo nel tennistavolo. I cinesi sarebbero riapparsi nel 1971 a Nagoya. E nel 1969 il Giappone vinse l’oro a squadre maschili, singolo maschile (Itoh) e femminile (Kowada), oltre all’oro nel misto e altre medaglie sparse qui e là. Il semplice riferimento statistico è esatto, ma il significato storico è del tutto falsato da questi ignoranti. Concludo con un’altra perla riferita alla sconfitta della tedesca Petrissa Solja nel singolo contro l’ungherese Pergel. Sul sito dell’Ittf compare un articolo in cui si descrive una Solja in lacrime perché si dice danneggiata dagli arbitri che le hanno tolto punti per il servizio e richiamata, sempre per il servizio, “numerose volte”, detto dalla Solja e accettato senza discutere dall’autore dell’articolo. La Solja si lamenta anche perché, a suo dire, sarebbe stata costretta, dal momento del primo punto perso, a battere sempre di rovescio e questo l’avrebbe danneggiata. L’articolo si chiude con un commento pieno di comprensione per la “povera” Solja, che va via piangendo. Bene, sul sito dell’Ittf, nel settore Tv, c’è l’intero match e chiunque può vedere cosa è successo in questo incontro vinto dalla Pergel 4-1. Primo set per Solja. Nel secondo set, la tedesca è 2-1 e al servizio, il secondo arbitro, che sta di fronte a lei, mancina che serve col diritto, la richiama per servizio irregolare, quindi Solja ripete il servizio e va sul 3-1. Sul 4-2 in suo favore, Solja esegue un altro servizio di diritto e il secondo arbitro le dà punto perso per irregolarità nel servizio. Quindi: richiamo sul primo servizio giudicato irregolare, punto perso sul secondo giudicato irregolare. Da questo momento, fino alla fine della partita, sia il primo che il secondo arbitro non chiameranno più alcun servizio alla Solja, NEMMENO UNO. La Solja, sempre nel secondo set, batte di rovescio fino alla fine. Poi, nel terzo, quando si ritrova di fronte il primo arbitro per il servizio di diritto, ricomincia a servire di diritto e continua così. Nel quarto set, col servizio effettuato col diritto si ritrova di fronte il secondo arbitro, quello che le ha dato il richiamo e il punto perso nel secondo set. Cosa fa la Solja? Riprende a battere di rovescio per paura che l’arbitro le chiami di nuovo il servizio di diritto? Macché. Batte tranquillamente di diritto, sempre, e così fa nel quinto set. Quindi, un solo richiamo, un solo punto perso, un solo set col servizio eseguito di rovescio, la sconfitta per 4-1. E da dove cazzo escono le “numerose volte” in cui le è stato chiamato il servizio, da dove cazzo esce che è stata costretta a servire sempre di rovescio? Puttanate in libertà. Ma nell’articolo dell’Ittf si accredita la tesi che la Solja è stata danneggiata dagli arbitri. Poi, c’è solo una riga in cui si dice che la Germania ha deciso di non presentare reclamo. Già, perché i dirigenti sapevano che sarebbero stati sputtanati e sfanculati nel presentare un simile reclamo. Ma sul sito dell’Ittf la povera Solja è rappresentata come una martire degli arbitri. Ecco l’informazione che piace alle pecore, italiane e mondiali.

I Campionati Asiatici di Wu XI

26 Maggio 2017 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Con indicibile ritardo vi “aggiorno” sui 23mi Campionati Asiatici svoltisi a Wu Xi (CHN dal 9 al 16 Aprile).
Esordisco che è stato un bel successo di pingpong e di pubblico.

I vincitori

A squadre Cina e Cina
SIngolo Maschile Fan Zhendong CHN
SIngolo Femminile Hirano Miu JPN
Doppio Maschile Fan Zhengdon/Lin Gaoyuan CHN
Doppio Femminile Zhu Yiling/Chen Meng CHN
Doppio Misto Zhou Yu/Chen Xingtong CHN

Una delle rarissime edizioni dove la Cina non ha fatto l’enplein, infatti clamorosamente (ma non tanto) il singolo femminile è andato alla giapponese Hirano Myu che proprio due giorni prima ha festeggiato il suo 17mo compleanno, Hirano ha messo in fila nei ottavi 3-0 Cheng I-Ching n.6, nei quarti 3-2 Ding Ning n.1 in semifinale 3-0 Zhu Yiling n.2 e in finale 3-0 Chen Meng n.5, non c’è che dire, un bel filotto. Quindi successo meritato per Hirano che rivelazione non è infatti nei mesi scorsi si era già fatta notare, qui a Wu Xi ha iniziato questo torneo da n.11 e ha impressionato per velocità e precisione, una macchina unstoppable.
Ding Ning come tutte le altre sue colleghe cinesi ha giocato male, con la nostra Madhurika Patkar, ha rischiato di perdere il primo set, era sotto 10-9, non riusciva a fare il suo gioco e così si è messa fare il ributtino, un po’ come quando giochiamo con i principianti, non si rischia e si aspetta l’errore dell’avversario, infatti anche contro altre giocatrici nei turni successivi si limitava a controllare e rinviare la palla dall’altra parte, poche idee e confuse.
Fan Zhendong si è dimostrato solido, continuo con poche sbavature. Ha vinto ma si sentiva nell’aria. Ma Long raramente è entrato nel suo ritmo e ha perso 1-3 dal coreano Jeong Sangeun che al primo turno ha rischiato di perdere con Gerassimenko e dopo due turni ha battuto appunto la star delle star.
Quasi tutti i cinesi mi sono sembrati legnosi, sono nel mezzo della preparazione ai mondiali e commenti “rubati” a Liu Guoliang, Qin Zhijian e Xiao Zhan confermano che sono ancora nella fase di volume, ossia un bel po’ di pesi e gioco di regolarità. Si è soliti vedere i cinesi fare cesti su cesti anche poco prima dell’inizio della partita, ma stavolta, niente, anzi avevano un clima o troppo teso o troppo rilassato. È vero che tutti hanno fatto fatica ad aggiustare il tiro per via delle palline Nittaku che con quella patina di superficie ruvida a contatto con il tavolo DHS nero dava l’impressione letteralmente di fermarsi sul rimbalzo, non scherzo affermando ciò, l’effetto di top o di taglio svaniva quasi subito ma non perché la palla è di plastica o ABS come si dice, ma perché l’attrito nella superficie del tavolo era incredibile. Addirittura sui servizi con effetto laterale, sul rimbalzo, la palla faceva delle curve a 90°, mai vista una cosa del genere, e purtroppo sarà così anche a Düssledorf.
Non ci si lamenta più della pallina, anch’io l’ho sempre considerato un falso problema, infatti chi gioca su tavoli Butterfly e con palline Butterfly ha l’esatto opposto, una palla che gira tantissimo e un rimbalzo sul tavolo veloce in avanti e soprattutto la palla non cambia traiettoria a destra o sinistra per via degli effetti laterali, ti viene sempre incontro.

3 su 5

Caratteristica di questi campionati, tutte le gare sia a squadre sia individuali si sono svolte al meglio di 3 su 5. Non nascondo che ci sono stati parecchi mugugni a proposito, ma questa è la tendenza dei cinesi, addirittura al recente top 12 cinese valevole per le selezioni ai mondiali di Dusseldorf tutti gli 11 incontri del Round Robin sono stati giocati al meglio dei 3 set. I cinesi stanno puntando su rafforzamento mentale dei loro atleti riducendo il gap con gli avversari e mettendo più pressione a loro stessi, secondo me qualcosa sotto si muove, qualcosa mi dice che il futuro non è poi così roseo per la Cina.

Gli allenatori cinesi

Rivoluzione nell’ambito degli allenatori, Liu Guoliang è naturalmente il boss, capo supremo che rendiconta solo a Cai Zhnehua. L’head coach maschile è Qin Zhijian, mancino, vecchia nostra conoscenza, ricordo che quando facevamo i raduni a Fiuggi con dei cinesi lui era quell oche perdeva più sovente con noi mortali, specialmente con Nannoni. Poi Wang Hao (ma non era a Wu Xi), Ma LIn, Liu Heng e Ma Jungfeng. Per le donne, non proprio un bel debutto, head coach Kong Linghui (sempre più grasso e sempre più incollato al cell a inviare messaggi con WeChat, il social dei messaggi preferito dai cinesi, e gli assistenti Xiao Zhan, Li Sun, Chen Bin, Zhang Qin e Huang Haicheng.
Ho scambiato parecchie chiacchiere con Xiao Zhan e vi dico che non l’ha presa bene per niente, gli ho chiesto, allora…e lui mi dice sono un professionista faccio quello che mi chiedono di fare.

Il gioco asiatico

Guardando e giocando in Asia si capisce quale gap tecnico ci sia tra appunto Asia e Europa, vi dico solo una semplice differenza:
se un asiatico inizia l’attacco e non va a buon fine, nel senso che non vince il punto e deve continuare lo scambio, allora continua la sua idea di attacco rimanendo coerente con il gioco.
Se un europeo inizia l’attacco e non va a buon fine, nel senso che non vince il punto e deve continuare lo scambio, allora si rifugia nella difesa, sovente, alta e spera di portare all’esasperazione l’avversario con infiniti scambi e/o magari tentare il controtop da lontanissimo.
Ora i motivi possono essere diversi, fitness, carico di lavoro, mentalità quello che gli inglesi direbbero “mindset”. Il dato è che in questo momento l’idea di essere coerenti e usare la velocità e la potenza del colpo per gli asiatici rimane l’arma vincente.

Zhang Jike

La sua popolarità è imbarazzante perfino per i suoi compagni di squadra, i fans, anzi le fans quasi tutte ragazzine teenagers, a migliaia se ne contano, vedono solo ZJK, gli altri zero, poi se JZK non è in campo allora qualche timido Ma Long…Jia Yo e Jia Yo…Ma Long si sente tra gli spalti. Una ragazza, super tifosa di ZJK ha comprato un’intera area del palazzetto per spiegare un enorme striscione che sarà stato 12m x 12m con la faccia di ZJK e spendendo la modica cifra di $ 50000
Ho visto ZJK uscire di sera dall’hotel, era quasi irriconoscibile, si deve mascherare altrimenti c’è l’assalto, molte fans stanziavano ore ed ore in albergo sperando di ottenere un selfie o un autografo, attesa puramente inutile.

Gli indiani

I miei giovanotti si sono comportati bene, per la prima volta nella storia l’India ha battuto la Corea del Nord, e poi non ho nemmeno schierato Kamal Achanta. Lo stesso ha perso nei sedici, il suo miglior risultato di sempre ai Campionati Asiatici, ma la cosa più sensazionale è stata la sconfitta per 3 a 2 contro il Giappone, un match che sarebbe potuto finire 4 a 0 per noi, Ghosh e Achanta hanno battuto Oshima n.24, poi Achanta 2-1 e 8-4 su Niwa n.13, sempre sul 2-1 l’indiano ha avuto anche 3 match balls. Harmeet stessa sorte, 2-1 contro Matsudaira n.19 e ancora 8-4 e ancora 3 match points. Insomma una gara più nostra che loro.
Abbiamo terminato la gara finendo ottavi con la consolazione di aver vinto la 1ma categoria.
Nel frattempo la classifica degli indiani sale, ora abbiamo 3 uomini nei primi 100 e un donna Manika Batra n.103 ma era riuscita ad essere anche n.93 il mese scorso.
La piccola 33enne Mouma Das, ha sfiorato la vittoria contro Cheng I-Ching n.6 era 2-1 e 10-10
Segnali quindi tutti incoraggianti per la lunga preparazione che ci porterà ad Aprile 2018 ai Giochi del Commonwealth e a settembre ai Giochi Asiatici. Poi forse a casa???? Boh.

“Nuove” palline D40+ della DHS

“Clamoroso al Sant’Elia” direbbe un commentatore radiofonico del calcio minuto per minuto, le nuove palline D40+ della DHS altro non sono che palline prodotte già da 4 anni, le avevano in magazzino, incredibile.
Queste palline sono davvero ottime, si rompono solo se le calpesti, assomigliano alle Nittaku e costano addirittura la metà di quelle precedenti.
Dopo tutte le polemiche suscitate nei mesi scorsi dai giocatori e media, anche il NYT se ne occupò durante Rio 2016 con un articolo addirittura in prima pagina, la DHS è corsa ai ripari, rispolverando un prodotto davvero notevole. Vi segnalo che le palline che chiamano seam o seamless ossia con o senza giuntura/cucitura sono a tutti gli effetti palline con giuntura/cucitura, poiché prodotte con due metà. La materia prima usata dalla DHS proveniva dagli Stati Uniti, una materia prima costosa e irregolare, la materia prima delle D40+ invece proviene dalla Cina, economica, resistente e molto regolare.
Durante la preparazione a Shanghai al CTTC (China Table Tennis College) abbiamo giocato con queste palline, a detta dei cinesi sono quelle che si avvicinano maggiormente alle Nittaku, è vero, lo confermo, sono tonde, resistenti, leggermente opache e ruvide con un costo di appena $ 0,40 per pallina, i nostri ragazzi ne hanno fatto incetta comprandone a migliaia.

Infortuni

Avete mai visto un arbitro infortunarsi durante un gara di pingpong? Si, io l’ho visto.
È successo durante il match IND-JPN sull’1-0 per noi, nell’incontro Achanta-Niwa, sul 1-1 con punteggio leggermente in favore dell’indiano, difesa improbabile di Niwa, tenta un rovescione da lontanissimo, forse impatta la tasca sinistra del pantaloncino e la racchetta schizza impazzita andando a colpire l’arbitro nella regione temporale sinistra del capo.
Sembrava poca cosa, ma poi la signora cinese ha iniziato a sanguinare copiosamente, è stata subito medicata dal nostro fisioterapista e poi portata in ospedale dove le hanno dato 5 punti di sutura e fortunatamente la TAC non ha rilevato nulla di serio.

Uno o due italiani?

28 Gennaio 2017 da Ping Pong Italia · 46 Commenti 

Unica presenza italiana, anzi due, no, no uno solo, anzi una sola, un arbitro peraltro simpatica, ma quanti sono insomma gli italiani presenti a Indore al ITTF World Junior Finals? È la domanda che milioni di italiani in Italia e all’estero si fanno in queste ore, e la suspense cresce di minuto in minuto.

Ho la risposta!!!!

Ce ne sono Due (2) Two (2) Zwei (2) Dos (2) Deux (2) Liangke (2) e lo scrivo anche in Hindi Do (2)
Emilia Pulina, arbitro internazionale di Sassari e il sottoscritto, Massimo Costantini nato a Senigallia il 28 Marzo 1958, mi dispiace ma non ho il passaporto scansionato (non scannerizzato come molti dicono) come prova di riconoscimento nazionale, residente in India, impiegato dal Governo indiano come Chief Coach delle squadre nazionali indiane da settembre 2016.

Ho le prova, eccola:

Mi è doverosa questa precisazione poiché dal sito F.I.Te.T, vi metto il link:

Link F.I.Te.T

si parla solo di unica presenza italiana, inesatto, anzi falso, volutamente, deliberatamente falso, voi dunque F.I.Te.T, voi che state a Roma, in Italia, voi potete fare ciò che volete, votarvi altri 100 anni, non fare risultati che tanto nessuno dice niente, al massimo qualcuno storce la bocca, potete dire di essere una federazione attenta e vicina al movimento, potete fare e dire quello che volete, ma non toccate la mia cittadinanza, la mia storia, non ve lo chiedo per favore, ve lo impongo con tutta la forza che possiedo.

Un caro saluto a tutti gli italiani e in particolare a Emilia, persona davvero gentile.

Coach Max

La Giustizia Degli Ipocriti

24 Gennaio 2017 da Ping Pong Italia · 19 Commenti 

del Drago Rosso
Ogni tanto, il bell’addormentato nel bosco della Fitet si sveglia, sempre quando gli fa comodo, e prova a indossare i panni dell’eroe buono e generoso che si batte per il bene del tennistavolo. E gli avversari mica sono quelli che hanno distrutto e continuano a distruggere questo sport in Italia, per carità, il vero avversario è chi mette a nudo errori e malafede dei protagonisti di questo sfacelo, governativi e presunti oppositori. Quindi, il vero cattivone sono io, Drago Rosso, e tutte le scuse sono buone per non rispondere alle mie accuse. Anzi, prima si tira fuori la scusa bambinesca di non voler parlare con chi usa uno pseudonimo o “certi toni”, della serie “babbo, quello mi ha fatto la bua”, poi invece si prova a dare l’illusione di ribattere alle accuse con una serie incredibile di omissioni e bugie. Così, il prode Di Folco si sfoga sulla sua pagina facebook con un post intitolato “Draghi, Giustizia e Verità” assumendo l’atteggiamento di chi si ritiene superiore e credendo di darmi una lezione, anche sui moderni mezzi di informazione e sui “social”. Un fuoriclasse!!! E a dargli man forte arrivano i commenti dei suoi amichetti, che si sfogano anche loro contro di me. E allora, visto che loro si divertono così, a me non resta che sbugiardarli ancora una volta e poi vederli mettersi a piangere perché il Drago Rosso “è cattivo, sgarbato, maleducato e non capisce niente di tennistavolo”. Bravi, continuate così, il ciucciotto ve lo regalo io.
E andiamo allora sul concreto, partendo dalla notizia più interessante contenuta nel post del bell’addormentato che si sveglia quando gli conviene: è stato finalmente presentato un esposto al Coni, non un ricorso alla Procura federale Fitet, per quelle che io ho definito le irregolarità nell’Assemblea elettiva che possono effettivamente invalidare l’elezione di Di Napoli. Vi riporto qui il testo del post di Di Folco e, alla fine, due commenti sulla sua pagina facebook, di Gabba e Zagli. Dopodiché, provvederò a rispondere punto su punto alle amenità contenute nel post, a cominciare dalle tesi sull’uso di internet, e a commentare i commenti dei due piccioncini che appoggiano Di Folco e sputano sentenze su me.
Ecco il testo del post:
“Egregio Drago Rosso, ha definito una finezza il mio “non intervenire” sul Blog di Massimo Costantini e “ridicolo” questo mio comportamento. Ne prendo atto ma non modificherò di certo il mio atteggiamento almeno fino a quando lei continuerà ad avere questi toni ed a utilizzare questo pseudonimo. Non devo farle di certo una lezione su cosa è internet e perché viene denominata “la rete delle reti”. Ognuno scrive e legge ciò che vuole e dove vuole in maniera anonima o mettendoci la propria faccia. Trovo singolare però che lei rimproveri a me di scrivere in posti diversi dal suo, quando, spesso e volentieri, lei fa altrettanto riportando frasi prese appunto dal mio profilo di Facebook o dal Forum di Giorno. Vabbè, forse è questione di generazioni diverse tra noi o forse di stile, decida lei. Manipolare le informazioni è tipico di un certo giornalismo e lei in questo è evidentemente omologato a molti suoi ex colleghi.
Non capisco bene nella sua replica perché dovrei sfidarla a raccontare cose inerenti il secondo ricorso per l’Assemblea elettiva del 15 ottobre. Scriva quello che vuole in merito visto che io sono la parte che ha subìto un torto e non appartengo a coloro che hanno fatto pasticci. Anzi, la parte che ha subìto un torto, non sono io ma la maggioranza numerica delle Società italiane, intervenute a Terni, che hanno visto davvero cose incredibili succedersi quel giorno nella cittadina umbra. Per farsi un’idea di come dovevano essere gestite le cose in Assemblea invito tutti a guardare i siti delle altre 42 Federazioni Sportive Nazionali che hanno dedicato e dedicano tuttora ampio spazio al metodo di voto. La Federazione Italiana Canottaggio o la Federazione Italiana Motociclismo sono forse le più trasparenti ma le altre non sono certamente da meno.
Leggo che lei ha una sua idea sui nostri ricorsi, definendo il primo senza speranze ed il secondo sicuramente decisivo e vincente. Intanto vorrei chiarire che a volte si affrontano battaglie di “principio” senza fare tante strategie di vittoria o di sconfitta, perché si crede in qualcosa di molto superiore a quella che sarebbe poi la posta in gioco. Bisogna comunque affrontarle a testa alta ed è quello che faccio per cercare di affermare la verità sostenuto anche dalle persone che mi sono vicine. E’ meno informato su altre cose, come la clausola compromissoria o la tempistica, forse perché spinto dalla voglia di favorire un suo candidato alla Presidenza nel caso in cui venissero nuovamente indette le elezioni. Stia sereno, la tempistica la detta la Federazione, che solo dopo 2 mesi dal giorno delle elezioni, mi ha permesso di visionare le deleghe presentate in Assemblea.
In data odierna ho presentato un esposto al Procuratore Generale dello Sport del CONI proprio per la documentazione di una trentina di società ritenuta valida dalla Commissione Verifica Poteri e che, a nostro avviso, palesemente non lo era. Se mi rivolgerò anche al di fuori della Giustizia sportiva lo vedremo nelle prossime settimane visto che i tempi sono indicati dai Codici e non dagli Statuti delle Federazioni o del CONI. Vedremo.
Ma veniamo ad un altro punto che lei tratta, come abitualmente fa, in maniera volgare ed approssimativa. I 5 consiglieri eletti con i voti dell’opposizione stanno lavorando da 3 mesi scarsi con l’obiettivo di migliorare questa Federazione nonostante non sia Presidente uno dei 2 candidati di opposizione. Come lo faranno lo vedremo nei prossimi mesi ma scrivere quello che lei ha scritto è quantomeno frettoloso e soprattutto scarso di fondamento. Alcune decisioni del CF mi hanno lasciato decisamente con l’amaro in bocca ma in 3 mesi credo che i 5 consiglieri abbiamo avuto poche possibilità di incidere in maniera significativa sulla linea politica della Federazione dettata perlopiù dal suo Presidente e dal suo predecessore. I 5 consiglieri devono migliorare e molto nella comunicazione esterna e spiegare bene cosa realmente stanno facendo all’interno, auspico infatti che inizino a scrivere e a divulgare quanto stanno già richiedendo in Consiglio federale. Alcune dinamiche non sono semplici da comprendere e la fiducia richiesta da Di Napoli all’inizio del suo mandato presuppone credo un periodo iniziale di “vigile tregua”. Rifare lo Statuto con dei principi di condivisione che non possono prescindere dalla revisione della tabella voti ed applicare dei criteri di trasparenza sulle scelte devono essere i primi e importanti risultati.
Sulla Direzione Tecnica attuale si sono già espressi in maniera negativa e la mancata conferma ad oggi di Patrizio Deniso ne è un segnale. Avviare un monitoraggio con dei candidati con l’invio di curriculum, richiedere la disponibilità quadriennale chiedendo un Progetto tecnico da valutare, sono già richieste fatte ufficialmente in Consiglio federale. Per quanto riguarda Massimo Costantini si voleva una richiesta di disponibilità ufficiale? Una lettera protocollata? Magari per “bruciarlo” prima? Credo proprio bastasse la disponibilità data al sottoscritto, cosa nota all’interno del gruppo.
Ora, come vuole lo Statuto, starà al Presidente decidere i Direttori Tecnici. Solamente in caso di conferma dello staff tecnico attuale, bisognerà dissociarsi pubblicamente dalla decisione presa estendendo formalmente tale dissenso al Presidente Giovanni Malagò.
Noto invece una fretta molto sospetta nel bocciare l’azione politica dei 5 consiglieri di opposizione e una ferma volontà nello screditare tutto quello che c’è intorno a loro, a tutto vantaggio peraltro dell’attuale Presidenza o, appunto come scrivevo prima, di qualche futuro candidato. E’ chiedere troppo aspettare qualche mese o avere delle certezze sul loro operato in Consiglio? Io credo che sia d’obbligo. Condivido in linea di massima invece il pensiero che l’attuale Presidente abbia in mente solo di prolungare l’epoca di Franco Sciannimanico. Le prime decisioni prese vanno in quel senso, a prescindere dalle posizioni dei 5 consiglieri federali eletti dall’opposizione. Non vedo la trasparenza degli atti, ho trovato grave la decisione dei 2 vicepresidenti scelti entrambi nel gruppo della maggioranza, non vedo una politica improntata alle “pari opportunità” e il Meeting di Lignano ed i suoi rimborsi ne sono stati la conferma, trovo opache alcune decisioni sui campionati a squadre dove ci si è preoccupati di tutelare gli “amici”, le scelte tecniche mi sembrano identiche con “dimenticanze” e “presenze” poco comprensibili se non con motivazioni geo-politiche.
Ma dall’essere costruttivamente critico a fare il processo alle intenzioni ce ne passa, io, come scrivo spesso, aspetto il cambiamento ma mentre aspetto cerco di far valere le regole che dovrebbero essere certe anche nel nostro Sport soprattutto se si vuol farlo crescere. Ma questo a lei, credo importi poco, nel nostro ambiente lei non ci vive e si diverte solo ad orientare il pensiero dei suoi lettori verso questo o quel candidato Presidente. Buona continuazione, per me il Tennistavolo è altro”.

Ed ecco il commento di Mario Gabba:
“Grande Bruno, oltre che avergli letto la vita di questi ultimi venti anni ad un personaggio che del tennistavolo gliene può fregar di meno, hai ribadito in modo chiaro come al momento stanno le cose, ma soprattutto un grazie per esserti ancora fatto nostro difensore, anche se la causa seppur semplice era alquanto tendenziosa”.

Ed ecco il commento di Francesco Zagli: “Ma sto drago, ha mai preso.una racchetta in mano? Ha mai montato un tavolo? Lo ha mai caricato su un camion? Ha mai insegnato in una scuola? E chiacchiera? Continuasse a parlare di cinesi che è meglio”.
Di Folco gli risponde: “Di tecnica e di Cina ne capisce di sicuro”.
E Zagli continua così: “Ma infatti. Ognuno ha il suo, di ramo, dove può rendersi più utile. Sì,sì, Pure lui! Apposta proseguisse a far quello”.

Sfortunatamente per Zagli, a proposito di quest’ultimo commento, io proseguo a fare quello che mi pare, non certo quello che dice lui! A Zagli risponderò alla fine, adesso gli anticipo soltanto che tutte le cose che lui pensa io non abbia fatto ho cominciato a farle quando lui indossava ancora i calzoncini corti, quindi si metta l’animo in pace perché non ha la minima idea della persona con cui sta parlando e non merita nemmeno di saperlo. Ma andiamo con ordine, partendo dal post del bell’addormentato e quasi in coma pongistico profondo.

1) So benissimo come funziona internet, considerato che per motivi di lavoro l’ho utilizzato ben prima, ma molto prima, di tutti quelli che intervengono su questi blog, forum e social, quindi Di Folco si risparmi la prosopopea. Usare le frasi e contestare le idee che appaiono in internet è un conto, trovare scuse per non intervenire su questo o quel blog o forum è un altro. Ho usato frasi di un forum, e l’ho fatto poche volte, solo perché alcuni utenti di quel forum sono stati i primi ad agire scorrettamente, riportando interi miei articoli apparsi sul blog di Costantini e poi costruendoci sopra incredibili e interminabili discussioni, costringendomi quindi ad alcune precisazioni, ma sempre mettendo in evidenza che se volevano discutere con me dovevano venire a farlo sul blog. Facebook è leggermente diverso perché ognuno è padrone in casa sua, ma il significato di principio non cambia: si commenta qualcosa apparso altrove, si accettano i commenti degli amici riconosciuti, secondo le regole di Facebook, ma alla fine di tutto la questione rimane la stessa: se ti rifiuti di avere contatti, sui forum, sui social, su dove vuoi tu, con qualcuno che reputi non degno della tua considerazione, perché comunque ne parli, sapendo che lui potrà leggerti e intervenire, se non su Facebook almeno sui forum? Certo, puoi dire che vuoi dimostrare distacco da questa persona, ma il punto non cambia: comunque c’è un contatto con scambio di idee, di accuse, di insulti, di qualsiasi cosa tu voglia. Io almeno dico che parlo solo sul blog di Costantini perché difendo quel blog, il suo significato e la sua esistenza, ma tutti voi che vi mettete a cianciare e a fare gli schifiltosi non siete altro che un branco di ipocriti.

2) Di Folco si rifiuta di parlare con un anonimo? Ma che finezza. Intanto, ci parla comunque, su Facebook, sul sito della sua società, sul forum, quindi stiamo sempre all’ipocrisia più evidente, ma anche qui la questione principale è un’altra. Si disprezza l’anonimo perché si rifiuterebbe di assumere le sue responsabilità? Cazzata sesquipedale. Avevo già spiegato e lo ripeto adesso: se qualcuno si ritiene diffamato e vuole denunciare l’anonimo può farlo senza problemi, perché il responsabile del sito, del forum, del blog o di qualsiasi altro mezzo di comunicazione (non solo internet, ma anche carta stampata o tv) è tenuto a fornire il nome dell’anonimo, che comunque è rintracciabile dalla Polizia postale. Quindi, per favore, finiamola con queste storielle dettate dall’ignoranza o da chissà cos’altro. Essere anonimo non è un voler fuggire dalle responsabilità legali, civili e penali, ma è il modo per esprimere specifiche idee e personalità. Si può scegliere uno pseudonimo solo per divertirsi, ma anche perché quel nome inventato ha un significato preciso che rappresenta il modo di essere e di pensare dell’autore. Tanto, alla fine, chi dice di non volerci parlare ci parla lo stesso. Siamo sempre lì: ipocriti! Nel mio caso, come avevo già spiegato più volte, oltre ai motivi appena illustrati, c’era la necessità di non rendere pubblico il mio nome per ragioni legate al mio lavoro, che non sono ancora venute meno adesso che sono appena andato in pensione. Quindi, non scassatemi le palle.

3) Il bell’addormentato poi se ne viene fuori con un sillogismo deduttivo da azzeccagarbugli per sostenere che rimproverargli di scrivere in posti diversi dal mio significa manipolare le informazioni, cosa che fanno i giornalisti peggiori, ai quali lui mi accomuna. Premesso che io sono in pensione, ma resto giornalista professionista a tutti gli effetti perché quel tesserino non scade mai e quindi non si può parlare di miei ex colleghi, ma solo di colleghi (cerchi di informarsi invece di sparare minchiate), posso fargli notare due semplici cose: io dimostro sempre quello che scrivo, al contrario di lui che svicola e, come vedremo subito dopo, fa finta di rispondere alle accuse inventandosi domande mai poste ed evitando quelle che gli sono state effettivamente fatte, in stile “politici”, quindi è lui a manipolare, non io; a fare paragoni tra me e altri giornalisti il bell’addormentato può solo pestare cacca, perché nemmeno può avere idea di quella che è stata la mia carriera, piena di punizioni e squalifiche per non aver voluto obbedire a ordini dall’alto che imponevano di scrivere bugie per assecondare l’amico potente di turno, per non aver voluto smentire articoli in cui dicevo la verità e che avevano provocato reazioni infastidite e telefonate al direttore (verità che è stata poi dimostrata anni dopo sia in aule di tribunale, sia da altri articoli giornalistici di altri mezzi di informazioni più coraggiosi), per non aver accettato di fare carriera in cambio di cieca obbedienza ai capi. Per tutto questo, al bell’addormentato posso solo dire, come faceva Totò: ma mi faccia il piacere.

4) E arriviamo subito alla manipolazione firmata Di Folco. Chi ha mai negato che, nel pasticcio dell’assemblea elettiva, lui è parte lesa, insieme ad altri? Ma Di Folco se ne viene fuori dando per scontato che io avrei sostenuto questa tesi, in modo da potermi accusare di voler imbrogliare. E poi se ne esce con una pappardella sui casini dell’assemblea, come se io li avessi disconosciuti. Ecco, questo è lo stile di chi vuole creare confusione: negare qualcosa che nessuno gli ha mai contestato. E i poveri fessi che non hanno letto o non hanno capito o non hanno voluto capire l’articolo in cui si parlava di questi problemi sono pronti a sparare a zero sul Drago Rosso che “scrive cazzate”. Proprio perché sono giornalista da 37 anni e ho anche seguito cose ben più importanti dello sport, dalle inchieste su criminalità organizzata e su corruzione politica fino ai processi alle Brigate Rosse, conosco benissimo questi modi di fare (messi in atto da gente di ben altra statura rispetto a Di Folco) e i tentativi del bell’addormentato di cambiare le carte in tavola con me sono assolutamente patetici.

5) Di Folco se ne viene fuori con la barzelletta delle battaglie di principio per tentare vanamente di giustificare perché preferiva, nel caso del secondo ricorso, rivolgersi alla giustizia ordinaria anziché a quella sportiva. Ma davvero? Se la questione è di principio, allora non si spiega perché il primo ricorso, su alcune irregolarità, andava fatto alla giustizia sportiva e il secondo alla giustizia ordinaria. Anche qui, Di Folco tenta di insabbiare e parla di battaglie da condurre a testa alta, ma non spiega perché un ricorso doveva andare alla giustizia sportiva e l’altro no. E poi dice che non vuole fare strategie di vittoria o sconfitta. E allora perché si mette a fare ricorsi? Non vuole far annullare le elezioni e andare a nuove elezioni? Nel tentativo di giustificare l’impossibile, Di Folco si incarta e si contraddice clamorosamente, fino al punto da accusare me di voler favorire un mio candidato alle elezioni se dovessero farsi di nuovo. Ma siamo alla follia! E Di Folco non le vuole queste nuove elezioni? E allora, perché accusa me di volerle per favorire un “mio” candidato? Dovrebbe essere lui il primo a volerle. O no? E per quanto riguarda clausola compromissoria e tempistica Di Folco può tranquillamente continuare a dormire, perché io sono informato benissimo, sia di persona, sia grazie ad amici esperti di così alto livello che lui nemmeno se li può sognare. Poi, visto che ha deciso di prendere come suoi esperti avvocati e dirigenti della Federazione motociclismo (credeva che non lo sapessi a chi si era rivolto?), faccia pure, sicuramente sono bravi, ma non creda di diventare lui esperto per “convezione” e poter dare lezioni a me. Quanto al “mio” candidato, c’è da scompisciarsi dalle risate. Avrei io il potere di imporre un mio candidato? Ho chiaramente detto che a me andavano bene sia Vermiglio che Bosi, perché entrambi portavano Costantini come nuovo responsabile della Nazionale, con la differenza, da me indicata altrettanto chiaramente, che nel caso di Vermiglio temevo che persone della sua cordata non la pensassero allo stesso modo. Se poi Di Folco vuole sostenere che anche la sua cordata aveva Costantini in mente per quel ruolo, potrei rispondere che sono in grado di controbattere un topspin di diritto di Wang Liqin con un controtop sul tavolo!!! Ed è inutile che Di Folco se ne venga fuori su facebook con inviti a Costantini a mangiare insieme un piatto di carbonara, ma che amicone! Quello che so per certo è che Di Folco ha scritto, senza che qualcuno glielo abbia mai chiesto, che Costantini potrebbe costare troppo per la Fitet. Complimenti ancora una volta! Che amico! Gli ha dato davvero una bella spinta per farlo diventare c.t. azzurro! Ma chiedergli scusa pubblicamente e ammettere di aver scritto una cazzata, nooooooo? Figuriamoci.

6) Il fatto paradossale è che lo stesso Di Folco, però, si smentisce da solo e annuncia di aver presentato un esposto alla Procura del Coni, non a quella della Fitet, che riguarda proprio i motivi venuti fuori in un secondo momento, vale a dire quello che io ho detto essere il grimaldello legale per cancellare l’elezione di Di Napoli. Riassumiamo: Di Folco dice che ha constatato ulteriori irregolarità nell’assemblea elettiva e che si prepara a chiedere giustizia addirittura fuori dal Coni, dopo aver presentato un primo ricorso alla giustizia sportiva. Io sostengo che il primo ricorso, pur fondato, non sarà mai accolto perché obbligherebbe il Coni ad ammettere che un suo rappresentante ha sbagliato, ma che il secondo dà la garanzia della vittoria, perché riguarda atti commessi solo da componenti della Fitet, quindi il Coni non dovrebbe sputtanarsi per accoglierlo in ultima istanza, nel caso la Fitet lo rigetti. Alla fine, Di Folco, dopo aver detto che io non capisco niente, che lui fa battaglie di principio eccetera eccetera, cosa fa? Dà ragione a me e presenta un esposto alla Procura del Coni. Lo dice lui stesso nel suo post su Facebook. Poi, per tentare di salvare la faccia, dice che sta pensando “anche” alla giustizia ordinaria. Sì, bravo.

7) Arriviamo quindi al momento di entrare nella sostanza dei fatti. Su cosa si basa questo esposto? E che differenza fa presentare un esposto al Procuratore generale del Coni o un ricorso alla Procura federale Fitet? Nel mio articolo, avevo detto che mi astenevo dall’illustrare le irregolarità per non dare un vantaggio a Di Napoli (che probabilmente ne era già a conoscenza, ma meglio non rischiare). Ora che l’esposto è stato presentato, Di Napoli sa certamente cosa contiene, quindi se ne può parlare pubblicamente. L’irregolarità riguarda le deleghe per il voto a Terni. Per essere valide, devono essere “originali”. Di Folco, quando ha avuto a disposizione le carte relative all’assemblea di Terni, si è accorto che tantissime deleghe non erano originali, ma solo fotocopie o addirittura stampate di e-mail. Per quanto ne so io, sono 34. Il bello è che Di Folco non ha esaminato tutte le carte dell’assemblea, si è fermato quando ha constatato questo numero esorbitante di deleghe irregolari. Se avesse continuato, probabilmente ne avrebbe scoperte almeno una cinquantina irregolari. Ma non ne aveva bisogno perché ne sarebbero bastate addirittura 5-6 per invalidare l’assemblea. Infatti, quando ci sono ricorsi di questo tipo, nel giudizio del merito, si tiene conto anche del risultato finale dell’elezione. Quindi, se ci sono 5 deleghe irregolari, che raccolgono anche il 10% dei voti, e il presidente è stato eletto con il 70-80% dei voti, il ricorso viene respinto. Nel caso di Terni, il margine con cui è stato eletto Di Napoli è così ridotto che sarebbero bastate pochissime deleghe irregolari per invalidare il voto. Quindi, sulla base del diritto, l’elezione di Di Napoli deve essere annullata.

8) Ma perché rivolgersi al Coni anziché alla Procura Fitet? Solo Di Folco può rispondere, ma, come si vede, non ne fa parola nel suo post, solo chiacchiere. Nella pratica, posso dare qualche indicazione non sui motivi di questa decisione ma su cosa può avvenire adesso. Nel caso di ricorso alla Procura Fitet, questa può anche respingere il ricorso, ma Di Folco può rivolgersi al Coni in seconda istanza. Nel caso di esposto al Coni, succede questo: la Procura generale del Coni, nel 99% dei casi, trasmette l’esposto alla Procura della Federazione interessata, che a quel punto apre il fascicolo e ha 30 giorni di tempo per decidere, con la possibilità di chiedere una proroga di altri 30 giorni. Se la Procura della Federazione dice che tutto è regolare, chi ha presentato l’esposto può fare ricorso al Coni. Quindi, tenuto conto che il Procuratore generale del Coni trasmette l’esposto entro una settimana, massimo due settimane, alla Procura Fitet e si avvia il percorso già descritto. Nella realtà, quindi, la differenza fra l’esposto al Coni e il ricorso direttamente alla Procura Fitet dovrebbero essere semplicemente quei 10-15 giorni di passaggio della pratica dal Coni alla Fitet. Ci sarebbe anche la possibilità che il Procuratore generale del Coni non trasmetta l’esposto alla Procura Fitet (o a qualsiasi altra Federazione), ma questo non avviene quasi mai, per una sorta di rispetto istituzionale.

9) Resta l’ultima domanda: probabilità di successo. In base al diritto, come già detto, non c’è scampo per Di Napoli. Si sono già verificati casi simili in altre federazioni e le assemblee con irregolarità nelle deleghe, copie e non originali, sono state sempre annullate. Quindi, anche quella di Terni. La responsabilità dovrebbe ricadere sulla Commissione verifica poteri, che ha accettato deleghe non originali. Ma è chiaro che, politicamente, sappiamo tutti cosa questo significhi. E intanto, vogliamo ricordare l’esultanza di qualche dipendente alla elezione di Di Napoli?

10) Concluse le questioni sull’assemblea, passiamo alle accuse di volgarità e approssimazione a proposito del comportamento dei 5 consiglieri presunti oppositori. Vediamo un po’, è lo stesso Di Folco ad ammettere che: alcune decisioni del CF lo hanno lasciato con l’amaro in bocca, lui, non io; i 5 consiglieri devono migliorare e molto nella comunicazione e spiegare cosa stanno facendo all’interno; Di Napoli chiede fiducia e i 5 consiglieri gli concedono una “vigile tregua”. E poi sono io quello approssimativo e volgare? Qui abbiamo 5 docili consiglieri (contenti? la versione volgare era 5 docili cagnolini) che stanno in “vigile tregua” mentre Di Napoli fa quello che gli pare! E i 5 consiglieri pensano alla tabella voti, che sarà bocciata se non garberà a Di Napoli. E non gli garberà. E allora, i 5 cavalieri dell’opposizione vogliono dirci cosa stanno combinando? Glielo ha chiesto pure Di Folco, pensate un po’, ha chiesto loro di intervenire, ha auspicato che “inizino a scrivere e a divulgare”, ma, come in una barzelletta sui carabinieri, “interrogato il morto, non rispose”! Si vede che stanno scrivendo la riedizione di “Guerra e Pace”, ci vorrà un bel po’. Ma quello approssimativo e volgare sono io! La realtà è semplice: Di Folco non è in grado di contestare una sola delle mie accuse ai 5 consiglieri e si limita a fare l’indignato, come possiamo constatare anche per quello che segue.

11) Ma sono proprio forti questi 5 consiglieri visto che, come dice Di Folco, la mancata conferma finora di Deniso è un segnale del loro giudizio negativo sulla Direzione tecnica attuale! Ma davvero Di Folco crede di poter essere preso sul serio? Di Napoli ha semplicemente rinviato la conferma di Deniso e questo è un segnale? Ma sono loro stessi, Di Folco e i 5 cavalieri belanti, a sapere che Deniso sarà confermato, tanto che hanno già programmato la loro decisa e coraggiosa azione nel momento in cui ci sarà l’ufficializzazione: si “dissoceranno pubblicamente dalla decisione presa estendendo formalmente tale dissenso al Presidente Giovanni Malagò”. Ma qui siamo alle imprese eroiche tipo i 300 spartani alle Termopili: esprimeranno dissenso a Malagò!!! E magari un bel chissenefrega da Malagò? Ah, scusate, io sono volgare. Allora aggiusto il tiro: magari Malagò risponde che la decisione, oltre che dal presidente (che ha il potere di prenderla da solo) è stata approvata dalla maggioranza del Consiglio, e quindi: ma cosa volete? Ma adesso capisco, ecco qual è il coraggio dei 5 consiglieri: dire a Malagò che la minoranza voleva decidere al posto della maggioranza. Già, perché ci vuole davvero coraggio a sostenere qualcosa del genere. Mi potrebbe obbiettare quel genio di Di Folco: e allora, cosa vuoi? siamo stati noi a dire che non possiamo decidere perché siamo in minoranza e adesso se proprio tu a dire la stessa cosa? Certo, perché dovete decidere: siete minoranza e fate la guerriglia, così gli Usa furono battuti in Vietnam, o pensate di essere furbi e di ottenere le briciole dicendo a Di Napoli “vedi come siamo buoni, dacci qualcosa”. Ma io sono quello volgare. E Di Folco invece è uomo d’onore (non nel senso di mafia, ma di Shakespeare, vedete voi di andare a recuperare la citazione)!

12) Restando per un momento nel settore tecnico, troviamo la barzelletta più grande: il rischio di “bruciare” Costantini!!! Ora, se posso dare un consiglio disinteressato e amichevole al bell’addormentato, gli suggerirei di candidarsi a sceneggiatore dei film di natale dei Vanzina, “brucerebbe” qualsiasi concorrente con le sue battute, a cominciare da quella su Costantini. E credo che dovrebbe poi ringraziarmi, perché un po’ di soldi se li metterebbe in tasca. Magari vorrà farci la grazia di anticiparci qualche altra battuta. O forse dobbiamo parlare seriamente? Davvero Di Folco pensa che proporre Costantini vuol dire “bruciarlo”? Ma guardiamoci in faccia a cerchiamo di non prenderci per il culo. Di Napoli non chiamerà mai Costantini, Di Napoli è la perfetta riedizione di Sciannimanico, che ha fatto fuori Costantini e lo ha esiliato, Di Napoli ha approvato e assecondato tutte, dico TUTTE, le decisioni di Sciannimanico, è legato mani e piedi a tutti gli uomini di Sciannimanico, che sono anche suoi, a cominciare da Deniso, e Di Folco si preoccupa di non “bruciare” Costantini, proponendolo come c.t.? E a proposito di “disponibilità ufficiale”, sempre della serie “non prendiamoci per il culo”, perché i 5 consiglieri di presunta opposizione si sono messi a discutere proprio di questo argomento? Perché qualcuno di loro, parlando pubblicamente fuori del Consiglio, ha detto a sia discolpa per non aver proposto Costantini che non sapeva che tipo di contratto ha con l’India e se può essere disponibile o no? E Di Folco mi viene a dire che Costantini per lui va in automatico e che c’è già la disponibilità che Massimo gli ha dato. Peccato che qualche consigliere di presunta opposizione non ne sappia una beneamata mazza, visto che ha detto di non sapere che tipo di contratto lui abbia con l’India!!! Ah, dimenticavo: Di Folco va a mangiare una carbonara con Costantini, ma non ha avvisato i 5 consiglieri. Ma quanto sono scemo a non capire tutto questo.

13) E chiudo con Di Folco con i suoi “complimenti” finali. Avrei fretta di bocciare i 5 consiglieri e questo avvantaggerebbe l’attuale presidenza? Ma a questo punto anche i Vanzina sono sprecati per Di Folco, bisogna passare come minimo a Totò e Peppino. Vuole provare il bell’addormentato a riscrivere la scena della lettera in “Totò, Peppino e la malafemmina”? Punto, due punti, punto e virgola, consigliere, doppio consigliere, presidente di commissione e il Drago Rosso servitore del presidente Di Napoli, ma sì, abbondiamo! Certo, mi corre l’obbligo di fare un bell’esame di coscienza perché ogni volta dimentico che il Di Folco che mi accusa di voler favorire Di Napoli e di tirare la candidatura a Bosi (lui non ha nemmeno il coraggio di nominarlo!) è lo stesso Di Folco che per 6 lunghi anni è stato in Consiglio federale con Sciannimanico presidente e Di Napoli vicepresidente. E’ lo stesso Di Folco che, dopo 4 anni in Consiglio federale con Sciannimanico e Di Napoli, ha scelto di ripresentarsi candidato nella loro cordata, per poi svegliarsi un giorno, baciato da chissà quale Biancaneve o Principessa azzurra, e riscoprirsi “eroe della resistenza”. Come posso io sostenere il confronto con cotanto prode guerriero? Ha ragione Di Folco quando dice che per lui il tennistavolo è altro. Sicuramente il suo tennistavolo non è il mio tennistavolo e devo ringraziare il cielo per questo.
Passiamo alle dediche ad altri due fuoriclasse. Comincio da Gabba. Visto che, secondo te, non me ne può fregare di meno del tennistavolo, posso solo consigliarti di aggiornare un po’ le tue conoscenze e di informarti meglio. Non che io mi preoccupi tanto se pensi che non mi importi uno stracazzo di niente del tennistavolo, ma, giusto per essere precisi, quello che mi frega assai è di essere libero e di non fare il servo di qualcuno. Non sono sicuro che tu mi possa capire. Tu, però, continua a gongolare perché paparino Di Folco è corso in tuo aiuto e ha detto che io sono un cattivone. Contento? Per tua informazione, comunque, ti dico soltanto che, visto che non mi frega niente del tennistavolo, per seguire tutte le gare che contano (dal 1989 tutti i Mondiali, dal 1995 quasi tutte le Coppe del Mondo, dal 1996 tutti i Campionati nazionali cinesi, più una quarantina di Open internazionali dal 1993 a oggi, più un altro centinaio di tornei vari fra Olimpiadi, Olimpiadi giovanili, Europei, Europei giovanili, Top 12, Universiadi, Giochi del Mediterraneo, Coppa Campioni, Coppe internazionali varie, Trofeo dell’Adriatico (un vecchio torneo in cui ho anche giocato), Campionati nazionali italiani a cominciare dal 1973 e Tornei nazionali, oltre a tutti quelli regionali in cui ho giocato, e altro ancora, beh, per seguire tutto questo, nel 99% dei casi a spese mie, ho consumato circa 400.000 euro (quattrocentomila, probabilmente anche di più ) e tutte le mie ferie. So benissimo che aver visto tutto questo tennistavolo (ho avuto la fortuna di avere uno stipendio che me lo ha permesso) non mi dà automaticamente il diritto di avere ragione su qualsiasi argomento che riguardi il tennistavolo, ma sicuramente mi dà il diritto di mandare a cacare chi dice che non mi frega niente del tennistavolo.
E passo a Zagli. Ho premesso che tutte le cose che pensi io non abbia fatto le ho invece cominciate a farle quando tu indossavi ancora i calzoncini corti e questo già dovrebbe bastarti. Devo però aggiungere qualcosa e poi, alla fine, andare al vero nocciolo della questione. Quindi, per tua informazione: giocatore, dirigente di società, arbitro, tecnico federale e allenatore nella società, consigliere regionale e responsabile delle classifiche regionali (quando non c’era ancora il computer, un tecnico assegnava le classifiche 3/3, 3/4 e 3/5, mentre i 3/1 e 3/2 dipendevano dalle classifiche nazionali) e poi, come esperienze politiche, Assemblee nazionali dal 1972, quelle che duravano due giorni e al cui confronto quella di Terni, con tutte le sue polemiche, sembra la riunione degli ex alunni con baci e abbracci, con quella di Pescara 1974 in cui si arrivò quasi alle botte. Quindi, le vostre “grandi esperienze” mi suonano poco significative per “giudicare” se io sono all’altezza o no di parlare di certi argomenti. Ma non ho finito, perché manca ancora all’elenco la parte internazionale. Per tua informazione, visto che Di Folco ti ha risposto dicendo che di tecnica e Cina capisco, preciso soltanto che la sua indicazione è giusta, ma un po’ riduttiva, perché non è solo della Cina che sono esperto, ma di tutto il mondo. Quindi: tecnico della Nazionale svedese che scrive un articolo sull’allora rivista dell’Ittf e dice che sull’impostazione di base loro hanno torto e io ho ragione, per cui devono cominciare a rivedere alcune cose; giocatori e giocatrici fra i primi 20 della classifica mondiale che, in alcuni tornei in cui si sono trovati senza tecnico al seguito, hanno chiesto a me di andare in panchina; giocatrice non cinese che, dopo aver vinto una partita senza tecnico in panchina nelle Finali Pro Tour dichiara che ha vinto grazie ai consigli che ha avuto da me prima della partita e ai segnali che le ho lanciato durante la partita, visto che in quell’occasione non potevo sedere in panchina; segretario della Federazione cinese che dice pubblicamente che io conosco più giocatori cinesi di quanti ne conosca lui; tecnico cinese di un campione olimpico cinese che dice che io ero stato l’unico a pronosticare la carriera del suo giocatore quando aveva 14 anni; c.t. della Nazionale cinese che dice ai giornalisti cinesi che io sono l’unico a capire e a indovinare i pronostici; campionessa olimpica cinese che ai giornalisti cinesi dice di dedicare l’oro olimpico a me, cosa che ripete in una trasmissione tv nazionale quando le assegnano il titolo di sportiva assoluta dell’anno e alla quale intervengo anche io come ospite d’onore; comitato organizzatore di un’Olimpiade chiede all’Ittf un contatto con giornalisti, preferibilmente cinesi, per il libretto di presentazione del tennistavolo ai Giochi (previsto uno per ogni sport) e l’Ittf risponde che per quanto riguarda la Cina è meglio chiedere a me, gli organizzatori non ci credono, poi accettano, mezzo libro di 48 pagine è scritto da me; giornalisti cinesi che in ogni campionato mondiale, prima delle gare, scrivono un apposito articolo sui miei pronostici per poi scriverne uno alla fine e confermare che avevo ragione, con exploit nel 2001, quando pronostico la finale con andamento, ordine dei set vinti e vittoria finale: 2-0 per Kong Linghui e 3-2 per Wang Liqin, esattamente quello che succede due settimane dopo il mio pronostico; campione cinese che riconosce che nel 1993, quando l’ho visto 15enne per la prima volta, gli ho pronosticato una classifica da n.1 del mondo per 6 anni dopo, cosa avvenuta esattamente nei termini da me indicati; campionessa cinese che riconosce che le ho pronosticato un titolo mondiale entro 4 anni quando l’ho vista per la prima volta quando aveva poco più di 10 anni, titolo mondiale arrivato esattamente nei termini da me previsti; unico a pronosticare Kong Linghui campione mondiale nel 1995, dopo che un anno prima, intervistato dalla Tv di stato cinese, il telecronista mi aveva riso in faccia quando avevo parlato di Kong Linghui campione. Mi fermo qui, ma potrei continuare fino a domani e oltre ancora.
Ecco, Zagli, vuoi ridere pure tu in faccia a me? Sai già che fine farai. Ma, vedi, non è questo il punto. Il punto è: chi può parlare di tennistavolo? Hai fissato tu le regole, con l’elenco delle cose da fare. Poi, quando Di Folco ti ha detto che capisco di tecnica, hai ribattuto che me ne dovevo stare buono e tranquillo a occuparmi di quelle cose e, praticamente, di non rompere i coglioni. E adesso che ti ho fatto gli elenchi sia delle cose che tu ritieni necessarie per parlare di tennistavolo, sia delle cose di esclusiva pertinenza tecnica, dovrei essere autorizzato a parlare di tennistavolo, non puoi impedirmelo, ho rispettato le regole fissate da te.
E allora, andiamo alla sostanza. Siete voi il male del tennistavolo, voi che vi create un miserabile piccolo mondo in cui vi conoscete tutti e nel quale non ammettete “estranei”. Come mi permetto di parlare di tennistavolo io che non so nemmeno tenere una racchetta in mano, che non carico un tavolo sul camion e via dicendo? Non vi importa se quello che dico è giusto o no, se non ho montato il tavolo sul camion non posso parlare. E adesso che ti ho detto che l’ho montato e ho fatto le altre cose richieste da te vuol dire che tutto quello che ho detto diventa vero e giusto? Ti rendi conto dell’assurdità? Il peggio è che niente è cambiato da quando entrai in questo mondo, quasi 50 anni fa. I giocatori, persino i Terza categoria (allora c’erano solo 3 categorie) si atteggiavano a chissà quali campioni. Provavo a parlare con qualcuno, giocatore o tecnico, per apprendere le prime cose, nessuna risposta. Un mondo chiuso. Le uniche persone ad avere un atteggiamento diverso erano dirigenti, tecnici e giocatori di Senigallia, a cominciare da Pettinelli e Ubaldi, per poi passare ai giocatori, da Manoni fino a Costantini nel tempo. Grazie a loro cominciai a conoscere davvero questo sport.
Ma dopo tanti anni, il tennistavolo italiano è rimasto là: che cazzo vuoi tu che non sai tenere nemmeno una racchetta in mano? Bravissimi. Siete poveracci e resterete poveracci, ma quel che è peggio è che sarà il tennistavolo italiano a restare povero. Continuate così e vantatevi pure, nemmeno vi rendete conto dello spettacolo che date

Anatomia dell’allenatore

8 Gennaio 2017 da Ping Pong Italia · 2 Commenti 

Questo post nasce dall’analogia sullo studio di come un elemento è formato e le sue funzioni, è pertanto suddiviso in due parti:
Anatomia dell’allenatore, come è composto (parte prima)
Fisiologia dell’allenatore come funziona (parte seconda)

Anatomia dell’allenatore.

Quanti tipi di allenatori conosciamo? Svariati, molti, moltissimi, forse infiniti.
Ecco un casuale elenco approssimativo di diverse tipologie:
l’allenatore manovale,
l’allenatore giocatore,
l’allenatore asceta,
l’allenatore pratico,
l’allenatore di sintesi,
l’allenatore individuale,
l’allenatore formatore,
l’allenatore filosofo,
l’allenatore analista,
l’allenatore chiacchierone,
l’allenatore tuttofare,
l’allenatore di squadra,
l’allenatore psicologo,
l’allenatore organizzatore,
l’allenatore trainer,
l’allenatore di panchina,
l’allenatore motivatore,
l’allenatore correttore,
l’allenatore di gruppo
,
l’allenatore genitore,
l’allenatore amico,
l’allenatore severo,
l’allenatore dirigente 
e molti altri, insomma un bel campionario di elementi, magari se ne avete altri in mente, aggiungeteli pure.
In un modo o in un altro l’allenatore è unico, perché se è vero che ha la sua indole è altrettanto vero che ha delle doti uniche riferite al materiale umano che si trova a dover trattare. Nello sport in genere è davvero difficile dire uno è migliore o peggiore di un altro, poiché il riferimento sono gli atleti con cui ha e ha avuto a che fare, la comunicazione che riesce a trasmettere, il carisma che mostra, etc. Non ci sono fattori oggettivi determinanti, per i quali senza ombra di dubbio si direbbe: Tizio è un grande allenatore, Caio non ci capisce nulla; poiché come abbiamo visto sopra le tipologie sono tante. Si, so quello che pensate, i risultati sono i fattori oggettivi, certamente ma quali? A cosa ci si riferisce? E quanto dura l’effetto risultato?
 A tal proposito mi viene in mente la parabola svedese, allora, svariati anni passati, avevamo una venerazione per i grandi atleti ma anche per l’allenatore che li guidava, finito il momento magico, nulla è rimasto, nemmeno l’eredità dell’allenatore, e la Svezia è caduta nell’oblio. Dunque, su cosa dobbiamo basare il nostro futuro? Sperando nel talento e basta, e poi ci affrettiamo a dire che siamo grandi allenatori? Troppo facile e riduttivo. Il problema è che non abbiamo un background, una storia e, peggio, non facciamo storia, come possono dunque le nuove generazioni a crescere senza punti di riferimento? Ci serve un lavoro di squadra, un lavoro che permetta ai giovani allenatori di contare sulle esperienze di chi li ha preceduti e di portare nuovi contributi, energie, idee. Si, ci serve una squadra con qualcuno a capo che guidi il settore e lo illumini, non esiste solo l’alto livello, esiste la base (in genere smarrita, sparpagliata e improvvisata), un capo capace di ascoltare e di farsi ascoltare, di guidare e di farsi guidare dal movimento pongistico.

Piccoli passi

In molti paesi sono istituiti dei premi, negli Stati Uniti ad esempio ogni anno viene assegnato il premio Coach of the Year e ci sono 5 categorie: National Coach (riservato a chi allena atleti di alto livello), Developmental Coach (chi si occupa di crescere giovani promettenti), Paralympic Coach (per allenatori che lavorano con i disabili), Volunteer Coach (chi allena per puro gusto di allenare senza un ritorno economico), Doc Counsilman (Technology) (allenatore che utilizza per il suo lavoro strumenti tecnologici creando soluzioni innovative). Un atto bipartisan di questa federazione 2016 proposto magari dal consigliere tecnico (in teoria sarebbero tutti tecnici ehehe) o da uno dell’opposizione sarebbe quello di istituire immediatamente un riconoscimento per allenatori. Ricordo negli anni ’70 c’era un premio analogo al Developmental americano, era il “Premio Fiuggi Giovinezza” e veniva consegnato agli allenatori emergenti durante i campionati italiani di Fiuggi, era una bella cosa, la ricordo con piacere. Attraverso un riconoscimento ufficiale federale gli allenatori possono far tesoro e poter esibire il proprio titolo, che so, nelle palestre, utilizzarlo per il proprio lavoro, per ottenere sponsorizzazioni per la squadra, accedere a dei bandi di concorso internazionali, insomma un attestato di merito, non mi sembra tanto difficile istituirlo. Vedremo.

Dove non arriva la tecnica, arriva l’abilità individuale

Quindi, come dicevo, occorre distinguere bene il tipo di allenatore di cui si analizzano le sue qualità, di una cosa sono fermamente certo: io credo sia arrivato il momento di superare l’idea di tecnica pura, e lo dice uno che è fautore di questa teoria, da sempre, ma con la spinta e la forza di evolversi, ne comprendo e ne accetto i suoi limiti, poiché dove non arriva la tecnica, arriva l’abilità individuale. 
Non posso pertanto dar ragione e nemmeno dar torto a chi dice topspin col braccio teso o top col braccio flesso; gamba destra avanti o gamba destra dietro, impugnatura del diritto o impugnatura del rovescio o impugnatura mobile, rovescio con o senza polso, perché il pingpong è tutto e il contrario di tutto, anzi un grande giocatore utilizza tutte queste cose e altre ancora, anche se non gliele hai mai insegnate, è spinto da una necessità intrinseca, quella di ribattere una palla di qualità nell’altra parte del campo e possibilmente fare punto, senza preoccuparsi di quale mezzo tecnico debba usare. Il gioco di oggi è molto più concreto di quanto si possa pensare rispetto ai decenni scorsi.

 Andando quindi oltre, possiamo metaforicamente parlando come Einstein e dire che esiste tanto una tecnica generale quanto una tecnica relativa. Se poi mi si chiede quale sia il mio ideale, beh naturalmente ho le mie idee, vi anticipo solo che prima di imporre la mia visione del gioco, cerco di capire quali sono le potenzialità del soggetto con cui dovrò lavorare, un po’ come quello che succede tra un medico e il suo paziente, prima di tutto c’è l’anamnesi e quindi pensare e passare alla terapia, ad esempio se conviene curare più i difetti o esaltare le abilità, se ci sono predisposizioni speciali o tendenze particolari.
 Secondo me è tempo di iniziare una nuova fase, un nuovo modo di intendere l’allenatore, una sorta di nuovo rinascimento dove, al centro dell’interesse, non ci sta l’allenatore ma il giocatore. È l’allenatore che ruota attorno al giocatore e non viceversa.

Confronto e condivisione

In genere gli allenatori tendono a catalizzare il proprio ego, imponendo un carisma reale o virtuale, molto spesso vorrebbero vedere i propri atleti giocare a loro immagine e somiglianza, eseguire i colpi esattamente come loro. Questo modo di fare fatalmente porta a essere uno e tutti, sintesi e analisi al tempo stesso; di conoscere la tecnica generale e la tecnica relativa; di sapere tutto e di tutto. Se da una parte questo nobilita, dall’altra purtroppo limita poiché ognuno crede di avere la verità totale incorporata, una soluzione tecnica del gioco e dei risultati, millantando metodologie e sistemi assolutamente non verificabili e il più delle volte improvvisati. Dico purtroppo perché in molti altri campi succede la stessa cosa, forse è la natura stessa dello sport.
Sapete perché nel settore tecnologico tutto funziona, almeno credo, in modo ottimale? Sapete perché le cose progrediscono a velocità incredibile?  Perché c’è un interscambio di informazioni, una condivisione di dati, un modo di fare aperto dove ognuno migliora l’altro in una continua corsa e rincorsa dell’altro, proprio come avviene nello sport giocato; ognuno interagisce con l’altro in un continuo scambio di feedback. 
In palestra sono i nostri ragazzi a mettere in pratica questo processo confrontandosi fra loro, ma fuori, noi allenatori non siamo così aperti come dovremmo essere. 
Io non so se questo sarà realizzabile nel pingpong ma sono convinto che è la strada per crescere e per far crescere in fretta i nostri ragazzi, ma bisogna saper ascoltare e essere umili. Avete mai fatto caso che quando due allenatori parlano in realtà nessuno ascolta l’altro? Ci si preoccupa di affermare il proprio pensiero senza elaborare il pensiero altrui, si alza un muro volontario o involontario. Mi è capitato moltissime volte di vedermi esporre un problema, propongo una soluzione e immediatamente ti dicono: ah si certo io glielo dico sempre al mio studente; come dire che la colpa è dell’atleta che non capisce. Alibi perfetto. O in altri casi ti pongono subito un’altra domanda che nulla ha a che vedere con la precedente.
Da oggi in poi evitiamo gli alibi e scambiamoci più idee, più informazioni, teniamo aperti i nostri dubbi e lasciamone entrare altri, studiamo, verifichiamo e testiamo in palestra il lavoro e l’eventuale risultato.

Infine…tu che tipo di allenatore sei?

Coach Max

È ancora la F.I.Te.T di Sciannimanico

5 Gennaio 2017 da Ping Pong Italia · 7 Commenti 

del Drago Rosso

Tutte le maschere sono già cadute, il nuovo Consiglio federale, a guida Di Napoli, è ufficialmente il doppione di quello targato Sciannimanico. Anzi, è peggio. Perché quello era costituito interamente da consiglieri eletti dalla maggioranza, questo avrebbe 5 consiglieri di opposizione che ormai hanno sfanculato Di Folco, il loro leader politico che li aveva inseriti nella propria lista, e sono passati mani e piedi con Di Napoli. Ormai, non fanno più neanche finta di essere oppositori, si godono beatamente il “privilegio dei poveracci”, cioè quello di sentirsi importanti perché sono nientemeno che “consiglieri nazionali” e non hanno nemmeno il coraggio di dire “ma” o “ba” quando Di Napoli impone i suoi diktat. Tutti prostrati ai suoi piedi. Complimentoni! Intanto, il tennistavolo italiano regredisce sempre più e le brutte notizie si accavallano. Di Napoli annuncia il rinnovo del contratto a Deniso, gli oppositori belano e accettano (facendo finta di mettere in discussione la scelta), Niko Stefanova si ritira, completando il triste quadro della fine della bella squadra vincitrice degli Europei 2003, il settore tecnico è in sfacelo e, per concludere, non si vede l’annunciata fervente attività di ricorsi per invalidare l’assemblea elettiva del 2016. Insomma, il deserto assoluto.

RINNOVO PER DENISO

Se qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che questo Consiglio fosse la fotocopia morale e materiale di quello precedente adesso è arrivata la prova che Di Napoli mette i piedi precisamente sulle orme di Sciannimanico, cominciando naturalmente dalla conferma di Deniso, a dispetto del clamoroso fallimento tecnico degli ultimi anni. Se qualcuno, però, volesse sapere cosa sta succedendo in tema di settore tecnico avrebbe qualche difficoltà ad avere notizie. I messaggi che arrivano da siti e forum sono criptici o fuorvianti. E anche in questo caso si può notare come i consiglieri presunti oppositori si dissociano da quello che sostiene il loro leader politico Di Folco. Andiamo con ordine. Di Folco, sul suo profilo facebook, aveva scritto un articolo in cui esprimeva duramente la sua opposizione a un rinnovo dell’incarico di d.t. a Deniso. Di quell’articolo cito la parte più importante, relativa agli obbiettivi fissati da Deniso e al mancato raggiungimento degli stessi.
Ecco il testo: “Vado ad elencare gli obiettivi dati: · Inserimento dell’atleta Bobocica nei primi 50 giocatori in classifica mondiale; · Conquista di una medaglia agli Europei Assoluti del 2014 · Partecipazione alle Olimpiadi di Rio 2016 Il Direttore Tecnico inserì anche un obiettivo a lungo termine, spingendosi a scrivere anche di una partecipazione con possibilità di medaglia alle Olimpiadi di Tokio 2020. I risultati? Bobo, che era n° 84 al momento della fissazione degli obiettivi, ora è 104 e non è mai entrato in questi ultimi 3 anni nei primi 50 giocatori del mondo ma, soprattutto, come quasi tutti i migliori Atleti italiani vive, si allena e gioca all’estero. Agli Europei Assoluti in Portogallo del 2014 a squadre siamo arrivati 16imi, ultimi, nella prima divisione, retrocedendo e siamo rimasti nella seconda divisione nel femminile. Aggiungo che con la squadra maschile siamo retrocessi anche ai recenti Mondiali. Alle Olimpiadi di Rio non ci siamo qualificati nel maschile e nel femminile. Ai recenti Mondiali a squadre siamo retrocessi pur avendo avuto la possibilità di salvarci per una scelta tecnica più che discutibile nell’incontro decisivo. C’è stata una gestione della mancata convocazione alle qualificazioni olimpiche della Stefanova a dir poco imbarazzante, che ha avuto una risonanza mediatica negativa nei confronti del nostro movimento. Il recupero sportivo della Stefanova era uno degli obiettivi dati a Deniso nel quadriennio perché era evidente già nel 2013 che avesse delle serie opportunità per Rio 2016. In Europa siamo state tra le poche nazioni NON presenti a Rio insieme ad Albania, Lussemburgo e Svizzera, che, con tutto il rispetto, hanno una tradizione pongistica e sportiva in genere, ben diversa dalla nostra”.
Più chiaro di così! In base a questa analisi, i consiglieri eletti della lista Di Folco avrebbero dovuto avere un comportamento quantomeno ispirato alle considerazioni contenute nell’articolo. Ricordo ancora una volta che Di Folco non può essere il padre-padrone dei 5 consiglieri di una lista guidata da lui e che si opponeva a Di Napoli e al suo programma, ma ha il diritto di chiedere a quei 5 consiglieri di rispettare le linee guida del programma che loro stessi avevano condiviso e presentato nell’assemblea elettiva. Insomma, un minimo di coerenza. Invece, i 5 se ne vanno per conto loro, invocando una libertà che non è libertà, ma arbitrio, perché non rispettano il programma in base al quale sono stati votati. Ma si vede che questo principio è un po’ ostico per il loro modo di pensare. Ad ogni modo, dopo la seduta di fine anno del Consiglio federale in cui si discute, fra le altre cose, del settore tecnico e della relativa nomina dei responsabili, vengono fuori due informazioni, una ufficiale dalla Fitet, una personale da Luca Malucchi, consigliere della lista Di Folco.
Ecco il testo della Fitet: “In base ai curricula presentati in occasione del bando pubblico indetto dalla FITeT, sono stati nominati il nuovo Procuratore Federale, il Tribunale Federale, la Corte Sportiva e Federale d’Appello, il Giudice Sportivo Nazionale e il Segretario delle Commissioni. Sono poi stati proposti alcuni criteri alternativi per la nomina dei responsabili tecnici e il presidente si è riservato di decidere in merito”. Due righe per dire che il presidente deciderà sul responsabile del settore tecnico dopo la proposta di criteri alternativi. C’è stata discussione? Quali sono i criteri alternativi proposti? Chi li ha proposti? E se sono stati proposti criteri alternativi, quali sono quelli ufficiali? Sono stati fatti nomi? Nessuna informazione. Eppure, qualcosa è successo quando si è discusso dei ruoli tecnici, ma dal comunicato ufficiale non viene fuori una beneamata mazza.

IL RUGGITO DEL CONIGLIO

E passiamo a quanto scrive Malucchi su facebook. Ecco i passi principali (ho corretto i refusi e qualche punteggiatura ballerina): “Ho letto i vostri pensieri pubblicati sul tema del rinnovo degli incarichi dei tecnici federali in scadenza e dei vari contributi arrivati su una tematica così importante che è il fulcro dell’attività di una Federazione in termini di linee tecniche sportive di sviluppo del nostro movimento. (…) Vi invito a leggere attentamente il verbale che verrà pubblicato dell’ultimo Consiglio federale, dove insieme agli amici del cammino intrapreso da Bruno abbiamo fatto mettere integralmente agli atti una proposta pluralista trasparente e di confronto che veda, ancora prima dei nomi, dare a tutti pari opportunità di accesso, possibilità di presentare avendone i requisiti minimi tecnici necessari un progetto di sviluppo e crescita dell’area tecnica, al fine di determinare una rosa di candidati alle cariche federali in scadenza, sulla quale nel rispetto di uno statuto che, piaccia o meno, riconosce Renato come unico soggetto dotato del poteri decisionali di scelta. Auspichiamo un cambio di rotta nel rispetto dello statuto. Vediamo se vorrà decidere motu proprio o meno. I criteri di scelta ancor prima delle persone sono la base democratica di accesso e di misura del livello e del valore delle proposte tecniche, questo è fondamentale. Noi manterremo senso di responsabilità e spirito di servizio”.
E allora, diciamo subito che l’auspicio di Malucchi (“vi invito a leggere attentamente il verbale dell’ultimo Consiglio federale”) è caduto nel vuoto pneumatico, altro che pubblicazione di quello che è avvenuto e delle proposte fatte! Due righe, quelle riportate sopra, che non fanno capire alcunché. Dalle parole di Malucchi si intuisce poco di più: Di Napoli, in base allo statuto, può decidere da solo chi è il d.t. della Nazionale, ma gli “oppositori” hanno ottenuto che vengano esaminati i curriculum di eventuali candidati e sperano che Di Napoli, bontà sua, rinunci a decidere da solo. Ma che capolavoro! Magari, ci si aspetterebbe un po’ più di chiarezza e di precisione da parte di Malucchi, oltre che da altri “oppositori”, ci si aspetterebbe che ci dicesse cosa è davvero avvenuto in Consiglio, cosa è stato detto chiaramente, se Di Napoli ha proposto la conferma di Deniso, se qualcun altro ha proposto nomi diversi. Niente di tutto questo. Malucchi, con un coraggio da leone, suggerisce di andare a leggere il verbale della seduta del Consiglio per capire quanto sono stati bravi gli “oppositori”. Di cosa ha paura? Di essere redarguito per aver rivelato segreti inconfessabili? Fa riferimento al divieto di raccontare cosa accade in Consiglio? Ma quel divieto si riferisce a particolari “privati” o a posizioni precise assunte da consiglieri citati con nome e cognome. Non è vietato dire che la maggioranza ha proposto Deniso e la minoranza ha fatto un altro nome. Ma probabilmente i concetti di maggioranza e minoranza sono spariti dal Consiglio della Fitet. E Malucchi scarica qualsiasi responsabilità sui verbali ufficiali, che non fanno capire una mazza di quanto realmente accaduto.

CRONACHE DAL CONSIGLIO FEDERALE

Perciò, andiamo a vedere cosa è davvero successo in Consiglio federale. La cosa più importante è che alla seduta di fine anno è intervenuto Patrizio Deniso, che ha dato la sua versione dei risultati tecnici giudicati fallimentari. In poche parole, Deniso ha sostenuto che: l’unico fallimento è stata la mancata qualificazione di azzurri all’Olimpiade di Rio; che gli altri risultati sono positivi a cominciare dalle medaglie agli Europei giovanili; che coloro che lo criticano valutano il suo carattere e non le sue qualità. Ovviamente, Deniso ha diritto a difendersi. Il punto è che i consiglieri, soprattutto quelli di presunta opposizione, hanno altrettanto diritto di contestare le sue affermazioni. Fra l’altro, avevano a disposizione una “traccia” chiara e precisa: il post che Di Folco aveva messo su facebook e che ho riportato all’inizio di questo articolo. Bastava prendere quelle frasi, quelle indicazioni e fare le opportune domande e le opportune contestazioni a Deniso. Ma i consiglieri di “opposizione” se ne sono stati zitti, muti, Deniso ha detto che il suo non è stato un fallimento tecnico e loro, buoni buoni, mogi mogi, hanno abbassato la testa, non hanno ribattuto a neanche una delle spiegazioni fornite da Deniso. I casi sono due: sono stati convinti da Deniso e hanno deciso che le tesi portate avanti da Di Folco non valgono un beneamato stracazzo; oppure avevano qualche dubbio, ma non hanno avuto il coraggio di rinfacciarlo a Deniso. In entrambi i casi, vale la stessa considerazione: ma che stanno a fare in Consiglio federale? Certo, quest’ultima domanda ha senso se pensiamo a questi 5 come consiglieri di una lista di opposizione, ma se li consideriamo come componenti, a tutti gli effetti, della maggioranza allora il senso c’è, eccome se c’è. Ma questi intrepidi consiglieri mica accettano di passare per venduti a Di Napoli o per pusillanimi, assolutamente no! Loro rivendicano il loro coraggio da leoni e, dopo il Consiglio federale, spiegano che hanno ottenuto un altro grande successo, della serie “faremo le barricate, ma Borella non sarà mai vicepresidente” (!!!). Il grande successo che hanno ottenuto è questo: Di Napoli ha accettato una pausa di riflessione prima di decidere chi sarà il d.t. della Nazionale. Inoltre, se proprio Di Napoli deciderà di rinnovare il contratto a Deniso, loro chiedono che duri 2 anni e non 4. E si vendono tutto questo come una grande “conquista” della loro incisiva azione politica!
Chiariamo allora un paio di cose. E’ vero che il presidente federale può decidere da solo, anche col parere contrario di tutti i 10 consiglieri, di assegnare l’incarico di responsabile della Nazionale, ma è anche vero che i consiglieri a quel punto possono sfiduciarlo, dimettersi per farlo decadere o discutere lo stipendio del tecnico scelto dal presidente. Considerato che l’ipotesi delle dimissioni del Consiglio, in opposizione alla scelta autonoma del presidente, è roba da fantascienza, non solo perché Di Napoli avrebbe comunque i suoi 5 consiglieri di maggioranza, ma anche quasi tutti quelli di “opposizione” dalla sua parte, la possibilità di discutere dello stipendio del c.t. è concreta. Ma, in quest’ultimo caso, servirebbe comunque una opposizione seria in Consiglio federale. C’è questa opposizione? Sì, e io sono il sosia di George Clooney! I presunti “oppositori” hanno timidamente chiesto il curriculum dei tecnici candidati, ben sapendo che Di Napoli può scegliere a suo piacimento a prescindere dal curriculum, e si sono guardati bene dal fare una proposta precisa. La cordata Di Folco, in tanti colloqui, aveva fatto intendere che avrebbe puntato almeno su un nome come quello di Costantini. All’atto pratico, i 5 consiglieri della cordata Di Folco non hanno fatto alcun nome, zero assoluto. Poi, in altri colloqui esterni, qualcuno di loro si è giustificato dicendo che non l’hanno fatto perché non sanno se Costantini è disponibile o meno, visto che al momento sta guidando la Nazionale dell’India. E qualcun altro ha ripreso il vecchio discorso del compenso di Costantini, riprendendo il discorso fatto a suo tempo da Di Folco, in base al quale Costantini “chiede troppi soldi”! E poi Di Folco si chiede quali danni mai avrebbe provocato quella sua uscita!!! Ma che bravi, tutti quanti! Ma chiedere direttamente a Costantini se è libero di firmare un contratto con la Fitet? Nooooooooo? Meglio dare per scontato che non può e avere così la scusa per non proporlo! Così nessuno può accusare questi prodi consiglieri di “opposizione” di non aver avuto il coraggio di proporlo. E chiedere direttamente a lui quanto chiede per lavorare “a tempo pieno” per poi confrontarlo con chi lavora “a mezzo servizio”? Nooooooooo? Ma che fuoriclasse che sono questi 5 consiglieri di “opposizione”, che sfanculano senza problemi anche il loro “punto di riferimento” Di Folco. La verità è che sono senza palle, che non possono nemmeno permettersi di proporre Costantini come c.t. della Nazionale e si limitano a chiedere di esaminare i curriculum sapendo che questi curriculum saranno buttati nel cesso. Se facessero davvero gli oppositori magari si perderebbero la presenza a qualche torneo, qualche convegno, qualche premiazione, magari qualche viaggio premio a manifestazioni varie, sempre con l’ideale “divisa” di Consigliere federale, presenze distribuite dalla presidenza ai fedelissimi. Trooooooppo eccitante. E facciamoglielo un applauso gigante a questi “oppositori”. A fine gennaio Di Napoli dirà di aver deciso il rinnovo del contratto a Deniso e loro si rassegneranno dicendo che hanno fatto tutto il possibile, che hanno combattuto contro il potere e hanno portato a casa qualche piccolo risultato da “sindacalisti de noantri”. Poveracci! Ma poveracci ancor di più tutti quelli che continuano a sostenerli. E poveraccio ancor di più tutto il tennistavolo italiano, nelle mani di profittatori, di pecore e di vigliacchi.

IL TRAMONTO DI NIKOLETA

E chiudiamo con la malinconica notizia dell’addio di Nikoleta Stefanova alle gare. Dopo la grande delusione olimpica, discriminata nel suo tentativo di qualificarsi per Rio de Janeiro con la falsa accusa di non essere giocatrice “a tempo pieno” in una federazione col c.t. “a mezzo servizio”, Niko ha deciso di ritirarsi. Ad aprile compirà 33 anni, potrebbe andare avanti per un altro bel po’, ma è in attesa del terzo figlio e ha preferito smettere. Resto convinto che in un altro ambiente, in una Federazione diversa, con persone diverse, Niko avrebbe potuto continuare, sia pure come mamma di tre bambini, ma in questa Fitet, in questo ambiente, non c’è speranza di poter trovare l’aiuto, tecnico e umano, per sostenere uno sforzo supplementare, come giocatrice e come mamma, per qualche altro traguardo. Non resta che augurarle tanta felicità con la sua famiglia, magari con la prospettiva, quando i suoi piccoli saranno un po’ meno piccoli, di dare una mano al tennistavolo come allenatrice. Ma rimane il disappunto per un addio che completa la fine della squadra che nel 2003 seppe entusiasmare tutta l’Italia, non solo pongistica, con la grande impresa dell’oro a squadre (oltre all’argento e al bronzo nel singolo) delle ragazze azzurre agli Europei. L’anno scorso aveva smesso Laura Negrisoli. Prima ancora se n’era andata dall’Italia Tan Wenling, emigrata in Germania. Tutte e tre deluse da una Federazione che le aveva sfruttate nei momenti belli e abbandonate quando aveva ritenuto che non servissero più, insieme ai tecnici di quel periodo incredibile, Maurizio Errigo che aveva guidato la Nazionale femminile e Massimo Costantini che aveva la responsabilità di tutte le Nazionali, cacciati da vincitori e sostituiti da tanti tecnici che non hanno più ottenuto gli stessi risultati. Ecco, la smerdata colossale del tennistavolo italiano, su tutti i mezzi di informazione, per la mancata occasione data alla Stefanova per Rio 2016, è il succo di tutto quello che è successo negli ultimi anni, la distruzione, da parte di incompetenti, di un patrimonio che tanta gente appassionata aveva contribuito a creare.

Servizio e risposta al servizio

18 Dicembre 2016 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Servizio e risposta al servizio saranno gli argomenti del mini corso che l’AICS Sestese ha organizzato per il 30 e 31 Dicembre a Sesto Fiorentino dove avrò l’onore di condurre i lavori nella parte teorica e pratica.

Di seguito la locandina del corso, per l’iscrizione c’è tempo fino alle 24:00 del 24 Dicembre.

A tutti i partecipanti ho riservato una sorpresa.
Ecco il programma del clinic:

30 Dicembre 2016

Ore 15:30 Saluto di benvenuto e presentazioni
Ore 16.00 Introduzione del corso
Ore 16:10 Regole sul servizio (servizi legali e illegali, come riconoscerli)
Ore 16:20 Servizio per differenti livelli di gioco
Ore 16:40 Lavoro al tavolo con dimostrazioni pratiche delle varie tipologie di servizio
Ore 17:20 break
Ore 17:30 lavoro al tavolo di gruppo su servizio e sue variazioni
Ore 18:30 Fine della prima parte e gioco libero
Ore 19:00 Chiusura sessione

Cena conviviale (argomento delle conversazioni: “pingpong”)

31 Dicembre 2016

Ore 09:30 Saluto e introduzione degli aspetti della risposta al servizio
Ore 09:45 Lavoro al tavolo con dimostrazioni pratiche
Ore 10:45 break
Ore 10:55 Lavoro al tavolo di gruppo su risposta al servizio e le sue variazioni
Ore 11:40 Problematiche individuali
Ore 12:30 Chiusura del corso, distribuzione del regalo e saluti di buon anno.

Ci vediamo a Sesto.

Ottocentotrenta

27 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 9 Commenti 

Ottocentotrenta

Se attivate i cc potrete seguire il testo in forma di sottotitoli.

Il carro dei vincitori e i presunti oppositori

17 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 22 Commenti 

del Drago Rosso

Ho preferito aspettare la prima seduta del nuovo Consiglio Federale per fare qualche considerazione sulle miserie della campagna elettorale e dell’elezione del presidente della Fitet. Sapevo che ci sarebbe stato molto più materiale interessante e non mi sono sbagliato, ma c’è qualcosa di ancor più ridicolo nella squallida situazione che si è creata: tutti quanti dicono di aver vinto, ma davvero tutti, e tutti si affannano a dire che c’è un solo sconfitto, Stefano Bosi. Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate se non fosse che c’è qualcosa di più importante per cui piangere amaramente: la definitiva distruzione del tennistavolo italiano. Ho letto addirittura commenti in cui si dice che Di Napoli è un tipino davvero intelligente e pieno di buona volontà, che dovrà essere lasciato in pace a lavorare per i futuri grandi successi del tennistavolo italiano! E naturalmente bisognerà assecondarlo con grande “senso di responsabilità”, sempre per il bene del tennistavolo italiano! Il bello è che questa tesi è stata subito accolta dalla immensa schiera di pecore e pecoroni abituati a leccare il culo dei potenti e a farsi tosare, e questo è il meno, ma, peggio ancora, è stata sposata dai presunti rappresentanti dell’opposizione in Consiglio federale, che si sono subito sdraiati davanti al vincitore e gli hanno detto: “Prego, si accomodi, ci calpesti pure, ci piace così tanto, ma così tanto”. Questi sì che hanno un cuor di leone!!!
E come risultano patetici, questi “coraggiosi con la schiena diritta”, quando intervengono sui “social” per spiegare il loro comportamento e dire che rimangono vigili e attenti, che aspettano Di Napoli al varco e che se il presidente non prenderà le giuste decisioni allora si scateneranno. Ma quanto sono teneri e dolci. Belli, ciucciottini, pisolini, giuggiolini, brodolini, i nostri teneroni che promettono grandi battaglie! Sì, promettete, promettete. Posso solo immaginare come Di Napoli si stia sbellicando dalle risate a guardarli. E il caso Norbello, di cui parlerò dopo, lo avrà fatto ancor più scompisciare, con gli “oppositori” che celebrano la loro “vittoria” in Consiglio e il Giudice sportivo che rimette tutti a posto, della serie “bambini, avete già finito di giocare, adesso lasciate lavorare i grandi”! Altro che battaglie, Di Napoli ha già constatato che con questi presunti oppositori per lui sarà una passeggiata approvare qualsiasi cosa voglia e lasciare qualche briciola ai poveri oppositori per far credere loro che sono furbi. E infatti eccoli che vanno già vantandosi di aver imposto alla maggioranza alcune decisioni e addirittura di aver ottenuto la presidenza della Commissione per la revisione dello Statuto. Me’ cojoni, direbbero a Roma. Hanno ottenuto la presidenza di una Commissione le cui conclusioni in materia di revisione della tabella voti potranno tranquillamente essere sfanculate dalla maggioranza del Consiglio federale! “Ah, ma in quel caso prenderemo drastiche decisioni” fanno capire i presunti oppositori. Certo, che faranno? Si dimetteranno? Brrrrr, che paura per Di Napoli! Sta già cominciando a tremare!

PRESIDENTE E IMPEACHMENT

E allora, vogliamo cominciare a parlare seriamente? O dobbiamo continuare ad assistere a uno sfacelo sempre più evidente? Ci rendiamo conto che è stato eletto presidente una persona che ha ricoperto il ruolo di vicepresidente per ben 16 anni e che non può nascondere le proprie responsabilità assegnandole ai presidenti dei quali lui è stato scudiero? Ricordo ancora le sue parole nel 2003, durante gli Europei a Courmayeur, quando, vicepresidente in carica, disse che l’anno dopo lui non si sarebbe nemmeno ricandidato perché era stanco. E infatti, eccolo qui, bello fresco, stavolta a fare il presidente. E vogliamo ricordare la richiesta della Commissione Disciplinare per il deferimento di Renato Di Napoli, di sua moglie e di suo figlio, per il rifiuto di nulla osta e false accuse di antisportività a due ragazzi che in seguito a quella vicenda abbandonarono il tennistavolo? Quella richiesta non è mai stata ritirata dalla Commissione stessa (che diede ragione ai ragazzi), ma non è mai stata attuata dalla Procura Federale. Una specie di “impeachment” nascosto e insabbiato dal sistema di potere. E qui si parla ancora di “lasciamoli lavorare”, soprattutto dopo che gli oppositori, in campagna elettorale, avevano giustamente detto peste e corna di chi stava al potere? Dove sono finiti quelle analisi e quei propositi di cancellare la gestione Sciannimanico-Di Napoli? E dove sono finiti i proclami di vittoria? Adesso, come già ho fatto notare, gli ex “abbiamo la vittoria in tasca” si accontentano di sparare a zero su Bosi, per sfogare su qualcuno la frustrazione della sconfitta, e di provare a prendere per il culo se stessi convincendosi di aver messo alla frusta, in Consiglio federale, la maggioranza. Beh, cari invertebrati, vi devo dare una notizia importante: AVETE PERSO. Ah, non lo sapevate? E allora ve lo ripeto: AVETE PERSO. Anzi, devo aggiungere un’altra cosa: SIETE RIDICOLI! E siete ancora più ridicoli per la vostra illusione di suscitare una indignazione popolare contro Borella, accusato di aver fatto una porcata nell’assemblea elettiva, praticamente prendendosi illecitamente voti di una società e mettendoli al servizio di Di Napoli. Per la precisione, dal punto di vista strettamente legale, non c’è stato alcun illecito da parte di Borella. Mettetevi l’anima in pace su questo, potete fare tutti i ricorsi che volete, ve lo prenderete in quel posto. Dal punto di vista morale, invece, avete tutte le ragioni del mondo. Ma il punto è un altro: se Borella non ha scrupoli a comportarsi come voi avete messo in evidenza, perché mai dovrebbe avere una crisi di coscienza e dimettersi? Ma davvero pensavate che si sarebbe dimesso sull’onda dell’indignazione popolare? POVERI FESSI! E ancora più fessi a pensare che Paglia potesse diventare vicepresidente, sulla base del Consiglio spaccato, della questione morale, del fatto che Di Napoli dovesse dimostrare di essere il presidente di tutti, delle legittime aspettative dell’opposizione che ha 5 consiglieri, delle qualità morali di Paglia e bla, bla, bla… Non vi ha sfiorato nemmeno per un momento la pura e semplice realtà, e cioè che Di Napoli doveva pagare una cambiale gigante a Borella? No? Non ci avevate pensato, grandissimi e incomparabili geni? Alla fine, consapevoli della grandissima figura di merda che avete fatto, votando voi stessi Borella ed eleggendolo addirittura vicepresidente vicario con una unanimità da vergogna, vi siete inventati la barzelletta del riconoscimento all’opposizione con l’assegnazione della presidenza della Commissione di cui sopra. Ma che squallore!

IL BELL’ADDORMENTATO

E Di Folco che fa? Lui, il leader che dovrebbe ispirare il comportamento dei consiglieri di opposizione, prima fa capire che da fuori darà le linee guida, poi dice che i consiglieri, ovviamente, sono liberi di fare quello che vogliono, poi prende le distanze dall’elezione di Borella, ma senza sconfessare i consiglieri. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Subito dopo l’elezione, su forum e social, lui fa capire esplicitamente (e la stessa tesi viene portata avanti da altri del suo gruppo) che con i 5 consiglieri di opposizione ci sarà un contatto continuo, che lui “parteciperà” attivamente alla preparazione del comportamento da tenere in Consiglio. Lui dà la prima indicazione, scrivendo questo: “Le prime scelte si vedranno subito nel primo Consiglio federale a cominciare dalla nomina dei due vicepresidenti. Sarebbe poco rispettoso per tutti dover votare queste due cariche ed eleggerle con una risicata maggioranza (6 a 5) e sarebbe bene invece condividere prima questa scelta. Noi pensiamo che Gianfranco Paglia possa ricoprire questo incarico come figura di altissimo spessore morale… Mi fermo qui e non voglio nemmeno pensare ad altri scenari (tipo proporre un consigliere travolto dalle polemiche nella sua regione per un comportamento poco consono alla sua duplice carica) che farebbero subito capire a tutti che la voglia di collaborare è fittizia, che questa Presidenza la le logiche di quella precedente e che non si è compreso appieno il risultato elettorale uscito nell’Assemblea di Terni”. Minchia!!! Di Folco è durissimo. Non si scappa: di Borella vicepresidente non si deve nemmeno parlare, è Paglia che deve prendere quel posto, altrimenti significa che Di Napoli è uguale a Sciannimanico. Ma qui siamo in presenza di un vero “duro”, uno di quelli che si vede nei film d’azione americani. La sorte di Borella è segnata, la vicepresidenza, con un Di Folco in questo splendente stato di forma, se la può solo sognare. Ma poi arriva la maggioranza bulgara su Borella e Di Folco prende le distanze, scrivendo questo: “Mi aspettavo un segnale doveroso da parte del nuovo Presidente federale e glielo avevo richiesto espressamente prima per telefono, poi via mail e successivamente scrivendolo in un post di FB a pochi giorni dalla sua elezione. Il segnale invece è arrivato dai “miei” consiglieri che, in totale autonomia, hanno deciso, dopo una richiesta di sospensione dei lavori durata 5 minuti, di votare per la proposta dei “suoi” 2 vicepresidenti. Un segnale di apertura che NON CONDIVIDO ma che accetto perché non sono Beppe Grillo e neanche pretendo di far parte di alcun Direttorio, io dico la mia cercando di convincere della bontà delle mie argomentazioni ma lì mi fermo. A mio avviso, il segnale lo doveva dare la maggioranza (peraltro maggioranza risicata in questo caso) e non doveva concederlo l’opposizione”. Insomma, non condivide ma nemmeno condanna e, alla fine, tenta pure di salvare l’opposizione dicendo che sarebbe stato dovere della maggioranza dare un segnale. Certo, e visto che la maggioranza questo segnale non lo ha dato gli oppositori si sono appecoronati e hanno votato compatti per il “consigliere travolto dalle polemiche”. Sorpresona? Non direi. Se sono i consiglieri della cordata del bell’addormentato nel bosco, logico che si siano addormentati anche loro! Se poi vogliamo dare un tono estremamente serio a questo discorso, facciamolo pure. Io abbandono per un momento il sarcasmo e provo a far notare qualcosa che ritengo fondamentale. I 5 consiglieri sono liberi di decidere quello che vogliono, ma è anche vero che sono stati votati ed eletti, nell’Assemblea di Terni, in base a un programma preciso da loro stessi presentato insieme a Di Folco, un programma che prevedeva determinate cose. Una volta eletti, sarebbero tenuti a rispettare le linee guida di quel programma, sia quelle pratiche e concrete, sia quelle morali. Se fanno qualcosa di diverso hanno il potere e la libertà per farlo, ma non possono più essere considerati rappresentanti di quel programma in base al quale tanta gente ha ritenuto di doverli mandare in Consiglio federale. Perciò, Di Folco non può essere il “padre padrone” dei 5 consiglieri, ma ha sicuramente il pieno diritto di ricordare loro i motivi per i quali si trovano in Consiglio federale e chiedere loro il rispetto degli impegni presi nel momento in cui sono entrati a far parte di quella cordata. Diversamente, potremo considerarli cani sciolti e sapremo ufficialmente che l’opposizione in Consiglio federale non esiste.

L’ARROGANZA AL POTERE

Ma a questo punto è opportuno tornare un po’ indietro, giusto per cercare di capire meglio cosa è successo prima e durante l’Assemblea elettiva. Per farla breve, ecco il quadro della situazione. Quello che si sa ufficialmente è che Bosi chiede a Vermiglio e Di Folco di appoggiarlo come candidato presidente con la prospettiva di un solo mandato, soprattutto per rifare la tabella voti. In questo modo, sostiene Bosi, si avrà la sicurezza matematica della maggioranza grazie ai voti delle due cordate, più quelli che lui è in grado di strappare agli elettori di Di Napoli. La sua proposta è rifiutata, ma proprio nelle ultime fasi che precedono l’Assemblea c’è un nuovo tentativo con una delle due parti, che accetta un incontro con Bosi e si impegna a presentare la proposta alla propria cordata. Quindi, deve essere chiaro che una delle due parti, poco prima dell’Assemblea, non ha rifiutato la proposta di Bosi, come avrebbe fatto se fosse stata sicura di se stessa e dei voti complessivi dell’opposizione, ma ha concesso una possibilità a questa soluzione. Poi, nel confronto con i suoi sostenitori, questa parte ha constatato che l’ipotesi Bosi non era gradita e ha comunicato allo stesso Bosi che l’accordo non era possibile. In particolare, una parte consistente della cordata che ha incontrato Bosi, ha minacciato di votare l’altra cordata di opposizione in caso di accordo con Bosi. Tutte e due le parti smentiscono che ci sia mai stata una eventualità del genere, che ci sia stata una discussione sull’accordo con Bosi, ma la verità è quella che ho appena detto. L’aspetto più importante di tutto questo è che in entrambe le cordate c’è stata una raffica di veti incrociati e non solo su Bosi, ma anche su altri nomi dell’una e dell’altra, tant’è che la dimostrazione si è avuta nella votazione per i consiglieri in Assemblea: un voto compatto avrebbe consentito alle opposizioni di avere 6 e non 5 consiglieri eletti, ma il voto compatto non c’è stato per antipatia personale di questo contro quello. Ed è stata l’ulteriore dimostrazione che le due cordate, come avevo fatto notare mesi fa, si stavano scannando a sangue. Non erano Vermiglio e Di Folco a scannarsi, ma tanta gente di rilievo in ciascuna delle due cordate, quella gente che ha contribuito a negare l’accordo con Bosi, accordo che avrebbe reso sicura la vittoria. Se poi qualcuno sostiene che Bosi non avrebbe tolto voti a Di Napoli può farlo tranquillamente, ma non ha capito uno stracazzo di niente di quello che è successo e di quello che sarebbe potuto succedere.
Quindi, da parte di molti delle due cordate, c’è stata solo grande arroganza nel rifiutare l’accordo con Bosi, l’arroganza di chi era sicuro di vincere e poi si è ritrovato bastonato. In questo senso, la parte più colpevole è sicuramente quella di Vermiglio, in particolare dei “grandi consiglieri” di Vermiglio, che avevano calcolato di avere 2500 voti sicuri, di stare sul 35% solo perché erano arrivati a questa percentuale 4 anni fa, nella scorsa Assemblea elettiva. La realtà è venuta fuori allo spoglio: 1965 voti, il 20,6%! Ma i grandi strateghi di Vermiglio dove avevano mai visto e sognato i 2500? Il 35%, poi, era la percentuale sui poco più di 8000 totali dell’Assemblea del 2012. Ma i geniali strateghi di Vermiglio, pronti a schifare Bosi, mica hanno pensato che con più votanti la percentuale sarebbe scesa, noooooooo! Loro sono grandi strateghi, mica si abbassano a fare simili banali calcoli. L’arroganza acceca e la cordata di Vermiglio è stata completamente cieca e arrogante. Dispiace per Vermiglio, che avrebbe meritato migliori compagni di avventura, ma è anche vero che se li è scelti lui, si è fidato di loro e ha sbagliato clamorosamente, senza ascoltare le voci di chi, prima dell’Assemblea, gli ha detto che i suoi calcoli erano completamente sbagliati. A questo punto, continuo a ritenere Vermiglio degno di stima, ma ha sbagliato tutto, si è affidato ai cialtroni e alla fine anche lui ha ceduto all’arroganza. Peccato, perché la sua onestà non è in discussione e, dopo 4 anni di Bosi, sarebbe stato il presidente giusto per la Fitet nel 2020. Lo sarebbe stato anche adesso, certo, ma non aveva i voti per diventarlo, quindi aver rifiutato qualsiasi ipotesi di accordo con Bosi è stato un clamoroso errore che adesso sta pagando nel modo peggiore, perché la sua credibilità politica è meno di zero.
Chi invece ha azzeccato i propri voti (ma solo quelli) è stata la cordata di Di Folco, con i calcoli presentati da Ady Gorodetzky. Ha detto che Di Folco e Vermiglio potevano arrivare a più di 4500 e infatti ne hanno presi insieme 4618. La differenza nell’analisi sta nella spartizione dei voti: gli strateghi di Vermiglio dicevano di stare davanti a Di Folco con un vantaggio di circa il 10%. Gorodetzky, ma questo non lo ha scritto nella sua analisi per non sollevare polemiche fra le due cordate, era convinto invece che il vantaggio stesse dalla parte di Di Folco, intorno al 10%, che poi si è rivelato essere del 7% circa. Segno che Di Folco ha potuto contare su voti sicuri, confermati in Assemblea, Vermiglio invece era completamente fuori dalla realtà. Ma l’errore più grande, questo commesso anche da Gorodetzky, è stato l’analisi dei votanti per Di Napoli. Ady sostiene di aver avuto timore della sconfitta quando si è alzato il numero dei voti in Assemblea. Giusto, ma devo far notare due cose importanti. La prima riguarda la mancanza di analisi di “tutti” i voti e non solo di quelli che si presumeva ci sarebbero stati in Assemblea. Così, in caso di “carovane” di società verso Terni, portate da Di Napoli, bisognava avere subito il quadro della situazione e regolarsi di conseguenza. La seconda riguarda l’analisi di Ady, che in verità aveva previsto che si arrivasse intorno ai 9500 voti totali e che anche in questo caso i favoriti restavano gli oppositori. Non può dire adesso che i suoi calcoli sui voti di Di Napoli erano giusti e che lui aveva messo in guardia sulla possibilità di sconfitta se si fosse arrivati ai 9500 totali, perché quella cifra avrebbe voluto dire che Di Napoli era andato a raccattare i voti di tante piccole società. Può essere vero che Di Napoli abbia fatto così, ma Ady questo quadro d’assieme lo aveva già considerato e aveva detto che l’opposizione avrebbe comunque vinto. Adesso non può sostenere che la vittoria dell’opposizione lui l’aveva prevista solo “sotto” i 9000 voti totali.
Per dimostrarlo (e quindi escludere che questa sia una mia opinione) non faccio altro che riportare le frasi di Ady, tratte dai suoi interventi sul Forum di Giorno. “Renato ha certo ancora voti, ma non ne ha 4500 quanti servono per dormire tranquilli. Sta abbastanza sotto (tabelle voti alla mano), credo che più di 4500 li abbiano Bruno e Alberto”. “Domani tutto è possibile. Forse per la prima volta l’assemblea conterà qualcosa. Penso che l unica certezza è che Di Napoli non vinca al primo turno”.
“La scorsa assemblea ebbe circa 8100 voti totali. Questa volta si salirà secondo me sopra i 9500, soprattutto con 3 o 4 candidati, che vi ricordo significano anche 400 società circa che presentano i candidati. Vi pare possibile che possa raggiungere 5000 voti? Considerate che ne prese 5494 alle scorse elezioni e, come già detto, non ha più Mugnano (grave errore, con pentimento poco dopo, non mio che non mi occupavo della politica del Mugnano), non ha più il Lazio, non ha più Marcozzi e 4 Mori, non ha più Sandonato e Pieve. E ovviamente, non posso dire tutto quanto non ha più perché tengo per adesso segreti i contatti, ad esempio nostri, di Asd che cambieranno itinerario mettendoci la faccia”.
Insomma, “vi pare possibile che possa raggiungere 5000 voti?”, infatti si è fermato a 4909!!! Quindi, non possono esserci scuse, l’opposizione ha cannato completamente i voti di Di Napoli, ha cannato completamente l’analisi della situazione, a cominciare dall’opportunità di candidare Bosi come presidente o quantomeno di consentirgli di presentarsi anche da solo, perché avrebbe tolto a Di Napoli i voti necessari per impedirgli di vincere alla prima votazione. Per questo motivo, gli oppositori scemi adesso si sfogano parlando male di Bosi e deridendolo, a loro è rimasta solo questa soddisfazione pur di non ammettere che hanno sbagliato tutto per arroganza, cecità politica e insipienza. Si sentono talmente di fottere che hanno il bisogno fisico di buttare merda su qualcuno, quindi su Bosi. Quando buttano merda su Bosi si sentono meglio, diventano allegri e sembra quasi che abbiano vinto loro le elezioni. Come ho già fatto all’inizio, li informo di una cosa sconvolgente: AVETE PERSO! E nella merda adesso ci siete voi.

CASO NORBELLO

Se poi ce ne fosse stato bisogno ecco che la brutale realtà arriva a spezzare qualsiasi illusione di cambiamento. Il caso Norbello è esemplare del fatto che il regime è in piena attività, alla faccia dei presunti oppositori che si vantano di aver fermato in Consiglio il tentativo di favorire Norbello. Ma che bravi! Hanno bloccato il tentativo della maggioranza, ma alla fine c’è il Giudice sportivo, nominato nell’era Sciannimanico, che ha riportato le cose al loro posto. Ma vediamo cosa è successo.
Norbello si iscrive alla A1 femminile, ma l’iscrizione è irregolare perché nella lista delle giocatrici ce n’è una di terza categoria, cosa vietata. Il Consiglio federale tenta di salvare Norbello, ma la proposta è bocciata 6-5. La questione passa alla Commissione Nazionale Gare a squadre. La CNG, nella riunione dell’8 novembre, rileva che il Norbello ha fatto pervenire l’elenco delle atlete il 17 ottobre, quattro giorni dopo la scadenza del termine per il tesseramento delle atlete titolari di serie A1, fissata al 13 ottobre. Mette in evidenza che Roberta Perna, con classifica di terza categoria, non ha titolo a partecipare alla A1 e quindi decide di escludere Norbello dal campionato di A1 2016-17. Semplicissimo. Ma Norbello fa ricorso e il Giudice Sportivo Nazionale, nella seduta del 10 novembre, lo riammette. Come fa? Con una spiegazione incredibile. Il Giudice riconosce che ha inserito erroneamente una atleta di terza categoria e non di seconda come previsto dal regolamento, ma poi si inventa un capolavoro. Ecco il testo preciso, compreso qualche inciampo sintattico: “Considerato tuttavia che l’errore sull’idoneità e sui requisiti propri dell’atleta non ha effetti preclusivi sulla regolarità e quindi sulla validità dell’iscrizione della società al Campionato Femminile di serie A1; infatti, questo Giudice ritiene il comportamento posto in essere dalla società più che tempestivo e concludente per ritenere valido ed efficace l’adempimento previsto”. Il Giudice aggiunge altre considerazioni per spiegare la sua decisione di riammettere Norbello alla A1, ma il succo vero è tutto nel virgolettato. Quindi, volendo fare una traduzione per capire meglio cosa ha deciso il Giudice, ne viene fuori questo: il regolamento non conta un cazzo, fate come vi pare.
Ora, fermo restando che ci sono ricorsi contro questa decisione del Giudice sportivo, il significato di questa storia è fin troppo evidente: le società vicine al potere sono intoccabili, esattamente come lo erano prima, tutti gli altri sono merdacce da non tenere in minima considerazione. All’ingiustizia, poi, si aggiunge il dileggio se si va a guardare il comunicato sul sito federale, che parla di una svista del Norbello. Oltre il ridicolo. Ma, spostandoci sul piano politico, è la dimostrazione che qualsiasi tipo di accordo con la maggioranza è impossibile. Gli oppositori potrebbero dire che più di quello che hanno fatto, costringere il Consiglio a non salvare Norbello, non potevano, perché loro non possono incidere sulle decisioni della Commissione gare e del Giudice sportivo. Giusto, ma il punto è che se il risultato finale, tramite organi di giustizia e quant’altro scelti da Sciannimanico e che continuano, ma guarda un po’, a emettere decisioni che favoriscono squadre e persone che affiancano il presidente e che hanno votato per lui, vuol dire che qualsiasi tipo di collaborazione con la maggioranza è inutile. Lo capite o no che alla fine lo mettono sempre in quel posto a chi non vota per il vincitore? E voi, presunti oppositori, vi vantate di aver ottenuto “grandi vittorie” in Consiglio e di esservi comportati da persone responsabili? E voi, presunti oppositori, state lì a votare 11-0 con chi gongola per la riammissione del Norbello e se la ride di tutti voi? Ma quanto siete bravi! Cosa vi dicono quelli della maggioranza: “ragazzini, vi abbiamo accontentati e adesso andate a giocare e non rompeteci il cazzo”? Quali saranno le vostre prossime leggendarie imprese? Vi daranno la presidenza di una Commissione “chenoncontauncazzo” e voi approverete insieme a loro delibere che ammazzano il tennistavolo italiano? O vi accontenterete semplicemente di una bustina di caramelle o un paio di cioccolatini e ve ne tornerete a casa soddisfatti per il grande lavoro svolto? Forza, fateci ridere.

COSTANTINI OLIMPICO

Concludo con un accenno a una questione nata anch’essa sul Forum di Giorno, vale a dire il riferimento a Costantini che è stato scelto dai giocatori statunitensi qualificati per l’Olimpiade di Rio come loro coach nelle gare olimpiche. Purtroppo, nella forma in cui è stata descritta, anche da persone che conoscono bene la situazione, la storia si presta a un grande equivoco. Così, sembra che Costantini abbia il solo merito di essere ben considerato dai giocatori, che comunque sarebbe un gran bel merito. Ma è bene precisare che Costantini è andato sì a Rio perché scelto dai giocatori, ma che due dei tre statunitensi qualificati erano allenati da lui nei club. E a Londra 2012 erano tre gli statunitensi in gara allenati da Costantini nei club, fra l’altro questo è un record mondiale, nessun altro tecnico, compresi i cinesi, ha mai portato tre suoi personali giocatori alle Olimpiadi. Il ruolo di c.t. degli Usa a Rio, quindi, Costantini se l’è prima conquistato sul campo, poi gli è stato riconosciuto formalmente dalla Federazione che ha accolto le indicazioni dei giocatori. Quanto al fatto che abbia portato alle Olimpiadi giocatrici cinesi, quindi avvantaggiate “di base” rispetto alle avversarie, è meglio ricordare agli sprovveduti e agli ignoranti che delle giocatrici cinesi allenate da Massimo le più forti, come Zhang Lily e Ariel Hsing (la prima a Londra e Rio, la seconda a Londra), non sono “nate tecnicamente” in Cina e poi trasferite negli Usa, ma sono nate e cresciute negli Usa, lì hanno cominciato a giocare a tennistavolo, per loro non c’è stato alcun “lavoro preliminare in Cina”, dal punto di vista tecnico sono statunitensi a tutti gli effetti. E, ultima cosa, prima che fossero allenate da Costantini i loro risultati erano molto al di sotto di quelli raggiunti con Massimo. E quando qualcuna, dopo aver raggiunto ottimi risultati con Massimo, lo ha lasciato per trasferirsi ad altro club, ha cominciato a perdere ed è scomparsa dalla scena. Perciò, quando dovete parlare di qualcosa che non conoscete, sciacquatevi la bocca e andate a rompere i coglioni da qualche altra parte.

Palline e tecnica.

9 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 6 Commenti 

Forse ho taciuto per troppo tempo ed è ora di fare ordine sul discorso sull’adozione delle palline di plastica e le conseguenze sul gioco. A dire il vero avevo già parlato della pallina di plastica durante la chiacchierata con il Drago Rosso, avevo sottolineato come questa soprattutto penalizzi o induca un atteggiamento frustrante dell’allenamento. Oggi vorrei dare ulteriori elementi per far capire lo stato delle cose e chiarire ulteriormente se mai ce ne fosse ancora bisogno. Lo so che si è detto e si è scritto tanto ma come per le puntinate o le gomme “strane”, l’argomento è sempre attuale.

Premetto che nel pingpong per comodità o scarsa conoscenza, si tende a dare più enfasi all’abilità del giocatore nel colpire la palla, la chiameremo “abilità condizionale”, piuttosto che all’attenzione tecnica su come colpire la palla “abilità reale”, sembrano concetti simili ma non lo sono, ciò rimane uno dei grandi dilemmi del pingpong, infatti vediamo tanti giocatori cosiddetti “limitati” che in qualche modo riescono a fare risultati eccezionali e credetemi sia a livello nazionale sia a livello internazionali ce ne sono un bel po’.
Partiamo quindi dallo strumento, la pallina. C’è tanta confusione e disorientamento in mezzo ai pongisti che spesso si trovano a dover giocare con palline troppo diverse tra loro, (per me fondamentalmente è questo il vero e unico problema) la cosa che hanno in comune è il fatto di essere di plastica, pertanto ci sono le Nittaku (nessuno si lamenta di loro a parte che costano uno sproposito e a fatica si trovano sul mercato), DHS (odiatissime), Butterfly (strane), Joola (neutre) fino a quelle meno conosciute come la ChenVul Maruara, o Kinson, Nexy, Peace, Yinhe. Palio, Tribax (di queste non ho commenti da fare), ma ce ne sono altre anche di più astruse. Nello specifico si contano ben 53 tipi di palline a 3* approvate dall’ITTF e sono suddivise per 37 differenti produttori.
Questi ultimi dal canto loro non hanno dirette responsabilità, loro seguono la logica del business, del mercato, per loro la palla deve produrre un ritorno economico, non è compito loro salvaguardare la tecnica o lo spettacolo, questo modo di interpretare il pingpong ovviamente non coincide con l’aspetto tecnico dei giocatori e le difficoltà che ne derivano.
La responsabilità più grande sarebbe quindi da attribuirsi all’ITTF, ma non perché abbia dato le licenze in modo troppo leggero, superficiale ma perché non sarebbe stata in grado di dare indicazioni precise sulle specifiche tecniche di produzione a cui le aziende avrebbero dovuto fare riferimento, oh naturalmente ci avranno provato, ma a giudicare dalle risultanze della qualità delle palline potrebbe dare l’impressione che le indicazioni suggerite fossero del tipo: di plastica, possibilmente anzi ovviamente sferica, lasciando l’opzione di produrre la palla con giuntura o senza giuntura (seamless o with seam), mi immagino vaghi riferimenti sul punto di rottura della palla, hanno certamente indicato un rimbalzo di riferimento minimo o medio (se volete) rispetto alla caduta della palla; pertanto, con le specifiche tecniche troppo flessibili e poco accurate, si è andati incontro ad una vera e propria giungla della qualità della palla. Palline che sembrano leggerissime, ma non lo sono; quelle con la giuntura producono un colpo diverso a seconda di dove viene colpita la palla e di conseguenza anche il rimbalzo ne subisce l’influenza, alcune suonano come palline da sagra del paese, altre sono assolutamente normali, insomma un bel caos. Un’altra delle conseguenza è l’usura precoce della gomma e del telaio, ovvio, si tende a picchiare la palla, si sottopone a forti stress l’impugnatura e a esasperare il topspin e quindi la gomma si consuma molto più velocemente rispetto a quando si utilizzava le palline di celluloide. Calcolo diabolico dei produttori in combutta con l’ITTF? non lo so ma in ogni caso cerchiamo di vedere le cose dal punto di vista del gioco del pingpong e non dal punto di vista della dietrologia del pingpong.
Certo, io sono dalla parte dei giocatori quando lamentano la scarsa qualità ma allo stesso tempo bisogna anche fare riferimento a quelle abilità di cui parlavo precedentemente che, fra le altre cose, andrebbero distinte in abilità maschili e abilità femminili.
Ho avuto modo di parlare con tanti campioni e colleghi, sembra che in coro dicano la stessa cosa, almeno quando sono di fronte a un microfono, anche il New York Times durante le Olimpiadi si è occupato del caso e proprio durante Rio 2016 onestamente a parte la pallina ne ho sentite di tutti i colori, aria condizionata troppo potente o completamente assente, umidità, tavoli diversi fra loro, luce, transenne, spettatori si, spettatori no, chi per un modo e chi per un altro si sono manifestate delle lamentele, a parte i cinesi naturalmente, ovvio loro vincono a prescindere.
A me i campioni e allenatori hanno detto cose diverse, si certo c’è un generale malcontento di cui ho espresso le ragioni poco sopra, poca adattabilità degli atleti che ovviamente preferiscono avere condizioni di gioco con uno standard sempre uguale. Ma dal punto di vista prettamente tecnico non sembra che il loro gioco ne stia subendo o abbia subito delle trasformazioni, magari come dicevo questioni di adattamento, aggiustamento ma non profonde trasformazioni tanto da dire che il gioco è più lento, che non si riesce a dare potenza, che la palla gira meno e, in definitiva, che il gioco è cambiato. A parziale conferma e lo avete visto tutti, c’è la prestazione di Samsonov che a 40 anni riesce a sfiorare la medaglia di bronzo proprio come fece Waldner nel 2004. I tempi passano, i materiali cambiano ma se c’è la tecnica di fondo, quella paga sempre.
Sembra che gli atleti si trovano in particolare disagio quando si trovano nella “impossibilità” di chiudere il punto di potenza quando l’avversario difende con i “lob” oppure facendo “fishing”, questo è vero, verissimo ma era vero anche negli anni della pallina di celluloide per giunta a 38mm, vi ricordate le grandi partite di Secretin o Gergely o Appelgren? Epiche. L’unica differenza è la mancanza del contro attacco di potenza; per contro attaccare si continua a usare il topspin, ma è sotto gli occhi di tutti, uno difende, difende, contrattacca di top e l’altro rimane sorpreso, ma non perché non riesce a sovrapporre un attacco, ma perché rimane sorpreso dal semplice cambio di ritmo. Se questo fosse vero, cioè se il fatto di fare lobbing o fishing fosse vincente come mai i cinesi non adottano questo “gioco vincente”? E aggiungo facendo una divagazione, come diceva una volta il “Dottor Divago” parlando delle famigerate gomme cinesi, le Hurricane, come mai se sono così efficaci e funzionali non vengono adottate anche da altri atleti? Mi pare evidente che ci sia una questione tecnica di fondo a cui dobbiamo fare riferimento.

Da qui si passa alle abilità riferite agli i uomini e alle donne: tra gli uni continua un proliferarsi di attaccanti puri, non si vedono molti giocatori di block o di difesa, d’altra parte gli allenatori hanno paura di impostare i propri ragazzini di block o di difesa, un po’ come nel calcio, solo se si ha la vocazione di giocare in porta allora si diventa portieri. Tuttavia per me il block rimane il miglior gioco da fare in preparazione del contro attacco. A Rio nella gara di singolare maschile su 70 atleti c’erano solo 3 difensori e credo nessuno dei 67 adotta i puntini da scambio, se avete osservato le gare dal punto di vista tattico avreste notato come ancora la terza palla o la quinta palla di potenza fanno la differenza, ad alto livello è questo il gioco che si produce, perché in quesi pochi attimi si riesce ad avere il massimo dell’esplosività, della pura potenza unita alla abilità di controllarla con lo spin. Se non si chiude il punto velocemente allora in qualche caso sporadico si raggiunge il gioco di controtop e occasionalmente il lob e il fishing; per contro, a basso livello si tende a difendere di più poiché l’abilità di chiudere il punto con la terza o la quinta palla è fortemente condizionata da due fattori, la poca regolarità del colpo (si sbaglia spesso e sovente) e avere un servizio non efficace abbastanza da rendere possibile la terza palla.
Le abilità delle donne sono opposte, loro sono speciali, hanno delle doti che noi maschi ci sogniamo di avere. Con l’esperienza americana dove per sei anni ho potuto crescere una giocatrice come Lily Zhang ho imparato quanto talento hanno nel gestire la velocità del gioco, i riflessi, la posizione del corpo rispetto alle traiettoria della palla, velocità di piazzamento, sono incredibili, per loro sembra tutto così facile. Questa abilità non procede di pari passo con l’abilità di essere esplosive, di giocare di potenza. La conseguenza è il proliferarsi di giocatrici di difesa, puntini corti sul rovescio o sul dritto, sporadiche combinazioni di gomme come antitop o puntini lunghi senza gommapiuma, la Corea del Nord, fuori da qualunque circuito, si è presentata con due difese una delle quali ha vinto il bronzo, non sarà un caso.
Il sogno sarebbe quello di sfruttare la tremenda velocità di reazione che hanno le femmine con la potenza del colpo che hanno i maschi e viceversa, purtroppo per la mia esperienza non ho trovato ancora un esemplare che sintetizzi le due cose.
Vedete come da un’analisi un po’ più approfondita delle cose si passa ad una sorta di superamento del problema pallina, ma il nostro è uno sport “carogna” dove il dubbio, la scusa, lo scaricare le proprie responsabilità sulla gomma, la luce, il pavimento, la pallina appunto, trovano terreno fertile in quel marasma di emozioni che il giocatore prova quando è in campo.

Il mio consiglio ai giocatori…lavorate di più sul servizio, troppo spesso si serve in modo casuale e soprattutto troppo lungo. Nel caso di risposta al servizio opterei per una palla tesa lunga in modo da preparare il block.
Agli allenatori dico, aprite la mente non siate convenzionali, i ragazzi ogni giorno ci rivelano tante di quelle abilità che nostro malgrado ignoriamo, ma se fossimo più attenti e umili ne potremmo invece trarre grossi benefici.

Presto aprirò un canale di consulenza online, rimanete collegati.

Grazie e buon pingpong.

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