Il Drago Rosso e le gare internazionali

8 Ottobre 2005 da Ping Pong Italia 

Organizzazione di gare internazionali e mondiali. Una opportuna precisazione di Alessio, nel commento al mio intervento sui Mondiali di Shanghai, mi dà la possibilità di chiarire ulteriormente cosa accade veramente in queste manifestazioni e portare altri esempi che non fanno onore al nostro sport.
MONDIALI DI SHANGHAI
Alessio, dunque, fornisce un altro elemento di critica quando fa sapere che il biglietto per entrare nella sala principale (dove c’erano solo 8 tavoli nei primi giorni, perché le dimensioni sono del palazzetto non sono granché) non dava diritto a entrare nelle altre sale (in un edificio esterno al palazzetto, comunque a soli 20 metri di distanza, con passaggio interno per raggiungerlo), dove si trovavano altri 24 tavoli e dove si svolgeva, naturalmente, il triplo dell’attività rispetto alla sala principale. Logico che quasi tutti gli spettatori e i tifosi non cinesi si perdessero le partite dei loro beniamini, visto che nella sala principale giocavano i più forti, quindi pochi europei. Poi, la situazione è cambiata perché gli organizzatori, di fronte alle proteste, si sono arresi e hanno concesso a tutti l’ingresso anche nelle altre sale. Siccome io avevo scritto che le sale secondarie erano una specie di casbah, si potrebbe pensare che quel caos, con i giocatori che si trovavano davanti agli occhi una barriera umana e mobile di spettatori (e di altri giocatori) che si spostava senza posa per raggiungere un posto, dipendesse solo dal fatto che ai normali spettatori si fossero aggiunti quelli della sala principale, inizialmente non previsti. Chiarisco subito che non è così, il caos ci sarebbe stato comunque.
Gli organizzatori avevano previsto due biglietti diversi, per guadagnare più soldi e perché il palazzetto ufficiale non poteva avere più di un certo numero di posti: per chi andava nella sala principale e per chi andava nelle altre. Ma, tranne i casi sporadici di tifosi stranieri che avevano interesse per i campioni cinesi e, naturalmente, anche per i loro atleti, gli spettatori della sala A, nel 99% dei casi, non si spostavano. Quindi, le sale secondarie erano comunque una casbah e l’aggiunta di tifosi come Alessio e i suoi amici era una goccia nel mare di gente che invadeva il poco spazio a disposizione in queste sale. Se poi si pensa che gli stessi giocatori, come avevo già segnalato, nei primi giorni non fossero autorizzati a utilizzare il passaggio interno per andare dalle sale secondarie a quella principale (poi corretto anche questo) si capisce quanto perversa fosse la mente che aveva escogitato questo tipo di organizzazione, che danneggiava soprattutto gli appassionati come Alessio che tentavano di guardare quanti più incontri possibile, di quanti più giocatori possibile.
CAMPIONATI ASIATICI DI JEJU
Per non essere da meno degli organizzatori dei Mondiali, quelli dei Campionati Asiatici, disputatisi in Corea del Sud, a Jeju, hanno deciso di fare le cose in grande anche loro. Innanzitutto c’è da dire che questi campionati si sarebbero dovuti svolgere in primavera, praticamente in concomitanza con gli Europei, come è logico visto che i campionati continentali, per l’armonia del calendario internazionale, dovrebbero giocarsi più o meno nello stesso periodo. Poi, però, i sudcoreani hanno avuto molti problemi, alcuni dei quali economici e i campionati sono stati addirittura sul punto di saltare. La brutta figura sarebbe stata enorme, così si è riusciti a farli svolgere, sia pure con un ritardo incredibile e completamente fuori stagione. Le conseguenze si sono viste, ma certi errori, va detto, non sono dipesi dai problemi e dai ritardi, ma solo dall’incapacità degli organizzatori, che sono stati pubblicamente criticati.
Giocatori, allenatori, dirigenti e giornalisti sono stati compatti nel protestare per la pessima organizzazione. La voce più famosa in questa azione di protesta è stata quella di Liu Guoliang, c.t. della nazionale cinese. Ecco le sue testuali parole: “Quando siamo arrivati nel nostro albergo ci hanno detto che non c’erano camere in numero sufficiente, perciò io ho dovuto dividere la mia con un giocatore. Gli inconvenienti sono molti. Per esempio: io non vado a dormire prima delle 3 di notte perché fino a quell’ora devo occuparmi di problemi della mia attività di allenatore, per organizzare l’attività del giorno dopo; ma il giocatore che è con me nella stanza si deve alzare presto la mattina, per andare a svolgere gli esercizi fisici e poi riscaldarsi sul tavolo, e così ognuno di noi due dà fastidio all’altro impedendogli di dormire quanto deve”.
L’allenatore capo della Tailandia, Liu Yucheng (anche lui cinese), ha protestato perché dal suo albergo al palazzetto ci voleva un’ora con il pullman. Gli alberghi erano due, da quello principale ci volevano comunque 20 minuti per arrivare a destinazione. E non era nemmeno questo il problema principale, perché gli orari degli shuttle bus per i giocatori erano un optional, non si sapeva quando si partiva. Non è finita, perché quando le gare finivano tardi, in serata, gli shuttle bus addirittura sparivano e i giocatori dovevano chiamare un taxi per tornare in albergo. Condizioni di lavoro pessime anche per i giornalisti. La sala stampa era al terzo piano di un enorme edificio che comprendeva tutto, compresa la sala principale di gioco, che però si trovava al quinto piano. Così, i giornalisti dovevano andare su e giù per poter guardare le partite. Innumerevoli altri inconvenienti ci sono stati, ma sarebbe superfluo starli a elencare tutti. Quel che se ne ricava è un atteggiamento di supponenza da parte degli organizzatori, che non si preoccupano minimamente di garantire condizioni decenti ai protagonisti di queste grandi manifestazioni.
TORNEI INTERNAZIONALI
Senza arrivare agli estremi di un Usa Open che provocò la fuga degli svedesi (letteralmente, abbandonarono il torneo), monumento all’incapacità e all’incompetenza degli statunitensi riguardo il tennistavolo, ma anche numerosi altri sport, c’è da dire che gli organizzatori di tanti tornei internazionali dovrebbero fare un altro mestiere. Forse, il peggior esempio di Open da vergogna sono stati quelli di Germania del 2003, a Brema. La prima giornata di gare, quella riservata alle qualificazioni fu qualcosa di allucinante e infernale. Gli organizzatori non avevano saputo programmare bene gli orari delle gare, perché i partecipanti erano stati superiori alle aspettative, e nemmeno seppero rimediare. Ebbene, si finì di giocare quasi a mezzanotte. Durante la giornata, i giocatori e gli allenatori non sapevano a che ora sarebbero stati impegnati. Dopo i primi incontri, infatti, ci fu un annuncio: gli incontri sarebbero andati avanti per “chiamata con l’altoparlante”. L’atleta doveva aspettare di essere chiamato, stando bene attento a non perdersi l’annuncio della sua gara, rischiando così l’esclusione per non essersi presentato al tavolo. Sembrava di assistere a un torneo regionale italiano di 30 anni fa, senza offesa ai tornei regionali. E nessun rappresentante della Federazione internazionale ebbe il coraggio di dire una sola parola su questo scempio. Sempre i tedeschi, negli Open del 2002, a Magdeburgo, si superarono nel trattamento riservato ai giornalisti: piazzati in un albergo, abbandonato nella campagna, senza niente attorno, a 10 chilometri, non dal palazzetto, ma proprio da Magdeburgo, in un’altra città, con un solo shuttle bus la mattina per andare al palazzetto e uno solo la sera, per tornare.
Numerosi altri esempi si potrebbero fare, ma c’è un punto ancora più importante su cui battere: il costo di questi Open. Intendo, il costo per chi vi partecipa. Una volta il prezzo standard era in dollari, di solito 100 a giocatore per la camera doppia. Poi, si è passati all’euro senza tener conto del suo valore superiore a quello del dollaro. Per cui, il prezzo è diventato di 100 euro, poi anche di più. E tutti i partecipanti sono obbligati a versare questa tassa, perché di tassa si tratta. Qualche giocatore, per esperienza personale, sicuramente lo sa: se gli Open si svolgono in una città in cui lui ha la possibilità di stare in casa di amici o addirittura a pochi chilometri da casa sua, non può giocare se non prenota l’albergo. E’ qualcosa di scandaloso, un vero e proprio salasso di soldi, che non ha alcuna giustificazione. E’ inutile che le Federazioni che organizzano gli Open si lamentino per gli eccessivi costi, li recuperano alla grande con questi sistemi.
Ma non è ancora finita, perché c’è da discutere del prezzo nella sostanza. Si può provare a prenotare, per conto proprio, uno degli alberghi ufficiali di queste manifestazioni, nel caso comunque difficile in cui sia rimasta qualche stanza libera. Se lo farete, scoprirete che il prezzo effettivo in quegli alberghi è circa la metà (avete capito bene: la metà) di quello che è il costo ufficiale presentato dagli organizzatori. E quando questi dicono che in quel prezzo sono inclusi altri servizi, come quello di shuttle bus dall’aeroporto e ritorno, bisognerebbe contestare il fatto che quel servizio si svolge solo una volta all’andata e una volta al ritorno, il prezzo raddoppiato dell’albergo è ogni giorno. Gli atleti non vanno e vengono dall’aeroporto ogni giorno, se proprio vogliamo precisare.
CONCLUSIONI
Visti dall’interno, dalla parte dei giocatori e degli allenatori, o dall’esterno, dalla parte di spettatori e giornalisti, gli Open internazionali e le grandi manifestazioni mondiali, sono diventati un pessimo esempio per il tennistavolo. Il vero problema, però, è che nessuno interviene. E’ possibile sbagliare, certo, perciò non si vuole processare subito qualcuno, ma se, dopo una disastrosa organizzazione, si viene a sapere che l’Ittf l’ha giudicata positivamente, allora ci rendiamo conto che niente potrà mai cambiare in meglio, che ognuno si riterrà autorizzato a fare come gli pare, senza tener conto degli interessi dei protagonisti e del tennistavolo stesso, che la situazione potrà solo peggiorare nel tempo. E continueremo ad assistere allo spettacolo di dirigenti della Federazione internazionale e delle Federazioni nazionali che si scambiano complimenti per quanto sono bravi. Vivono in un altro mondo, sarebbe opportuno farglielo sapere.

Commenti

una risposta per “Il Drago Rosso e le gare internazionali”

  1. Flavio ha scritto il 25 Ottobre 2005 11:41

    Effettivamente, nel complesso, sembra che nell’ambiente del Tennistavolo gli organizzatori di eventi pensino di avere a che fare con un Luna Park, piuttosto che con un’attività sportiva. Vorrei ricordare che anche a livello nazionale il meccanismo è stato lo stesso in più occasioni. Con tanto di complimenti profusi. Viene ed è venuto meno il principio di apprendimento, dove è il successo che va premiato, non il fallimento, e neanche la mezza misura. Se ad essere confusi sono gli attori, almeno provino a salvarsi il pubblico e la critica…

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