Destate le fiamme

12 Agosto 2013 da Ping Pong Italia · 24 Commenti 

del Drago Rosso

L’annuncio della prima decisione presa da Patrizio Deniso nella sua veste di capo supremo del settore tecnico, vale a dire la nomina di Antonio Gigliotti alla guida della Nazionale femminile, è lo spunto da cui partire per una analisi delle ultime vicende del tennistavolo italiano. La situazione, a dispetto della vittoria della squadra junior maschile agli Europei giovanili, va peggiorando sempre più, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello politico. Ormai, non si tenta nemmeno più di coprire le vergogne, si agisce spudoratamente all’insegna del “comando io e me ne sbatto altamente il cazzo di chi non è dalla mia parte”. La cosa peggiore è sentire le disquisizioni di cerebrolesi che chiedono, indignati, di non parlare di politica perché loro “vogliono solo giocare a tennistavolo”. Poi si ritrovano all’una di notte in una palestra piccola, fredda e umida, a giocare quelli che dovrebbero essere i Campionati nazionali. E in quel momento bisognerebbe chiedere loro: “E allora, grandissimi coglioni, adesso lo capite perché anche il semplice voler giocare a tennistavolo è una questione politica?”

Ma il peggio è vedere che risultati ha dato il voto elettorale, espresso da traditori, buffoni, cialtroni e venduti: il tennistavolo italiano affonda nella merda. E proviamo a capire perché.

NAZIONALI

Penso che chiunque abbia un sia pur minimo quoziente di intelligenza capisca che la nomina di Gigliotti non è stata “libera”. Se poi vogliamo prenderci per il culo e dire che Deniso ha preferito, autonomamente, Gigliotti a Errigo, questo è un altro discorso. Io, però, lascio da parte la “presa per il culo” e vado avanti per la mia strada. Ricordo due cose essenzialmente. La prima: Deniso ed Errigo sono stati insieme alla conduzione delle squadre nazionali (Patrizio la maschile, Maurizio la femminile) fino al 2001, quando Deniso fu esonerato per contrasti con la Fitet guidata da Bosi e fu sostituito da Costantini. La loro era una stretta collaborazione, i due erano (e sono) molto amici, condividevano le impostazioni tecniche e del lavoro in generale. Insomma, prima ancora di considerare i buoni risultati ottenuti da Errigo con la Nazionale (a cominciare dall’oro europeo a squadre nel 2003), la considerazione e la stima che Deniso ha nei suoi confronti parte da ancora più lontano, da un lavoro fatto insieme e dalla condivisione delle idee nella conduzione delle Nazionali. La seconda cosa da ricordare: durante la recente campagna elettorale, il presidente Sciannimanico annunciò, con un colpo di teatro, che la guida tecnica sarebbe stata affidata a Deniso. Le considerazioni che, nella base, vennero fuori (basta rileggere gli interventi nei forum) ebbero una costante: Sciannimanico lascia la responsabilità tecnica a Deniso e dimostra a tutti che non interverrà sulle scelte. Perché questo? Perché, spiegavano i partecipanti alle discussioni sui forum, Deniso è un sergente di ferro che non accetta compromessi, che ha detto sì alla proposta di Sciannimanico solo perché è stato lasciato libero di decidere quello che vuole, senza imposizioni e divieti. Ripeto: basta andare a rileggere tutte quelle discussioni e si ritroverà esattamente ciò che ho appena riferito.

Bene, a quanto pare, il “sergente di ferro” almeno una imposizione l’ha accettata, quella di non chiamare Errigo nello staff della Nazionale. Perché tutti sanno i contrasti che ci sono stati fra Sciannimanico ed Errigo, a cominciare dalla sua cacciata dalla Nazionale nel 2005, insieme a Costantini, per poi arrivare a quella dal Castel Goffredo. E tutti sanno che Deniso, non solo per amicizia, ma soprattutto per risultati ottenuti e competenza, avrebbe scelto Errigo. Invece, spunta Gigliotti, comunque un giovane dello staff di Deniso, insieme a Piacentini, impegnato nelle giovanili. Insomma, cresciuti da giocatori sotto Deniso e quindi non facilmente in grado di staccarsene per prendere decisioni autonome. Ma il punto principale non è nemmeno questo. Il punto è che se Deniso ha accettato una imposizione, quale assicurazione possiamo avere che non ne accetterà altre? E, vista la situazione di “dipendenza”, quale assicurazione possiamo avere che le convocazioni saranno autonome? E allora, dove sono finite le anime candide che parlavano di un sergente di ferro che dettava le condizioni a Sciannimanico? Inutile illudersi, poi, che ci sarà un rendiconto finale con risultati e quant’altro. Non c’è mai stato, a cominciare da Costantini ed Errigo (i quali, se ci fosse stato, sarebbero dovuti restare alla guida delle Nazionali per tanti altri anni) per finire a tutti quelli che li hanno seguiti, e non ci sarà mai con questa Fitet.

Chiudo questa prima parte con una nota: se per escludere Errigo c’è voluto un diktat, non ce n’è stato assolutamente bisogno per Costantini. Tanto per essere chiari, Deniso comunque non lo chiamerebbe mai, perché le loro visioni di come essere allenatore di tennistavolo e c.t. della Nazionale sono completamente diverse, agli antipodi. Fra l’altro, giusto per la cronaca, Costantini non ha mai accettato imposizioni e proprio da un suo rifiuto a convocare una certa persona in Nazionale, su espressa richiesta del padre di questo giocatore, sono nati tutti i suoi guai.

GIOCHI DEL MEDITERRANEO

E resto in tema di convocazioni tornando indietro ai Giochi del Mediterraneo, che si sono tenuti a Mersin, in Turchia. L’Italia maschile ha preso l’argento nella gara a squadre, battuta dai turchi (col cinese Vang Bora) in una finale senza storia. E’ già molto, comunque, che sul sito della Fitet non sia apparso l’annuncio della conquista di “tre” medaglie d’argento, come accaduto quattro anni fa a Pescara, quando si misero in bella evidenza le “tre medaglie d’oro” delle azzurre che avevano vinto la gara a squadre femminili. Le ragazze, invece, hanno perso la finale per il bronzo, contro l’Egitto. E qui, contrariamente a quanto avvenuto per la squadra maschile, con i migliori in gara, non si è capito il motivo della rinuncia a Lisa Ridolfi, che è stata sempre una delle migliori come rendimento nelle recenti gare dell’Italia. A Mersin c’erano la Stefanova, la Vivarelli (arrivata dopo qualche giorno perché aveva gli esami a scuola) e la Piccolin. E, obbiettivamente, preferire la Piccolin alla Ridolfi è sconcertante. Certo, a considerare la cosa dal punto di vista della “geografia politica”, qualcosa in più si capisce, ma se la Ridolfi viene fatta fuori vuol dire che siamo alle solite. L’altra cosa incomprensibile è il commento di Deniso, sulla rivista federale pubblicata sul sito Fitet, a proposito di Stefanova, che si è ben comportata ma che, invece, viene giudicata negativamente. Anche in questo caso, fermo restando il rispetto per le opinioni altrui, giova ricordare che la Stefanova, da quando è andata via da Castel Goffredo, non sembra suscitare più la simpatia da cui era circondata quando gareggiava per la squadra del presidente. E certe coincidenze danno parecchio fastidio, oltre a essere ingiuste nei confronti dell’atleta in questione.

MARINA E AERONAUTICA

Certo, visto che la Stefanova fa parte dell’Aeronautica, dispiacerebbe se questa visione negativa potesse poi provocare ripercussioni sulle sue future convocazioni in Nazionale e, al peggio, anche al pericolo di essere dismessa dall’Aeronautica, in mancanza di risultati di interesse nazionale e internazionale. E’ vero che quando entrò in Aeronautica era più giovane e più in alto nella classifica mondiale, oltre a giocare per il Castel Goffredo, ma non vedo perché ne dovrebbe uscire proprio adesso che è la più forte in Italia, l’azzurra con la migliore classifica internazionale e gioca (giocava) con la Sandonatese! Ma nel panorama dei club militari si è aggiunta la Marina, con un ingresso che suscita qualche perplessità. Il posto in Marina se l’è preso Rossella Scardigno in virtù non delle qualifiche sportive, ma del possesso della patente nautica. Nel concorso per l’ingresso in Marina, il “titolo”, come la patente nautica appunto, era un requisito che dava più vantaggi delle prestazioni sportive, quindi, va chiarito subito, non c’è stata alcuna irregolarità. Il punto, però, è che non si capisce che funzione abbia un posto in Marina se la prestazione sportiva ha un’influenza minima se non nulla. La Scardigno non è nemmeno fra le prime dieci della classifica nazionale, ma ha scavalcato concorrenti come Vivarelli e Ridolfi che hanno partecipato a Mondiali ed Europei assoluti. In Aeronautica si entra per meriti, anche se può parere strano che vi entrino tutti quelli che giocano (o giocavano) per Castel Goffredo. In Marina si entra per titoli. Ma che senso ha? Fra l’altro, se, come per l’Aeronautica, il giocatore deve confermare la sua appartenenza al Corpo con i risultati, come potrà la Scardigno confermarla se non viene convocata in Nazionale? E allora cosa potrebbe succedere? Che bisognerà convocarla “per forza” in Nazionale per non perdere il posto in Marina, anche se ha davanti a sé molte altre giocatrici che il posto in Nazionale lo meritano più di lei? Ecco, la Fitet potrebbe fornire spiegazioni in merito, tanto più necessarie se si considera che la Scardigno è figlia di un vicepresidente federale?

NEGRISOLI

Parlando della Stefanova, ho detto che gioca (giocava) con la Sandonatese. La parentesi è dovuta al fatto che la Sandonatese, dopo la conquista dell’ultimo scudetto, ha annunciato la rinuncia al campionato per problemi economici. Così, rimane senza squadra anche Laura Negrisoli, che merita un discorso a parte per la paradossale situazione in cui si trova. Per prima cosa, faccio notare che, quest’ultimo con la Sandonatese, è il sedicesimo scudetto a squadre vinto dalla Negrisoli. Questo è un record assoluto per tutti gli sport in Italia. Fra le donne, Laura è la prima da sola. Ma, fatto più importante, ha raggiunto in testa, nella classifica assoluta, un grande campione come Eraldo Pizzo, della pallanuoto, anche lui a 16 scudetti. Quindi, la nostra Negrisoli porta lustro al tennistavolo venendone però ripagata con tanto disprezzo e ostracismo. Fra le candidate a un ruolo di tecnico nello staff della Nazionale, infatti, ci poteva essere anche lei, ma pare che non stia simpatica a qualcuno, provate a immaginare chi. Come si vede, i sospetti (e le certezze) di imposizioni cominciano a diventare parecchi. Il bello è che qualcuno, un altro traditore, millantava di poterle dare una mano spostando il proprio voto da feroce oppositore di Sciannimanico a leccaculo di prima classe. Anche in questo caso, provate a immaginare chi. Resta, infine, la scomparsa dalla Sandonatese, altra dimostrazione della politica fallimentare del tennistavolo italiano, vista che è la terza squadra campione in carica a ritirarsi, dopo Roma e Siracusa in campo maschile negli anni precedenti. Ma bisogna anche dire che i pianti sono inutili quando ci si è affidati per anni a gente che ha badato solo ai propri interessi e quando anche chi aveva contrastato questi irresponsabili alla fine si è appecoronato davanti a lui dandogli il voto alle elezioni. Se poi gli capita di piangere, se l’è semplicemente meritato.

EUROPEI GIOVANILI

E arriviamo alla vittoria della squadra junior agli Europei giovanili, spacciata come il grande risultato della politica federale in materia di lavoro sui ragazzi. Parto da un presupposto indispensabile per capire quale sia la reale situazione: il risultato del campo è sacro, quindi l’Italia non ha rubato alcunché, ma il significato tecnico è qualcosa di diverso, può coincidere col risultato, ma può anche stare all’opposto. Ed è proprio questo il caso della vittoria degli azzurri junior. Inutile stare a girarci intorno: è stata una grandissima botta di culo, intendendo per “culo” la fortuna di aver trovato avversari con impostazione tecnica favorevole alle caratteristiche degli azzurri, in giornata storta o colpevoli di presunzione (il caso dei francesi nella finale). E, per favore, lasciamo perdere i complimenti al tecnico. Ma Nannoni è il grande allenatore dell’oro conquistato contro la Francia in finale o l’allenatore scarso che nel girone ha perso con Ungheria e Slovacchia (la Slovacchia!!!) arrivando ultimo (!!!!!) nella classifica e venendo costretto agli spareggi per il ripescaggio nel tabellone principale? Con un regolamento minimamente serio, il quarto posto sarebbe equivalso all’eliminazione. Così, con una barzelletta di regolamento, si può andare avanti dopo aver fatto brutte figure ed essersi dimostrati di caratura tecnica inferiore. Ma non è nemmeno questo il punto principale. Quello che si deve considerare è che i nostri junior, come già accaduto nel passato anche a giocatori come Mondello e Piacentini, sono giocatori limitati tecnicamente, nel senso che hanno alcuni colpi molto buoni ma troppe lacune. Se trovano il giocatore giusto, anche più forte in assoluto, sono in grado di batterlo, per poi perdere con avversari di livello nettamente inferiore. E infatti abbiamo visto un’altalena sconcertante di risultati, con vittorie stentate nella gara a squadre, 3-2 con Inghilterra, Svezia e Polonia, per passare poi al vero e proprio massacro nel singolo: solo Mutti arrivato ai sedicesimi. L’esempio della Svezia serve a chiarire il concetto. Nel singolo, i due migliori azzurri, Mutti e Baciocchi, sono stati sconfitti entrambi da avversari svedesi. Mutti ha perso con Ahlander, contro il quale, sia lui che Baciocchi, avevano perso anche nella gara a squadre. Baciocchi ha perso con Johansson, che contro l’Italia nella gara a squadre non era stato schierato, a vantaggio di Gorman che aveva perso due punti proprio contro Mutti e Baciocchi. Una inversione che avrebbe potuto provocare l’eliminazione dell’Italia, ma anche in questo caso è andata bene agli azzurri, non perché io sostenga la tesi di riavvolgere il tempo e far rigiocare quella partita, ma perché è l’ulteriore dimostrazione che certi confronti tecnici provocano risultati diversi e che la superiorità di una squadra sull’altra è determinata da tanti fattori, non necessariamente dal fatto di essere una più forte dell’altra. Un’altra dimostrazione in proposito arriva dalla partita vinta con la Croazia, in cui Baciocchi ha battuto Pucar. Bene, è lo stesso Pucar che poi è arrivato in finale nel singolo. Baciocchi batte un giocatore di livello superiore, che arriva in finale nel singolo, quindi in una competizione ben più dura, ma poi perde con uno svedese che nella gara a squadre viene schierato solo in due partite, e in una di queste addirittura da numero 3! E non è finita, perché l’altro svedese Ahlander, dopo aver eliminato Mutti, nel turno successivo viene schiantato dall’ungherese Szudi, schierato appena da numero 3 nella gara a squadre. Si potrebbe continuare con molti altri esempi di questi “incroci”, ma credo che il concetto sia chiaro: se si azzecca il filotto giusto, come quello trovato dall’Italia, si arriva addirittura a vincere, salvo poi risvegliarsi bruscamente quando il filotto scompare. Così, nel singolo, troviamo i due migliori azzurri eliminati uno nei sedicesimi, l’altro nei 64imi, come Massarelli e Marcato, con Piccolin fuori nei 32imi. I valori veri, invece, anche quando c’è un mezzo passo falso, si ritrovano subito ai vertici. Così, la Francia, sconfitta nella finale a squadre, vince il singolo, ma soprattutto piazza quattro suoi giocatori nei quarti di finale. Ecco la vera differenza tra la Francia e l’Italia. Ecco perché ribadisco: è stata una grandissima botta di culo. Subito dopo, si è tornati a fare le solite brutte figure.

CAMPIONATI NAZIONALI

A Riva del Garda è andata in scena una delle pagine più vergognose della storia del tennistavolo italiano e proprio in occasione della manifestazione più importante, i campionati assoluti e poi di categoria. Le testimonianze sono state riportate in tantissimi interventi su blog e forum, quindi non c’è bisogno che io aggiunga altre considerazioni. Vorrei dire solo una cosa, non ai politici, non ai responsabili federali, non ai presidenti delle società, no. La voglio dire ai giocatori: siete stati trattati da bestie ed è esattamente quello che vi meritate, voi pensate di essere fuori dalla politica, di badare solo a giocare, e quindi vi disinteressate di tutto il resto, permettendo così a chi ha il potere di continuare a fare i comodi suoi. Poi vi mettete a piangere quando giocate in autentiche fogne e non sapete da chi andare a gridare: “mamma, mi ha fatto la bua”. Voi dite che non sapete niente di cose politiche, che non sapete per chi abbia votato il presidente della vostra società. Benissimo, continuate così e sarete trattati da bestie per sempre. Io non mi indignerò più, mi metterò a ridere e spererò che vi trattino ancora peggio. Siete ridicoli!

DI FOLCO

L’argomento dei campionati nazionali mi porta a considerare anche altro. E questo “altro” ha un nome preciso: Bruno Di Folco. Mi ero già interessato a lui e a quanto aveva scritto in alcune discussioni sul forum di Giorno. Ma adesso scopro qualcosa che mi appare davvero interessante. In risposta a una richiesta di intervento, lui precisa che non vuole farlo. Nella risposta, che riporto fra poche righe, c’è un errore, che lui stesso ha poi corretto successivamente: scrive “tennis.tavolo.com”, ma si riferisce a “Ping Pong Italia” di Massimo Costantini. Quindi, io riporto il suo intervento originale, ma adesso sapete che il riferimento è a questo blog.

Ecco il testo della risposta di Bruno Di Folco: “Mi chiedi di intervenire su “tennis.tavolo.com” in una questione che non conosco e di cui non ho titolo a parteciparvi. Devo dirti di no per questo e anche perchè quel sito è pieno di gente che insulta in maniera anonima, trincerandosi dietro dei nick. Non mi piace quel sito e non mi piace chi parla di politica federale o societaria senza averne nessuna conoscenza”.

Mi astengo dal commentare gli “sbandamenti” sintattici e grammaticali del testo su riportato, lasciamo stare e andiamo alla sostanza. Se davvero Di Folco non vuole intervenire su questo blog perché è “pieno di gente che insulta in maniera anonima”, allora non si capisce perché intervenga su un forum nel quale ci sono altrettanti nickname e partecipanti anonimi, molti dei quali non stanno mica a lesinare sulle espressioni “graffianti”, se così vogliamo definirle, con tanto di doppie zeta più o meno camuffate da simpatici segni grafici e pupazzetti. Diciamo che è una questione di coerenza. Ma non voglio insistere su questo punto, perché ognuno ha il diritto di essere incoerente e scegliersi siti e blog che preferisce.

I punti sui quali invece voglio insistere sono altri. E comincio dalla conoscenza della “politica federale o societaria”. Posso rispondere solo per quanto mi riguarda, ma sarei pronto a sostenere la competenza di tanta altra gente che scrive su questo blog e che io conosco personalmente, gente con ben maggiore esperienza e competenza di Di Folco sulla politica federale e societaria. Restando a me, posso dire a Di Folco che, nei miei ormai 43 anni di vita nel tennistavolo italiano (nel caso si confonda coi numeri, lo scrivo anche in lettere: quarantatré) sono passato attraverso quasi tutte le esperienze possibili: giocatore, dirigente di società, allenatore con patentino di tecnico federale, arbitro, consigliere regionale, responsabile regionale delle classifiche (quando si facevano ancora senza computer), e ho partecipato ad assemblee nazionali, elettive e no, ben più infuocate delle attuali, a cominciare da quella del 1972 con la rielezione di Guglielmo Sineri a presidente (chi lo sa, forse Di Folco non era ancora nato o forse poppava ancora il latte). Quindi, quando leggo Di Folco che lancia accuse contro chi non capisce di politica federale e societaria, non posso far altro che scompisciarmi dalle risate. Se poi Di Folco intende che c’è gente che non capisce di politica federale “attuale”, non ha che da dirlo chiaramente, così potrò riversargli addosso documenti e resoconti delle sedute dei vari Consigli federali, che magari qualcuno crede possano restare segreti. In questo modo, si convincerà che io, e tanta altra gente molto più esperta di lui, conosciamo perfettamente la politica federale, oltre a quella societaria, conosciamo perfettamente cosa si dice in Consiglio federale, conosciamo perfettamente i voltafaccia e i “sì padrone” diventati la norma nel tennistavolo italiano. Poi, se Di Folco vuol continuare a credere di essere lui l’unico esperto e noi i grandi ignoranti, ma che lo faccia pure, perché togliergli questa pia illusione?

Ma tutto questo è solo una discussione di principio, che magari non interessa i lettori. Io vorrei andare un po’ più sul concreto, tanto per far capire a Di Folco che i veri insulti non sono le parole offensive, i veri insulti sono quelli all’intelligenza. E allora, faccio una premessa: Di Folco non è un bugiardo. E, sia chiaro, non sto facendo ironia. Ma non essere bugiardo non significa automaticamente che non si dicano bugie. Mi spiego meglio. A proposito dei problemi legati all’impianto di Riva del Garda destinato ai campionati nazionali e alla sua disponibilità in certe date, Di Folco è più volte intervenuto sul forum di Giorno per sostenere che alcune difficoltà legate alle gare degli Assoluti, che si erano dovute anticipare, erano state determinate dai cambiamenti di sede e di date dei Giochi del Mediterraneo, in cui sarebbero stati impegnati alcuni azzurri in gara proprio negli Assoluti. La tesi è stata più volte ribadita da Di Folco. Il problema è che questa era una grandissima bugia. E siccome sono partito dal presupposto che Di Folco non dice bugie, lo stesso Di Folco dovrebbe dirci chi gli ha dato questa informazione, che è falsa, perché è davvero falsa. I Giochi del Mediterraneo, infatti, che si sarebbero dovuti disputare a Volos, in Grecia, sono stati spostati a Mersin, in Turchia, a causa delle difficoltà economiche della Grecia che avevano costretto gli organizzatori locali a rinunciare. Ma sapete quando c’è stato questo cambiamento? Nel 2011!!! Sì, due anni fa! E allora, ripeto, Di Folco può spiegare, non a me, ma ai giocatori che hanno dovuto sopportare tanti disagi, chi ha inventato questa balla galattica? Di Folco non se l’è inventata per giustificare la disorganizzazione a Riva del Garda, quindi questo vuol dire che qualcuno gliel’ha riferito. Di Folco ci può far sapere chi è l’autore della bugia? Se non lo vuole dire, pazienza. Resta una sola sicurezza: sul forum di Giorno, dopo che Ady Gorodetzky ha fatto notare che quella dei Giochi del Mediterraneo era una scusa bella e buona, riferendo che lo spostamento c’era stato due anni prima e chiedendo spiegazioni a Di Folco, non c’è stato più alcun intervento dello stesso Di Folco per fornire le spiegazioni richieste da Gorodetzky. Di Folco non ha più parlato dei Giochi del Mediterraneo. Amen!

Concludo il discorso su Di Folco con una piccola nota che riguarda il motivo della sua “discesa in campo”. Ha fatto sapere a mari e monti che voleva impegnarsi per cambiare le cose dal di dentro, perciò entrava a far parte della cordata del presidente Sciannimanico. Ora, dovrebbe gentilmente spiegarci cosa è riuscito a cambiare “dal di dentro”, perché “dal di fuori” mica si riesce a capirlo. Magari, domanda già rivoltagli e rimasta senza risposta, dirci a quante delibere volute da Sciannimanico si è opposto, magari. Perché, se non riesce a cambiare nemmeno una cosa “dal di dentro”, non si riesce a capire perché mai Di Folco si ostini a rimanere nel Consiglio federale. Al massimo, in questa situazione, può solo rivendicare il merito di “spostare i tavoli” in qualche torneo nazionale, ma per fare questo non è necessario essere un consigliere federale. Noi meridionali, in questi casi, diciamo che “s’è incarnato il dente”, significando che si è così attaccati a una cosa che non si riesce più a distaccarsene, ma anche, come sottotraccia, che si è preso così gusto a quella cosa da non riuscire più a lasciarla anche se c’è la possibilità di farlo. Di Folco saprà dire se gli si è incarnato il dente o continuerà a sostenere che sta lavorando “dal di dentro”?

TORNEO MUGNANO

E finalmente chiudo con un breve (ma mi rendo conto che questo aggettivo non mi si addice tanto) intervento sull’ultima nefandezza. Il torneo di Mugnano, definito da tutti il migliore in assoluto negli ultimi anni, non è stato inserito nel nuovo calendario della Fitet. In compenso, ci sono tutti i tornei riconducibili a vicepresidenti federali, consiglieri e società che sostengono Sciannimanico. Complimentoni! Resta da sapere se la base del tennistavolo italiano avrà la forza di ribellarsi. In fondo, si tratta solo di sapere se siamo in un regime o se c’è ancora libertà di scelta. O forse già lo si sa e si preferisce continuare a belare sempre più forte.

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