Il Drago Rosso - Mondiali di Shanghai parte 3

29 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · 1 Commento 

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Ed eccoci al singolo femminile dei Mondiali di Shanghai. La vittoria di Zhang Yining ripara finalmente tutte le ingiustizie che questa grandissima giocatrice ha dovuto subire. Tanto per chiarire: Zhang Yining sarebbe dovuta essere campionessa del mondo già nel 2001, quando le fu ordinato di perdere in semifinale con Wang Nan. Questa non è un’illazione, non è una “voce”, questa è la verità ufficiale che in Cina tutti conoscono perché è stata così clamorosa che nessuno ha potuto nasconderla. Zhang Yining si era già vendicata vincendo singolo e doppio all’Olimpiade di Atene, ma c’era bisogno del successo nel singolo ai Mondiali per rimediare a un vuoto assurdo e scandaloso nell’albo d’oro. Zhang Yining, dal punto di vista tecnico e da qualsiasi altro punto di vista, è la più forte giocatrice che ci sia mai stata nella storia del tennistavolo. Basterebbe esaminare dettagliatamente le sue caratteristiche per capirlo, ma questo sarà oggetto di un altro mio intervento. Per il momento mi limito a contestare le classifiche “tutti i tempi” stilate da autentici incompetenti, che purtroppo hanno avuto e hanno spazio su organi ufficiali. Ai primi posti delle classifiche femminili mettono Deng Yaping e Wang Nan. Tanto per capirci, sono le due giocatrici che hanno vinto più titoli. Ma se il criterio è questo, non c’è bisogno di chiedere a cosiddetti esperti chi è la più forte giocatrice di sempre. Si va da un bambino di 6-7 anni, si fa a lui la domanda. Lui va a consultare gli albi d’oro, fa il calcolo delle vittorie e risponde: Deng Yaping al primo posto, Wang Nan al secondo. Quindi, il responso di chi nemmeno sa cosa sia il tennistavolo e di chi presume di saperlo è esattamente lo stesso. Ma se si passa a esaminare l’aspetto tecnico, allora bisognerebbe spiegare che tipo di giocatrice era Deng Yaping, con la sua puntinata lunga sul rovescio, con un gioco chiuso che era la negazione dello spettacolo e dell’evoluzione tecnica, che tipo di giocatrice è Wang Nan, comunque superiore tecnicamente a Deng Yaping, ma con tantissimi punti deboli, dalla scarsa velocità alle carenze nei movimenti e nel gioco dalla media e lunga distanza. E poi bisognerebbe spiegare che tipo di giocatrice è Zhang Yining, la cui esecuzione di alcuni colpi (il block di rovescio e l’attacco veloce di diritto) va oltre qualsiasi immaginazione. Ed è sconfortante sentire e leggere cronache e commenti che riportano solo i risultati, l’andamento dei punti nel set e ignorano totalmente cosa è successo veramente, dal punto di vista tattico e tecnico, nella partita. ”Questa vinceva 7-3 e ha perso 11-9, quella ha vinto 4-0, è fortissima”, ecco l’esempio di “analisi tecniche” approfondite. Tutto ridicolo. A questo punto è l’informazione ufficiale nel tennistavolo.
ZHANG YINING

Zhang Yining ha letteralmente distrutto tutte le avversarie, trovando qualche ostacolo solo in finale, contro Guo Yan, cui ha ceduto due set. Ma c’è una motivazione per questa difficoltà. Lei e Guo Yan sono compagne di club, a Pechino, e si allenano insieme non solo in nazionale, ma anche nell’attività del club. Quindi, si conoscono benissimo e in questi casi la più debole ha sempre un vantaggio negli scontri diretti. Zhang Yining ha perso anche un altro set, in semifinale contro Lin Ling, che oggi rappresenta Hong Kong ma che è cinese, della Provincia del Fujian, tant’è vero che come cinese è stata finalista nel singolo ai Mondiali 2001 a Osaka. In questo caso, si è trattato di un semplice colpo di sonno: ha perso 10-12, poi è stata di nuovo un rullo compressore, lasciando a Lin Ling 4, 5, 3 e 7 punti negli altri set. In totale, Zhang Yining ha perso solo 3 set in tutto il torneo, un autentico record e qualcosa di inimmaginabile. Se si va a guardare la storia dei Mondiali, si può vedere che altre cinese sono diventate campionesse del mondo perdendo pochissimi set, ma si trattava di set a 21 punti. Qui si tratta di set a 11 punti (una bestemmia per il vero tennistavolo), molto più facili da perdere. Eppure, Zhang Yining ha mostrato una sicurezza e una supremazia che nessuna altra giocatrice ha mai fatto vedere. E non è che abbia affrontato avversarie di poco conto. Detto di Guo Yan e Lin Ling, ha batttuto 4-0 la nordcoreana Kin Yang Mi, finalista proprio contro di lei all’Olimpiade di Atene, con parziali sconfortanti (4, 4, 7, 5), e la difesa bielorussa Viktoria Pavlovich con un risultato ancora più clamoroso (5, 2, 4, 2). Insomma, ha distrutto tutte. Contro qualsiasi tipo di gioco, Zhang Yining fa paura. Tutte le grandi campionesse del passato hanno sempre avuto qualche punto debole, magari contro chi praticava il gioco veloce sul tavolo, o contro le difese, o contro chi attaccava in topspin. Vincevano comunque, ma dovevano soffrire. Zhang Yining no, lei frantuma qualsiasi tipo di gioco. Contro le difese sfiora la perfezione, dico sfiora perché sta ancora migliorando il topspin violento, di chiusura, sulla palla più pesante di taglio, ma ci è vicina. Contro le giocatrici di attacco, anticipa lei i colpi o parte di contrattacco, che è micidiale, avvantaggiata da una velocità, di gambe e di braccia, che nessuna altra giocatrice ha mai avuto. Contro le giocatrici potenti, quelle che amano sparecchiare schiacciate a tutto spiano, lo spettacolo che offre Zhang Yining è da favola. Lei, che ha due braccine sottili, tanto da dare l’impressione di non avere muscoli, risponde ai colpi potenti con colpi ancora più potenti. Il segreto, naturalmente, è nella tecnica. Non contano i muscoli, come sa bene chi capisce qualcosa (pochi) di tennistavolo, l’importante è trasferire nella pallina il peso del corpo. Il peso dell’intero corpo sarà sempre superiore al singolo muscolo del braccio. Tutte le cinesi conoscono bene questa tecnica (che quasi tutti gli allenatori europei ignorano), ma Zhang Yining è colei che la interpreta nel modo migliore, oserei dire in modo “divino”. Inoltre, anche contro le schiacciate più forti indirizzate sul suo rovescio, risponde con colpi che, in questo caso, vanno oltre la perfezione, a dispetto del misero e miserabile “9” che l’ex c.t. della nazionale italiana Costantini ha assegnato al suo rovescio e al suo block. Il vero voto dovrebbe andare dal 100 (cento) in su, e non sto esagerando. A scanso di equivoci e per non fornire comodi pretesti a chi, magari, vorrebbe giustificare il suo esonero con questa errata valutazione di rovescio e block di Zhang Yining, dico subito che i voti di Costantini a tutti gli altri giocatori sono giusti, quindi chi lo ha esonerato non può accampare alcun alibi. Torno a Zhang Yining e chiudo. Non scherzo, né esagero, quando dico che lei è la più forte giocatrice di tutti i tempi. Se qualcuno ha dubbi (sto parlando di chi capisce qualcosa, gli altri non hanno nemmeno il diritto di guardare le sue partite), provi a esaminare i filmati delle campionesse del passato e di oggi, poi passi a quelli di Zhang Yining, sarà come scoprire un nuovo mondo.
LA CINA
Nel settore femminile, non si può nemmeno parlare di sfida alle cinesi, non da parte delle europee (una barzelletta), nemmeno da parte delle asiatiche, che arrivano ai turni finali, ma poi non hanno alcuna possibilità. A Shanghai, si è avuta un’ulteriore riprova che la Cina è anni luce davanti a tutti. Nei quarti di finale, c’è stato spazio solo per la bravissima Viktoria Pavlovich, che ha provocato una grande sorpresa battendo Tie Yana (di Hong Kong, ma ex nazionale cinese, come ho già avuto modo di spiegare). Poi, solo cinesi, a dispetto delle bandiere statunitensi, olandesi e di Hong Kong. Infatti, troviamo, oltre alla Pavlovich, quattro cinesi di Cina (Zhang Yining, Guo Yan, Guo Yue e Niu Jianfeng), una cinese degli Usa (Gao Jun), una cinese dell’Olanda (Li Jiao) e una di Hong Kong (Lin Ling). Gao Jun addirittura è stata campionessa mondiale a squadre nel ’93 e di doppio nel ’91 (con Chen Zihe) da cinese. E se andiamo a vedere gli ottavi di finale, troviamo altre 4 cinesi, due della Cina, Cao Zhen (che ha perso con Gao Jun) e Fan Ying (che ha perso con Guo Yue), due di Hong Kong, Song Ah Sim (che ha perso con Guo Yan) e Tie Yana (battuta dalla Pavlovich). Quindi, tre cinesi hanno perso con altrettante cinesi, solo una è stata battuta da un’europea. Negli ottavi, ci sono stati altri quattro incontri “misti”, cioè fra cinesi e non cinesi, e sono stati tutti vinti dalle cinesi: Lin Ling ha battuto Boros, Niu Jianfeng ha battuto Toth, Zhang Yining ha vinto con Kim Hyang Mi, Li Jiao ha vinto con Moon Hyun Jung, quest’ultima è la sudcoreana che nel turno precedente aveva eliminato Wang Nan, campionessa mondiale in carica, e su questo incontro tornerò dopo. Quindi, la Cina esce dominatrice ancora una volta da un confronto impari. Una sola notazione per chiudere il discorso e far capire ancora meglio quale sia la realtà del tennistavolo femminile. Nella classifica mondiale, si trovano una decina di cinesi ufficiali, più altre decine di ex cinesi sparse per il globo. Ma questa è una falsa indicazione perché in classifica va a finire chi gioca tornei internazionali. In Cina ci sono centinaia di giocatrici che non hanno questa possibilità, visto che in nazionale ce ne sono solo 50 (fra senior e giovanili) e che di questa solo un ristretto gruppo partecipa ai tornei internazionali. Così, si ha un’idea sbagliata della situazione. Ma se tutte le cinese potessero, in teoria, partecipare alle gare internazionali, avremmo una classifica in cui la prima europea non sarebbe più in alto della cinquantesima posizione, se proprio tutto va bene. La dimostrazione arriva dalla Li Jiao, cinese emigrata in Olanda, che è arrivata in semifinale agli Europei 2005 ad Aarhus, battuta dall’altra cinese, emigrata in Austria, Liu Jia. Fosse stata dall’altra parte del tabellone, contro Boros (da lei già sconfitta) o Steff (che ha battuto 4-1 proprio ai Mondiali a Shanghai), sarebbe arrivata in finale, a ulteriore riprova che persino le cinesi più “scarse” (è un paradosso ovviamente, non ce ne sono scarse) e sconosciute battono senza problemi le europee.
WANG NAN
Nel momento in cui Wang Nan è stata eliminata, nei sedicesimi di finale del singolo, dalla sconosciuta (per gli incompetenti) sudcoreana Moon Hyun Jung, il palazzetto e la sala stampa sono andati in fibrillazione. Al mondo, tramite giornali, tv e internet, è stato lanciato il ferale messaggio: clamorosa sorpresa, fuori la campionessa del mondo in carica. Poveretti, non sanno quello che dicono. Prima dell’incontro, lo scrivente Drago Rosso aveva detto ai giornalisti cinesi (lo so cosa penserete: non potete controllare) e a una giornalista italiana (piaciuta la sorpresa? Non potete dire che sono uno sbruffone, avete la possibilità di controllare) che Wang Nan avrebbe perso con Moon Hyun Jung e che, al limite, avrebbe vinto soffrendo tantissimo. Nel caso qualcuno abbia dubbi, vi indicherò in seguito la persona italiana alla quale ho fatto il pronostico. E il bello è che non si trattava neanche di un pronostico impossibile. Negli ultimi anni, Wang Nan aveva avuto un rendimento molto basso, vincendo sì i Mondiali di Parigi (di quelli di Osaka 2001 ho già detto dell’ordine dato a Zhang Yining di perdere), ma anche in quel caso con almeno una partita molto, ma davvero molto, sospetta, quella con la piccola Guo Yue, altra fuoriclasse di cui parlerò in seguito. Aveva vinto anche una Coppa del Mondo nel 2004, ma dopo aver perso con Gao Jun nel gruppo e con le sue avversarie cinesi “stranamente” abuliche. Poi, c’era stata una lunga sequela di sconfitte con le cinesi, e questo è normale, ma anche con giocatrici dalle caratteristiche tecniche ben precise: pennaiole vecchio stile. Aveva perso in Cina per due volte in un anno con una giocatrice considerata non eccelsa (dagli altri, per me è fortissima), Jia Beibei, pennaiola classica, che quindi colpisce la pallina con una sola faccia della racchetta. Aveva perso con la sudcoreana Lee Eun Sil, anche lei pennaiola classica. Aveva perso due volte con Gao Jun, altro tipo di pennaiola classica, col gioco corto di puntinata sul tavolo. Inoltre aveva anche perso con la difesa sudcoreana Kim Kyung Ah, ma questo è un altro discorso che non c’entra col significato tecnico di cui sto parlando. Aveva inoltre sempre sofferto con altre giocatrici del tipo pennaiola classica e con una che impugna all’europea ma è molto forte nello scambio veloce, Li Jiawei, che l’aveva eliminata all’Olimpiade di Atene dopo essere stata beffata a quella di Sydney (5 match-ball sprecati). Il motivo è semplice. Wang Nan è una giocatrice che, causa il tipo di fisico che ha, non è veloce e, soprattutto, soffre molto gli spostamenti laterali. Ha bisogno di restare vicina al tavolo e di impostare lei il gioco, cosa che fa benissimo. Infatti, lei sfrutta fino al parossismo i suoi colpi che sono tutti in anticipo e arrotati. Sia col diritto che col rovescio, con un colpo di polso efficacissimo, lei tocca la pallina appena questa arriva sul tavolo, come se fosse una mezzavolata, ma, a differenza di chi effettua questo colpo imprimendogli una traiettoria tesa, Wang Nan fa compiere alla pallina una traiettoria arcuata e veloce. Il risultato è che la pallina schizza sempre, una volta toccato il tavolo, anche se non si tratta di un topspin vero e proprio. Le avversarie hanno difficoltà a ribattere, ma soprattutto a impostare loro il gioco. Le pennaiole classiche, che sono portate ad attaccare velocemente già sulla terza palla, vanno a colpire Wang Nan proprio sul suo punto debole, perché Wang Nan sin trova meglio su un attacco normale, anche se potente, sul quale può a sua volta impostare la rotazione. Sull’attacco improvviso e veloce, tipico delle pennaiole, è costretta a recuperare, quindi a doversi spostare lateralmente. E così, contro Moon Hyun Jung è successo proprio questo, con Wang Nan che doveva stare dietro agli attacchi della sudcoreana, sempre la prima ad attaccare. Soffrendo, Wang Nan è riuscita più volte a ricucire la situazione, specialmente sul 2-3, con match-ball per la sudcoreana nel sesto set, sull’11-10. Nel settimo set, la storia non è cambiata, con Moon Hyun Jung sempre avanti, fino al 10-7, con tre match-ball. Wang Nan ne ha annullato uno, poi ha dovuto cedere. Nessuna sorpresa, ma una partita dal significato tecnico evidente e logico.

LA GARA

PRIMI DUE TURNI

Contrariamente alla gara maschile, non ci sono sorprese né importanti indicazioni nei primi due turni. Un paio di spunti si possono individuare nel secondo turno. La giovane giapponese Hirano batte Struse 4-3, dovendo superare anche le innumerevoli scorrettezze della Struse e i tanti atteggiamenti che portano le avversarie a innervosirsi. Raramente è possibile vedere qualcosa di più antisportivo del comportamento della Struse, esempio purtroppo seguito da tantissime giocatrici tedesche, a cominciare dalla Silbereisen (si ricorda ancora il suo pugno chiuso e strafottente in faccia alla Stefanova agli Europei junior a Terni), fatto questo che contrasta (come ho già avuto modo di dire) con l’esemplare compostezza della squadra maschile. Una sorpresa in negativo, in questo secondo turno, dall’altra giapponese Umemura, non in grandi condizioni di forma ultimamente, che perde con l’ungherese Batorfi. Ma è anche vero che la grandissima Csilla non finisce mai di stupire, da quando a fine anni ’80, nell’incontro Europa-Asia a Roma, si mise in luce battendo le cinesi. Eliminata invece la rumena Badescu, che aveva provocato una grande sorpresa ai Mondiali di Parigi 2003 battendo la cinese Guo Yan, dalla sudcoreana Moon Hyun Jung, che comincia a far capire il suo valore, prima di battere poi Wang Nan.
SEDICESIMI DI FINALE
Qui si comincia a vedere qualcosa di interessante. Viktoria Pavlovich, bella difesa, elimina Hirano al termine di un incontro combattutissimo e appassionante, Batorfi non può ripetere il bis della vittoria con Umemura e perde con Tie Yana. Poi ci sono le sorprese, alcune delle quali però non così sorprendenti. Li Jiawei, cinese emigrata a Singapore, incappa nella ragnatela di Gao Jun, che a 35 anni continua a dar fastidio a tutte. Li Jiawei, quarta all’Olimpiade di Atene (in quell’occasione aveva eliminato Wang Nan, come ho già ricordato) ha bisogno di un gioco aperto per esprimersi al massimo, col suo bellissimo gioco veloce e con le sue schiacciate potentissime. Contro il gioco corto di Gao Jun soffre, sembra comunque farcela, visto che conduce 3-2 e perde 13-11 nel sesto set, poi cede nel settimo. Altra sorpresa è quella dell’ungherese Toth che limina la campionessa europea Liu Jia. Krisztina è anche lei un grande esempio da seguire per tutte le giocatrici europee. Insieme alla Steff (quando è in forma) è una delle due sole europee che le cinesi temono, perché ha la migliore tecnica e i cinesi in generale hanno paura solo dei giocatori forti tecnicamente. E la Steff, purtroppo, non riesce a esprimersi al massimo e va a sbattere contro un muro nuovo, quella della cinese olandese Li Jiao. La Steff è la giocatrice che più di tutte le altre ha sofferto il passaggio dal set a 21 punti a quello a 11 punti, a riprova che da questa criminale rivoluzione voluta dall’Ittf sono danneggiati proprio i giocatori più tecnici e avvantaggiati quelli più deboli, che, non avendo niente da perdere, possono rischiare e qualche volta azzeccare la partita vincente. Steff, da sempre una giocatrice spregiudicata e spettacolare, ha bisogno di un set a 21 punti per esprimere la sua bravura, la sua classe. Altra sorpresa apparente è la vittoria di Song Ah Sim, cinese di Hong Kong, contro la difesa sudcoreana Kim Kyung Ah, bronzo all’Olimpiade di Atene nel singolo, battuta solo da Zhang Yining in quel’occasione. Dico apparente perché Song Ah Sim è una giocatrice molto forte e, come tutte le cinesi, sa giocare molto bene contro le difese. Guo Yan ha qualche difficoltà contro la giapponese Fukuhara, 17 anni, ma vince 4-2. La Fukuhara è stata lanciata dai giapponesi come la grande promessa del tennistavolo, la giocatrice che in futuro potrà sfidare le cinesi. La realtà è ben diversa. Fukuhara è una buona giocatrice, ma molto limitata tecnicamente, con un gioco veloce di mezzavolata e con la puntinata sul rovescio, ma senza altri grandi colpi. Il massimo cui può aspirare e un posto a ridosso delle prime dieci della classifica mondiale, se tutto va bene. Di vincere qualcosa di importante non se ne parla proprio. Infatti, per avere un’idea di quanto si debba essere brave per aspirare a qualcosa di importante viene dall’altra cinese Guo Yue, anche lei 17 anni, che ha già fatto vedere di cosa è capace. Ricordo solo che ha vinto il Master 2004 (le Finali del Pro Tour), battendo Wang Nan in semifinale e Niu Jianfeng in finale. E’ un genio assoluto e diventerà, insieme a Zhang Yining, la più forte giocatrice di sempre. Nel sedicesimi a Shanghai si diverte con la tedesca Schall (indicata come Wosik perché si è sposata), un’altra giocatrice estremamente scorretta che, avendo battuto ai Mondiali di Parigi 2003 la cinese Li Nan (ma solo perché quest’ultima era in crisi netta, tant’è vero che poi non è stata più convocata), pensava di poter competere con le cinesi. Si è trovata di fronte la Guo Yue e si è presa una mazzata di quelle da ricordare: 3, 5, 7, 6, con la cinese che si divertiva a eseguire tutti i colpi, tanto da perdere in maniera ingenua tanti punti, come se fosse un allenamento.
OTTAVI DI FINALE
Zhang Yining-Kim Hyang Mi è la ripetizione della finale olimpica di un anno prima, finisce ugualmente 4-0, ma Zhang Yining vince con molta più facilità. Vincono anche Guo Yan, facile con Song Ah Sim, e Guo Yue che batte la difesa cinese Fan Ying, anche questa facile. Niu Jianfeng ferma il camino della Toth, che però vince il primo set e si batte bene negli altri quattro. La Pavlovich resta l’unica europea in gara grazie alla vittoria su Tie Yana. La cinese olandese Li Jiao è protagonista di una gara bellissima con la Moon Yhun Jung che ha appena eliminato Wang Nan. Finisce 12-10 al settimo set, con scambi spettacolari fra due pennaiole. Gao Jun riesce a mettere in soggezione la giovane cinese Cao Zhen, quest’ultima vincitrice degli Open di Malesia a soli 16 anni (solo Guo Yue ha fatto meglio vincendo gli Open del Giappone a 15 anni), anche lei con la puntinata sul rovescio, cone Gao Jun, ma impugnatura all’europea. E’ chiaramente una sconfitta dovuta all’emozione di Cao Zhen. Lin Ling, infine, batte 4-2 la Boros, che era stata bronzo ai Mondiali di Parigi, sia pure approfittando in quella occasione, di un buco nel tabellone grande come il Grand Canyon, originato dalle sconfitte delle cinesi Guo Yan e Li Nan. La Boros ha vinto una sola volta in carriera con Lin Ling. Quest’ultima, come Zhang Yining, ha un fisico esile, ma quando si trova di fronte a una giocatrice potente, come la Boros appunto, spara cannonate più forti dell’avversaria, e questo grazie a una tecnica sopraffina, come ho già spiegato.
QUARTI DI FINALE
Zhang Yining concede appena 13 punti alla Pavlovich, che però non esce umiliata dall’incontro. Semplicemente, ha di fronte una giocatrice nemmeno di un altro pianeta, ma di un’altra galassia. Lin Ling, con la sua grande esperienza, non si fa imbrigliare dal gioco corto della Gao Jun e vince facilmente 4-1, così come fa Guo Yan contro Li Jiao, con l’olandese che ha già ottenuto un risultato sensazionale arrivando fin qui. L’ultimo quarto di finale è lo scontro più equilibrato, fra le cinesi Guo Yue e Niu Jianfeng. La piccola Guo Yue conferma la sua bravura e vince 4-2, ma comincia a mostrare qualche segno di stanchezza mentale. Il suo obbiettivo è la finale e forse anche la vittoria, ma questo probabilmente la fa innervosire, proprio perché lei si rende conto che è un traguardo alla sua portata. Se lei fosse la giocatrice-sorpresa della manifestazione, tutto sarebbe più facile, perché non avrebbe niente da perdere. Così, invece, con un Master già vinto, Guo Yue mostra la sua emozione. In fondo, non ha ancora compiuto 17 anni mentre sta giocando i Mondiali a Shanghai.
SEMIFINALI
Zhang Yining si addormenta un po’, perde il primo set 12-10, poi si sveglia e per Lin Ling non c’è niente da fare. Nella mente di Zhang Yining, fra l’altro, c’è anche un ricordo doloroso nel momento in cui affronta Lin Ling. Se nel 2001 non le fosse stato ordinato di perdere la semifinale con Wang Nan, si sarebbe trovata proprio Lin Ling in finale, vale a dire una giocatrice che aveva sempre battuto. Avrebbe così vinto il suo primo titolo di singolo in un Mondiale. Invece, ha dovuto aspettare altri 4 anni, una vera ingiustizia. L’altra semifinale, che si annuncia appassionante, è invece una grande delusione. Guo Yue non c’è proprio con la testa, vince sì il primo set, ma poi sparisce letteralmente dal tavolo e non perché il gioco di Guo Yan la metta in difficoltà. Semplicemente, non gioca più, come le è capitato in altre occasioni e proprio contro Guo Yan. Fra le due, in effetti, c’è una grande rivalità, anche se nella nazionale cinese ufficialmente non esistono cose di questo genere. Nella realtà, il dualismo esiste. Loro due si sono giocate il posto per i Mondiali a squadre 2004 negli Open di Grecia a febbraio. Si sono incontrate sapendo che la vincitrice sarebbe stata convocata per i Mondiali (le altre quattro erano già decise: Wang Nan, Zhang Yining, Li Ju, Niu Jianfeng). In quella occasione, Guo Yue, a un passo dalla sconfitta, seppe riprendersi, vinse, arrivò in finale, dove perse con Wang Nan dopo essere stata a un passo dalla vittoria e si guadagnò il posto ai Mondiali. E ai Mondiali Guo Yue finì per giocare la finale, diventando la più giovane giocatrice di sempre a vincere un titolo mondiale a squadre, a soli 15 anni e mezzo. Così, ogni volta che giocano, è una lotta di nervi, e Guo Yue in questa occasione non regge la pressione e va fuori di testa, come le era già accaduto, proprio contro Guo Yan, al Master 2003 a Guangzhou e in una semifinale degli Open di Polonia 2002 a Varsavia, quando perse una partita incredibile nella quale conduceva 3-0 e scoppiò a piangere.

FINALE

Non è una finale bellissima, soprattutto perché Zhang Yining e Guo Yan si conoscono benissimo. Giocano nello stesso club di Pechino, si allenano insieme, come ho già fatto notare. Guo Yan, essendo la più debole, è quella che deve evitare più possibile il gioco aperto. Lo fa provando ad attaccare in tospin con rotazione esasperata, sul quale Zhang Yining, un po’ anche per l’emozione (questo, lo ricordo, sarebbe dovuto essere il suo terzo titolo mondiale nel singolo, non il primo), non va con il giusto tempismo. Appena Zhang Yining riesce a impostare l’azione d’attacco, Guo Yan deve cedere. Ma è comunque un gioco spezzettato, senza scambi prolungati, tranne rare eccezioni. Zhang Yining perde il primo set, va sul 2-1, subisce il ritorno di Guo Yan, poi parte decisa. Nel sesto set, però, quando la vittoria sembra assegnata, c’è di nuovo qualche esitazione di Zhang Yining, chiaramente emozionata e un po’ nervosa, anche se non lo mostra (diciamo che sono uno dei pochi, se non l’unico, a saper cogliere i segnali di Zhang Yining). Lei però non può perdere, perché è la più grande, e infatti vince, sia pure con un sofferto 13-11. Troppo tempo era passato da quando doveva essere incoronata imperatrice del tennistavolo.
Arrivederci fra pochi giorni con le gare di doppio.

Il Drago Rosso - Mondiali di Shanghai parte 2

20 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

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Come promesso, comincio a raccontare i Mondiali di Shanghai, gara per gara, partendo dal singolo maschile. Wang Liqin vince il suo secondo titolo iridato individuale, dopo quello del 2001, allora in finale 3-2 contro Kong Linghui. Anche stavolta per vincere deve battere un altro cinese, Ma Lin. Lo fa per 4-2 e conferma non solo il suo gran momento di forma (aveva vinto a dicembre il Master, quello che viene comunemente chiamato Ittf Pro Tour Finals, a Pechino, in finale proprio contro Ma Lin), ma anche di essere uno dei più forti giocatori di sempre.
WANG LIQIN E LA CINA

In proposito, credo sia meglio chiarire un paio di cose su lui, visto che in passato ci sono state informazioni quantomeno inesatte e fuorvianti. E’ stato detto e scritto che Wang Liqin (si pronuncia vang licìn) dal punto di vista tecnico era considerato meno di altri giocatori dai responsabili della nazionale cinese, che deve i suoi successi non tanto alla tecnica quanto alla quantità di lavoro svolto che gli ha permesso di rimediare alle sue carenze, che ha vinto i Mondiali del 2001, rimontando da 0-2 a Kong Linghui, perché i tecnici cinesi avevano ordinato a Kong Linghui di perdere e via con cose di questo tipo.
Purtroppo, si parla di qualcosa o qualcuno senza conoscere alcunché. E allora è meglio precisare. Wang Liqin è uno dei due giocatori, insieme a Kong Linghui, che il c.t. della Cina, Cai Zhenhua, spedì in Svezia, a fare esperienza, 6 mesi ciascuno quando avevano 15 anni, perché aveva capito che erano i due migliori in assoluto e avevano bisogno di una esperienza nella nazione più forte in quel momento, stiamo parlando del ’93 e ’94, prima che la Cina ricominciasse a vincere. Cai Zhenhua, quindi, puntava proprio su loro due, oltre che su Liu Guoliang, per riportare la Cina al successo. E così è stato. Sono diventati entrambi campioni del mondo di singolo, come anche Liu Guoliang che Cai Zhenhua non ha fatto andare in Svezia per non far abituare gli svedesi (e gli europei) al suo gioco particolare. Quindi, dal punto di vista tecnico, Wang Liqin era considerato uno dei più forti.
Il vero problema per lui era il carattere. Troppo educato, un tipo che non gridava quando vinceva il punto, era considerato molle dai tecnici cinesi, che invece preferivano Ma Lin, considerato un vincente con la sua grinta, i pugni agitati verso gli avversari, le urla. Ecco perché c’era un clima di sfiducia nei confronti di Wang Liqin, considerato fortissimo come giocatore, ma poco intelligente dal punto di vista tattico e non certo un furbo o un duro. Una sua eventuale vittoria, quindi, sarebbe stato uno smacco per tutti quelli che sostenevano la sua debolezza psicologica. Durante la finale dei Mondiali di Osaka, il 90% dei tecnici cinesi sperava che Kong Linghui vincesse, proprio perché un successo di Wang Liqin sarebbe stato uno smacco colossale per loro. Altro che ordinare a Kong Linghui di perdere, stavano facendo il tifo per lui contro Wang Liqin.
Non è stato solo quel titolo mondiale, comunque, a dimostrare di che pasta sia fatto Wang Liqin, che ha fatto vedere di essere molto più duro di Ma Lin, a sua volta perdente in troppe occasioni, a cominciare dall’Olimpiade di Atene, quando è stato eliminato 4-0 da Waldner, giocando scriteriatamente e senza alcuna logica. Wang Liqin, pur con le ovvie sconfitte (ad Atene ha perso con un altro cinese fortissimo, Wang Hao, non con qualcuno nettamente inferiore a lui), è il giocatore con il massimo rendimento fra tutti quelli che si trovano nelle prime posizioni mondiali, è quello che ha retto più tempo in testa alla classifica internazionale e quello che ha vinto più gare, fra Open internazionali, Master e Mondiali. La vittoria a Shanghai è stata solo l’ultima di una serie lunghissima di successi che fanno capire quale sia il suo reale valore.
GLI AVVERSARI A SHANGHAI
SAMSONOV
Nelle previsioni dei cosiddetti esperti, i favoriti per il titolo mondiale erano parecchi, ma l’aspetto più sconcertante era il gran numero di europei considerati in grado di battere i cinesi e gli asiatici in generale. In particolare, le indicazioni erano per Boll, Samsonov, Kreanga, il campione in carica Schlager. Alla prova dei fatti, l’unico davvero in grado di sostenere il confronto è Samsonov, a dispetto del fatto che in semifinale sia arrivato Maze, e su quest’ultimo aspetto mi soffermerò più a lungo in seguito. Il bielorusso, campione d’Europa in carica, ha perso col sudcoreano Oh Sang Eun, poi arrivato in semifinale, ma ha sprecato una grande occasione, giocando quasi senza convinzione e cedendo il campo proprio sul suo punto più forte, lo scambio di mezzavolata di rovescio, non seguito dal top di diritto, cosa che Samsonov è perfettamente in grado di fare. Kreanga, potenzialmente pericoloso per chiunque, mostra i limiti quando non è il primo ad attaccare, così ha ceduto al cinese Hao Shuai, non un campione eccelso, ma comunque veloce nell’attacco.
BOLL
Boll ha mostrato ancora una volta i suoi grandi limiti tecnici, che i tecnici europei (a eccezione di Leo Amizic, nettamente il migliore di tutti) si ostinano a non vedere, tanto che a questo punto bisognerebbe chiedersi se non vogliono vederli o non sono in grado. Si comincia dall’assurda posizione delle gambe nella risposta al servizio, troppo larghe, un esempio che nessun ragazzo che comincia a giocare a ping pong dovrebbe seguire. Si continua con un movimento di diritto fuori da qualsiasi canone di armonia del corpo. Quando Boll esegue l’attacco col top di diritto sembra che riceva un colpo di spranga nella schiena, tanto il suo corpo si inarca innaturalmente. Di buono ha il rovescio, grandissimo, l’unico colpo non rovinato da chi lo ha impostato tecnicamente, e una risposta sul tavolo di diritto agli attacchi avversari. Troppo poco per aspirare a essere un vero campione. E a Shanghai non ha dovuto nemmeno aspettare i cinesi più forti per perdere (con Ma Lin, tanto per fare un esempio, ha uno 0-7 da paura nei confronti diretti), è stato eliminato da uno della vecchia guardia, quel Liu Guozheng che è vicino all’addio alla nazionale, dopo essere stato uno degli eroi in passate edizioni dei Mondiali. Il bello è che Boll avrebbe dovuto vincere 4-1 questo incontro, per come si era messo e per quello che si vedeva in campo, con un vantaggio enorme sciupato nell’ultimo set e con un pizzico di sfortuna (spigolo di Liu Guozheng su un matchball di Boll) che però non annulla i demeriti del tedesco. Ma ogni volta che Boll sembrava guidare il gioco, ecco che arrivava l’attacco del cinese a spezzare la sua azione e lui non era mai in grado di dare continuità agli attacchi. Ai Mondiali di Parigi, nel 2003, Boll aveva perso da un giovane cinese Qiu Yike, nemmeno lui un grandissimo giocatore, che aveva semplicemente contrastato gli attacchi di Boll con un efficace block di rovescio, sul quale Boll si trovava sempre fuori posizione, conseguenza questa delle anomalie tecniche, specie nel diritto, che lo portano a essere costantemente sbilanciato. Quindi, c’è sempre un ostacolo, nemmeno tanto alto, che impedisce a Boll di vincere. Arriva qualche successo nei tornei internazionali, ma nei momenti importanti, Campionati europei inclusi, vengono fuori i suoi grandi limiti, dei quali a mio avviso lui ha colpe limitate: sono dovuti al tecnico che lo ha impostato da ragazzo.
SCHLAGER
Per quanto riguarda Schlager, la sua eliminazione da parte del He Zhiwen paradossalmente non dovrebbe nemmeno essere considerata una sorpresa. In realtà, la sua vittoria ai Mondiali di Parigi era stata il frutto di una serie irripetibile di circostanze. E infatti non si sono ripetute. Ha perso con un cinese pennaiolo classico, che usa solo una faccia della racchetta, il che potrebbe sembrare incredibile, ma così non è. Schlager, che è molto intelligente, sa sviluppare un gioco che a va a colpire i punti deboli degli avversari, non solo cinesi. Non trovando più pennaioli classici, ma solo moderni, alla Ma Lin tanto per intenderci, non è abituato a confrontarsi con loro e a trovare le giuste contromisure. Inoltre, contro avversari che sfruttano attacchi improvvisi e anticipano i tempi dei colpi sul tavolo, come fanno i pennaioli classici, si trova in difficoltà perché non è velocissimo. Contro altri tipi di avversari, pure molto veloci, lui sa anticipare le loro intenzioni e quindi farsi trovare pronto. Contro He Zhiwen, ogni colpo era una sofferenza per lui. E così, ha perso.
YOO SEUNG MIN
Come ha perso il campione olimpico, il sudcoreano Yoo Seung Min. Lo scrivo in questo modo perché è il suo vero nome, contrariamente a quanto viene riportato dall’Ittf, che lo chiama Ryu Seung Min, ma anche su questo tornerò in uno dei miei prossimi interventi. Yoo Seung Min (ha lo stesso cognome del primo campione olimpico di singolo, Yoo Nam Kyu) è stata una sorpresa meno rilevante rispetto a quella di Schlager ai Mondiali 2003. In effetti, il suo valore tecnico è molto elevato: veloce e potente, ha sempre dato fastidio ai cinesi, anche se non riusciva mai ad arrivare sino alla fine del torneo con lo stesso livello di gioco. L’incostanza di rendimento, però, non significava che non potesse prima o poi raggiungere un gran risultato, cosa che è avvenuta ad Atene, sia pure con la collaborazione di Wang Hao, il cinese che si sta distinguendo per fallire gli appuntamenti importanti. Yoo Seung Min, dopo la vittoria olimpica, non ha più azzeccato una gara e così è stato anche ai Mondiali di Shanghai, quando ha ceduto all’olandese Heister, soffrendo la sua potenza e non riuscendo quasi mai ad anticiparlo, anzi era Heister che partiva sempre per primo e che avrebbe potuto chiudere addirittura 4-1, sciupando tanto sul 3-1 e risvegliandosi poi sul 3-3.
WALDNER
Un discorso a parte per Waldner, che ogni volta sembra arrivato alla sua ultima manifestazione, ma che puntualmente riappare in quella successiva. Dopo aver superato due turni contro Chou Tung Yu (Taipei) e Moldovan (Norvegia), si è trovato di fronte un muro, Samsonov. E non c’è stato niente da fare, così come era già successo ai Mondiali 2001, a Osaka, quando il risultato fu un imbarazzante 0-3 (soprattutto nei parziali), quando si giocava ancora il vero tennistavolo ai 21 punti. Stavolta, il confronto, pur nel netto 0-4, è stato più equilibrato, Waldner ha fatto comunque bella figura. Il bis del torneo olimpico, quando è arrivato in semifinale, era impossibile, per un semplice motivo. Ad Atene, Waldner aveva costruito la sua impresa grazie a vittorie su due giocatori tatticamente sprovveduti, come Ma Lin e Boll, da lui battuti facilmente. Contro Ma Lin, ha costretto il cinese a forzare gli attacchi, col risultato che Ma Lin è impazzito nel tentativo di chiudere il punto sulla terza palla, quando avrebbe dovuto fare esattamente il contrario, aspettare che Waldner sbagliasse, visto che non può più sopportare lo scambio lungo per evidenti motivi di debolezza fisica. Contro Boll, ha aperto lui il gioco su ogni punto, e Boll non sa cosa fare quando è l’avversario ad attaccare. Ma quando Waldner si è poi trovato di fronte due giocatori , come Yoo Seung Min in semifinale e Wang Liqin nella finale per il terzo posto, non c’è stata partita. La sua immensa classe può ancora reggere, ma fino a un certo punto. Quando si trova davanti un giocatore veloce o potente, non c’è niente da fare, a meno che l’altro non si faccia imbrigliare, cosa accaduta a Ma Lin e Boll, che però, come detto, si distinguono per i loro limiti di comprensione della partita. A discolpa di Ma Lin, comunque, bisogna dire che lui questo limite lo mette in mostra solo quando si fa prendere dalla tensione, visto che ogni giocatore cinese, dal punto di vista tattico, ha una preparazione che i giocatori europei (tranne rare eccezioni) si sognano.
MAZE
Concludo con Maze, acclamato dagli incompetenti come la grande sorpresa dei Mondiali. Per lui, è stato detto, si è trattato di un’ulteriore conferma dopo il bronzo olimpico nel doppio e la vittoria a squadre agli Europei. A questo punto, è opportuna qualche spiegazione. Partiamo dal bronzo olimpico nel doppio, dovuto semplicemente al fatto che l’Ittf ha approvato una regola assurda, che non c’è e non c’è mai stata in alcuno altro sport: i due doppi di una stessa nazione, all’Olimpiade, devono stare dalla stessa parte del tabellone. Per chi non è in malafede, è una regola che va contro qualsiasi principio di sport oltre che contro la Cina. Si decide a tavolino, insomma, chi deve vincere le medaglie. Nel caso specifico, si regalano medaglie alle nazioni più deboli. Così è stato ad Atene. Il bronzo nel doppio alla Danimarca è una bestemmia. Detto questo, passiamo agli Europei, quando la Danimarca ha tratto vantaggio dagli innumerevoli regali degli avversari, che hanno perso partite incredibili contro Bentsen e Tugwell. E Maze, che in teoria avrebbe dovuto garantire i 2 punti, ha perso col “polacco” Wang Zeng (Danimarca da 0-2 a 3-2),, col rumeno Crisan in semifinale (Danimarca-Romania 3-2) e con l’ “austriaco” Chen Weixing in finale (Danimarca da 0-2 a 3-2 con l’Austria). Il risultato del campo è sacro, ma il significato tecnico è tutt’altro.
Messi da parte i cosiddetti “precedenti” benaugurati, torniamo a Shanghai. Al primo turno, Maze batte 4-1 il brasiliano Monteiro, poi soffre col bravo croato Tosic (4-2), va facile col Feng Zhe, e poi, negli ottavi di finale, trova il cinese Wang Hao, che nel turno precedente ha rischiato di uscire con Cheung Yuk, cinese di Hong Kong. Una piccola parentesi: tutti i giocatori e le giocatrici di Hong Kong sono cinesi che vengono da esperienze nella nazionale cinese, non ce n’è neanche uno nato a Hong Kong. Questo Cheung Yuk è stato campione nazionale a squadre nel ’98, con la squadra del Guangdong, insieme a Ma Lin, allora si chiamava Zhang Yu (Cheung Yuk è la traduzione di Zhang Yu in dialetto cantonese). Wang Hao, tranne che nelle finali dell’Ittf Pro Tour 2003, quando vinse la finale (ma rischiando di perderla col giovane Hao Shuai) ha sempre fallito gli appuntamenti mondiali. Vincitore di molti Open internazionali, si blocca quando ha la responsabilità di una grande vittoria, basta vedere quello che è successo ad Atene, quando ha perso la finale olimpica con Yoo Seung Min. Contro il mancino Cheung Yuk, in vantaggio 3-1, si imballa, non controlla gli attacchi veloci dell’avversario e vince soffrendo, 11-8 all’ultimo set. Contro Maze, poi, piomba nel vuoto mentale assoluto. Nettamente superiore sul gioco al tavolo, si fa invischiare nella tattica difensiva di Maze. Il danese, visto che non riesce ad arginare gli attacchi di Wang Hao, si rifugia nella difesa alta, lontano dal tavolo. Wang Hao, incredibilmente, invece di alternare la schiacciata allo stop sul tavolo, si ostina nelle schiacciate a ripetizione. Con la pallina da 40 millimetri, chiudere il punto con la schiacciata alta è quasi impossibile (e questo sarà argomento di un altro mio intervento), così come è assolutamente impossibile la controschiacciata lontana dal tavolo (altro crimine dell’Ittf). E Wang Hao, alla fine, sbaglia sistematicamente l’ultima schiacciata. In tutta la partita, persa 0-4, non ha effettuato un solo stop, per costringere Maze a riavvicinarsi al tavolo. Così, la differenza tecnica abissale fra i due giocatori si trasforma in una barzelletta.
E non è finita, perché nel turno successivo Maze affronta un altro cinese, Hao Shuai, che ha caratteristiche diverse. Wang Hao è un pennaiolo moderno, destro, Hao Shuai impugna all’europea, mancino. Maze non riesce a fermare i suoi attacchi veloci e potenti, si ritrova sotto 0-3 e nel quarto set è 5-9 e 7-10, con tre palle del match per il cinese, che comincia a sbagliare come un pollo. Maze riprende ad alzare le palle e Hao Shuai, proprio come ha fatto Wang Hao, si ostina a voler chiudere il punto con la schiacciata, finendo per impazzire. Anche leui non effettua neanche uno stop sul tavolo in tutte e 7 i set della partita, che finisce col perdere.
Maze è portato in trionfo come un eroe, ma nessuno guarda ai suoi limiti tecnici e ai regali che gli hanno fatto i cinesi. Così, si arriva alla semifinale, contro Ma Lin, che sbaglia solo quando ha paura. Quando gioca tranquillo, capisce bene che impostazione tattica dare alla partita. E la gara con Maze si trasforma in una gigantesca presa in giro da parte di Ma Lin, con il pubblico che prima si entusiasma, poi comincia a ridere di Maze. Succede, infatti, che Maze comincia ad alzare la pallina, come ha fatto con gli altri due cinesi, rifugiandosi nella difesa in lob. Ebbene, sulla prima palla alta, Ma Lin effettua subito uno stop, mentre Maze se ne sta andando tranquillamente lontano dal tavolo, convinto che Ma Li comincerebbe stupidamente a schiacciare. Maze nemmeno tenta di recuperare la palla, perché è sorpreso dallo stop. Ci prova di nuovo subito dopo e Ma Lin, anche questa volta, fa subito lo stop sul tavolo, senza effettuare neanche una schiacciata. Anche stavolta Maze resta fermo. Sulle successive palle alte, Ma Lin continua a non schiacciare e stavolta Maze comincia a tentare un recupero sulla palla corta, ma qui vengono a galla i suoi grossolani limiti tecnici, soprattutto nel movimento delle gambe (che i tecnici europei si ostinano a non voler studiare, magari pensano che le gambe non servano a niente!). Nel tentativo di avvicinarsi rapidamente al tavolo, per recuperare la pallina corta, Maze addirittura si impiccia con le gambe, fino a inciampare e a cadere sotto il tavolo, perché non sa muoversi velocemente e ignora la tecnica di base del movimento delle gambe. Ormai la partita è una barzelletta, ma non è finita ancora. Dopo aver umiliato Maze con gli stop, Ma Lin passa all’affronto finale: comincia lui ad alzare la pallina con un lob di difesa (anche se non ce n’è proprio bisogno), invitando platealmente Maze a schiacciare. E Maze comincia a schiacciare, proprio come hanno fatto Wang Hao e Hao Shuai contro di lui, ed esattamente come loro non riesce a chiudere il punto, finché sbatte la pallina nella rete, fra il boato del pubblico e l’espressione di figlio di buona donna di Ma Lin, che così vendica i suoi compagni di squadra. Maze mostra così il suo effettivo valore, davvero scarso, dal punto di vista tecnico. Anche per lui, vale il discorso fatto per Boll a proposito dei tecnici che lo hanno impostato da ragazzo. Il suo braccio sinistro, che impugna la racchetta, è qualcosa di obbrobrioso: è così disarticolato che sembra il braccio di qualcuno che ha avuto una tripla frattura, non ricomposta. Non c’è assolutamente armonia nel braccio e nei suoi movimenti. A salvarlo è la grande sensibilità del polso, ma questa dote è stata rovinata dal tecnico o dai tecnici che gli hanno dato i primi “insegnamenti”, se vogliamo chiamarli così. Delle gambe già ho detto, uno scempio del manuale della tecnica. Quindi, a dispetto della semifinale mondiale, il mio giudizio su Maze è catastrofico.

LA GARA
E concludo con gli accenni alla gara, che per gran parte già ho descritto parlando dei principali protagonisti. Andiamo avanti un turno alla volta.
PRIMO TURNO
Ci sono da segnare solo un paio di cose. Intanto, la sconfitta di Primorac col difensore greco Gionis. Primorac ormai è alla fine della carriera, e non solo da quest’anno. La sua discesa è molto più netta di quelle di altri campioni che, invece, si mantengono a galla con dignità. L’ultimo suo sussulto è stata la semifinale di Coppa del Mondo, a Jinan nel 2003, perduta con Boll, ma in quel caso la sua vittoria nei quarti di finale, contro Ma Lin, fu solo il coronamento di una partita scorretta da tutti i punti di vista, con Primorac che deliberatamente perse tempo in ogni occasione per far innervosisre Ma Lin, riuscendoci. Un solo esempio per capire cosa fu quella partita, che durò un’ora e 20 minuti con tempo effettivo di gioco di appena 20’. Primorac, che a ogni punto faceva passare almeno 15 secondi prima di piazzarsi al tavolo, chiede il time-out e, alla fine del tempo, si tolse la maglietta per cambiarla (avrebbe dovuto farlo durante il time-out o alla fine del set). A parte quella vittoria su Ma Lin, dovuta a mezzucci non adeguati a un vero sportivo, Primorac non ha più combinato niente, ormai è un ex giocatore. Sempre al primo turno, due vittorie stentate di Kreanga sul difensore Liu Song, 4-3, e di Chuan Chih Yuan, di Taipei, contro il rumeno Andrei Filimon, 4-3. Nel caso di Kreanga, c’è una combinazione di difficoltà contro un difensore e un’alternanza di alti e bassi di forma dovuti anche all’età. Nel caso di Chuan Chih Yuan, invece, c’è da mettere in evidenza il netto calo avuto da questo interessante giocatore da quando non è più sotto le cure di Leo Amizic, che era il suo tecnico nell’Ochsenhausen. Con lui, Chuan era arrivato a vincere le Finali Ittf Pro Tour nel 2002, a Stoccolma. Poi, una serie di prestazioni incolori, dovute soprattutto a tattiche di gioco sbagliate. Un peccato.
SECONDO TURNO
Qui ci sono le (secondo gli incompetenti) sconfitte di Schlager e Yoo Seung Min, che ho già descritto. A queste si aggiunge l’eliminazione di Chuan Chih Yuan, quasi prevista dopo quanto visto nel primo turno: perde 4-3 col giovane giapponese Mizutani, un tipo forte, ma che difficilmente arriverà fra i primissimi del mondo. E perde anche l’altro taiwanese Chiang Peng Lung, 4-1 con l’ex cinese Feng Zhe, uno dei primi pennaioli moderni, sacrificato per tanto tempo in patria e poi emigrato troppo tardi. Fosse andato via prima, lo avremmo visto fra i primi 10 della classifica mondiale per molto tempo. Chiang Peng Lung, pennaiolo classico, è comunque in fase calante da parecchio tempo. E’ sempre spettacolare, ma poco efficace. Fra le vittime illustri, va inserito anche il belga Jean Michel Saive, che perde col tedesco Steger dopo aver condotto 3-0. Saive è un esempio di lottatore, ma stavolta deve arrendersi ala giovane età di Steger, che comunque dimostra freddezza, vincendo gli ultimi due set 14-12 e 12-10. Da notare la vittoria di Li Ching, di Hong Kong (ex Li Jing della nazionale cinese, ha partecipato anche agli Open d’Italia 1996 da cinese), sull’altro ex cinese Chen Weixing, difensore , per 4-3. Li Ching, ex pennaiolo classico, ora parzialmente moderno perché tutti i cinesi si sono adeguati, è un tipo pericoloso a dispetto dell’età, tant’è vero che sarà l’unico, nei sedicesimi, a impensierire Wang Liqin. Un po’ di sofferenza c’è anche per Ma Lin, che vince 4-2 contro il giovane sudcoreano Lee Jung Woo, ma solo perché si addormenta nel secondo e nel terzo set. Interessante, invece, il confronto fra due giovani, il cinese Hao Shuai e il tedesco Suss. Quest’ultimo, indicato come la nuova promessa tedesca, mostra però già notevoli limiti tecnici, fra cui la mancanza di velocità, di cui approfitta senza ritegno Hao Shuai. Inoltre, e più grave, Suss comincia ad avere un comportamento scorretto, si mostra più volte insofferente, soprattutto nel torneo di doppio, quando più volte, platealmente, protesta con gli arbitri. La sensazione fortissima è che si sia montato la testa e che la sua carriera sia finita prima ancora di cominciare. E’ comunque strano il suo comportamento scorretto, perché tutta la squadra tedesca maschile (quella femminile è da squalifica prima ancora di mettere piede in campo) è composta da autentici gentiluomini e sportivi, come Boll, Rosskopf, Fejer Konnerth.
SEDICESIMI DI FINALE
In questo turno non ci sono sorprese, ma solo le avvisaglie di quello che succederà negli ottavi. Intanto, il giapponese Mizutani, giustiziere di Chuan Chih Yuan, torna nei ranghi subendo un 4-0 senza discussioni dallo svedese Karlsson. I cinesi Wang Liqin, Kong Linghui, Chen Qi e Hao Shuai vanno avanti senza problemi, Liu Guozheng deve sudare un po’ contro lo jugoslavo Grujic, uno dei giocatori più tosti in circolazione, ma anche molto bravo dal punto di vista tecnico. L’incontro più interessante è fra il sudcoreano Oh Sang Eun e il russo Smirnov. Finisce 4-3 per Oh Sang Eun, dopo che Smirnov si è trovato sul 3-0. Da quel momento in poi, però, Smirnov non ha più in mano il gioco, che passa nelle mani di Oh, uno dei pochi sudcoreani a impugnare all’europea. Oh Sang Eun è bravo nel gioco veloce di mezza volata, soprattutto col rovescio, ma se la sa cavare anche dalla media distanza, con un diritto molto solido e potente. I suoi movimenti sono molto scolastici e danno la sensazione di essere lenti, ma in realtà non è così, visto che va sempre perfettamente col tempo giusto sulla palla. Infine, altri due cinese, Wang Hao e Ma Lin, per incontri tirati. Wang Hao, come già detto, vince 4-3 con Cheung Yuk, ma più delle difficoltà tecniche, mostra preoccupanti segnali di debolezza psicologica. Gli stessi segnali li manda Ma Lin, che però sa riprendersi dopo essersi trovato 2-3 contro il ceko Korbel, un altro giocatore solido e lineare, forte negli scambi potenti, che dovrebbe essere in difficoltà contro un pennaiolo considerato veloce come Ma Lin. Dico veloce perché ritengo che Ma Lin non lo sia. Come già Liu Guoliang, più della velocità, la sua caratteristica è l’anticipo sul tempo, che dà la sensazione della velocità. Ma se un avversario riesce a andare sullo stesso tempo, o addirittura ad anticiparlo, ecco che Ma Lin appare lento. Così, non è strano che Korbel lo metta in difficoltà e non soffra la sua “velocità”. Ma è pur vero che Ma Lin è forte anche nello scambio lontano dal tavolo, così riesce a superare Korbel con gli scambi potenti e non con la velocità. A proposito di Ma Lin e Wang Hao, che presentano gli stessi sintomi di debolezza psicologica, va precisata una cosa importante. Ai Mondiali di Parigi furono sconfitti da due difensori, l’ex cinese Chen Weixing e il sudcoreano Joo See Hyuk (che a Shanghai, clamorosamente, non ha giocato, dopo essere stato finalista nel 2003), avendo lo stesso tecnico in panchina. Stesso tecnico anche a Shanghai per loro, ed è anche il tecnico che è poi stato sulla panchina di Hao Shuai nella sconfitta con Maze nei quarti di finale. C’è da interrogarsi sulle reali capacità di chi, stando in panchina, subisce tante sconfitte, tutte da giocatori più deboli. Della serie “anche i cinesi hanno tecnici scarsi”.
OTTAVI DI FINALE
E’ il turno della sconfitta di Wang Hao con Maze, di Samsonov con Oh Sang Eun, di Boll con Liu Guozheng, di cui ho già parlato. Ma Lin si riprende e vince facilmente col polacco Blaszczyk, Karlsson soffre ma rimonta da 2-3 e batte He Zhiwen, Hao Shuai si libera 4-2 di Kreanga. Kong Linghui si trova di fronte il compagno di squadra Chen Qi e, come gli succede troppe volte, rinuncia a giocare. Non è una questione di giochi di squadra, posso assicurare che fra gli uomini almeno negli ultimi 10 anni non ce ne sono stati (a diferenza di quanto successo fra le donne). Il problema è che Kong Linghui non è più abituato a soffrire mentalmente e, quando pensa di trovarsi di fronte a un ostacolo insormontabile, non gioca. Nella realtà, Chen Qi non è un avversario imbattibile per lui, ma se Kong Linghui pensa in quel modo non c’è niente da fare. Chen Qi, in effetti, è un giocatore molto potente e veloce, mancino, impugnatura all’europea, che dà l’impressione all’avversario di non poter contrastare i suoi attacchi. Ma se si riesce a superare la prima fase di questa di topspin e schiacciate, si può sperare di batterlo. Naturalmente, sto parlando di giocatori di altissima classe, altrimenti il discorso non si pone proprio, Chen Qi è devastante e basta. E’ esattamente quello che Wang Liqin è stato capace di fare nei suoi incontri precedenti con Chen Qi e che farà di nuovo nel turno successivo. Kong Linghui, invece, si rassegna e perde 4-1. Eppure, la sua grandissima tecnica, la migliore in tutta la storia del tennistavolo, gli permetterebbe di tentare la vittoria. In difficoltà vera, invece, c’è Wang Liqin in questo turno, contro quel Li Ching di cui ho parlato prima. Dopo aver condotto facilmente i primi due set, si fa imbrigliare dagli attacchi veloci di Li Ching, che gli spezza continuamente il ritmo. Wang Liqin, che è abituato ad avere una carburazione lenta (parte quasi al rallentatore, poi accelera e non ce n’è per nessuno), si trova ad affrontare una partita tatticamente contraria alle sua abitudini: partenza veloce e poi rallentamento del ritmo, perciò soffre più del dovuto. Ma è anche vero che al settimo set parte sparato e Li Ching fa solo 5 punti. Nel momento decisivo, Wang Liqin dimostra che il vero duro è lui.
QUARTI DI FINALE
Ho già parlato del match Maze-Hao Shuai. Poche cose da dire a proposito di Ma Lin-Liu Guozheng, senza storia perché Liu Guozheng appare rassegnato sin dal primo punto, tanto da far pensare a un accordo. In realtà, Liu Guozheng non ha alcuna possibilità di battere Ma Lin e questo ha influenza sul tipo di gioco messo in mostra. Karlsson tenta di resistere a Oh Sang Eun, ma la sicurezza del sudcoreano nel gioco di scambi veloci fa la differenza. Infine, Wang Liqin perde i due soliti set con Chen Qi (vince quasi sempre 4-2 con lui), ma, come già detto nelle considerazioni a proposito del turno precedente, ma prende le misure ai suoi attacchi e alla fine è sempre lui ad attaccare per primo.
SEMIFINALI
Ma Lin ridicolizza Maze, vi ho già descritto come. Wang Liqin va sul 3-0 con Oh Sang Eun, perde il quarto set, ma poi chiude senza alcun problema. Lo scambio di rovescio con Oh Sang Eun non è un problema, a dispetto del fatto che alcuni osservatori (i soliti “competenti”) in passato avevano messo in dubbio l’efficacia del suo rovescio. Anzi, Wang Liqin lo ha reso ancora più potente, tanto da mettere in difficoltà Oh Sang Eun e a costringerlo alla semplice ribattuta, senza la spinta potente che il sudcoreano è solito mettere nella pallina colpita di rovescio. Poi, quando Wang Liqin comincia ad attaccare col suo potentissimo topspin di diritto, non si gioca più.

FINALE
Potrebbe sembrare una partita equilibrata, considerando che Ma Lin arriva a condurre 2-1, ma il significato tecnico è diverso. E’ sempre Wang Liqin a guidare il gioco e a impostare gli attacchi. Considerate le caratteristiche tecniche dei due, dovrebbe essere il contrario, col pennaiolo famoso per la sua "terza palla" ad anticipare i colpi. Invece, è Wang Liqin a prendere sul tempo Ma Lin e a farlo risultare "lento", così come ho spiegato prima quando ho parlato della "velocità" di Ma Lin. Wang Liqin è superiore nello scambio sul tavolo, nell’attacco, e, quando Ma Lin riesce ad attaccare per primo, riesce a contrattaccare sia col rovescio che col diritto. Ma Lin, con uno sforzo notevole, riesce a vincere secondo e terzo set, ma poi è Wang Liqin a impostare l’azione e a chiudere. E’ il giusto trionfo di un grandissimo campione e di una scuola, la cinese, che deve proseguire la sua lotta non con le altre nazioni, ma contro l’Ittf.
Appuntamento col singolo femminile, fra pochi giorni.

Drago Rosso parte 1

1 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · 2 Commenti 

Lettura di 6 min.

Gli appassionati di tennistavolo hanno un’idea di quello che è avvenuto a Shanghai, ai Mondiali individuali? Certo, conoscono i risultati, sanno chi sono i campioni, ma possono davvero dire di sapere come sono stati questi campionati, che indicazioni tecniche ne sono scaturite, se ci sono state novità di rilievo, come è stata l’organizzazione? Se ognuno di questi appassionati dovesse rispondere sinceramente, potrebbe solo dire “no”, perché le notizie sono state scarse o nulle.
Il problema che vorrei affrontare, quindi, e non solo per quanto riguarda i Mondiali di Shanghai, è quello dell’informazione nel tennistavolo. Credo si tratti di una questione molto grave. Non solo, infatti, questo sport è in sofferenza per lo scarso spazio che gli viene riservato sui quotidiani sportivi e sulla stampa in generale, ma lo è anche per la scarsa quantità e la scarsa qualità delle notizie sui mezzi di informazione specifici del tennistavolo.
Proviamo a ricordare come si fa a sapere cosa succede in una qualsiasi manifestazione, Mondiali inclusi. Si trovano i principali risultati sui quotidiani sportivi (e nemmeno su tutti). Si possono seguire i risultati, con qualche commento, sul sito della Federazione internazionale, l’Ittf, e su quello della Federazione italiana, la Fitet. Si possono vedere alcune fasi delle gare (Europei e Mondiali) su Eurosport, che però ha saltato le fasi finali dell’Olimpiade di Atene perché non c’erano più giocatori europei. A gare concluse, si può leggere qualcosa sul Magazine dell’Ittf e sulla rivista della Fitet, oltre che su quelle delle altre federazioni nazionali.
Insomma, a vedere le gare ci sono solo quelli che hanno un abbonamento alle Tv a pagamento. I risultati e i commenti, inoltre, sono soltanto “ufficiali”, perché su mezzi di informazione che sono gestiti dalle stesse persone, internazionali o nazionali, che organizzano quelle gare. E tante volte i commenti sono affidati agli stessi allenatori o responsabili tecnici delle squadre che partecipano alle gare. Le testimonianze su tutti gli altri aspetti (organizzazione, riuscita dell’avvenimento) sono dei dirigenti dele varie federazioni. Manca completamente, come è facile capire, un qualsiasi spirito critico.
Così, si legge che tutto va bene, che i Mondiali (o altre manifestazioni) sono stati organizzati benissimo, che gli arbitri sono bravissimi, che c’è stato un grande spettacolo. Tutto perfetto, insomma. Del resto, avete mai sentito qualcuno che parla male di se stesso? E non finisce qui, perché ci sono i commenti tecnici sulle gare, che naturalmente assecondano l’andazzo generale: chi vince è il più forte, chi perde è più scarso, mai una spiegazione su quello che succede, mai un chiarimento sul perché ci sia stato un risultato a sorpresa.
Faccio un esempio concreto, così ci capiamo meglio. I Mondiali di Shanghai. Le testimonianze su tutti gli organi di informazione “ufficiali” sono concordi: una organizzazione perfetta, perché è chiaro che in Cina tutto quel che riguarda il tennistavolo è perfetto; Mondiali bellissimi, favolosi, gare interessantissime.
Provo a smantellare questo cumulo di inganni. Comincio a dire che qualcosa di veramente bello c’è stato: il livello tecnico delle gare, con vincitori “veri”, al contrario di precedenti Mondiali; la cerimonia di inaugurazione, favolosa. Detto questo, c’è tantissimo altro di brutto, che non viene citato dai tanti “testimoni” (chiarirò dopo perché metto le virgolette).
Punto primo: l’organizzazione generale. Sono stati i peggiori Mondiali degli ultimi 16 anni. Chi ha parlato di organizzazione perfetta ha citato come esempio solo la cerimonia inaugurale, bellissima come ho già detto, ma non è stato capace di citare nient’altro. Ed ecco com’è andata. I servizi per i giornalisti sono stati inqualificabili. Pensate che non c’era nemmeno l’aggiornamento dei risultati. Non c’erano le schede dei giocatori e si potevano trovare pochissime dichiarazioni degli stessi. A questo si aggiungeva in molti casi l’incompetenza assoluta. Gli addetti al centro stampa non sapevano niente dei protagonisti. Hanno addirittura scritto, in un comunicato ufficiale, che Kong Linghui aveva rivinto il doppio dopo 10 anni, perché lo aveva già vinto nel 1995 a Tianjin. Chiunque abbia un minimo di conoscenza sa che Kong Linghui in quell’anno vinse il singolo e la gara a squadre (pur non giocando la finale), il doppio fu vinto dagli altri cinesi Wang Tao e Lu Lin. I Mondiali di Shanghai, inoltre, sono i primi senza l’opuscolo finale dei risultati completi, perché i responsabili del centro stampa nemmeno sapevano che si dovesse fare, non avevano mai partecipato a una sola edizione dei Mondiali o a qualsiasi gara di tennistavolo.
Ma non è finita. I posti per i giornalisti erano a dir poco ridicoli. La tribuna stampa era fatta malissimo, si potevano vedere i tavoli di gioco solo dalle prime due file, perché l’altezza degli scalini era stata calcolata male, troppo bassi. Dalla terza fila in poi, bisognava alzarsi in piedi per vedere. Può sembrare un’esagerazione, ma è proprio così.
E le pecche, naturalmente, non riguardavano solo i giornalisti, ma tutto, dagli spettatori ai giocatori. Nella sala principale, la disposizione dei tavoli era così sballata che i giocatori per andarci e per poi uscire dovevano effettuare una specie di gimkana. Due tavoli al centro, altri di sguincio, le dimensioni delle aree di gioco tutte diverse l’una dall’altra. La situazione peggiorava nelle altre sale, specie di casbah con tavoli, transenne e posti per il pubblico ammassati uno sull’altro. C’era sì e no un metro e mezzo di spazio fra il pubblico e le transenne. Gli spettatori andavano avanti e indietro senza alcuna interruzione e i giocatori che si trovavano di fronte alle tribunette vedevano sullo sfondo una marea incessante di gente che si muoveva, con ovvio disturbo nella visuale della pallina e della concentrazione. In più, c’erano solo 16 tavoli per il riscaldamento, molto pochi per una manifestazione di questa portata.
Non è stato uno spettacolo degno dei Mondiali e la causa è tutta nella presunzione degli organizzatori di Shanghai, non degli uomini della Federazione cinese, che invece sono fra i migliori al mondo. Ma di tutto questo chi non è andato a Shanghai non ha saputo nulla.
Volontà di nascondere? Certo, c’è la mancanza di spirito critico. Lo trovate un dirigente di una qualsiasi Federazione che dice che le cose sono andate male? Ma c’è anche un altro motivo nella mancanza di informazione quando a garantirla sono solamente fonti “ufficiali”. E arrivo al motivo delle virgolette che prima ho aggiunto alla parola testimoni. I dirigenti di ogni Federazione che vanno ai Mondiali delle gare vedono al massimo il 10 per cento. Non sto esagerando, è proprio così. I dirigenti partecipano alle assemblee che si svolgono durante i Mondiali, stanno tutto il giorno in una sala ad ascoltare relazioni, a discutere e votare nuove regole e nuovi regolamenti, votano per l’elezione degli organismi dell’Ittf e delle varie commissioni. Quando tutto è finito, vanno in palestra e guardano le gare per una mezz’oretta. Molti di loro, inoltre, nemmeno le guardano, perché vanno nelle sale Vip a bere e mangiare e quando vanno nella tribuna Vip nemmeno guardano cosa succede sui tavoli, si mettono a parlare tra loro. E molti, udite udite, si addormentano. Non sto scherzando, ci sono stati giocatori e giocatrici che si sono pubblicamente lamentati per questo che è un vero affronto a loro, fatto da autorevoli rappresentanti internazionali in tante manifestazioni importantissime. Qualcuno, infine, nemmeno aspetta la fine delle gare, ma va a farsi una gita in qualche bel posto famoso, cosa che è capitata anche in Cina.
E allora, quale testimonianza mai potranno portare una volta tornati nei loro paesi, cosa mai scriveranno sulle riviste delle loro federazioni? Diranno che è stato tutto meraviglioso, l’organizzazione era perfetta e che sono stati Mondiali grandissimi.
Ma le vere indicazioni riuscirete mai ad averle? Saprete per esempio che un arbitro è stato cacciato per aver detto il falso quando è stato interrogato dalla Commissione tecnica a proposito di un episodio controverso? Nessuno ve lo dirà, ma è quello che è successo ai Mondiali di Parigi 2003.
E nessuno vi dirà che ai Mondiali a squadre 2004 in Qatar sono scoppiate le polemiche sugli arbitri per la loro sbagliata applicazione della regola sul servizio. Uno degli arbitri, addirittura, chiese che fosse espulso uno spettatore che stava protestando per le sue decisioni, a riprova del fatto che gli arbitri pensano di poter comandare su tutto, non solo sui giocatori. E gli esempi potrebbero continuare all’infinito.
Ma quello che è importante sottolineare è la mancanza di informazione per tutti gli appassionati, tenuti al buio per malafede o per semplice incompetenza. Il vero tennistavolo, purtroppo, è ancora un mistero. Le verità “ufficiali” devono essere cancellate. Ed è quello che proverò a fare. Appuntamento ai miei prossimi interventi tecnici sui Mondiali di Shanghai, gara per gara, e a quelli su tanti altri aspetti, dalle nuove regole agli arbitri alla regressione tecnica di questo sport che viene spacciata per evoluzione.

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