I mondiali di Suzhou

25 Aprile 2015 da Ping Pong Italia · 7 Commenti 

del Drago Rosso
Prendo in prestito un titolo della Gazzetta dello Sport di un paio di giorni fa a proposito della situazione degli sport in Cina: «Bye bye ping pong». La situazione catastrofica del tennistavolo, da me anticipata da anni, è sempre più sotto gli occhi di tutti e i Mondiali che cominciano adesso a Suzhou, proprio nella patria di questo sport, lanciano segnali sempre più inquietanti. Cerco di sviluppare rapidamente questi temi connettendoli a un altro ancor più malinconico, vale a dire il ritiro di tanti campioni che hanno fatto la storia del ping pong, in particolare quello di uno dei tre più grandi, insieme a Waldner e Kong Linghui: sto parlando di Wang Liqin.
MONDIALI A SUZHOU
I Mondiali si svolgono in Cina per la quinta volta dopo Pechino 1961, Tianjin 1995, Shanghai 2005 e Guangzhou 2008. Stavolta sono quelli individuali, a differenza di Guangzhou, quando furono a squadre. Sia le premesse di questi Mondiali, sia le prime impressioni sul posto sono desolanti. Il fatto più sconcertante, che testimonia ancor più il declino del tennistavolo nel mondo intero, è il ritorno ai doppi formati da atleti di nazioni diverse. Era un po’ la vergogna di questo sport, fino al 1999, Mondiali di Eindhoven, perché questo sistema aveva in sé un aspetto da baraccone, poco serio. Ai Mondiali i giocatori rappresentano le Nazioni, esprimono la forza e la qualità di un movimento, non si possono formare coppie di nazioni diverse perché in questo modo si falsa il significato tecnico, il valore di una squadra nazionale. Infatti, la partecipazione di doppi «misti» era stata cancellata. Adesso ritorna, con una sola motivazione: cercare di regalare qualche medaglia a chi non ne è capace. Non bastava che i cinesi, nelle ultime edizioni, avessero rinunciato a vincere i doppi maschili e misti (regalare quello femminile è davvero impossibile, anche se le cinesi si mettono a fare i clown in campo), iscrivendo ai Mondiali le coppie più deboli, con i più giovani, con un attaccante e una difesa insieme nel misto (!!!), come avviene pure qui a Suzhou, e infine, quando proprio non riuscivano a perdere senza far ridere gli spettatori, perdevano facendoli ridere, con prestazioni da vergogna, palline buttate qui e là. No, non bastava tutto questo perché alla fine a vincere i doppi erano comunque coppie asiatiche o pseudocinesi: a Parigi la Nord Corea nel misto, Taipei nel maschile. E allora, come fare per regalare alla derelitta Europa una medaglia mondiale, visto che adesso anche i tabelloni truccati ad arte per Boll (quello di Rotterdam 2011 il punto più basso nella storia degli imbrogli) o altri non funzionano più? E l’Ittf si inventa i doppi «misti» lanciando quello con Ma Long e Boll!!! Figuriamoci se è stata la Cina a decidere. L’Ittf ha pregato la Cina di mettere uno fra Ma Long e Zhang Jike a disposizione di Boll e i cinesi hanno detto: ma sì, fate che cazzo volete, ormai siamo alle buffonate. Il tutto nascosto da proclami trionfalistici e da altre coppie sfigate, miste e femminili, regalate dai cinesi alle altre nazioni, perché mica potevano mettere a disposizione tutti i più forti. Insomma, uno schifo senza fine.
CONTO ALLA ROVESCIA
Tutto questo si aggiunge all’ulteriore mazzata data ai Mondiali dall’Ittf quando ha deciso che da questa edizione il numero massimo dei giocatori per nazione nel singolo è 5, con la possibilità di uno in più per quella ospitante. Fino alla scorsa edizione (Parigi 2013) erano 7. Il tentativo è di ridurre sempre più il numero dei cinesi, e non solo, anche degli asiatici, in modo da regalare una possibilità di medaglia agli europei. Un po’ quello che è successo alle Olimpiadi, dove i giocatori per nazione sono scesi da 3 a 2, evitando così la tripletta sul podio, cosa che però avviene senza problemi in altri sport olimpici. Così abbiamo avuto la grandissima vergogna di una medaglia di bronzo a Ovtcharov, il giocatore più scarso che sia salito sul podio di tutte le Olimpiadi. Disgustoso. Comunque, a parte il fatto che anche con meno giocatori cinesi gli europei non vincono una mazza, perché sono troppo scarsi, a farne le spese è lo spettacolo, perché i Mondiali, che erano la massima espressione della tecnica e della difficoltà, rischiano di diventare inferiori, come partecipazione, a molti tornei importanti, come già è successo alle Olimpiadi: il tabellone olimpico di Londra era semplicemente ridicolo, come un torneo internazionale di seconda fascia, con giocatori improbabili inseriti direttamente nel tabellone principale, perché quelli forti erano pochissimi. Infine, sempre nell’ambito del deterioramento dei Mondiali, aggiungo il fatto che, questa edizione, lanciata con squilli di trombe dall’Ittf come una manifestazione «grandiosa» nella patria del tennistavolo, in una sede di gioco «meravigliosa», alla fine si rivela sconcertante perché, udite udite, nella sala principale c’è posto per soli 5.500 spettatori! In Cina, 5.500 posti sono l’equivalente occidentale di un cineclub con film  di Ingmar Bergman o dei formalisti russi degli anni Venti. E questi vengono a vendersi l’immagine di Mondiali «eccezionali» con soli 5.500 posti? Siamo oltre lo scandalo o, paradossalmente, siamo già nella realtà di domani, visto che in Cina il tennistavolo sta andando in crisi di spettatori (ormai siamo a poche centinaia per la Superlega e a spalti quasi vuoti per i Campionati nazionali) e soprattutto di sponsor, tanto che, come ha riportato anche la Gazzetta dello Sport, il Ministero dello sport ha dovuto chiedere all’Agenzia Nuova Cina di mandare più giornalisti a questi Mondiali per assicurare più articoli, altrimenti si correva il rischio di uno scarso interesse. A questo siamo arrivati.
ITALIA
In tutto questo, c’è spazio anche per la partecipazione azzurra, anche questa desolante. Gli uomini sono presenti con Bobocica, Stoyanov, Mutti e Rech, le donne solamente con Vivarelli e Piccolin e qui siamo arrivati davvero ai limiti della scomparsa di una nazionale, frutto di tanti anni di politica disastrosa della Fitet, che ha distrutto il settore femminile, in attesa che si compia il destino anche di quello maschile. Dopo tanti sforzi, in effetti, si è riusciti a far smettere di giocare Niko Stefanova (almeno a livello internazionale), che non partecipa perché aspetta sì il secondo bambino, ma che difficilmente sarebbe stata convocata, visto il modo in cui è stata trattata negli ultimi tempi, quasi fosse un’intrusa nel mondo del tennistavolo italiano. Per il resto, c’è solo da fare una considerazione sulla politica federale che riguarda la guida tecnica delle Nazionali. Era stato fatto fuori Gatti da quella femminile, si diceva che fosse incompatibile con Deniso, al quale si attribuivano virtù da «sergente di ferro» che non accettava imposizioni dall’alto, quindi da Sciannimanico. Già avevo fatto notare la contraddizione nel fatto che avesse accettato, invece, l’esclusione di Errigo, da sempre suo amico e collega alla guida delle Nazionali, perché inviso a Sciannimanico. Adesso si aggiunge l’altra contraddizione del fatto che accetti Gatti come guida delle donne. Non vi sembra che ci sia qualcosa di strano in tutto questo? I miei complimenti, comunque, vanno a tutti quelli che hanno trovato la scusa di Deniso c.t. dell’Italia per dire che le cose cambiavano e che quindi potevano votare di nuovo Sciannimanico all’elezione del presidente federale. E, in generale, i miei complimenti vanno a tutti quelli che sui vari forum commentarono positivamente la notizia, dimostrando di appartenere anche loro al grande gregge di pecore che popola il tennistavolo italiano. Tanti auguri invece a giocatori e giocatrici impegnati in questi Mondiali, gli unici che meritano considerazione e sostegno.
PALLINE NUOVE
Sono anche i primi Mondiali con palline non di celluloide, ennesima cazzata galattica dell’Ittf, secondo la quale era stata scatenata un’autentica caccia «in stile antiterrorismo» contro le palline di celluloide, che avrebbero potuto provocare disastri immani, dagli incendi sui treni e sulle navi alla caduta degli aerei con a bordo bagagli contenenti palline di celluloide! Intanto, si è ancora in cerca di una pallina perfettamente sferica (attenzione: non tonda, come si usa dire quando si parla della palla che è tonda per giustificare i risultati a sorpresa nel calcio), magari stanno ancora tarando i macchinari. E poi si discute ancora della resistenza delle nuove palline. Su questo le indicazioni sono discordanti. Io posso solo fornire alcuni dati concreti che arrivano dagli ultimi Campionati nazionali cinesi, svoltisi a novembre dell’anno scorso. Ecco una tabella con le cifre sulle palline rotte ogni giorno con quella di partite e set giocati, così ognuno potrà farsi un’idea.
1a giornata: 124 partite, 453 set, 15 palle rotte: una ogni 30,2 set
2a giornata: 123 partite, 465 set, 25 palle rotte: una ogni 18,6 set
3a giornata 47 partite, 183 set, 18 palle rotte: una ogni 10,1 set
4a giornata 9 partite, 36 set, 10 palle rotte: una ogni 3,6 set
5a giornata 278 partite, 1272 set, 38 palle rotte: una ogni 33,4 set
6a giornata 106 partite, 483 set, 18 palle rotte: una ogni 26,8 set
7a giornata 50 partite, 227 set, 12 palle rotte: una ogni 18,9 set
8a giornata 12 partite, 70 set, 15 palle rotte: una ogni 4,6 set
VALZER DEGLI ADDII
E arriviamo alla parte più malinconica, quella degli addii. Sono molti i cinesi che hanno chiuso la carriera e alcuni di loro agli ultimi Campionati nazionali, a Huangshi, erano già in panchina come allenatori. Fra gli uomini, Chen Qi, il mancino dai movimenti rapidissimi e con gambe incredibili per potenza e velocità, Qiu Yike, non eccelso giocatore, che però qualcuno ricorderà come giustiziere di Boll, da sconosciuto, al secondo turno ai Mondiali di Parigi 2003, col tedesco testa di serie numero 1 perché al comando della classifica mondiale grazie agli imbrogli regolamentari che avevano falsificato la distribuzione dei punti e quindi la stessa classifica, poi sul campo la verità venne a galla. Si è ritirato Ma Lin, figura di ben altra portata rispetto ai due già nominati. Ormai, non ce la faceva più a reggere fisicamente e adesso ricopre l’incarico di responsabile del tennistavolo nell’amministrazione sportiva della Provincia del Guangdong. E’ stata probabilmente anche l’ultima edizione dei Campionati per Wang Hao, che subito dopo ha annunciato il ritiro dalla squadra nazionale. A Huangshi è apparso evidente che, contro i più forti, Wang Hao, in evidente sovrappeso, non ce la faceva a reggere il ritmo, rischiando brutte figure. Contro di lui, Ma Long ha dovuto vistosamente rallentare, sia pure ad arte, per evitargli un’umiliazione. Wang Hao, che è intelligente, ha capito di non poter più reggere e ha deciso di farsi da parte. Fra le donne, in panchina per la squadra femminile di Pechino, c’era Guo Yan, fortissima giocatrice, ma sfortunata a essere capitata negli stessi anni di Zhang Yining, Wang Nan e Guo Yue, altrimenti avrebbe fatto sfracelli, fermo restando che ha vinto parecchie gare importanti. E proprio una di quelle appena nominate, Guo Yue, è l’altra giocatrice che appare molto vicina al ritiro. A Huangshi non c’era, ufficialmente ha problemi a una spalla, ufficiosamente è in disaccordo con squadra e tecnici. Se dovesse davvero ritirarsi, a 27 anni non ancora compiuti, sarebbe triste, perché rimane la seconda di tutti i tempi, dopo Zhang Yining, almeno dal punto di vista tecnico, la più geniale e la più estrosa di tutte, cosa che le ha impedito di raccogliere quello che avrebbe meritato, fermo restando che è la più giovane giocatrice ad aver vinto un titolo mondiale (a squadre nel 2004 a Doha, giocando la finale contro Hong Kong e facendo il suo punto) a 15 anni e 8 mesi, confermandosi poi sia nel singolo (Zagabria 2007) che in doppio (4 titoli). Ed è la più giovane a vincere un Open internazionale, in Giappone a 15 anni e 66 giorni, anche se, nei dati ufficiali risulta più giovane la giapponese Mima Ito, che ha vinto i recenti Open di Germania a 14 anni a 152 giorni: il punto è che Ito ha vinto un torneo senza le più forti cinesi, quindi un Open di seconda classe, Guo Yue vinse un torneo che era un Mondiale, con tutte le cinesi più forti in gara, Wang Nan, Zhang Yining, Niu Jianfeng, Guo Yan, ovviamente tutte ai primi posti della classifica mondiale.
UN RITIRO TRISTE
Ma il ritiro più importante e più triste è quello del giocatore più spettacolare di tutti i tempi, Wang Liqin. Un ritiro in sordina, com’è nel suo carattere, tanto che il sito dell’Ittf, comunque colpevolmente, nemmeno se n’è accorto e non l’ha mai annunciato. Wang Liqin ha giocato la sua ultima partita a dicembre 2013, in doppio con Shang Kun nel campionato cinese a squadre. Poi, senza fanfare, senza luci, ha smesso. Adesso è il responsabile del tennistavolo dell’amministrazione sportiva di Shanghai. In quanto tale, ha portato anche fortuna alla sua città perché Shanghai ha vinto il titolo a squadre ai Campionati nazionali dopo 25 anni, paradossalmente non c’era riuscita da giocatore. Il suo addio, comunque, merita molto di più di semplici cifre, a partire dai 3 titoli mondiali di singolo, oltre a quelli olimpici di doppio con Yan Sen (con cui ha dominato anche i Mondiali) e a squadre (più quelli mondiali), col rammarico di a ver sprecato due volte l’occasione di essere campione olimpico anche nel singolo, e alle tantissime vittorie negli Open (3 volte quelli di Svezia) e nei Campionati Asiatici. Ma non è tanto nel numero di vittorie che risiede la sua grandezza, quanto nello spettacolo che ha regalato agli appassionati di tennistavolo e anche a chi lo vedeva per la prima volta, con un gioco potente e fantasmagorico, che frantumava gli avversari. La sua vittoria più impressionante, da questo punto di vista, è quella nel singolo ai Giochi Nazionali Cinesi nel 2005, in finale contro Wang Hao: 4-0 in soli venti minuti, qualcosa di terrificante. Per me, nell’intera storia del tennistavolo, solo Kong Linghui e Waldner possono stargli davanti, per un soffio, in virtù della loro tecnica superiore e delle loro favolose invenzioni di gioco, ma dal punto di vista dello spettacolo mi sento di dire che Wang Liqin è stato il più grande di tutti.
CUORE DI DRAGO
Parlare di Wang Liqin, per me, ha un significato particolare, perché sono stato l’unico a seguire tutta la sua carriera sin dai suoi primi passi internazionali, nel 1993, quando aveva appena 15 anni, e perché, quando lo vidi per la prima volta, mi impegnai in un pronostico che poteva apparire folle, ma che si rivelò esatto. Lui lo sa e, anche per questo motivo, mi ha gratificato della sua riconoscenza e della sua amicizia, così come già Kong Linghui. E vederli seduti vicini, al tavolo dei tecnici, ai Campionati nazionali cinesi a Huangshi, provoca tanta malinconia a pensare a quello che è stato il tennistavolo con loro due in campo. Ma torniamo al 1993. A quell’epoca, Cai Zhenhua, c.t. della Cina, stava costruendo la nuova squadra, in particolare, oltre alla nuova tecnica dei pennaioli che colpiscono la palla con entrambe le facce della racchetta, a cominciare da Liu Guoliang, Cai Zhenhua stava mettendo su la generazione di cinesi all’europea, che avrebbero sconvolto definitivamente il mondo del tennistavolo. Perciò, decise di mandare a giocare nel campionato svedese, per il definitivo salto di qualità, prima Wang Liqin, nel 1993, poi Kong Linghui, nel 1994. Perciò, Wang Liqin, trovandosi là, fu iscritto agli Open di Svezia del novembre 1993, a Karlskrona. Giocò nelle qualificazioni, in un girone con Blaszczyk (Polonia), Masuda (Giappone) e Monrad (Danimarca). Quello per me era il primo Open internazionale che andavo a vedere e, praticamente unico giornalista nel giorno delle qualificazioni (gli altri, a parte pochissimi svedesi,  ritenevano fosse inutile, arrivavano dopo), andavo in cerca dei nuovi cinesi, quindi osservai Wang Liqin. Ebbene, perse 3 incontri su 3, contro avversari non di altissima caratura, a parte il bravo Blaszczyk, comunque non eccelso. Ecco i risultati: Blaszczyk-Wang Liqin 21-12, 22-20; Masuda-Wang Liqin 18-21, 21-15, 21-18; Monrad-Wang Liqin 21-15, 22-20. Un cinese che perde 3 incontri su 3 nelle qualificazioni non si era mai visto e non si è più visto. Ciò nonostante, dopo l’ultima partita, mi avvicinai al suo allenatore e gli chiesi quanti avesse Wang Liqin, lui mi rispose 15. Allora, non sapendo come dirlo in cinese, scrissi un biglietto  e lo mostrai all’allenatore: numero 1 nel mondo nel 1999. Lui sorrise, probabilmente mi credeva pazzo, io ero certo di quello che pensavo. La sua scalata ha inizio. Nel 1995, alla sua prima partecipazione ai Campionati nazionali cinesi, perde 3-2 in finale con Ding Song, dopo una spettacolare partita. Sempre nel 1995, torna agli Open di Svezia e batte Gatien, nessuno ricorda che c’è già stato nel 1993 e sul magazine dell’Ittf esce un articolo per celebrare «un nuovo campione alla sua prima partecipazione agli Open di Svezia». Nel 1997, partecipa per la prima volta ai Mondiali, a Manchester, e butta via la vittoria contro Samsonov, che poi arriverà in finale, costringendolo in difesa per tutta la gara e sciupando vantaggi considerevoli, l’inesperienza è ancora decisiva. Nel 1998, vince tre titoli ai Campionati Asiatici a Osaka. A inizio 1999, come avevo detto, Wang Liqin diventò numero 1 della classifica mondiale, perdendo poi stupidamente nei Mondiali a Eindhoven, 3-0 con Eloi, allora suo compagno di club. Si rifece negli anni successivi, ma quel che conta  è che il mio pronostico era giusto. Cosa avevo visto in quelle tre partite che lui perse a Karlskrona? Un gioco d’attacco continuo, su ogni palla, da ogni lato, senza preoccuparsi del risultato. Si notava chiaramente che stava costruendo il suo gioco e questo gioco non prevedeva pause «di difesa» o «di attesa», anche sull’attacco avversario lui pensava a tirare una palla potente di ulteriore attacco, non c’era neanche una palla buttata dall’altra parte «in recupero», mai, anche quando doveva rincorrere la palla buttata in un angolo dall’avversario, Wang Liqin trovava il modo di arrivare in posizione e scaraventare un nuovo topspin dall’altra parte del tavolo. I suoi avversari pensavano a vincere quella partita, lui pensava a diventare il più grande. Ovviamente, gli errori erano parecchi, ma, almeno per me, era chiaro che una volta trovato il giusto tempo e il giusto ritmo Wang Liqin avrebbe spaccato tutti. Quantificai in 3 anni il tempo per giocare alla pari con i più forti e 6 anni per diventare il numero uno. Così fu. Ma c’è ancora un ultimo aspetto di Wang Liqin che mi preme mettere in evidenza: il suo cuor di leone. In Cina, l’ammirazione va ai furbi, agli inizi della carriera Ma Lin godeva di molta più stima da parte dei tecnici rispetto a Wang Liqin, che, con i suoi modi educati, era giudicato un fesso. Addirittura, un alto esponente della Federazione, un giorno, in conferenza stampa, dopo una partita persa malamente da Wang Liqin, lo definì un «idiota». Gli stessi giornalisti lo credevano un pusillanime, solo perché non aveva gli atteggiamenti da figlio di puttana che aveva Ma Lin. Ma sul campo, quando c’era bisogno di uno con le palle, beh, quello era Wang Liqin, Concludo, perciò, citando la sua più grande impresa, associata a quello che, secondo me, è il più grande colpo mai tirato in tutta la storia del tennistavolo. Mondiali a squadre a Brema, 2006, semifinale Cina-Germania in un palazzetto stracolmo con 15.000 spettatori ululanti che inneggiano a Boll. Ma Lin, contro Boll, parte sparato, vince il primo set ma poi, impaurito dalla folla che urla, se la fa letteralmente addosso e perde. Ci deve pensare Wang Liqin a reggere, da solo, un peso tremendo: lui batte 3-0 Suss, Wang Hao supera 3-0 Fejer-Konnerth e Wang Liqin, sul 2-1, si trova di fronte un Boll caricato a mille, con il timore che Ma Lin, sull’eventuale 2-2, si cachi sotto anche contro Suss. La partita con Boll è leggendaria. Dai 15.000 del palazzetto arriva un boato immenso, Wang Liqin è solo davanti a una marea furente e a un Boll che intravede la gara della vita. Si va sul 2-2, con Wang Liqin a condurre 1-0 e 2-1 e Boll a recuperare, scambi pazzeschi, attacchi veloci e potenti da ambo le parti. Il quinto set si gioca in una bolgia infernale, Boll parte come un indemoniato, costringe Wang Liqin in difesa e conduce 4-2. Wang Liqin sembra spacciato, anche perché, sul punto successivo, Boll trova l’attacco giusto e comincia a martellare di topspin di diritto sul rovescio di Wang Liqin, che è costretto ad allontanarsi sempre più dal tavolo e a spostarsi sempre più sulla sua sinistra cercando comunque di rispondere di diritto per dare almeno un residuo di potenza alla palla, tanto che lo scambio sembra ormai finito, con Boll che, su una palla ormai alta sul tavolo, vi scarica tutta la rabbiosa potenza di cui è capace, incrociando il colpo per buttare Wang Liqin ancora più lontano dal tavolo e più a sinistra. E’ un colpo che pare impossibile da ribattere e sul 5-2 il destino di Wang Liqin potrebbe essere segnato. I tifosi tedeschi accompagnano gli attacchi di Boll e quest’ultimo violento topspin con un ruggito spaventoso. Ma proprio in questo momento, quando sembra spacciato, Wang Liqin lancia il suo urlo, più potente di una deflagrazione atomica, e mostra al mondo qualcosa che non si era mai vista, né si potrà mai più vedere. Ormai senza quasi la possibilità di spostarsi più di lato, e senza il tempo di cambiare posizione a causa della velocità dell’attacco di Boll, inventa un colpo sensazionale, stravolgendo la tecnica della posizione delle gambe nel topspin, anzi, applicandola letteralmente al contrario: non ha il tempo di fare il caricamento sulla gamba destra, è piegato a terra  con l’intero peso del corpo che poggia solo sulla gamba sinistra, piegata anch’essa a pochi centimetri da terra, trova un equilibrio impossibile con la gamba destra tesa in avanti, completamente scarica quindi senza alcun contributo di forza al colpo, e con la forza del solo braccio, da terra, tira un controtopspin da leggenda di una inusitata potenza che costringe Boll a un colpo di difesa per poi sbagliare alla successiva ribattuta. I tedeschi ammutoliscono. Wang Liqin si rialza da terra con i suoi coglioni che lanciano fiamme e arriva in cielo come il Dio del tennistavolo. Da quel momento, si scatena in una serie di attacchi assassini, davanti a sé ha un Boll ormai frastornato, e chiude 11-6. La Cina vince 3-1 e poi batterà 3-0 la Sud Corea in finale. Nella foto, presa miracolosamente da un fotografo cinese, è immortalato questo colpo leggendario. E lui, Wang Liqin, è l’eroe che l’ha compiuto. Nel momento più difficile ha mostrato qual è il vero coraggio, la vera tecnica, il vero tennistavolo, che rimpiangerò per sempre. Nelle vene di Wang Liqin scorre il sangue di mille draghi.

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