I Mondiali di Düsseldorf

17 Giugno 2017 da Ping Pong Italia · 5 Commenti 

del Drago Rosso

Con quelli di Düsseldorf sono 23 i Mondiali di tennistavolo cui ho assistito, tutti quelli disputati da Dortmund 1989 a oggi, e la sensazione che ne ricavo è sempre più deprimente. Se in bocca rimane il dolce per una bellissima finale maschile (spettacolare sì, ma non certo la più emozionante di sempre, come la si definisce sul sito Ittf, sempre più “ignorante” in materia), questo non annulla l’amarissimo per tanti altri aspetti di una edizione che ha mostrato ancora di più l’involuzione, sia tecnica, sia organizzativa, che il tennistavolo sta subendo. Ed è una involuzione che l’Ittf cerca di camuffare da grande spettacolo, grazie alla collaborazione di mezzi di informazione stupidi, inetti o asserviti. A Düsseldorf sono successe tante cose, ma quello che viene fuori sono soltanto le immagini false della Tv della stessa Ittf, false perché “ristrette” e circoscritte solo a quello che si vuole far vedere, false perché, con inquadrature ben mirate, si dà un’idea distorta dell’ambiente e delle gare. E viene fuori una rappresentazione altrettanto falsa, anche da parte dei mezzi di informazione indipendenti, o presunti tali, che si limitano a fare “copia e incolla” dei comunicati dell’Ittf o, come migliore indicazione tecnica, fanno sapere che tizio ha battuto caio 4-3, senza essere in grado di dare alcuna indicazione su cosa è davvero accaduto, sul perché è accaduto e sul futuro del tennistavolo. Non mi resta, da solito rompicoglioni, che parlare dei Mondiali come li ho visti io, non nel senso di mia interpretazione (a parte i giudizi tecnici che sono sempre personali) ma di testimonianza diretta di cosa è veramente successo e, per la maggiorparte, non è stato raccontato o analizzato da nessun altro.

DÛSSELDORF

Il ritornello di ogni edizione dei Mondiali, da una decina di anni, è quella dei “più belli di sempre”. A sentire l’Ittf, stiamo arrivando a livelli galattici, visto che si migliora anno dopo anno. La verità è che, dal punto di vista organizzativo, si continua a peggiorare (quello tecnico lo esamino a parte) anche quando le strutture a disposizione, imponenti, permetterebbero di assistere alle gare col massimo della comodità e dell’efficienza possibili. A Düsseldorf, nelle immense sale del Centro congressi Messe, con annesso palasport Esprit Arena (quest’ultimo utilizzato, e male, solo per la cerimonia di apertura), c’è stato il festival dello spreco dello spazio, della scomodità e dei pessimi servizi per gli spettatori: pochi punti ristoro, con file interminabili, pochi bagni. Ma il peggio era, nella sala principale, l’inesistenza di punti di accesso per i disabili, che sono stati costretti a stare sul terreno di gioco, al buio, con ovvie e grandi difficoltà di visione dei tavoli, non solo a causa della necessità di stare sulla carrozzina e quindi di avere gli occhi pochissimo sopra l’altezza delle transenne (più alte del normale nella sala principale), ma anche perché nessuno ha pensato di impedire a fotografi e operatori tv di piazzarsi davanti a loro nella parte che poteva essere tranquillamente lasciata libera senza alcun danno per chi doveva riprendere il tavolo e fare foto. Ma il peggio è arrivato quando, su richiesta precisa a un tedesco sul perché i disabili fossero stati trattati in questo modo, lui ha risposto, candidamente, che quello era il posto migliore in cui potessero stare, e quindi dovevano ritenersi fortunati!!! La tipica “sensibilità” crucca, la tipica arroganza del “Deutschland über alles”!

SALA DA GIOCO

Ma andiamo nello specifico. La seconda sala, utilizzata solo nei primi 4 giorni, era molto lunga, con tribune su un solo lato lungo e una tribunetta su un solo lato corto. Sarebbe potuta anche andare bene così, se non fosse che gli ingressi alle tribune si trovavano sul davanti e non sul di dietro. Così, c’è stato un ininterrotto e fastidioso passaggio di spettatori su un lato dei tavoli, con giocatori che sullo sfondo si ritrovavano con la visuale danneggiata da un continuo movimento. La prima sala, che nelle intenzione sarebbe dovuta essere una meraviglia, è stata invece la dimostrazione di quanto i tedeschi siano ignoranti, ma davvero ignoranti. La pecca più evidente: è stato stabilito il record mondiale di distanza fra gli spettatori e i tavoli. Dal bordo del tavolo alla prima fila delle sedie dei lati lunghi c’erano 25 metri, verificati da me. La distanza minima era quella fra i tavoli laterali (fin quando ce ne sono stati 4 nella sala) e i lati corti, “solo” 15 metri. Ma quando i tavoli sono stati ridotti a 2, la distanza dai lati corti saliva a 35 metri. E quando c’è rimasto un solo tavolo, gli organizzatori hanno avuto la brillante idea di non tenerlo al centro, ma spostarlo verso uno dei lati corti, col risultato che gli spettatori dell’altro lato corto avevano il tavolo a 50 metri e anche molti degli spettatori dei lati lunghi si ritrovavano il tavolo ad almeno 30-40 metri. Insomma, pagare il biglietto ed essere considerati figli di puttana rispetto ad altri che avevano pagato la stessa cifra ma, botta di culo, si ritrovano più vicini al tavolo. Eppure, sarebbe bastato avvicinare di 15 metri le tribune ai tavoli e costruirle più ripide per avere sia una miglior visibilità da qualsiasi punto, sia una capienza maggiore. L’Ittf parla di 8.000 posti. Io, da inguaribile e malfidato rompicoglioni, li ho contati, uno per uno, e sono arrivato a 5.500. Dove li hanno visti, quelli dell’Ittf, gli altri 2.500 posti? Infine, a proposito del “tutto esaurito” (mi scuserete se non dico “sold out”, ma non posso adeguarmi agli idioti e agli analfabeti), l’impianto era pieno solo negli ultimi 3 giorni. Inutile prendersi in giro e vantare un successo grandioso per 5.500 posti esauriti negli ultimi 3 giorni. Il punto vero è sapere quanti spettatori c’erano dal primo al quart’ultimo giorno, quanti negli incontri di campionato durante l’anno, quanti negli Open internazionali e così via. Andando a guardare quelle cifre, si scopre che il tennistavolo sta affondando sempre più, a cominciare, ve lo dico da almeno 5 anni, dalla Cina, con un calo incredibile di spettatori. Sono rimasti solo quelli sui siti, che però sono sempre gli stessi che si moltiplicano per ogni contatto, invece di essere considerati nella loro singolarità. Ma sì, come diceva Nanni Moretti, continuiamo a farci del male, è così bello prendersi per il culo.

SHOW

Lo spirito che anima l’Ittf e gli organizzatori non è quello dello spettacolo sul tavolo, ma fuori. In certi casi, si può anche assistere a trovate interessanti. A Düsseldorf mi è sembrata apprezzabile l’idea della presentazione dei giocatori, quando sono rimasti 2 tavoli, con i giochi di luce, le fiamme e le danzatrici con le clavette che diventavano bandiere delle nazioni dei giocatori. L’unico intoppo, comunque divertente, si è verificato nell’incontro Boll-Ma Long, quando all’ingresso di Boll sono apparse le bandiere cinesi e con Ma Long quelle tedesche. Il quadro generale, però, è negativo, colpa soprattutto delle Tv che pare abbiano imposto definitivamente il “buio” intorno al tavolo.

TELEVISIONE ASSASSINA

Negli ultimi anni, l’Ittf ha fatto tornare il tennistavolo ai “tempi bui”, dopo che, dall’inizio degli anni Settanta fino al 2012, si era imposta la luce “aperta”. Non c’è bisogno di essere anziani per ricordare le visioni spettrali di campi con una specie di faro sul tavolo e tutt’intorno l’oscurità. Per avere un’idea dell’atmosfera, vorrei ricordare le parole del padre di un campione antico, l’inglese Fred Perry, l’unico ad aver vinto le gare più importanti sia del tennistavolo (Mondiali) che del tennis (3 volte Wimbledon, 5 negli altri tre tornei del Grande Slam). Suo padre lo vide giocare a ping pong e rimase sdegnato per uno sport che si giocava in luoghi bui, tanto da dire che quegli atleti sembravano “fantasmi”. Fu accontentato perché il figlio, dopo aver vinto l’oro nel singolo ai Mondiali 1929 a Budapest, oltre a un argento e due bronzi fra quelli del ’28 e del ’29, si dedicò completamente al tennis. Dai Mondiali di Parigi 2013 si è tornati alla luce concentrata sui tavoli. A Dusseldorf, c’è stata un’ulteriore, chiamiamola così, innovazione: la luce in faccia agli spettatori. Infatti, c’erano fari piazzati con angolazione tale che gli spettatori dovevano tenere la testa abbassata per non avere la luce di questi fari negli occhi. E va bene che si deve guardare in basso, verso il tavolo, ma non si può starà costantemente con la testa piegata e il fastidio era notevole. Inoltre, non c’era assolutamente motivo per questo, se non quello di fare un po’ di luce, visto che sul campo c’era tanto buio. A chi ha visto le gare sulla Tv dell’Ittf tutto questo sfuggiva e questo fa ancora più capire che quel sistema di luce non aveva senso, così come non ha senso il voler il buio attorno ai tavoli. Il 90% delle riprese Tv sono concentrate sul tavolo, tutto quello che c’è attorno non esiste. Il rimanente 10% è dedicato ai replay e ai giocatori che si preparano a effettuare il servizio. Quindi, a cosa serve il buio? Serve solo ad avere lo sfondo scuro, in quel 10% delle immagini, perché le Tv giudicano disturbante la visione di gente (fotografi, operatori) al di fuori del campo di gioco. E per questo 10% l’Ittf acconsente a mettere in atto questa gigantesca puttanata del tennistavolo al buio? Congratulazioni ai geni dell’Ittf.

GIOCATORI SCHIAVI

Le esigenze della Tv e degli organizzatori, infine, si sono coalizzate per rendere i Mondiali ancora più indecenti dal punto di vista tecnico quando si è trattato di decidere gli orari delle ultime giornate di gara. Per piazzare i tedeschi negli orari più interessanti per la Tv, è stato stravolto il programma del singolo maschile: gli ottavi di finale non si sono giocati tutti nella stessa giornata, due sono stati spostati al giorno dopo, quando si sono comunque giocati tutti i quarti di finale e quando era prevista anche la finale del doppio maschile. Nessun problema per Ovtcharov perché i tedeschi, per tenerlo fresco per la gara in cui pensavano sarebbe arrivato a giocarsela coi cinesi almeno nei quarti, non lo hanno schierato nel doppio. Ma per Xu Xin i problemi ci sono stati eccome. Nella penultima giornata di gara, a causa di questo folle ordine di gioco, Xu Xin ha dovuto affrontare Lin Gaoyuan negli ottavi, partita dura in 7 set, nel pomeriggio ha giocato la finale del doppio, 4-1 a Morizono-Oshima, poi è stato impegnato per un’altra ora fra interviste in zona mista, conferenza stampa e infine premiazione, per poi giocare il quarto di finale contro il giapponese Harimoto senza essersi potuto né riposarsi, né riscaldarsi abbastanza al tavolo. Tre incontri in una giornata, dei turni finali, quindi con maggior carico fisico e mentale, non sono ammissibili, ma Xu Xin è stato sacrificato alla Tv e alla stupidità degli organizzatori tedeschi.

ELEZIONI COL SOSPETTO

A Dusseldorf, prima ancora che alle gare, bisognava prestare attenzione a un altro fatto di ben maggiore importanza, l’elezione del presidente Ittf. I candidati erano due, il presidente uscente, il tedesco Thomas Weikert, e il belga Jean Michel Saive. Weikert era diventato presidente dopo la rinuncia di Adham Sharara, rieletto nel 2013 (contro Stefano Bosi che, potenzialmente in possesso dei voti per vincere, all’ultimo momento era stato tradito dai cinesi), ma poi dimessosi in un clima di sospetti e accuse. Weikert e i tedeschi, che sembravano aver gestito le dimissioni di Sharara in un clima di accordo e amicizia, avevano poi rivoltato la frittata, messo Sharara in un angolo e cancellato il contratto con l’azienda di marketing dell’Ittf, la Tms, legata allo stesso Sharara. Così, Sharara era passato a contrastare Weikert e appoggiava Saive. Purtroppo, il suo appoggio non ha giovato al belga che, da ex giocatore, aveva le simpatie di gran parte della base del tennistavolo. La Cina, in particolare, ha votato Weikert proprio perché pensava che Saive, se eletto, sarebbe poi stato il burattino di Sharara. In realtà, Saive ha la personalità per andare avanti da solo e anche qualche idea per sottrarre il tennistavolo alla morsa dell’attuale Ittf, fatta di gente che non capisce un cazzo di questo sport e sta lì solo per occupare poltrone. Ma ai cinesi faceva anche comodo pensare a un Saive non autonomo da Sharara, come scusa per non votarlo, perché Saive avrebbe potuto impostare un programma in cui i giocatori avessero peso maggiore nelle scelte, oltre che maggiore libertà, cosa questa che non piace non solo ai cinesi, ma in generale a tutte le Federazioni nazionali che vogliono continuare a tenere i giocatori “prigionieri”. Tanto per fare l’esempio più banale: i giocatori non sono liberi di iscriversi ai tornei per conto loro, come nel tennis; in teoria, molto in teoria, ci sarebbe una possibilità del genere, nella realtà non c’è. Il tennistavolo, per i principi legislativi, è nel medioevo dello sport e dei diritti umani. Fra l’altro, a sancire questo accordo fra Cina e Germania c’erano anche le coppie “miste” sui tavoli: Ma Long con Boll nel maschile, Fang Bo con Petrissa Solja nel misto. Ma, a dispetto di tutto questo, Saive avrebbe potuto vincere se non ci fosse stato un intervento “esterno” che si è rivelato decisivo. A Weikert sono andati 118 voti, a Saive 90. Ma la situazione, due giorni prima del voto, era diversa. Saive aveva in tasca 120 voti e l’elezione assicurata. A quel punto, più che un intervento politico, c’è stata l’intromissione di una azienda che opera nel tennistavolo. I rappresentanti di 18 paesi africani e 12 latino-americani si sono ritrovati con somme variabili dai 3.000 ai 5.000 dollari in contanti in tasca, più la promessa di 15 tavoli, con tutti gli accessori annessi e connessi, a partire dal pavimento. Ovviamente per appoggiare Weikert. E lì si è decisa l’elezione. Per capire la “stima” di cui gode Weikert, basti pensare che 30 dei 48 voti europei rappresentati nell’assemblea sono andati a Saive. Insomma, il presidente tedesco non ha la fiducia nemmeno del suo continente. Quindi, per altri 4 anni, ci sarà Weikert, a sua volta burattino dei “poteri forti”, prepariamoci ad altri grandi danni per il nostro sport.

TABELLONI RIDICOLI

Cominciamo a trasferirci sui tavoli, partendo dai tabelloni. Qui oscilliamo fra il ridicolo e l’imbroglio. Intanto, va ricordato che l’Ittf ha ridotto poco alla volta il numero dei doppi per ogni nazione, per poter regalare medaglie agli scarsi. Poi ha restaurato i doppi fra nazioni diverse, anche in questo caso per regalare qualche medaglia, magari con la collaborazione degli stessi cinesi. Fra l’altro, se una nazione ha un giocatore che fa il doppio con quello di un’altra nazione, vale come secondo doppio per quella nazione. Quindi, nel doppio maschile la Cina ha Xu Xin-Fan Zhendong e poi Ma Long con Boll, non può schierare un quarto giocatore per il doppio con un’altra nazione. Quindi, invece di 4 giocatori, ne può schierare solo 3. Nel doppio misto, addirittura, la Cina può schierare solo due giocatori, Fang Bo in coppia con la tedesca Solja e Feng Yalan in coppia col danese Groth. Insomma, come eliminare la possibilità che la Cina arrivi a medaglia. Il punto, però, è che l’Ittf si taglia i coglioni con le sue stesse mani quando fa i doppi fra nazioni diverse. Quindi, come già a Suzhou 2015, si mettono insieme Ma Long e Boll, ma sono considerati come un doppio senza classifica, visto che non hanno punti insieme, e ci credo, visto che non giocano insieme tranne uno o due tornei internazionali qualche anno prima. Così, al secondo turno a Suzhou si scontrano con Xu Xin-Zhang Jike, testa di serie. Avete mai visto una cosa più idiota di questa? A Dusseldorf stessa cosa, l’unica differenza è che invece di giocare al secondo turno contro la testa di serie ci giocano al terzo turno, stavolta contro Xu Xin-Fan Zhendong. Ovviamente, visto che sono poco affiatati e che Boll alla lunga, considerata l’età, non può reggere il ritmo degli avversari molto più giovani, il risultato è scontato. In questo caso, oltre all’idiozia, c’è l’incompetenza assoluta. Nel tennistavolo, la percentuale di valore legato al cosiddetto affiatamento è minima. Se il numero 1 e il numero 2 del mondo si mettono insieme (e lasciamo stare che sono cinesi e magari in allenamento l’avranno pure provato qualche volta, consideriamoli anche non cinesi entrambi) secondo voi valgono meno del numero 20 e 21 che giocano sempre insieme? Chi è che ha sempre gli stessi doppi? Le nazioni più deboli, che hanno pochi giocatori di valore e li mettono insieme per il doppio. La Cina cambia doppi in continuazione e tutti sono in grado di vincere i Mondiali. Insomma, di che cavolo stiamo parlando. Vogliamo un esempio clamoroso dell’idiozia di questa regola del cazzo? Eccolo: la testa di serie numero 1 del doppio femminile a Dusseldorf è… Ekholm (Svezia)-Pota (Ungheria). Che hanno più punti nella classifica del doppio, ma che non valgono un’unghia dei doppi veri, infatti perdono al primo turno contro Bilenko (Ucraina)-Pavlovich (Bielorussia), che poi perdono con Garec (Slovenia)-Moret (Svizzera), che poi perdono con un doppio vero, Feng Tianwei-Yu Mengyu (Singapore). Ci rendiamo conto di quanto tutto questo sia ridicolo e oltraggioso per il tennistavolo? Ma che cazzo di tabellone è mai questo? I due doppi cinesi, Chen Meng-Zhu Yuling e Ding Ning-Liu Shiwen, sono solo teste di serie n. 3 e 4, ma perché qualche volta hanno giocato insieme. E infatti arrivano entrambe in finale. Così come nel maschile Xu Xin e Fan Zhendong, solo testa di serie n.3 dopo Morizono-Oshima (Giappone) e, qui siamo oltre il ridicolo, Franziska (Germania)-Groth (Danimarca)!!! Ovviamente, vincono i cinesi.

TABELLONI CON IMBROGLIO

E passiamo agli imbrogli. Diciamo che ce n’è solo uno di rilievo a Dusseldorf e riguarda il singolo femminile, a vantaggio della giapponese Miu Hirano. Molti, dopo la sua vittoria nei Campionati asiatici, sperano e predicono che vincerà anche i Mondiali. Su come va a finire parlo a parte. Sul tabellone c’è qualcosa da dire. Nel primo quarto c’è la testa di serie n.1 Ding Ning, nel secondo quarto c’è la Hirano, senza cinesi e con la sola Feng Tianwei come giocatrice forte. Nella parte bassa del tabellone ci sono tutte le altre cinesi: Liu Shiwen, Zhu Yuling, Chen Meng e Mu Zi. Quest’ultima, barzelletta delle barzellette, parte dalle qualificazioni perché, non avendo giocato gare internazionali per più di 8 mesi, ha perso la qualifica, tant’è che nel gruppo di qualificazione parte come numero 3 su 3 giocatrici, alle spalle di Lorenzotti (Uruguay) e Fins (Portogallo), nel gruppo 42 sui 51 totali: i gruppi “degradano” a seconda della classifica, per cui il 41 è uno di quelli con le giocatrici più scarse!!! Ora, a parte l’idiozia di considerare inesistente una giocatrice che, al momento della “scomparsa” era 14 del mondo, e non 5 anni fa, ma nemmeno un anno fa, nel discorso sui tabelloni con imbroglio si inserisce anche il fatto che il sorteggio maligno ha fatto capitare tutte le cinesi dalla parte opposta a Hirano. Ma che coincidenza! Sembrava quasi di riassistere ai tabelloni con Boll che si trovava da solo in un quarto del tabellone, con un cinese nell’altro quarto e con gli altri 6 cinesi (allora era possibile iscriverne 7 ai Mondiali) tutti nell’altra metà. Anche allora, sorteggio “sfortunato” per i cinesi. Sul fatto che la Hirano sia stata poi malmenata da Ding Ning torno dopo.

DOPPI MISTI E OLIMPIADI

Parlando di doppi, misti fra nazioni e misti nel senso classico, arriviamo a un argomento ancora più importante, che parte dai Mondiali per finire alle Olimpiadi. Dico subito che il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha approvato l’ingresso di nuove gare a Tokyo 2020, una di queste è il doppio misto nel tennistavolo. Per un momento, comunque, torniamo ai Mondiali di Dusseldorf. I cinesi hanno rinunciato ormai a schierare doppi “nazionali” in questa gara e, sempre nel rispetto del patto elettorale di cui ho già parlato, hanno cercato di regalare alla Germania un oro mondiale, specialmente nel doppio misto (vista la gigantesca cazzata dell’Ittf a proposito delle regole delle teste di serie in quello maschile). Il problema è che quella affiancata a Fang Bo, pur essendo la miglior tedesca nella classifica mondiale, n.20 (lasciando da parte le cinesi Han Ying e Shan Xiaona, che non possono giocare i Mondiali per regolamento), è davvero scarsa, anche se la Federazione tedesca e l’Ittf la lanciano come grande protagonista. In effetti, lo si è visto nel singolo quanto è scarsa (fuori 4-1 dalla ungherese Pergel, n.99 del mondo!!!) e nel doppio misto è stata la palla al piede per Fang Bo. Alla fine sono andati fuori in semifinale per mano dei giapponesi Yoshimura-Ishikawa dopo essere stati in vantaggio 3-1. I giapponesi hanno poi vinto scatenando gli scomposti commenti dell’Ittf e degli incompetenti, che adesso arrivano a pronosticare per loro addirittura l’oro olimpico. Possibile? Alle Olimpiadi, come ho già ricordato, non sono possibili doppi fra nazioni diverse, quindi i cinesi potrebbero presentare un doppio misto autentico. Ma c’è un dubbio in proposito. Questa proposta fu lanciata dall’Ittf al Cio un po’ di tempo fa e prevedeva quanto segue: ogni nazionale potrebbe partecipare a un massimo di 4 gare sulle 5 in programma alle Olimpiadi, avendo quindi il diritto di scegliere a quale rinunciare. IL significato è chiaro: fuori i cinesi dal doppio misto (perché la Cina, essendo costretta a scegliere, eliminerebbe la gara meno importante, il misto) e tre medaglie regalate ad altre nazioni, una delle quali conquisterebbe il titolo di campione olimpico grazie a un trucco. Insomma, un gigantesco imbroglio. E infatti, l’Ittf si è affrettata a lanciare in pompa magna sul suo sito l’ipotesi che Yoshimura e Ishikawa possano diventare campioni olimpici a Tokyo. Ma questa regola c’è o non c’è? E qui viene il bello. L’Ittf, fra annuncio ufficiale e articoli di propaganda, non ha detto se ogni nazione potrà partecipare a tutte e 5 le gare in programma o solo a 4, come previsto dall’ipotesi iniziale. Nemmeno la Cina, al momento, sa quale sarà il regolamento in proposito. L’Ittf lo tiene nascosto anche a loro. L’unica cosa certa è che il Cio in tali questioni non interviene, quindi tutto dipende dall’Ittf, che interpellata ufficialmente non ha risposto ad alcuna delle richieste di chiarimento. Spero di sbagliarmi, ma sento puzza fortissima di un altro regalo, addirittura tutto il podio olimpico, agli scarsi.

KONG LINGHUI

Fra le tante sorprese, purtroppo c’è stata quella dell’allontanamento di Kong Linghui dai Mondiali e, in assoluto, dalla guida della Nazionale cinese femminile. Si sa cosa è successo, ma ci sono particolari interessanti da osservare. Un giornale cinese ha riferito che un Casinò di Singapore ha portato Kong Linghui in tribunale per un debito di gioco di 290.000 euro. Immediatamente è scattata la reazione della Federazione cinese che ha dichiarato Kong Linghui “indegno” e lo ha sospeso. Kong Linghui ha chiesto scusa e ha spiegato che il debito non è dovuto alle sue giocate, ma a quelle di un famigliare. Era andato a Singapore in vacanza con genitori e parenti “allargati”, ha garantito con la sua carta di credito per tutti e qualcuno, non lui, ha perso tutti quei soldi. Questa appare come una scusa, e quasi sicuramente lo è, considerato che Kong Linghui ha da sempre avuto il vizio del gioco e delle scommesse, tanto che puntava anche sulle partite del calcio italiano. E’ anche vero, però, che molta gente campa alle sue spalle, compresi parenti acquisiti, quindi c’è una piccola probabilità che una parte delle perdite non sia sua. Ma, anche ammettendo e dando per scontato che il debito sia tutto suo, c’è qualcosa che non quadra nella situazione della Nazionale di tennistavolo. La prima considerazione che mi viene da fare è che del vizio di Kong Linghui e delle sue perdite al gioco, non da adesso, ma da parecchi anni, sapevano tutti, dentro e fuori l’ambiente del tennistavolo e della Federazione, ma nessuno si era mai sognato di denunciare “comportamenti non consoni a un tecnico della Nazionale”. Cosa è cambiato adesso? Il fatto che la questione vada in tribunale? Sarebbe una bella ipocrisia. La mia seconda considerazione è che tutto questo è un affare privato fra Kong Linghui e il Casinò. Non c’è dubbio che lui debba risarcire il Casinò, ma qui non si sta parlando di un reato, più o meno grave, che presuppone un comportamento al di fuori della legge. Si parla di una attività svolta legalmente in un paese in cui è permessa dalla legge (Singapore) e di un contenzioso fra una società privata e un privato cittadino. Non vedo il problema. Cattivo esempio per i giovani? Lo era anche prima, anche quando scommetteva e le scommesse in Cina sono vietate, quindi Kong Linghui era “fuori della legge”, ma nessuno glielo ha mai contestato. E allora?

VALZER DEI TECNICI CINESI

E allora succede che nell’ambito dei tecnici della Nazionale cinese si sta svolgendo una lotta dura, con vittime e vincitori. A sostituire Kong Linghui alla guida della Nazionale femminile è stato designato Li Sun, non più giovane allenatore, da molti anni al lavoro con le donne, già tecnico personale di Wang Nan e Zhang Yining, quindi con aspirazioni a diventare capo della Nazionale, ma sempre tenuto dietro nomi più illustri, giustamente dico io perché Li Sun è uno dei peggiori allenatori che io abbia conosciuto, dal punto di vista tecnico e da quello umano, con comportamenti sui quali non posso essere più chiaro perché a rischio di querela. Ha solo sfruttato le occasioni che gli sono state regalate, grazie a buoni contatti personali e politici, con l’assegnazione a lui di campionesse che non avevano certo bisogno delle sue cure e dei suoi consigli. Mi fermo qui perché il discorso diventerebbe troppo lungo e complicato, con riferimenti a un vero e proprio “traffico” dei giocatori più forti da un tecnico all’altro per far guadagnare onore e posizioni a quel particolare tecnico. Fatto sta che Li Sun da anni sognava questo incarico e finalmente lo ha ottenuto. Il giorno in cui Kong Linghui ha abbandonato Dusseldorf ed è tornato in Cina, Li Sun se ne andava in giro per i tavoli ridendo e scherzando con i giornalisti cinesi, i giocatori e chiunque altro, accettando anche le mie provocazioni quando gli dicevo che il prossimo a essere cacciato sarebbe stato lui. Ma accanto a questo cambiamento traumatico, c’è ben altro che sta accadendo nella Nazionale cinese, perché si è deciso di far entrare nei posti di comando ex campioni che si sono ritirati da poco. Così, alle spalle del capo Liu Guoliang, insieme a Qin Zhijian, che già svolgeva questo ruolo, ecco comparire Wang Hao e Liu Guozheng. Ovviamente, qualcuno viene scalzato ed è il caso di Xiao Zhan, allenatore personale di Zhang Jike, che è passato alla femminile ed è stato sostituito da Liu Guozheng. La scusa è stato lo scarso rendimento di Zhang Jike negli ultimi due anni, ma si è visto che, anche col nuovo tecnico, Zhang Jike ha continuato a giocare male. La situazione resta molto delicata, con molti tecnici in fibrillazione e possibili nuovi clamorosi sviluppi.

ZHANG JIKE

Visto che ho accennato ai cambi di tecnici, vediamo quello che coinvolge l’ex campione mondiale e olimpico Zhang Jike. Va via Xiao Zhan, che aveva preso Zhang Jike più di dieci anni fa e lo aveva portato lentamente ai successi più grandi, agendo non solo sul lato tecnico ma anche su quello umano. Zhang Jike, in effetti, dopo essere esploso da allievo nel 2002, aveva avuto tanti problemi tanto che i responsabili tecnici cinesi lo avevano abbandonato al suo destino e messo addirittura fuori della Nazionale. I problemi erano soprattutto caratteriali e di comportamento. Il peggio Zhang Jike lo aveva raggiunto quando cominciò, giovanissimo, a perdere soldi al gioco e, incredibilmente, far attribuire il suo debito sul conto di Ma Lin, che si era così ritrovato a dover pagare grandi somme ai creditori di Zhang Jike. Poco alla volta, Zhang Jike aveva risarcito Ma Lin, ma è chiaro che tutto questo faceva capire quali problemi lui dovesse superare e quanto dovesse lavorare, sul piano umano, chi lo allenava. Xiao Zhan era riuscito a farlo “resuscitare” e a portarlo ai titoli mondiali e olimpici, ma, dopo le grandi vittorie, non era più riuscito a controllare Zhang Jike, che, dopo il 2013, ma particolarmente negli ultimi due anni, ha cominciato a fare la vita da “star” anziché da atleta. Lo avevo già spiegato in precedenti articoli, lo ribadisco adesso: pochi allenamenti con le scuse più varie, partecipazioni a show televisivi in cui appariva anche come cantante, moltissimo tempo sui campi da golf, vita mondana con donne ai suoi piedi e via così. La Federazione non ha avuto la forza di imporgli la disciplina e lui ha cominciato a perdere, inevitabilmente. Così, quest’anno, i grandi capi, per non ammettere che non hanno saputo riportarlo nei ranghi, hanno deciso di scaricare la colpa su Xiao Zhan e allo stesso tempo hanno potuto assegnare una posizione di rilievo a Liu Guozheng, che doveva per forza essere inserito fra i vertici. L’obiezione naturale è: ma Xiao Zhan aveva comunque la responsabilità dell’indisciplina di Zhang Jike. Vero solo in parte, perché quando Xiao Zhan proponeva provvedimenti contro Zhang Jike i vertici lo stoppavano. E allora, ecco il cambio di allenatore personale. I risultati? Ovviamente gli stessi degli ultimi due anni, anzi peggio, perché a Suzhou 2015 Zhang Jike aveva perso con Fang Bo in semifinale, a Dusseldorf ha perso nei sedicesimi con Lee Sang Su, buon doppista, ma nettamente al di sotto dei più forti nel singolo. E Zhang Jike ha rischiato addirittura nei trentaduesimi con l’austriaco Gardos, un 4-2 stentato. Con Lee Sang Su, un 4-1 da vergogna. E, tanto per capirci, nel doppio i tecnici lo avevano escluso, anche se era il campione in carica insieme a Xu Xin, mettendo Fan Zhendong al suo posto insieme a Xu Xin. Zhang Jike adesso è davvero davanti al bivio: non ha più voglia di allenarsi, ha offerte da Tv, si parla anche di cinema, è uno dei personaggi più popolari in Cina anche al di fuori del tennistavolo, cosa farà? Tecnicamente, può ancora tornare ai livelli più alti, ma i dubbi sulla sua voglia di allenarsi e soffrire sono più grandi che mai. Tra l’altro, Zhang Jike è arrivato a un livello tale di arroganza che, dopo la sconfitta con Lee Sang Su, si è concesso solo alle televisioni e ha rifiutato di parlare con i giornalisti in zona mista. I giornalisti cinesi hanno affondato i colpi accusandolo di disonestà morale nei confronti dei compagni di squadra: se era in quelle condizioni, avrebbe dovuto mettersi da parte e permettere a qualcuno più giovane di fare esperienza (il che significa, per i cinesi, arrivare comunque nei primi otto) e di lottare in maniera migliore di quanto abbia fatto lui. Pesanti polemiche ci sono state anche in Cina per il suo comportamento, con la stessa tesi: Zhang Jike è andato ai Mondiali sapendo di non avere alcuna possibilità di buoni risultati, ma solo perché la visibilità gli serviva per la sua immagine con i fan cinesi (a Dusseldorf c’era uno striscione gigante che nelle prime giornate copriva metà del lato corto delle tribune con dedica solo per lui) e per avere più forza contrattuale in Cina per le sue apparizioni in Tv e per eventuali altre occasioni mondane. Concludo il discorso su lui facendo ancora una volta i complimenti a tutti i “competenti” che dicevano che Zhang Jike era stato costretto a perdere la finale olimpica di Rio con Ma Long. Congratulazioni, loro sì che avevano capito tutto! Mica si può prenderli in giro, loro capiscono, grazie a una sola occhiata alla Tv, che Zhang Jike sta facendo apposta a perdere contro uno scatenato Ma Long che, da almeno due anni, ha il doppio della sua velocità, della sua potenza, della sua resistenza e fermiamoci qui per carità di patria. Zhang Jike, e mi concedo l’ultimo barlume di serietà, nella finale olimpica aveva sì e no la forza per resistere un set contro un Ma Long superlativo, cosa che ha fatto, poi gli mancavano già un paio d’anni di allenamenti seri per resistere al ritmo di un atleta vero che si era fatto un culo così mentre lui andava folleggiando e trombando, e sono arrivati gli altri tre set da incubo, un incubo che per Zhang Jike sta continuando tuttora. Ma sono certo che qualcuno degli esperti italiani adesso scoprirà che la Federazione cinese ha ordinato a Zhang Jike di perdere con Lee Sang Su, così, per il gusto di tagliarsi i coglioni!!!

SAMSONOV

Su un viale del tramonto molto diverso da quello di Zhang Jike si può considerare Samsonov, che, anzi, sta onorando sempre più la sua carriera con prestazioni incredibili per un 41enne come lui. Samsonov ha perso negli ottavi con Lee Sang Su, cedendo soprattutto sul piano fisico. Si vede chiaramente che non ha più il ritmo per contrastare chi è molto più giovane di lui, anche se la tecnica gli permette di restare ad alti livelli. Quando però si arriva agli incontri più difficili, Samsonov ha qualche problema. Nel 4-0 subito da Lee Sang Su (9, 1, 3, 9 i parziali) è stato costretto sempre a rincorrere, senza mai riuscire a prendere l’iniziativa, tanto che, dopo la gara, è apparso davvero sconfortato. Sul sito dell’Ittf è apparsa una sua dichiarazione in base alla quale pare che lui stesso non sappia se l’anno prossimo continuerà a giocare. Per quanto ne so io, l’ipotesi è un po’ forzata, Samsonov era sì deluso, anche perché aveva l’occasione di arrivare in semifinale contro Fan Zhendong (al turno successivo c’era Wong Chun Ting, di Hong Kong, non insormontabile), ma forse l’autore dell’articolo ha “interpretato” pessimisticamente le parole di Samsonov, che non ha mai detto testualmente che l’anno prossimo smetterà. La sua stanchezza, comunque, è evidente. Voglio solo ricordare che venne alla ribalta nei Mondiali 1993 a Goteborg, quando provocò una delle due sorprese più grandi (l’altra fu l’eliminazione di Persson, campione mondiale in carica di singolo, a opera del francese Chila al primo turno), battendo al primo turno, appena 17enne, lo svedese Karlsson, fresco protagonista della vittoriosa finale mondiale a squadre contro la Cina. Sono passati 24 anni e Samsonov è ancora capace di arrivare agli ottavi, senza dimenticare la finale per il bronzo, l’anno scorso, all’Olimpiade di Rio. Comprensibile la stanchezza, ma forse Samsonov resterà ancora un po’ nel tennistavolo.

OVTCHAROV

Chi invece appare già vecchio, nonostante sia di 13 anni più giovane di Samsonov, è Ovtcharov, fuori anche stavolta in maniera poco onorevole. A ogni Mondiale viene presentato come l’avversario dei cinesi, ma non riesce nemmeno ad arrivare a uno scontro diretto con loro, perché perde prima. Nel 2013, a Parigi, batosta clamorosa con l’altro tedesco Baum, 4-1 negli ottavi; nel 2015, a Suzhou, eliminato nei trentaduesimi 4-3 da Lee Sang Su; nel 2017, a Dusseldorf, eliminato da Niwa, 4-3 negli ottavi. E gli è andata bene essere arrivato lì, perché era a un passo dall’uscire nei sedicesimi contro il non eccelso romeno Szocs (n. 82 del mondo in quel momento): Szocs spreca, sul 10-8 per lui nel secondo set, una palla altissima che manda incredibilmente fuori, va sotto 0-2 e poi conduce 3-2. Insomma, come significato tecnico, era un 4-1 sputato per Szocs contro Ovtcharov, che poi ha saputo riprendersi e vincere, ma che ha mostrato ancora una volta i suoi più che evidenti limiti. E anche contro Niwa è sempre stata una rincorsa affannosa, conclusasi però male. Qui, ormai, siamo oltre la falegnameria, si arriva agli estremi limiti dei movimenti più rozzi e inutili che abbia mai visto nel tennistavolo. Ogni punto di Ovtcharov è caratterizzato da sbuffi e rantoli che si sentono a decine di metri di distanza. E non parlo solo della partita. Anche quando è in allenamento o si sta semplicemente riscaldando, Ovtcharov mostra una tensione innaturale, uno sforzo sovrumano per colpire la palla, mai un attimo di rilassamento, di movimento sciolto, mai. E non insisto sui movimenti ridicoli nel servizio, perché dovrei passare direttamente a parlare di circhi e di clown, con tutto il rispetto per queste nobili figure. Lasciamo perdere. Tanto, qualche deficiente che si affanna a spiegare che quei movimenti non sono poi così sbagliati, che c’è un motivo per cui Ovtcharov gioca in quel modo, si trova sempre. Beh, che si sfoghi pure, gli avversari di Ovtcharov ringraziano sentitamente.

BOLL

In contrapposizione a Ovtcharov, nella Germania patria dei tecnicamente disadattati, allenatori e giocatori, c’è almeno il lampo d’orgoglio di un “vecchietto” come Boll, 36 anni ormai, che si batte come un leone. Per quanto riguarda i suoi difetti tecnici di base (comunque niente di paragonabile agli obbrobri di Ovtcharov) non ho cambiato idea, gli allenatori tedeschi sono ridicoli, ma lo spirito di Boll, il modo in cui affronta l’avversario, lotta e cerca di trovare soluzioni per batterlo, deve essere di esempio per tutti. Si deve fermare solo davanti a Ma Long, ma impegnandolo severamente, in un 4-2 più equilibrato di quanto si pensi, con Ma Long un po’ nervoso sul 2-2 per la resistenza inaspettata di Boll. Alla fine, la maggior freschezza fisica di Ma Long è stata decisiva, ma l’11-9 dell’ultimo set dimostra che Boll ha lottato alla pari, fino alla fine, con un fuoriclasse che ha stradominato gli ultimi 4 anni del tennistavolo.

MA LONG

Eppure, Ma Long si è presentato a questi Mondiali non al massimo della forma, il che è comprensibile se si pensa che da 4 anni sta giocando a livelli mostruosi con ritmi infernali. Così, dopo la vittoria olimpica, è normale che il 2017 sia un anno di parziale rilassamento. Ma Long veniva dalla delusione dei Campionati Asiatici, in cui aveva perso 3-1 (della puttanata delle gare al meglio dei 5 set parlo dopo) dal sudcoreano Jeong Sang Eun, in quel momento n. 55 del mondo, quindi non con chissà quale forte giocatore, che a Dusseldorf infatti ha poi perso con Wong Chun Ting. Era semplicemente un calo di forma, oltre al fatto che in quel periodo i cinesi erano in piena preparazione per i Mondiali e di solito, un mese e mezzo prima dei Mondiali, il sistema cinese di lavoro prevede carichi molto pesanti, non smaltiti appunto ai Campionati Asiatici. Ma anche a Dusseldorf, in tutta la prima parte dei Mondiali, Ma Long è apparso non in splendida forma. Poi, all’improvviso, tutto è cambiato nell’ultima giornata, quando è tornato il giocatore meraviglioso degli anni precedenti, ha frantumato Xu Xin in semifinale, 4-0, e ha poi battuto il giocatore che appariva come uno schiacciasassi fino a quel momento, un Fan Zhendong da paura. Ma Long, però, ha vinto con un 4-3 e un 12-10 nell’ultimo set che nella realtà è un risultato più netto di quanto possa apparire. Infatti, Ma Long conduceva 3-1, ma soprattutto imponeva il suo gioco, anticipando gli attacchi di Fan Zhendong che è solito aggredire l’avversario. In questa fase della partita si sono ammirati scambi da favola, con bombardamenti da entrambe le parti. Ma sono stati scambi che, poco alla volta, hanno ceduto il passo a traiettorie meno tese, palle più lavorate, senza però che ne sia stato intaccato lo spettacolo, fino ad arrivare all’ultimo set quando i servizi si sono accorciati, gli scambi iniziali sono diventati più “ragionati” e gli attacchi sono stati meno lineari, più improvvisi, meno lunghi nel botta contro botta. E qui Ma Long è stato più accorto e intelligente di Fan Zhendong, che appare più “rozzo” nella visione tattica della partita, fino a scegliere, nei punti decisivi, la risposta corta e tagliata sul diritto di Fan Zhendong, che è devastante sullo scambio lungo ma ha indecisioni inaspettate su quello corto (tant’è che sul 10-10 ha preferito andare di rovescio sulla risposta corta di Ma Long, sbagliando), e poi proprio quello che appare come il lato più forte di Fan Zhendong, la risposta al servizio corto ed effettato con una risposta di rovescio in top carico al massimo. Ma Long, che aveva sofferto un po’ questa risposta di Fan Zhendong fino a quel momento, ha impostato, sul match-ball dell’11-10, proprio un servizio con effetto inferiore-laterale, sul quale Fan Zhendong ha attaccato sì, ma senza la sua usuale forza, e Ma Long ha potuto controllare meglio la palla spostandosi e colpendo di diritto sul diritto di Fan Zhendong, fuori posizione e in ritardo tanto da non riuscire a colpire la palla. Poi Ma Long ha riservato tanti complimenti a Fan Zhendong, dicendo che il futuro è suo, ma lui sta dimostrando, anche quando non è al massimo della forma, che non sarà facile scalzarlo a breve, tant’è che non è un mistero che la Cina punti ancora su lui per l’Olimpiade di Tokyo 2020, insieme a Fan Zhendong naturalmente. Per quest’ultimo, restano le prospettive di tante vittorie nel futuro, ma deve stare attento perché, con quei difetti tattici che tardano a sparire, i successi potrebbero essere molti di meno di quanto si possa pensare guardando le sue potenzialità.

LIN GAOYUAN

Resta parzialmente incompiuto Xu Xin, che avrebbe i mezzi tecnici per vincere molto di più di quanto abbia fatto finora, ma, con Zhang Jike nel limbo, è ancora lui il terzo uomo cinese e lo sarà ancora per un po’ se si dà uno sguardo ai giovani che in teoria dovrebbero premere alle spalle degli attuali campioni. A Dusseldorf occhi puntati su Lin Gaoyuan, presentato dai soliti ignoranti dell’Ittf come la nuova promessa del tennistavolo cinese, basandosi esclusivamente sul fatto che si è conquistata la partecipazione ai Mondiali superando le qualificazioni (stupide) cinesi, arrivando al secondo posto dietro Fan Zhendong. Comincio col dire che queste qualificazioni nacquero una decina di anni fa non per motivi tecnici, ma perché la Tv cinese (CCTV5, il canale della Tv di Stato dedicato allo sport) aveva chiesto di farle, in modo da presentare un programma in più sul tennistavolo e puntare sugli ascolti. La Federazione cinese accettò e non certo per soldi, ma perché già allora i dirigenti si erano resi conto (come sto facendo notare da tanto tempo su questo blog e in qualsiasi intervista a mezzi di informazione cinesi) che il tennistavolo in Cina stava calando in popolarità, con spettatori in drastico calo, a tutto vantaggio di sport come calcio, basket e golf innanzitutto. L’unica salvaguardia, fissata dai responsabili tecnici, era che le qualificazioni servissero ad assegnare il pass solo per 2 o 3 giocatori (2 in quelle per Dusseldorf, non si fanno ovviamente per le Olimpiadi), riservando ai c.t. delle Nazionali il diritto di scegliere gli altri. Passando all’aspetto tecnico, le definisco stupide perché possono solo creare danni in un paese come la Cina. In altre situazioni, in cui la media di livello tecnico non è la massima possibile o in cui spicca solo un giocatore sugli altri, le qualificazioni servono sia come incentivo a fare meglio, sia come possibilità di dimostrare sul campo il proprio valore superando magari certi “muri” messi su da tecnici non esattamente imparziali. Piccolo esempio per andare sul concreto: nel 1990, agli Open d’Italia a Verona, fu data la possibilità di iscrizione anche a molti italiani che non erano in Nazionale e nei Centri federali. Il risultato sul campo fu che gli azzurri dei Centri federali furono eliminati immediatamente, gli italiani “non federali” superarono alcuni turni e il compianto Poli arrivò a giocarsela contro il cinese-austriaco Ding Yi, allora fortissimo, ricevendone i complimenti. Ecco, in una Nazione (non parlo solo dell’Italia) in cui i partecipanti alle gare internazionali sono selezionati solo fra quelli “ufficialmente” impegnati nei Centri federali, le qualificazioni sarebbero quantomai opportune. In Cina il discorso è diverso. Provate a immaginare la mancata qualificazione di qualcuno come Ma Long, Fan Zhendong, Xu Xin? Ma chi è così pazzo da rinunciarvi? Fra l’altro, visto che i giocatori cinesi si conoscono benissimo, visto che giocano centinaia di partite fra loro, il valore dei confronti diretti diventa anomalo. Un giocatore meno forte può anche battere uno dei campioni, il problema per lui arriva quando deve confrontarsi con gli avversari stranieri. E Lin Gaoyuan ha confermato tutti i dubbi. Si qualifica per i Mondiali, anche grazie all’infortunio di Ma Long, costretto a ritirarsi dalle qualificazioni, e a Düsseldorf mette in mostra tutte le contraddizioni di questo sistema. Al primo avversario di una certa levatura, anche se non nei primi posti del mondo, l’indiano Achanta, Lin Gaoyuan rischia moltissimo, vince 4-2 ma Achanta va vicinissimo al 3-3, con possibilità di un settimo set drammatico per il cinese. Ovviamente, considero nel contesto anche la bravura di Costantini, in panchina per Achanta, ma il significato non cambia, vista la differenza di valore tecnico, tenuta fisica ed età, tutte caratteristiche che sfavoriscono l’indiano. Ma poi, quando affronta Xu Xin, ecco che Lin Gaoyuan si trasforma e arriva ad avere 5 match-ball nel settimo set: 10-5 e Xu Xin che sul 10-6 si salva miracolosamente con uno spigolo quasi impercettibile. L’ulteriore riprova che, conoscendosi bene, i valori si livellano. Ma, anche ammettendo che Lin Gaoyuan si sia meritata la qualificazione, dire che è la nuova promessa del tennistavolo cinese è solo una dimostrazione di ignoranza. Lin Gaoyuan ha ufficialmente 22 anni (molto probabilmente ne ha 23, ma la differenza di un anno non cambia i termini del discorso), quindi non stiamo parlando di un “giovane”, almeno secondo gli standard dei campioni cinesi. Fan Zhendong ne ha ufficialmente 20 (quasi sicuramente 21) e dal 2013 è fra i primi 10 del mondo. Lin Gaoyuan era n. 32 a dicembre 2011, n. 40 prima di Dusseldorf, ora n. 29. Insomma, un giocatore di medio livello per gli standard cinesi, favorito nella strada in Nazionale dal fatto di essere rimasto l’unico giocatore di un certo livello della Provincia del Guangdong, quella di Ma Lin per intenderci. Per questioni di politica sportiva, il Guangdong deve avere per forza un giocatore fra i primi della Nazionale e partecipare a quante più manifestazioni internazionali possibili. Questa è la vera situazione di Lin Gaoyuan. Se vogliamo davvero restare alle giovani promesse cinesi, confermo che per il momento c’è un solo giocatore potenzialmente di altissimo livello, il 17enne (vero) Wang Chuqin, di Pechino, che però negli ultimi due anni ha frenato un po’ nella sua evoluzione e non ha ottenuto i risultati sperati, ma è anche vero che persino Ma Long, dopo i primi exploit, ebbe un periodo con qualche problema, legato sia alla crescita fisica, sia a diversi cambiamenti di allenatori. Per Wang Chuqin potrebbe essere lo stesso, io ritengo comunque che sia il giocatore tecnicamente più in grado di arrivare ai livelli dei campionissimi.

DONNE

Discorsi diversi per le donne, anche se alla vigilia si era tentato di accreditare la giapponese Miu Hirano come possibile ammazzacinesi. Di lei parlerò più diffusamente dopo. Per il momento, faccio solo notare che, a Dusseldorf, Ding Ning l’ha semplicemente distrutta, distraendosi solo in un set, ma prendendola a bastonate negli altri 4. Quindi, c’è stato il solito dominio cinese, con l’eccezione della Hirano sul podio grazie agli imbrogli nel tabellone, già segnalati prima. Non c’è stato, però, un alto livello tecnico. Dei difetti e delle pecche di Ding Ning ho già parlato in altre occasioni, adesso si ritrova immeritatamente a stabilire il record di tre vittorie consecutive nel singolo ai Mondiali, soprattutto grazie al grande trucco del 2015, quando si finse infortunata mentre stava perdendo con Liu Shiwen e fece ammattire l’avversaria che finì col perdere, ma anche grazie all’eliminazione diretta delle sue avversarie, con la sopravvissuta Zhu Yuling che deve consumare tutte le sue energie per battere Chen Meng e Liu Shiwen, e che poi spreca in finale la palla del 3-1 per poi mollare negli ultimi due set. Andando a vedere i confronti diretti fra loro due, si vede che Ding Ning prevale fino al 2015 nelle gare internazionali, ma in quelle nazionali è Zhu Yuling a prevalere, anche con vittorie di prestigio come nei Campionati nazionali cinesi. Certo, a vedere che giocatrici stratosferiche come Zhang Yining, Wang Nan, Guo Yue, Deng Yaping e altre del passato come Cao Yaohua (per non parlare di Zhang Li, mai vincitrice a causa di ordini superiori), non hanno vinto 3 Mondiali di seguito o non di seguito, fa effetto constatare che, formalmente Ding Ning le abbia superate. Come valore tecnico e agonistico, però, il paragone non regge proprio per niente. Per il resto, il panorama mondiale è davvero scarso, con l’eccezione della coraggiosa Romania, che continua a lottare, senza grandi mezzi economici, e ha fare bella figura, con due giocatrici, Samara e Dodean, negli ottavi di finale, uniche due europee vere, insieme alla tedesca Silbereisen (ma quest’ultima favorita da un tabellone generoso), così avanti nei Mondiali, visto che l’olandese Li Jie e la portoghese Xiao, anche loro negli ottavi, sono cinesi belle e buone.

HIRANO

La speranza, dei giapponesi e dell’Ittf, di battere le cinesi è miseramente naufragata nel momento in cui si è arrivati a giocare seriamente. Non si può dire che si sia giocato seriamente ai Campionati asiatici, con la ridicola formula dei 5 set. Così, Miu Hirano, lanciata come nuova campionessa, ha mostrato tutti i suoi limiti. Certo, le cinesi devono comunque fare un esame di coscienza per la sconfitta ai Campionati asiatici perché, 5 o 7 set, sono obbligate a vincere, visto il loro livello tecnico, ma bisogna anche ricordare quanto ho già fatto notare prima, che un mese prima dei Mondiali i cinesi tutti si ritrovano sempre con le gambe pesanti a causa dei carichi di lavoro previsti nella loro preparazione alle gare iridate. Così, fra gambe pesanti, set ridotti e una minore abitudine al gioco della Hirano, tutto scambi e pochissime rotazioni, le cinesi si sono fatte sorprendere. Ma appena hanno ripreso fiato e aggiustato il tiro, ecco che la differenza è tornata evidente. Un ulteriore esempio è arrivato dagli Open del Giappone, primo torneo dopo i Mondiali, in cui Chen Meng, che aveva perso la finale dei Campionati asiatici contro la Hirano, stavolta l’ha battuta 4-0, tanto per capire qual è la vera differenza fra cinesi e giapponesi (aggiungendoci, sempre agli Open del Giappone, anche la vittoria di Wang Manyu sulla Ito). Sia chiaro, non voglio dire che la Hirano è scarsa, perché comunque è una giocatrice da prime 10 posizioni nel mondo (anche se non da prime 5), ma il suo gioco ha limiti ben precisi e insormontabili. Sostenere poi, come fa l’Ittf con i suoi capolavori di ignoranza e di malafede, che la Hirano ha vinto la Coppa del Mondo, è ridicolo, perché bisognerebbe precisare che in quella edizione non c’erano cinesi. Ricorda un po’ il presunto record dell’altra giapponese, Mima Ito, che secondo l’Ittf è la più giovane giocatrice ad aver vinto un Open internazionale. Bisognerebbe specificare che è la più giovane ad aver vinto un Open “senza cinesi”, e senza le prime 10 del mondo. Il record vero è della cinese Guo Yue, che ha vinto, a 14 anni, gli Open del Giappone, con tutte le cinesi più forti in gara a eccezione di Zhang Yining, quindi con 5 delle prime 10 in tabellone. Se poi vogliamo che l’Ittf continui bellamente a prenderci per il culo, bene, accettiamo i suoi finti record e buonanotte. Ma quando si arriva alle vere gare, lì sul tavolo, le prese per il culo non hanno più senso e le cinesi spaccano tutto

HARIMOTO

L’unica novità è che i giapponesi si sono fatti vivi anche nel maschile, col 14enne Harimoto, arrivato ai quarti di finale. Per lui, canti di gloria ancora più grandi rispetto alla Hirano. Per lui, l’Ittf e tanti osservatori si sono sbilanciati tanto da profetizzargli un futuro da numero 1 del mondo. E allora, provo a chiarire alcuni punti. La prima cosa da notare è che Tomokazu Harimoto, a dispetto del nome giapponese, è cinese al 100%. Suo padre è cinese, si chiama Zhang Yu e ha un passato da giocatore nella Nazionale giovanile della Cina. Sua madre è cinese, si chiama Zhang Lin e anche lei, giocatrice di difesa, è stata nella Nazionale cinese, a un livello più alto del marito, partecipando ai Mondiali di Tianjin 1995. Come giocatore, Harimoto è un “prodotto” cinese perché ad averlo impostato tecnicamente, ad averlo allenato sin dall’inizio e ad allenarlo tuttora è suo padre. A Dusseldorf, in panchina c’era un tecnico giapponese, perché ci doveva essere per forza, ma nelle gare internazionali disputate finora c’è sempre stato il padre in panchina, con le sue indicazioni in lingua cinese. Insomma, Harimoto è cinese, ma gioca per il Giappone visto che i genitori erano “emigrati” lì. Dal punto di vista tecnico, però, e qui sta la novità, Harimoto ha quasi niente di cinese, perché il padre lo ha impostato come giapponese moderno, e intendo dire come giapponese “da pallina di plastica”. Come la Hirano e come le nuove leve giapponesi, Harimoto ignora quasi totalmente le rotazioni, è una macchina da scambi potenti e da schiacciate. Impressionante, certo, ma con limiti tecnici evidenti, che si sono manifestati anche contro avversari non eccelsi. Contro lo slovacco Pistej, n. 156 del mondo (110 dopo i Mondiali), ha stentato parecchio e il 4-1 finale non dà l’idea di come sia andata la partita, sempre molto combattuta, ma, fatto ancora più importante, con Harimoto in difficoltà sulle rotazioni, soprattutto laterali, e sulle palle rallentate dell’avversario. L’arrivo nei quarti di finale, poi, era stato favorito dal fatto di trovarsi nella parte di tabellone destinata alla testa di serie Mizutani, che cercava di imporsi con “toppini” senza forza, favorendo le schiacciate di Harimoto. Così, Harimoto, a parte Mizutani, è andato liscio fino ai quarti, dove ha trovato Xu Xin. Ho già spiegato che a questa partita Xu Xin è arrivato spossato per due gare dure disputate nello stesso giorno e dopo un’ora di interviste, festeggiamenti e premiazione per la vittoria nel doppio. Ciò nonostante, Xu Xin ha comandato il gioco in maniera molto più netta di quanto appaia dal punteggio. Il 4-1, con due parziali a 9 e 8 (gli altri a 6 e 4), non rende l’idea della superiorità di Xu Xin, che conduceva sempre con largo margine e poi si rilassava concedendo punti facili ad Harimoto. Ovviamente, considerati il valore e l’età di Xu Xin, la sua vittoria e la differenza sul tavolo erano “obbligate”, ma quello che vorrei far notare è che, sulle rotazioni di Xu Xin (dopo quelle di Pistej), Harimoto appariva indifeso, non in grado di trovare alcuna soluzione tecnica o tattica per contrastare il cinese. Impostazione sbagliata la sua? Il punto non è questo. Il punto è che suo padre ha calcolato che con la nuova pallina di plastica (merda assoluta, e non faccio distinzione di marche) questo sarà il gioco da preferire, visione che coincide con quella dei giapponesi in generale, sia maschile che femminile. Quindi, ha impostato il figlio in questa maniera e avrà sicuramente fatto un calcolo dei pro e dei contro, decidendo che i pro sono prevalenti. Io sostengo che il suo calcolo è giusto per far diventare il figlio fortissimo, è sbagliato per farlo diventare il numero 1. Le rotazioni saranno comunque decisive, anche se la nuova pallina le ha ridotte. Ma è anche vero che i cinesi, ogni qualvolta si sono trovati di fronte a nuove situazioni (dalla pallina da 40 mm ai set a 11 punti) hanno studiato come superarle e ci sono sempre riusciti. Io ritengo che anche stavolta sarà così, se non altro anche per un motivo non tecnico: mentalmente, i cinesi sono più malleabili, i giapponesi impostati come Harimoto, di fronte alla difficoltà o a traiettorie “sconosciute”, non riescono a trovare soluzioni, impostati come sono, da robot. Lo so che molti pensano che sono i cinesi ad assomigliare a robot, ma io dico che possono essere considerati tali solo per gli sforzi fatti in allenamento, ma per quanto riguarda il gioco sono fra i più fantasiosi del mondo, tutto tranne che robot. Ultima notazione, a proposito di Harimoto, sul fatto che non ci sono cinesi di pari età alla sua altezza. Faccio notare solo un paio di cose. Ai Mondiali giovanili, i cinesi mandano i giocatori più forti una sola volta e quando sono più piccoli del limiti di età. L’anno dopo, anche se hanno ancora 3-4 anni da junior davanti, non partecipano più ai Mondiali giovanili. In certi casi, alcuni giocatori o giocatrici non hanno mai partecipato ai Mondiali giovanili, come Guo Yue fra le donne. Quindi, le vittorie di Harimoto in questa competizione hanno un significato molto grande, ma non assoluto. Inoltre, vista la competizione interna che c’è in Cina, i dirigenti hanno sempre preferito rispettare un ordine ben preciso nelle convocazioni per le manifestazioni, per cui un 13enne cinese, anche se molto forte, è quasi impossibile che partecipi ai Mondiali giovanili, ma compie un percorso diverso. Poi, può essere che non ci siano cinesi della stessa età di Harimoto in grado di competere con lui, ma questa è un’ipotesi che non può essere verificata, per cui un pari età di Harimoto, forte come lui o più forte, potrebbe spuntare quando i due avranno 16-17 anni, così come potrebbe non spuntare. Al momento, è impossibile saperlo. Fra l’altro, a riprova della “non affidabilità totale” delle classifiche giovanili, ricordo che i cinesi più piccoli fanno pochissime gare internazionali, perché i dirigenti preferiscono lasciare le vittorie ad altre nazioni e pensano che la competizione interna, a quell’età, sia più che sufficiente per formare le ossa dei ragazzini cinesi. Infatti, andando a guardare queste classifiche, nelle varie categorie, si vede che i cinesi sono pochissimi, i giapponesi in maggioranza. Situazione che si ribalta quando si passa alle classifiche assolute.

INDIA

Mi avvio verso la fine. Le ultime indicazioni riguardano l’India e l’Italia. Per l’India, ovviamente, il riferimento è Massimo Costantini, che ha ricominciato il lavoro interrotto quando un golpe di palazzo lo aveva fatto fuori della guida della Nazionale e lui era andato ad allenare in California. Fatto fuori l’autore del golpe, Massimo è stato richiamato e i risultati si sono cominciati a vedere. Ho detto di Achanta, fermato nei sedicesimi da Lin Gaoyuan, dopo una partita alla pari col cinese. Aggiungo il bel risultato nel doppio femminile, con Batra-Das nei quarti di finale. E se è vero che negli ottavi hanno avuto via libera per l’indisposizione della cinese-polacca Li Qian, che era in coppia con Li Jie, è anche vero che con il loro gioco particolare, con gomma anti sul rovescio, sono in grado di creare notevoli difficoltà alle difese, per cui una eventuale vittoria sul tavolo contro Li Qian-Li Jie era fra le ipotesi possibili. Contro Ding Ning e Liu Shiwen, che poi hanno vinto la gara, Batra e Das hanno giocato una partita alla pari nei primi due set, perdendoli entrambi a 7, ma restando agganciate alle cinesi fino al momento in cui hanno commesso alcuni errori banali, frutto di mancanza di concentrazione. Poi, come svuotate, è sembrato che non abbiano più creduto in se stesse, con gli altri due set quasi non giocati, ma resta la loro bella prova e la dimostrazione di aver compiuto un salto di qualità. Giusto per restare a Costantini, faccio notare che il doppio statunitense Wu Yue-Zhang Lily, allenato da Massimo fino a un anno fa, è arrivato anch’esso nei quarti, perdendo dall’altra coppia cinese Zhu Yuling-Chen Meng. Hanno un altro allenatore adesso, ma il lavoro di Massimo è ancora presente nelle loro gambe, nelle loro braccia e nella loro mente.

ITALIA

Sugli azzurri sarebbe impietoso affondare i colpi. Ritengo inutile ripetere le stesse considerazioni fatte innumerevoli altre volte. Continuo a pensare che hanno anche le loro responsabilità personali, ma tutto si può dire dei giocatori italiani tranne che vengano messi nelle condizioni migliori, tecniche e psicologiche, per rendere al meglio. E ritengo inutile rifare processi a questo e quello. Io parlo solo della Fitet, che da 12 anni, da quando furono cacciati Costantini ed Errigo dalla guida delle Nazionali maschile e femminile, non ha mai pensato a lavorare per il bene del movimento e dei singoli giocatori. Non credo sia giusto, quindi, esporre proprio i giocatori alle critiche, non in questo momento. Faccio solo un piccolo riferimento a Debora Vivarelli per onorare il suo impegno sportivo nel momento in cui aveva ricevuto una brutta notizia dall’Italia, la perdita di un caro famigliare. Lei ha dato tutto sul campo e solo dopo ha sfogato il dolore. Anche per questo, ribadisco che per me i giocatori azzurri sono la parte più sana di tutto il tennistavolo italiano.

INFORMAZIONE ITTF

E finalmente concludo questo lungo viaggio nei Mondiali di Dusseldorf con il mio consueto attacco alla disinformazione, dell’Ittf, ma anche dei mezzi di informazione in generale. La tendenza a sottovalutare sempre più la stampa indipendente è ormai senza freni da parte dell’Ittf, che pone ostacoli sempre più grandi allo svolgimento del lavoro e punta sfacciatamente all’informazione di regime. E il regime non è solo l’Ittf, ma tutte le Federazioni che ne fanno parte. Lo dico per l’ennesima volta, a costo di apparire scontato e banale: a parte i giornalisti cinesi, che sono professionisti per il semplice fatto di lavorare per un giornale (in Cina la legge è questa, il tesserino vale fino a quando lavori nel giornale, se ne esci non sei più giornalista, in Italia il tesserino di giornalista professionista vale per sempre, anche dopo che sei andato in pensione), a parte loro, quindi, non c’è neanche un giornalista professionista fra quelli accreditati ai Mondiali, a parte me. Tutti quelli che si vedono in tribuna stampa sono persone che lavorano per le Federazioni nazionali, ma non sono giornalisti. Addirittura c’è qualcuno accreditato come giornalista che faceva e fa il procuratore dei giocatori! Trovate di tutto: il professore di matematica appassionato di ping pong, il dipendente comunale che ha un incarico in federazione, i dipendenti delle federazioni, e così via. Ora, pensate che questa schiera di “non giornalisti”, al servizio delle Federazioni, possa mai criticare l’Ittf che è sostenuta dalla Federazione che lo paga? E l’Ittf ha al suo servizio schiere di “giornalisti”, nel senso di persone che scrivono gli articoli, ovviamente esaltando qualsiasi cosa e nascondendo la realtà. Così, va a finire che, a ogni edizione dei Mondiali, la tribuna stampa si rimpicciolisce, materialmente intendo, ci sono sempre meno posti. Inoltre, si impedisce ai fotografi di andarci: o stanno sempre sul terreno di gioco o stanno in sala stampa, senza la possibilità di vedere le partite, cosa che serve anche a loro. Poi, di contrabbando, va a finire che entrano anche loro, ma è il principio che conta: meno gente possibile e informazione controllata dall’Ittf. Fra l’altro, anche i fotografi indipendenti, come me, sono messi nella condizione di non lavorare perché l’autorizzazione ad arrivare vicino ai tavoli viene data solo a un “pool” stabilito dall’Ittf, ovviamente fotografi che lavorano per l’Ittf o gente fidata che lavora per le Federazioni o addirittura per le Aziende di prodotti del tennistavolo. Gli altri devono stare lontani dai tavoli, con foto comprensibilmente meno buone. E’ tutta una organizzazione che fornisce un prodotto già fatto, in modo che il 99% dei giornali, che non ritengono opportuno spendere soldi per mandare inviati o fotografi ai Mondiali di uno sport di cui non sbatte il cazzo alla maggiorparte dei loro lettori, si affida completamente all’informazione ufficiale dell’Ittf. E qual è questa informazione? Eccola qua. Un paio di esempi per capirci. L’oro del Giappone nel doppio misto è stato celebrato in pompa magna, con un riferimento storico fatto apparire come importantissimo: un oro mondiale nel misto al Giappone 48 anni dopo l’ultima volta, quando nel 1969 il titolo andò ad Hasegawa-Konno. Peccato che l’Ittf non dica che a Dusseldorf non c’erano coppie cinesi in gara, ma questo potrebbe anche passare in secondo piano perché c’erano comunque due cinesi in altrettante coppie miste con altre nazioni. Ma quello che davvero l’Ittf tace è il riferimento storico, perché nel 1969, come nel 1967, la Cina non partecipò ai Mondiali, a causa della Rivoluzione culturale in atto, che aveva di fatto annullato qualsiasi attività sportiva, non solo nel tennistavolo. I cinesi sarebbero riapparsi nel 1971 a Nagoya. E nel 1969 il Giappone vinse l’oro a squadre maschili, singolo maschile (Itoh) e femminile (Kowada), oltre all’oro nel misto e altre medaglie sparse qui e là. Il semplice riferimento statistico è esatto, ma il significato storico è del tutto falsato da questi ignoranti. Concludo con un’altra perla riferita alla sconfitta della tedesca Petrissa Solja nel singolo contro l’ungherese Pergel. Sul sito dell’Ittf compare un articolo in cui si descrive una Solja in lacrime perché si dice danneggiata dagli arbitri che le hanno tolto punti per il servizio e richiamata, sempre per il servizio, “numerose volte”, detto dalla Solja e accettato senza discutere dall’autore dell’articolo. La Solja si lamenta anche perché, a suo dire, sarebbe stata costretta, dal momento del primo punto perso, a battere sempre di rovescio e questo l’avrebbe danneggiata. L’articolo si chiude con un commento pieno di comprensione per la “povera” Solja, che va via piangendo. Bene, sul sito dell’Ittf, nel settore Tv, c’è l’intero match e chiunque può vedere cosa è successo in questo incontro vinto dalla Pergel 4-1. Primo set per Solja. Nel secondo set, la tedesca è 2-1 e al servizio, il secondo arbitro, che sta di fronte a lei, mancina che serve col diritto, la richiama per servizio irregolare, quindi Solja ripete il servizio e va sul 3-1. Sul 4-2 in suo favore, Solja esegue un altro servizio di diritto e il secondo arbitro le dà punto perso per irregolarità nel servizio. Quindi: richiamo sul primo servizio giudicato irregolare, punto perso sul secondo giudicato irregolare. Da questo momento, fino alla fine della partita, sia il primo che il secondo arbitro non chiameranno più alcun servizio alla Solja, NEMMENO UNO. La Solja, sempre nel secondo set, batte di rovescio fino alla fine. Poi, nel terzo, quando si ritrova di fronte il primo arbitro per il servizio di diritto, ricomincia a servire di diritto e continua così. Nel quarto set, col servizio effettuato col diritto si ritrova di fronte il secondo arbitro, quello che le ha dato il richiamo e il punto perso nel secondo set. Cosa fa la Solja? Riprende a battere di rovescio per paura che l’arbitro le chiami di nuovo il servizio di diritto? Macché. Batte tranquillamente di diritto, sempre, e così fa nel quinto set. Quindi, un solo richiamo, un solo punto perso, un solo set col servizio eseguito di rovescio, la sconfitta per 4-1. E da dove cazzo escono le “numerose volte” in cui le è stato chiamato il servizio, da dove cazzo esce che è stata costretta a servire sempre di rovescio? Puttanate in libertà. Ma nell’articolo dell’Ittf si accredita la tesi che la Solja è stata danneggiata dagli arbitri. Poi, c’è solo una riga in cui si dice che la Germania ha deciso di non presentare reclamo. Già, perché i dirigenti sapevano che sarebbero stati sputtanati e sfanculati nel presentare un simile reclamo. Ma sul sito dell’Ittf la povera Solja è rappresentata come una martire degli arbitri. Ecco l’informazione che piace alle pecore, italiane e mondiali.

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