Parliamo di tecnica

28 Marzo 2011 da Ping Pong Italia · 52 Commenti 

Accolgo con favore i tanti indizi che i commentatori del blog continuano a inviare per scrivere di tecnica e non solo. Quindi finalmente mi decido.

In uno degli ultimi commenti si parlava di come un tecnico può o deve intervenire affinché si modifichi il gesto tecnico per una migliore realizzazione dei colpo.

La materia è di fondamentale interesse per l’esercizio della professione di allenatore o tecnico specializzato.

Non c’è alcun minimo dubbio, il pingpong è lo sport più tecnico/empirico che io conosca . Nello svolgersi del gioco ci sono tante e diverse componenti che comunque vengono ricondotte alla tecnica ma anche all’esperienza.

Prima di esprimere il mio pensiero, vorrei fare una premessa.
Cosa significa essere allenatore di pingpong? E ancora, quali sono i ruoli di un allenatore di pingpong? Rispondere a queste domande ci aiuta a definire meglio cosa possiamo e cosa non possiamo fare.
Ecco una breve indicativa lista di cosa significa essere allenatore:
indicare la metodologia
indicare la preparazione tecnica, fisica e psicologica distinta in cicli (micro, meso, macro oppure corto, medio, lungo termine), o periodizzazione
indicare gli obiettivi raggiungibili
indicare gli schemi di allenamento
indicare la miglior strategia di gioco per il proprio atleta
indicare la tattica ideale da adottare in gara a seconda delle caratteristiche degli avversari
indicare gli accorgimenti tecnici (posizione delle gambe, impugnatura, postura in genere etc.)

Ed ecco un’altra breve lista sui ruoli di allenatore:
educatore
psicologo
preparatore tecnico
osservatore
studente
insegnante
che cura le pubbliche relazioni
amico
pianificatore
organizzatore
consigliere
se volete ne potete aggiungere degli altri anche incollatore di gomme.

Come vedete fare il tecnico di pingpong non è affatto facile e richiede estrema flessibilità.

Ora, dopo questa premessa, passiamo alle situazioni cui il tecnico deve affrontare portando un paio di esempi ma ce ne possono essere un numero infinito.
Un atleta esegue il block di rovescio muovendo il polso in modo esagerato. Oppure un altro esegue tutti i colpi anticipando troppo la palla.
A prima vista l’intervento del tecnico appare necessario poiché il corretto modo di eseguire il block di rovescio è di mantenere il polso quanto più fermo. Nel secondo caso dovremo indicare che aspettare la palla è decisamente più conveniente per tanti motivi (maggior controllo, aumento della potenza, capire meglio la posizione dell’avversario etc.)
Prima di intraprendere un azione davvero importante è bene che il tecnico faccia un’analisi del perché di quell’atteggiamento. Succede come il medico che visita il paziente affetto da vari sintomi, la prima cosa da verificare è l’anamnesi: ottenere tutte quelle informazioni utili al fine di formulare una diagnosi.
Nel nostro caso si chiederà: quando hai iniziato a giocare? Chi è stato il primo tecnico? In gioventù hai avuto dei traumi fisici? etc. Si procederà anche a fare dei test al tavolo quali combinazioni di colpi, movimento delle gambe unito al gesto tecnico etc.
Sfortunatamente il pingpong non è una scienza esatta, almeno finora io non ne ho trovato le conferme, ma mi piacerebbe che ci siano. Ed anche per questo motivo che non ci sono dei testi di riferimento ma tante idee e ipotesi.
So di andare controcorrente ma un tecnico/allenatore dovrà convivere con i difetti dei propri giocatori.
Il pingpong è esperienza allo stato puro o primordiale se volete. Forse molti colleghi non concorderanno con me ma più passa il tempo più invece mi convinco che dipende tutto da quei momenti iniziali in cui si prende in mano la racchetta per la prima volta. Certo ci sono tante e diverse interazioni come la personalità, l’ambiente in cui si vive, al famiglia, la società, il tecnico etc.
Entrando quindi nel merito dell’esperienza di gioco diretta che tocca la radice più profonda del nostro cervello dove le informazione sono persistenti, siamo presenti ad una situazione davvero difficile da gestire e non per incapacità del tecnico e nemmeno per scarsa volontà dell’atleta.
Ancora una volta il punto cruciale è l’esperienza che si vive nell’eseguire un determinato gesto anche fosse sbagliato e la crescita che ne consegue. Pensate solamente a quante volte commettiamo errori eppure riusciamo a vincere il punto.
Io dico che ogni scambio che si gioca, sia in allenamento sia in gara, produce un’esperienza positiva o negativa, pochi sono quei giocatori che la considerano neutra. Molti giocatori ne sono così condizionati che rimangono intrappolati a questo schema e non ne escono più.
Per questo occorre fare una distinzione sul materiale tecnico umano che abbiamo a disposizione. L’età reale non coincide mai con l’età pongistica. Un giocatore con 1 anno di esperienza di vita pongistica non è nulla a confronto a chi ne ha 5 o 10 e quando si parla di squadre nazionali i componenti normalmente hanno una vita media pongistica di 10 anni (un’eternità). Intervenire sul puro gesto è impresa titanica ed il tecnico dovrà valutare caso per caso come e dove si può incidere per il bene dell’atleta, ossia mettere a disposizione tutti quegli strumenti per dar modo all’atleta di ottenere migliori prestazioni.
Molti campioni internazionali sono colpiti da “malformazione tecnica”, è questo il termine appropriato, mentre la stragrande maggioranza ne è affetta in modo irreversibile. Ma nonostante ciò le loro performances sono eccellenti. Il diritto e la postura di Timo Boll sono gli esempi più eclatanti. Lo stesso Michael Maze enfatizza il suo maggior difetto “precario equilibrio” facendolo diventare una risorsa per il suo gioco. Ma ci sono anche vari cinesi che non scherzano come ad esempio Ma Lin che, durante l’esecuzione del diritto, usa il corpo in modo parziale e grottesco.
Le situazioni sono tantissime simili e varie al tempo stesso. E questo discorso ci porta direttamente all’aspetto di cosa vuol dire talento. Per questo, come dicevo poco fa, ci troviamo di fronte tanti giocatori che, pur avendo limiti tecnici esagerati, riescono a “mandare la palla di là”.
Quante volte abbiamo sentito la definizione: “quel giocatore è un talento”.
La mia idea di talento ha diverse sfumature, la prima è di natura tecnica, la seconda è di natura tattica, non sempre le due cose combaciano.

Guardate queste immagini di Ma Lin e ditemi se non è pieno di difetti.


Per il momento mi fermo qui e mi piacerebbe conoscere il vostro parere in merito.

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Nel puro stile americano sabato e domenica scorsi si sono svolti a San Josè (California) i Team Trials per stabilire i magnifici 4 per i mondiali di Rotterdam ed i magnifici 3 per Pan American Games.

Non c’è dubbio, in America si premia il merito, formula che prima o poi bisognerà adottare anche in Italia. Trattandosi di guadagnarsi l posto in Nazionale la selezione è stata durissima: 12 uomini e 12 donne, 2 gironi da 6 giocatori ciascuno con partite al meglio di 7 sets e seconda fase ad eliminatoria.

Tuttavia una certa discrezionalità da parte del settore tecnico c’è, infatti egli potrà scegliere un quinto giocatore che tra l’altro, se decidesse di parteciapre, dovrà pagarsi tutte le spese.

L’Indian Community Center, club con il quale sto collaborando presentava 4 possibili candidati, 2 femmine e 2 maschi e 2 giovanissime iscritte più per fare esperienza che per la qualificazione.

Ne ho piazzati 3: la numero 1 Ariel Hsing 16 anni a Novembre n.190 del ranking mondiale e la n.2 Lily Zhang a Giugno 15 anni n.228 del WR, ambedue finaliste agli ultimi campionati nazionali e ai Team Trials. In campo maschile C’erano 2 giocatori il Campione Nazionale Timothy Wang del Texas e Hen Xiao del Maryland tutti e due hanno scelto di fare la preparazione con me. Dei due solo Timothy ha centrato l’obiettivo piazzandosi terzo dopo aver perso in semifinale dal n.1 delle classifiche Fan Yi Yong.

Ecco quindi i magnifici 4+4

da sinistra Lily Zhang (CA), Jha Pratchi (CA) Teodor Gheorghe (All. viene dal Colorado), Ariel Hsing (CA) e Erika Wu (CA).

da sinistra Mark Hazinski (TX) Fan Yi Yong (WA), Timothy Wang (TX) Adam Hugh (NJ) e Stefan Feth (All.GER).

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