La “confessione” di Liu Guoliang

4 Dicembre 2014 da Ping Pong Italia · 5 Commenti 

del Drago Rosso

Sono successe tante cose in questo lungo periodo in cui non sono stato in grado di scrivere articoli per il blog di Massimo, con la conseguenza di un accumulo enorme di materiale e argomenti, a cominciare dal resoconto finale sui Mondiali a squadre di Tokyo, dei quali avevo raccontato solo la prima parte. Poco alla volta, spero di recuperare il tempo perduto: non solo i Mondiali a squadre, ma anche la pallina nuova con i commenti dei cinesi, tecnici e giocatori; il (tristissimo per gli appassionati) ritiro di Wang Liqin, addirittura a dicembre 2013 ma mai reso pubblico; i campionati nazionali cinesi; un nuovo campione, per me potenzialmente sulle orme dei più grandi, il 14enne Wang Chuqin, mancino di Beijing. Una volta accennati questi argomenti, tutti importanti, comincio però con una notizia che ha suscitato tante polemiche: la presunta “confessione” di Liu Guoliang di aver ordinato a Wang Hao di perdere la finale del singolo all’Olimpiade di Londra 2012 contro Zhang Jike.
Ho notato che c’è stata anche qualche sollecitazione a un mio intervento per riportare notizie e informazioni “dirette” dai protagonisti e dalla Cina in generale. Le avevo da parecchio tempo, ma, come già detto, diversi problemi mi hanno impedito di scrivere sul blog. Adesso, finalmente, ricomincio.
Ho letto tutti gli interventi sui vari blog e forum, ma, soprattutto, le versioni dell’intervento di Liu Guoliang a una Tv cinese riportati sui siti cinesi, in particolare uno che “sembra” essere più informato degli altri, tanto da riportare in lingua inglese il contenuto delle parole di Liu Guoliang. Ho detto “sembra” perché ho potuto constatare tantissimi errori su quel sito e nei vari interventi. Perciò, penso che la cosa migliore sia cominciare con il testo esatto, in italiano, dell’intervento di Liu Guoliang. Chiarisco che la traduzione è stata fatta da una giornalista cinese che parla perfettamente l’italiano e che ha lavorato per tanti anni a Radio Italia a Pechino. Ha recuperato la registrazione della Tv cinese e ha tradotto le parole di Liu Guoliang. Ecco quindi il vero e unico testo di quello che il c.t. della Cina ha detto: “Nell’Olimpiade di Londra 2012, tutti hanno testimoniato che Zhang Jike ha realizzato il Grande Slam nel giro di pochi mesi, un record mondiale. A Londra, il regolamento di gara è stato modificato: prima i singoli, poi la squadra. Avevo già immaginato quanto difficile sarebbe stato incoraggiare il giocatore che avesse perso la finale di singolo. Uno distrutto dalla sconfitta nel singolo ce la farà a riprendersi nella finale a squadre? Chi ce la farà? Il giovane Zhang Jike ce la fa? Ma Long ce la fa? Non credo che possano farcela. Allora, tocca a Wang Hao che si è piazzato al secondo posto già due volte. Ho detto a Wang Hao: “Wang Hao, devi farlo bene, devi essere orgoglioso anche se perdessi contro Zhang Jike. Solo se hai questo atteggiamento mentale, il tuo ruolo sarà determinante”. Nella finale del singolo, Wang Hao ha perso, ma nella finale a squadre il suo ruolo è stato indiscutibile, insieme a Zhang Jike ha vinto il doppio. Secondo me, Wang Hao è molto coraggioso, il suo altruismo è molto più grande dell’egoismo”.

E passiamo alle considerazioni da fare su questa vicenda, partendo da una mia premessa: Liu Guoliang non ha mai ordinato a Wang Hao di perdere, il suo problema è di non essere, per così dire, un maestro di eloquenza, per cui il suo modo di esprimersi è un po’ rozzo. E quando uno si esprime male, anzi malissimo, vengono fuori i peggiori equivoci. Ai Campionati nazionali cinesi, pochi giorni dopo, Liu Guoliang è apparso soltanto un paio di volte per pochi minuti, per poi tornare a Pechino a metà manifestazione, al contrario di tutti gli altri tecnici di Nazionale, come Kong Linghui che ha seguito tutte le gare. Era evidente il suo sforzo di tenersi nascosto, rendendosi conto di aver pestato una cacca gigantesca. Ma, soprattutto, l’obiezione più importante è questa: ma vi pare che il c.t. della Cina, dopo aver ordinato a un suo giocatore di perdere una finale olimpica, lo va a dire pubblicamente a tutto il mondo? I dirigenti cinesi non ammettono ufficialmente nemmeno le finali combinate degli anni Settanta e Ottanta, ormai passate, se così possiamo dire, “in prescrizione”, figuriamoci se dovessero ammetterne una di due anni fa! Comunque, andiamo avanti.
1) La cosa più importante da sottolineare, dopo aver letto il testo dell’intervento di Liu Guoliang, è che appare evidente come lui non abbia assolutamente “confessato” di aver dato ordini di sconfitta a Wang Hao. L’unico punto che può apparire controverso è il fatto che lui abbia avuto bisogno di ricordare a Wang Hao “prima” della finale che, se avesse perso, sarebbe stato in grado di controllare la sua reazione mentale alla sconfitta. Non aveva bisogno di dirglielo. Va bene come analisi dopo le Olimpiadi, per spiegare che Wang Hao avrebbe reagito meglio a una eventuale sconfitta e Zhang Jike avrebbe reagito peggio, ma è assolutamente inutile andarlo a dire prima. Chi vuole avere dubbi può pensare che Liu Guoliang abbia voluto mandare un messaggio subliminale a Wang Hao: proprio perché era inutile dirgli una cosa del genere, perché dirgliela? Quindi, Wang Hao avrebbe dovuto pensare una cosa del genere: se Liu Guoliang mi dice che io posso sopportare meglio la sconfitta, mi sta facendo capire che è meglio che io perda. Ma tutto questo è contrario sia ai principi cinesi delle gare combinate sia alla considerazione che i tecnici cinesi hanno dei giocatori interessati, come vado a spiegare nel punto successivo.
2) Chiarisco subito che, in base ai principi generali da cui scaturivano (e secondo me non scaturiscono più) gli ordini dati ai giocatori per perdere (solo a chi doveva perdere, il vincitore designato non è mai stato avvisato, giocava senza sapere che avrebbe vinto comunque) avevano come base fondamentale il “rispetto” per il campione più anziano o per chi, in precedenti manifestazioni, era stato costretto a sua volta a perdere (ma questo non sempre, come sa bene Cai Zhenhua, che pensava di poter vincere nel 1983 con Guo Yuehua dopo avergli ceduto la vittoria nel 1981, ma che si ritrovò un avversario cui non era stato ordinato di perdere). Quindi, se mai ci fosse stato un ordine del genere a Londra, il perdente designato sarebbe dovuto essere Zhang Jike e non Wang Hao, non solo più anziano, ma anche due volte già battuto nelle finali olimpiche (2004 Yoo Seung Min, 2008 Ma Lin). Ma a questo si aggiunge l’altro aspetto da me indicato: la considerazione che i “capi” hanno dei giocatori. Ebbene, Wang Hao è considerato il giocatore serio, “integrato” nel sistema; Zhang Jike il “pazzo” incontrollabile, che provoca sempre imbarazzo. Faccio notare che il calcio alla transenna dopo la vittoria nella Coppa del Mondo 2014 è venuto dopo l’Olimpiade di Londra, ma la maglia strappata “alla Hulk” è del 2011, vittoria mondiale nel singolo a Rotterdam, prima di Londra. Inoltre, Zhang Jike si era già distinto in patria per comportamenti giudicati pessimi dai dirigenti ed era stato punito, oltre a essere messo fuori dalla Nazionale per alcuni anni. Per questi motivi, l’ordine di far vincere Zhang Jike non solo non è mai stato dato, ma non potrà mai essere dato.
3) E passo alle reazioni dei giocatori interessati, Wang Hao e Zhang Jike, che hanno detto di stimare Liu Guoliang, che non ci sono stati ordini di scuderia e bla, bla, bla… La verità è che Zhang Jike è incazzato nero, perché sa benissimo che, a onta di tutte le smentite, moltissimi continueranno a pensare che la sua vittoria a Londra non è vera. Se potesse, manderebbe affanculo Liu Guoliang con tutto il cuore.
4) Infine, un paio di precisazioni. Liu Guoliang parla di “Grande Slam”. Su questo punto ho già avuto modo, in passato, di esprimere la mia opinione. Il Grande Slam, nelle valutazioni officiali dell’Ittf e di tutti gli incompetenti e ignoranti che le vanno dietro, è la vittoria nei tre più grandi (nella loro opinione) tornei mondiali: Olimpiade, Mondiale e Coppa del Mondo. Io sostengo che il vero Grande Slam è quello con la vittoria in quattro tornei: ai tre citati, aggiungo le Finali del Pro Tour, che, quando non c’è il boicottaggio dei cinesi, come quest’anno e altre due volte in precedenza, sono una gara ben più difficile della Coppa del Mondo e a volte anche delle stesse Olimpiadi. In questo caso, ricordo ancora una volta che fra le donne sono quattro le vincitrici del vero Grande Slam: Deng Yaping, Wang Nan, Zhang Yining e Li Xiaoxia. Fra gli uomini, solo uno: Kong Linghui.
5) La seconda e conclusiva precisazione riguarda i casi di risultati “decisi a tavolino”. I, sito cinese che si è occupato del caso di Liu Guoliang, dall’alto della sua ignoranza, ne cita solo tre, fra l’altro sbagliando anche i riferimenti. Io ne voglio ricordare un po’ di più, tanto per curiosità, senza scendere troppo nei particolari, magari racconterò le storie complete un’altra volta. Delle tre finali mondiali di singolo maschile dal 1961 al 1965 vinte da Chuang Tsetung su Li Furong, la prima fu vera, le altre due false: il sito cinese dice che furono tutte false. Nel 1975 e 1977 Zhang Li costretta a perdere la finale contro la nordcoreana Pak Yung Sun. Nel 1981 Cao Yanhua costretta a perdere con Tong Ling, il sito cinese lo dice, ma non dice il vero motivo: era morto da poco il padre di Tong Ling e i dirigenti credettero di doverle fare questo favore per consolarla. Nel 1977 Guo Yuehua costretto a perdere la finale mondiale col giapponese Kohno, nel 1981 Cai Zhenhua costretto a perdere la finale mondiale con Guo Yuehua. Zhang Yining costretta a perdere la semifinale mondiale del 2001 con Wang Nan. Guo Yue costretta a perdere i quarti di finale mondiali nel 2003 con Wang Nan. Mi fermo qui, ma è chiaro che il sito cinese in questione dovrebbe fare una ripassata della storia del ping pong.

La medaglia olimpica

24 Settembre 2014 da Ping Pong Italia · 31 Commenti 

Finalmente sono di ritorno sul blog con questo pezzo dedicato alla medaglia olimpica ottenuta recentemente dalla statunitense Lily Zhang alle Olimpiadi Giovanili di Nanchino  Qualcuno avrà pensato che avessi abbandonato il blog, che lo avessi lasciato perdere, che me ne fossi disinteressato. Non è così. Sono troppo affezionato al blog anche se oramai molta gente emigra sui social network ma per me va bene lo stesso, eppoi mi fa sentire un po’ più italiano, infine finché ci sarà anche un solo lettore, vale la pena continuare, mi dispiace solamente di non poter dare continuità, ma credetemi, oggi come oggi, il pingpong, quello della tecnica, quello del buon gioco, offre poche ispirazioni. Tuttavia se avete richieste o curiosità non esitate a chiedere, vi prometto che vi risponderò.

E veniamo alla medaglia di bronzo nel singolo femminile. Lily Zhang n.115 ha davvero meritato questa medaglia, sebbene fosse la numero 4 del tabellone, nulla toglie al fatto di aver avuto la meglio su di un avversaria, la giapponese Kato n.61 forse con meno esperienza e meno anni di lei, ma in ogni caso un risultato storico che può dare maggior entusiasmo e fiducia ai pongisti americani e alle future generazioni che verranno.

Quando venni in America, nel gennaio 2011, Lily era n.226 del mondo, certamente una promessa a livello giovanile ma nessuno si immaginava dove questa ragazza potesse arrivare, anche se devo dire che avevo previsto il suo ingresso nelle prime 50 del mondo, infatti dopo i mondiali di Tokio 2014 la sua classifica era schizzata al numero 51, insomma un lavoro duro continuo costante che alla fine ha portato davvero a qualcosa di importante

Ho seguito la gara in diretta, alle 4 del mattino italiane, ero in Italia quel giorno. Lily avrebbe potuto vincere 4 a 0 se non avesse pensato di essere troppo prudente nel gioco evitando di essere più aggressiva con il diritto. E’ stata una partita molto bella e spettacolare gestita mentalmente molto bene. La cosa che più mi preoccupava era la tenuta mentale ma sapevo anche che Lily da giocatrice matura avrebbe capito quanta importanza avesse giocato l’aspetto emotivo. E per un momento ho temuto quando sul 2-1 per lei e 9-5 si è lasciata sfuggire l’occasione di andare sul 3-1 ipotecando meglio la medaglia. Ha perso quel set 9-11 e ha reagito bene portando a casa gli altri due che le sono valsi il podio olimpico. Al suo ritorno mi ha detto di non aver dormito la notte prima e che aveva fatto 2 sogni, uno in cui perdeva con tanto di lancio della racchetta, l’altro in cui vinceva e sollevava le braccia (con la racchetta) al cielo. Fortunatamente si avverato il secondo sogno. Meglio così. Insomma un’esperienza unica irripetibile. E francamente vedere sul podio Cina, Hong Kong e USA è altrettanto una cosa insolita.

Durante il mese di Aprile si era aperta la possibilità per me di essere il coach e Team Leader della squadra. Negli Stati Uniti in occasione delle Olimpiadi non è così automatico che l’allenatore della nazionale sia anche il coach di quella manifestazione. Anche per Londra 2012 avevo la stessa possibilità ma non ero stato informato. Il comitato Olimpico Americano tiene conto degli atleti coinvolti e lanciano una sorta di selezione anche per il coach così da dare la possibilità ai tecnici degli atleti qualificati di contribuire meglio al successo della squadra.
Eravamo 3 candidati, io ero il primo della lista avendo entrambe gli atleti allenati da me che si sono qualificati, Lily per via della classifica, Krish Avvari guadagnandosi il posto nelle qualificazioni continentali.
Il primo difetto di tutta la vicenda lo ha evidenziato la federazione preparando un programma senza aver consultato il diretto allenatore che avrebbe poi operato sul programma. Il programma consisteva in 50 giorni di impegno fuori degli USA con allenamenti e competizioni varie. Un periodo davvero lungo per un allenatore professionista, ciò avrebbe comportato parecchi disagi al club per il quale lavoro, per me sarebbe stato un onore ed un onere che avrei sostenuti con senso del dovere. L’idea quindi del club ICC di concedermi 30 e non 50 giorni era anche rafforzata dal fatto che comunque avrei avuto i miei atleti sotto il lavoro quotidiano, si trattava di saltare il camp in Cina organizzato dall’ITTF. A questo punto la federazione è stata inflessibile, ciò che era pubblicato non poteva essere modificato, anche se la maggioranza dei membri del comitato era favorevole a darmi l’incarico. Il secondo errore è derivato dalla stessa federazione la quale imponeva l’obbligo di partecipare allo stage in Cina, sul bando era scritto “mandatory” che in inglese significa obbligatorio. Quando i giochi sono stati fatti, cioè hanno deciso di affidare l’incarico ad un altro coach, a quel punto lo stage in Cina non era piú necessario per il coach tanto è vero che quel coach era stato dirottato in Corea e Giappone per il doppio World Tour asiatico dove Lily Zhang avrebbe preso parte, lasciando l’altro atleta qualificato, Krish Avvari praticamente da solo. In effetti c’era un tecnico con lui, ma in ogni caso la procedura è stata stravolta.
Ecco dunque che lo scippo si è così perpetrato, così come, dicevo, avvenne nel 2012 quando tutti e 3 gli atleti qualificati per Londra erano allenati da me. Fine della storia, molto rammarico e la felicità comunque della medaglia.

Durante questi quasi 4 anni ho effettuato molti test su Lily per capire quali potevano essere le sue migliori prerogative. Da tutti riconosciuta come un talento di eccezionale potenzialità. Per un certo periodo ho lavorato su quelle che erano le sue lacune, cercando di colmarle proponendo qualcosa di alternativo oppure indicando una strada complementare, ma dopo un po’ ho cambiato strategia, mi sono “disinteressato” completamente dei suoi difetti e mi sono concentrato sulle sue qualità. E’ stata la svolta. Prima di tutto ho fatto in modo che il suo gioco fosse basato sulla velocità, mantenendo la sua caratteristica principale, i riflessi al tavolo, ho insistito affinché la palla venga colpita prima che esca dal tavolo. Poi abbiamo lavorato sullo spin, Lily riesce a siglare da 4 a 6 punti per game solo con il top di apertura di rovescio, una terza o quarta palla davvero notevole, lo ha saputo sempre fare ma fino a qualche tempo fa voleva girarsi perché pensava che il diritto fosse più efficace, a quel punto, statistiche alla mano le ho fatto capire che girarsi non sarebbe convenuto. Terzo il piazzamento della palla. Lily riesce a dare la direzione giusta alla palla, non gioca mai d’istinto, anche in questo caso è bastata la consapevolezza di vedere verificarsi ciò che ella stessa aveva in mente, ho stiracchiato portando al limite la sua abilità di piazzare la palla nei punti più difficili e, credetemi, quando ci riesci tutto diventa facile perché la fiducia dei propri mezzi va alle stelle. Ci sono naturalmente altre cose da dire, ma mi fermo qui pensando che i punti chiavi del suo successo siano questi.

Ora Lily si ferma, forse farà qualche gara, ma il suo impegno è più che dimezzato perché ha iniziato il college a Berkeley. Immaginate la stessa cosa in Italia, anzi non immaginate perché è semplicemente impensabile. Raggiungi la 51ma posizione del mondo, per la precisione oggi, settembre è alla 89ma posizione, in Italia le avremmo dato tutto il supporto, in America no. Nel 2015 prenderà un anno di “aspettativa” dal college per preparare a qualificarsi alle Olimpiadi di Rio 2016. Vedremo.

E veniamo a qualche considerazione magari utile a tanti allenatori che leggono o che mi seguono e che forse susciterà qualche riflessione in più.
Secondo me, come allenatori, siamo troppo spesso concentrati o influenzati dagli errori che i nostri ragazzi commettono, ma ci dimentichiamo altrettanto spesso delle qualità che dimostrano, delle scelte che optano durante il gioco e così via, mi riferisco naturalmente a tutti i livelli di gioco.
Pensate, e mi rivolgo agli allenatori, a quante volte vediamo padre/madre di un ragazzino che ci chiede: “cosa c’è da migliorare?”, nessuno chiede mai: “quali sono i punti di forza e come si possono enfatizzare?” Ed ecco che l’esperto che è in noi si lascia andare ad una serie di elencazioni sui difetti, il piede, la spalla, il busto, l’impugnatura e etc. Ci riesce troppo bene a vedere i difetti, pensiamo che siano solo quelli su cui lavorare e modificare, non dico che è sbagliato ma almeno pensiamo anche ad altro. E’ un po’ come un neo, solo perché c’è, non significa che lo dobbiamo togliere. Addirittura ci sono persone che lo valorizzano. E’ come se chiedessimo al soprano di migliorare il contralto. E ancora, vorrei spingere all’estremo, è come avere a che fare con persone che hanno delle disabilità, da quelle persone non pretendiamo nulla, ci dobbiamo accontentare delle loro abilità e le valorizziamo come fossero le migliori abilità del mondo e magicamente loro rispondono alla grande. A volte, anzi molte volte a noi tutti non piace sentirsi dire dei nostri difetti, la reazione è che ci chiudiamo a riccio ed il risultato che ne scaturisce è esattamente l’opposto. Noi allenatori, siamo come per le music star, il mixer, ogni tanto alziamo il volume della voce, poi abbassiamo la chitarra, e poi ancora misceliamo il tutto con un unico risultato, la miglior prestazione possibile.
Voglio comunque tranquillizzare i lettori/tecnici, chiunque. Saper osservare è la qualità che un allenatore dovrebbe avere, per me è un requisito essenziale, dopodiché sarà lui/lei a trovare la strada giusta per tirar fuori il meglio da un giocatore, a me è successo così e molto tranquillamente ve lo rivelo, spero che questo approccio possa ispirare qualcuno affinché i propri atleti migliorino sempre di più.

Bruno Di Folco si è dimesso

23 Giugno 2014 da Ping Pong Italia · 49 Commenti 

Di seguito trovate la lettera di dimissioni da Consigliere Federale di Bruno Di Folco inviata al Presidente Federale, Consiglieri, Segretario e Presidenti Regionali.

Foto e lettera sono stati inizialmente pubblicati su http://ttgiovannicastello.blogspot.it

Caro Franco,
20 mesi fa non avrei mai pensato di dover scrivere questa lettera per come era andato lo scorso quadriennio sotto la tua presidenza. Nonostante alcune divergenze, molte decisioni venivano concordate e modificate sia prima che durante il Consiglio stesso.
Adesso l’impressione, non solo mia, è quella che il Consiglio sia diventato per te una formalità da sbrigare, uno scomodo giorno dove relazionare cosa succede in Federazione in maniera più o meno esaustiva.

Avrei dovuto capirlo subito perché qualche segnale era già chiaro durante la campagna per la tua 3a  elezione.

Non sarò breve, e parto proprio dagli accordi, subito disattesi da te, nel periodo precedente alle elezioni del 2012, quando parlasti alla “tua” squadra  presentandola alle Società come  la continuazione del  precedente Consiglio  Federale con  l’innesto di  poche e  le  dolorose assenze  di  consiglieri andati via solo  per  la  riduzione  del  numero  da 14 a 10  dovuta alla  revisione  dello Statuto del CONI.

Quando ci incontrammo informalmente a Castel Goffredo per definire la nuova squadra, ci si era accordati su due vicepresidenti federali e si era deciso che questi dovessero continuare ad essere Leo Scardigno e Renato Di Napoli.

Il  28  giugno  2012,  giorno  seguente  la  nostra  elezione  di Terni,  con  una  enorme  sorpresa  scoprimmo  che  nel  nuovo  Statuto Federale, approvato formalmente in Assemblea Federale, vi era previsto un solo Vicepresidente!!

Al momento io stesso non rimasi molto stupito della cosa perché adducesti dei motivi legati alla “spending review” operata dal CONI per tutte le Federazioni Sportive ed io ingenuamente diedi credito alle tue parole.

Ricordo che le modifiche agli Statuti di tutte le Federazioni sportive nazionali, furono imposte dal CONI attraverso il Prof. Napolitano, nominato per l’occasione Commissario ad acta, che cambiò pochissime cose nel nostro Statuto e solo inerenti appunto ad eventuali tagli che comportavano spese inutili da parte della nostra Federazione.

Presentasti la diminuzione da due a un solo vicepresidente come un cambiamento imposto dal CONI.

Strano che da lì a pochi giorni si scoprii che quasi tutte le altre Federazioni avevano mantenuto due vicepresidenti, era bastato al sottoscritto effettuare una semplicissima ricerca attraverso i siti internet delle varie Federazioni.

Una prima decisione assolutamente non concordata con la tua squadra né precedente né futura, incomprensibile politicamente, inutilmente e gratuitamente penalizzante per un Consigliere anziano come Leo Scardigno che già aveva avuto il nostro consenso a ricoprire quel ruolo e che si aspettava giustamente tale riconferma.

Un altro segnale negativo importante fu la tua candidatura e nomina a responsabile per il Consiglio federale dell’area tecnica.

Forte del nuovo Statuto CONI, che amplia enormemente i poteri “virtuali” del Presidente Federale, te ne infischiasti della richiesta fatta qualche mese prima da me e Carlo Borella e condivisa da Renato Di Napoli, di lasciare a qualche altro Consigliere Federale il compito di avere i rapporti con i Direttori Tecnici federali.

La  richiesta, come  è ovvio,  nasceva dalla considerazione che  la Società di Castel Goffredo, a cui sei  legato indissolubilmente, poteva confliggere con gli interessi federali, ad esempio nella scelta appunto dei Tecnici e degli atleti impegnati nelle varie nazionali giovanili e assolute.

Una cosa che già  nel  precedente quadriennio io e alcuni altri Consiglieri faticammo ad arginare e che, se  non ci fossimo stati noi, probabilmente sarebbe stata enorme.

Anche qui, dopo un primo timido segnale di apertura e di accettazione della condizione proposta da una parte consistente del nuovo Consiglio, facesti una totale retromarcia proprio alla vigilia della tua rielezione.

Insomma, a sei mesi dalla data dell’Assemblea eri disponibile al passo indietro, nell’ottica della trasparenza da noi richiesta e, a un mese dall’Assemblea stessa ti sei a noi imposto nel ruolo delicato di Responsabile per il CF dell’area tecnica.

Complimenti.

Anche la campagna per il terzo mandato ha avuto episodi molto particolari e degni di essere ricordati.

Una volta composta la nostra squadra, ognuno di noi ha cercato consensi all’interno delle proprie  Regioni di provenienza e, in alcuni casi ha presenziato le Assemblee elettive regionali più o meno infuocate e/o a riunioni di Consigli regionali più o meno importanti politicamente.

In alcune Regioni, ritenute più importanti di altre, la nostra presenza è stata anche di due Consiglieri al fine di definire e spiegare a grandi linee quello che sarebbe stato proposto durante il tuo terzo mandato.

In  Lombardia andasti da solo alla riunione del Consiglio regionale senza volere alcun altro Consigliere al seguito. Ricordo che la situazione della Lombardia era abbastanza critica e noi avevamo preso delle decisioni insieme che probabilmente sarebbero state ritenute impopolari proprio dallo stesso Consiglio regionale lombardo.
Affidare l’incarico di Direttore Tecnico della Federazione a Patrizio Deniso avrebbe certamente fatto modificare anche l’assetto degli Allenatori delle singole nazionali ed era certo che il contratto diMaurizio Gatti non sarebbe stato rinnovato.

La scelta,  per  essere sinceri  del tutto,  non  era solo  un’esigenza  di  Patrizio  ma  un volere  di  gran  parte  dei  Consiglieri  ed  era dettata  per  dare  una  svolta  ad  un  settore  che  ne  aveva visto  responsabile  Maurizio,  negli  ultimi  dieci  anni,  e  che  non  aveva prodotto dei risultati soddisfacenti nonostante la professionalità riconosciuta al Tecnico lombardo.
Uno dei mandati politici che ti avevamo affidato caro Franco era proprio quello di essere chiaro con Maurizio e con il Consiglio regionale lombardo circa la volontà di non proseguire il suo rapporto con lui. Un comportamento lineare e corretto che, se mi permetti, era dovuto per un Tecnico sotto contratto da una decina di anni con la FITeT come Maurizio Gatti.

Non solo questo non è avvenuto ma credo proprio che sia avvenuto l’esatto contrario assicurando sia a lui che alla Regione Lombardia la continuazione del rapporto.
Ti vorrei ricordare che in Assemblea a Terni per la Lombardia sono state presenti solo 2 Società (la “tua” Castel Goffredo e l’Alto Sebino di “Gatti”) entrambe munite di deleghe di 2 società ognuna.
Forse non essere stati chiari (…è un eufemismo il mio) ha portato voti, ma certamente non era questo il mandato che avevi.
Inoltre, vedere solo 2 società presenti fisicamente dalla  Regione che esprime il  Presidente, se mi permetti, è stato veramente deludente.

Stendo  poi  un  velo  pietoso  per  il  modo  utilizzato  a  Lignano  per  comunicare  a  Maurizio  Gatti  la fine  del  suo  rapporto  con  la Federazione !!
Bisognava avere il coraggio di comunicare quelle che erano le scelte di un gruppo di Dirigenti ed il buon gusto e la delicatezza di chiudere un rapporto decennale di lavoro con Maurizio.
Lo dovevi fare tu e non altri, come del resto avevamo concordato la stessa mattina al Palazzetto di Lignano.

Caro Franco, per dare un’idea di come tu abbia poco interesse a condividere le scelte strategiche e di come tu veda il ruolo del Consiglio Federale ti voglio fare un altro esempio: l’elezione del Presidente del CONI.

Sicuramente la nostra Federazione ha avuto un ruolo importante nell’elezione del nuovo Presidente del CONI Giovanni Malagò.

La  campagna  elettorale  CONI  è stata  aspra,  come tutte  le  campagne  che  hanno  dei  risvolti  economici  importanti  del  resto,  e diverse Federazioni sportive hanno ufficialmente appoggiato la candidatura di Raffaele Pagnozzi votando invece, nel segreto dell’urna, per il nuovo Presidente Malagò.
Possiamo discutere caro Franco di quanto opportuna sia stata questa strategia a posteriori, ma avresti avuto l’obbligo di condividere tale scelta almeno con i Consiglieri Federali prima che questa decisione fosse stata presa.

Avresti dovuto spiegare quali fossero le motivazioni che stavano portando ad un “tradimento” così importante quanto clamoroso per cercare magari all’interno del Consiglio Federale almeno un consenso generale alla scelta.

Caro Franco in quell’elezione sei andato perché a capo di un movimento e non in quanto “Franco Sciannimanico da Castel Goffredo”.

Personalmente non ho gli elementi per criticare o plaudire la scelta fatta, ma sono sconcertato dal fatto che tu l’abbia presa nascondendola al Consiglio anche dopo averla effettuata come hai fatto nel corso del Consiglio Federale seguente all’elezione di Malagò. Permettimi però di aggiungere che rassicurare il vecchio Presidente con i proclami sul nostro sito federale e poi votare il suo contendente non ha fatto di te la persona più affidabile politicamente del mondo e queste cose si pagano sempre.
Tra un paio d’anni non so quanto possano valere le tue rassicurazioni a Malagò di una sua rielezione, visto questo precedente.

La  nostra  Federazione aveva all’epoca  ben 2 voti a  disposizione  in  quell’elezione  perché tra  i 60  grandi  elettori  c’era Alessia Arisi, come atleta eletta del CONI e fu  proprio Alessia,  nella sua semplicità e trasparenza, ad ammettere che il voto era stato dato a Malagò, mentre eravamo seduti sui banchi del Consiglio Federale seguente l’elezione CONI.

Una situazione paradossale in cui forse ci sarebbe da sorridere se non si ricoprisse una carica elettiva e non si avesse un mandato da parte di altri Dirigenti e da parte di Società sportive che dovresti rappresentare.

Veniamo quindi al nuovo corso del Consiglio Federale da te presieduto in maniera a dir poco difforme almeno rispetto al quadriennio precedente che mi aveva visto presente.

Da subito ricordasti in più occasioni, formali ed informali, quali nuovi compiti spettassero al Presidente Federale con la riforma del CONI. In pratica rimarcasti in più occasioni come, il Presidente, potesse adesso sostituirsi al Consiglio Federale per decidere alcune cose fondamentali per la vita di una Federazione Sportiva Nazionale.

Io in più di un’occasione, formalmente (nei consigli federali) e informalmente (in varie riunioni), tentai di spiegarti come queste modifiche dello Statuto CONI, apparissero più di facciata che sostanziali.

Prendere  decisioni  in  maniera  autonoma  da  parte tua,  non  avendo  la  maggioranza  del  Consiglio  Federale  d’accordo,  avrebbe portato ad una difficoltà di gestione da cui non ne sarebbe uscita una Federazione coesa e vincente.

In  un  paio di occasioni  mi  minacciasti  persino di “andare alla conta” in Consiglio  ma io, tenendo  molto all’unità del Consiglio stesso, a differenza tua, ti ho sempre invitato a non provare alcun “braccio di ferro” sperando sempre nel dialogo al fine di poter risolvere i problemi.

Clamoroso e sconcertante fu che nel secondo e terzo Consiglio Federale dello “Sciannimanico Ter” non ci fossero a disposizione di noi Consiglieri neanche in visione le Delibere del Presidente !!!

Al mio invito di inviarci le Delibere almeno subito dopo aver svolto il secondo Consiglio federale, il Segretario Giuseppe Marino non diede seguito e, solo dopo le vibranti proteste mie, di Carlo Borella e di qualche altro Consigliere, durante il terzo Consiglio Federale  con seguente  minaccia  di abbandonarlo,  queste  Delibere  ci furono  date  per  la sola visione  e  ratifica,  come  previsto dallo Statuto.

Questi erano i segnali inequivocabili che per te il Consiglio Federale in questo quadriennio era solo una scocciatura da sopportare e null’altro.

Dovevo capirlo e regolarmi subito di conseguenza senza aspettare oltre come purtroppo ho fatto fino ad oggi.

Un  altro  segnale  che  testimonia  quanto  hai  avuto  ed  hai tuttora  in  considerazione  il  Consiglio  Federale  sono  i  rapporti  con l’Aeronautica Militare e con gli altri Corpi Militari.
In nessuna trattativa con loro per le eventuali assunzioni hai voluto la presenza di qualcuno di noi del Consiglio Federale.
Emblematico direi.
Hai addirittura annunciato l’arruolamento di Leonardo Mutti durante l’annuale Conferenza con i Presidenti Regionali senza avere minimamente accennato della scelta già fatta,  nonostante  la cena della sera  precedente con  noi Consiglieri fosse  l’occasione giusta.
Sapevi  benissimo  che  Niagol  Stoyanov  aspettava  da  anni  un  arruolamento  in Aeronautica, tanto  che tu  stesso  mandasti  me  a parlare con suo padre Ivan per due anni di seguito (settembre 2011 e settembre 2012) durante lo svolgimento del Torneo nazionale a Livorno.

Mi facesti assicurare, a  un  mese dalle  elezioni,  nonostante  la  mia  ritrosia a farlo, visto anche quello che  era successo  l’anno precedente, che l’arruolamento era imminente e che sarebbe stato formalizzato addirittura entro la data dell’assemblea elettiva.

La storia come ben sai caro Franco è andata in maniera ben diversa.

Fu deciso per l’arruolamento di Leonardo Mutti, allora non ancora diciottenne.

Ora  spero  che  quando  Niagol  passerà  alla  società  di  Castel  Goffredo,  come  si vocifera,  possa  anche  lui finalmente  avere  la “fortuna” di essere scelto dalla prestigiosa Arma dell’Aeronautica come del resto successe a Rech, Stefanova e Bobocica allora in forza alla società mantovana.
Glielo auguro di cuore.

Veniamo adesso al Progetto Tecnico 2013/2014.

Nel mese di maggio 2013 si sparsero notizie di come fosse strutturato questo Progetto e “radio palestra” indicava che queste indiscrezioni provenissero da discorsi di Allenatori Federali oltre che da te, ovviamente.

Insomma, senza che se ne discutesse minimamente in Consiglio Federale, tu avevi dato mandato a qualche Tecnico Federale di sondare la volontà di atleti (minorenni), genitori, allenatori di società e dirigenti di società.

Ovviamente le sedi di quel Progetto dovevano essere Torino e Castel Goffredo.
E, visto che la proposta riguardava proprio questi due luoghi, qualche atleta è stato guarda caso “motivato” ad accettare il tesseramento per una di queste due Società ancor prima dell’ufficializzazione del Progetto.

Inaccettabile.

Quando a giugno 2013 uscì fuori tutto questo e diversi Consiglieri Federali (io in primis) protestarono, si cercò di porre rimedio allargando “fintamente” il Progetto a 4 palestre di interesse federale.

Nel Progetto Tecnico proposto poi da Patrizio Deniso al Consiglio Federale a luglio 2013, in ognuno di queste 4 palestre (Castel Goffredo, Torino, Cagliari e Termeno/Appiano) avrebbero dovuto essere presenti durante la settimana, i Tecnici Federali Gigliotti, Nannoni, Piacentini e lo stesso Deniso coadiuvati, in ognuna delle 4 palestre da sparring partner stranieri scelti dalla nostra Federazione.

Si era scelto di affidare questo incarico a sparring stranieri (cinesi perlopiù) non tesserati per alcuna Società italiana proprio per evitare eventuali vantaggi che avrebbero trovato queste Società avendo uno straniero da utilizzare per il proprio campionato praticamente a costo zero, visto che, oltre all’ingaggio, anche le spese di vitto e alloggio dovevano essere a carico della FITeT (circa 20 mila euro in totale per ogni sparring).

Invece prendesti la decisione di sostituire lo sparring cinese di Torino, rimandato a casa per scarso rendimento a dicembre 2013, con  due  atleti  del  CUS Torino  (Margarone  e  Manna)  contravvenendo  a  quanto  deciso  appunto  dal  Consiglio  Federale  a  luglio 2013.

Solo a maggio 2014 la questione è uscita fuori in Consiglio Federale.

Ho precedentemente scritto che il Progetto Tecnico è stato “fintamente” allargato perché, passato ora un anno, posso dire che è stato fatto un Progetto molto diverso da quello deliberato.

A Cagliari, Piacentini è andato per 4/5 giorni in totale e a Termeno il duo Nannoni e Gigliotti sarà stato forse 20 giorni in tutto l’anno agonistico.

Lo sparring dedicato alle due Società bolzanine non è stato certamente distribuito equamente tra loro e nessuno ha effettuato il giusto controllo affinchè questo non avvenisse, nonostante una puntuale lettera in merito scritta dal DT Deniso a ottobre 2013.

Il Consiglio  Federale non aveva di certo approvato questo tipo di  Progetto ma appare evidente che non è il Consiglio  Federale che decide.

Inaccettabile di nuovo.

Il Progetto Tecnico federale 2014/15 sarà identico nella sostanza a quello dello scorso anno.

Ieri il Consiglio Federale ha deliberato a maggioranza due centri a Torino e Castel Goffredo come lo scorso anno e metterà a disposizione dei ragazzi scelti per quelle sedi, sia sparring che Tecnici della Federazione mentre per il resto dell’Italia si procederà con i contributi economici alle società.
Di finto quest’anno c’è il Centro di Terni che non vede sparring fissi, non ha una periodicità stabilita per i suoi stages (“forse 4 giorni al mese” ) e, per tua stessa ammissione, ha una cifra di budget l’anno di 18mila€ messa lì per “avere delle cifre  … nel caso si facesse attività in quel Centro … altrimenti avere la possibilità di spostare quei 18mila € in un altro Centro” (cioè Torino e Castel Goffredo). Complimenti di nuovo.

Come ti ho ripetuto ieri in Consiglio Federale certe differenze tra i ragazzi meritevoli di attenzione da parte del Settore Tecnico sul territorio  italiano  sono  adesso  evidenti  e  non  è  possibile  mettere  a  disposizione  di talenti  cristallini  come  Carlo  Rossi  e Antonino Amato risorse così inferiori rispetto ai loro pari atleti del nord oppure non dare la stessa possibilità di crescita tecnica a Gaia Smargiassi e Jamila Laurenti solo perché residenti in talune Regioni anziché in altre.
Dobbiamo puntare sul talento ovunque esso risieda e non costringerlo a tesserarsi per le Società dove la “Federazione” ha deciso di puntare.

I 3 Progetti speciali regionali, che ho votato perché non mi sembrava vero destinare qualcosa alle Regioni del centro/sud, guarda caso servono, non tanto per provare a restituire speranza alla parte d’Italia penalizzata dal Progetto ma per non farti bocciare per la terza volta nell’arco di due mesi lo stesso  Progetto e forse addirittura per assicurarti la poltrona fino alla scadenza del terzo mandato.

Le decisioni non si prendono più in Consiglio Federale ma le prendi direttamente tu caro Franco e sono molto poco professionali e soprattutto sono molto sbilanciate territorialmente.

Essere il responsabile della più grande Società d’Italia e, contemporaneamente, della Federazione Italiana Tennistavolo è molto difficile ma non impossibile.

Tu caro  Franco, oramai  è  evidente,  non  hai  la caratura  morale  per  poterlo fare.  Mi  ero  illuso che  potessi averla  e questa  è  la sconfitta peggiore per me.

Veniamo adesso alla cosa che mi ha fatto pensare più di tutte caro Franco.

La Federazione negli ultimi anni ha organizzato numerose manifestazioni internazionali e tra queste è diventata un appuntamento fisso il Master Open di Lignano.

Voglio ripercorrere quanto successo a margine di quello organizzato dal 19 al 23 marzo 2013.
In  data  25  marzo  (2  giorni  dopo  la  conclusione  della  gara)  un  dipendente federale  ha  subito il furto  dal suo  borsello  di  una somma di denaro contanti  pari ad € 8.000, frutto delle iscrizioni di alcune delegazioni straniere.  Il furto è stato denunciato il giorno dopo presso una Stazione dei Carabinieri di Roma dallo stesso dipendente in nome e per conto della FITeT.
Io venni a sapere del furto casualmente e da persone completamente estranee alla Federazione ma che erano a conoscenza del mio  ruolo all’interno della  Federazione stessa.  Mi sarei aspettato che  la cosa venisse fuori tra di  noi,  prima informalmente, a mo’ di chiacchiera e poi, in seguito, formalmente, visto che andava a modificare il consuntivo da approvare.
Ma non andò così.
Nella riunione del Consiglio Federale successiva all’accaduto, in data 4 maggio 2013, non ci fu nessuna notizia in merito.
Rimasi perplesso, ma aspettai il Consiglio Federale seguente certo che, quanto di mia conoscenza, fosse reso noto.

In data 6 luglio 2013 approvammo il consuntivo della manifestazione con un accertamento di entrate pari a € 157.432,47 ed un totale bilancio positivo della manifestazione in questione pari a € 23.761,72.

Nonostante la mia domanda in Consiglio federale se tutto fosse “filato liscio” durante e dopo la manifestazione, nessuna comunicazione fu fatta in merito al furto.

Ad inizio settembre 2013 decisi che dovevo “forzare” la notizia in qualche modo per renderla di dominio pubblico e, in presenza di Carlo Borella, raccontai quanto a me noto da mesi, ad un Tecnico a contratto con la Federazione di cui ho la massima stima.

Il suo stupore fu sincero e  notai anche  una certa  preoccupazione in  lui,  ma sono certo che con quella confidenza  raggiunsi  lo scopo da me voluto.

Sta di fatto che in data 19 ottobre 2013, circa 7 mesi dopo (!!) l’accadimento, finalmente è approdata in Consiglio Federale la denuncia fatta ai Carabinieri  e  la  liquidazione del danno da  parte della Vittoria Assicurazioni – Agenzia di  Milano, decurtato del 20% di franchigia, pari a € 6.240.
Incredibile eh? Che casualità!

Ricordo come fosse ora il tuo imbarazzo e quello del Segretario Marino. Certamente non avevate fatto quello che io mi aspettavo faceste. Anche gli altri Consiglieri  presenti erano  ben consci di aver deliberato  un Consuntivo qualche  mese  prima diverso da quello reale ed erano molto stupiti dalla cosa.
Sconcertante.
Ad essere ottimisti sull’intera vicenda, posso affermare che è stata un’altra prova di quanta importanza abbia il Consiglio Federale per te.

Caro Franco questi sono gli elementi oggettivi che mi hanno portato a prendere la decisione di lasciare il Consiglio  Federale e di dimettermi oggi, al termine della stagione agonistica.

Avrei voluto farlo anche prima, ma il mio senso del dovere e la consapevolezza che il mio operato avrebbe certamente “frenato” certe derive che il Consiglio federale stava prendendo, mi hanno suggerito di farlo dopo aver terminato questa stagione sportiva.

Lo faccio prima degli Europei Giovanili di Riva del Garda che del resto non mi hanno minimamente visto coinvolto in nessun incarico, ma andrò lo stesso a Riva, per tifare i nostri ragazzi e perché il mio impegno è sempre stato dettato dalla passione senza alcun  interesse  personale  e  sentendomi  sempre  orgoglioso  di  rappresentare  la  Federazione  di  cui  mi  onoro  di far  parte, a differenza tua, da circa 30 anni.

Mi spiace  per  le Società che  mi  hanno votato 2 anni fa,  ma sono certo di  non tradirle con  le  mie dimissioni, come  non  posso tradire la mia coscienza continuando a legittimare un comportamento da parte tua inqualificabile per il ruolo che hai, rimanendo in Consiglio Federale.

Non ho alcuna posizione da “proteggere” o “cambiale” da scontare e posso permettermi di fare quello che sto facendo a testa alta. Non ho messaggi da consegnare ai miei colleghi Consiglieri con cui ho avuto ed ho un dialogo costante e che certamente sapranno valutare bene la situazione che li vedrà protagonisti o semplici comparse.

Tornerò ad impegnarmi come giocatore (…atleta mi sembra troppo), come allenatore e come Dirigente per la Società sportiva che ho volutamente trascurato negli ultimi 5 anni in favore del mio grande impegno federale.

La mia passione profusa per questo ambiente di certo non verrà diminuita, anzi.

Roma
22 giugno 2014

Bruno Di Folco

Nanchino 2014 YOG

19 Maggio 2014 da Ping Pong Italia · 8 Commenti 

Peccato, mi sarebbe piaciuto ma non è andata come speravo.

Oggi è stato ufficializzato l’incarico per accompagnare e seguire gli atleti americani che si sono qualificati per le Olimpiadi Giovanili che si terranno il prossimo Agosto a Nanchino (CHN). Il prestigioso riconoscimento riguarda la posizione appunto di Coach/Team Leader, da quello che so c’erano due forti candidati ma la scelta è caduta sull’altro. Vi racconto come sono andate le cose.

La federazione qualche tempo fa aveva annunciato la selezione e io ho presentato la domanda. Forte del fatto che gli unici due atleti Lily Zhang e Krishnateja Avvari (li vedete nelle foto con me) che partecipano sono miei studenti a tempo pieno, nel senso che ci lavoro tutti i giorni, si riteneva quindi logico che l’allenatore sarei potuto essere stato io.

Dopo aver accolto la mia domanda si è passati al colloquio che ho superato brillantemente (così mi è stato detto). La federazione impone un impegno di 50 giorni. Purtroppo il mio datore di lavoro me ne avrebbe concessi solo 30 e qui ciò che ha fatto la differenza. Hanno preferito un Coach/Team Leader che garantiva tutti i 50 giorni.

La vicenda ha scatenato molte polemiche, le si possono trovare sulle pagine Facebook dell’ICC e addirittura su quelle ufficiali dell’USA Table Tennis. Prima fra tutte l’inflessibilità federale, c’era un largo orientamento nei miei confronti ma su i 50 giorni non c’è stata la possibilità di negoziare anche perché si trattava di rinunciare allo Stage di Shanghai indetto e sponsorizzato dall’ITTF per il quale, molto probabilmente, la federazione statunitense aveva aderito con entusiasmo. La cosa buffa è che se anche avessi accettato i 50 giorni non avrei avuto la possibilità di seguire gli allenamenti/preparazione di Lily Zhang poiché impegnata in gare internazionali in Corea e Giappone durante lo stesso periodo, allora che preparazione è? E poi, si affida l’incarico ad un tecnico ma il programma è già a stato preparato da qualcun altro. Boh è come affidare i lavori per una casa ad un architetto il cui design è stato già ideato da un altro architetto. Intendiamoci tutto è possibile, per carità. Ad ogni modo questi sono i fatti. L’allenatore scelto è certamente qualificato e ha tutta la mia stima e collaborazione, certo è che l’amaro in bocca rimane.

Insomma ho avuto un bel dispiacere (ci sono abituato), America paese delle opportunità… Che fare? Sarà il caso di tornare a casa, in Italia? Quasi quasi se ci fossero le condizioni ci penserei seriamente.

I mondiali di Tokio

30 Aprile 2014 da Ping Pong Italia · 10 Commenti 

del Drago Rosso

Il fuso orario del Giappone è più 7 ore rispetto all’Italia (in estate, altrimenti sono 8). Quello dei Mondiali a squadre è meno un miliardo, perché il tennistavolo sta sprofondando sempre più e questa edizione, a Tokyo, è impressionante per pochezza organizzativa e tecnica. A tutto ciò si aggiungono i pasticci sulla presidenza dell’Ittf, con le dimissioni non tanto a sorpresa di Sharara, le brutte figure dell’Italia e la scandalosa esclusione di Nikoleta Stefanova dalla squadra azzurra, che si è cercato pietosamente di mimetizzare da “momentanea decisione tecnica per scarsa forma”, ma che dimostra come il tennistavolo italiano sia sempre più allo sfacelo, tant’è che il rebus su chi dovrà guidare la Nazionale femminile sta diventando una barzelletta: Gigliotti andrà via e le tre persone interpellate da Deniso per sostituirlo hanno detto no. No a Deniso, sia chiaro, perché queste persone la guiderebbero pure la Nazionale, ma senza sottostare ai diktat di Deniso. Ma andiamo con ordine.

TOKYO

I Mondiali a squadre erano stati promessi dall’Ittf a Tokyo dopo la tragedia di Fukushima, in modo da contribuire alla rinascita dopo l’incidente alla centrale nucleare. Negli ultimi trent’anni il Giappone aveva già organizzato altre quattro volte i Mondiali: Tokyo 1983, Chiba 1991, Osaka 2001 e Yokohama 2009. In tutte le occasioni l’organizzazione era stata perfetta. Stavolta, il quadro è deprimente e non si può invocare alcuna scusa, visto che il Giappone si è ripreso alla grande dopo Fukushima e ha organizzato altre grandi manifestazioni in maniera esemplare. Esempio concreto: un mese prima di quelli del tennistavolo, proprio a Tokyo si sono svolti i Mondiali di pattinaggio artistico su ghiaccio e sono stati un grandissimo successo da tutti i punti di vista. Per il tennistavolo, invece, la situazione è pessima.

MONDIALI DIVISI

La prima impressione negativa è data dalla divisione dei Mondiali in due parti. Nel palazzetto principale, lo Yoyogi, giocano solo le Prime divisioni maschile e femminile. Tutte le altre, dalla Seconda alla quinta giocano nel Tokyo gym, a circa 5 chilometri di distanza. Non ci sono collegamenti fra i due palazzetti. Chi vuole andare da uno all’altro deve prendere due treni della metropolitana, sperando nella coincidenza più veloce. Gli alberghi degli atleti stanno a 7 chilometri e lo shuttle bus impiega quasi un’ora per arrivare a destinazione. Insomma, il principio più importante, quello dell’unità, è stato buttato nel cesso. Fra l’altro, questa è l’unica occasione per i giocatori di nazioni meno forti di poter ammirare i campioni e quindi trovare una spinta in più per sviluppare ulteriormente questo sport nel proprio Paese. Stavolta, ci sono i figli di un Dio minore relegati lontani, quasi a dire: “Non ci rompete i coglioni”. Il peggio è che in questi giorni si deciderà l’inizio del taglio delle squadre ai Mondiali. Sharara ha spiegato che si andrà avanti gradualmente. Adesso ci sono 114 squadre maschili partecipanti, dovrebbero diventare 96, poi 84, infine 72. Ma questa è una stronzata galattica. Infatti, che le squadre siano 72, 114 o 500 (faccio un paradosso), le cose in questi Mondiali di Tokyo non cambiano. Nel palazzetto principale (9 tavoli) giocano 24 squadre maschili (e 24 femminili, ma stiamo facendo l’esempio delle 114 maschili soltanto). Nell’altro palazzetto, quindi, ce ne sono 90 maschili, e ci giocano comodamente (ci sono 24 tavoli). Se anche le squadre in totale fossero 72, obbiettivo fissato da Sharara, comunque 24 giocherebbero nel primo palazzetto e le rimanenti 48 nel secondo. Non è un problema di palazzetti, quindi, tant’è vero che, per esempio, a Brema 2006, Mosca 2010, Dortmund 2012, si è giocato senza problemi in un’unica struttura. Il vero problema è che gli organizzatori vogliono spendere meno e trovano le scuse dei Mondiali “giganteschi”.

YOYOGI

E’ ancor più un peccato che accada tutto questo proprio quando si va a giocare in un palazzetto che rappresenta qualcosa di molto importante per lo sport in generale. Lo Yoyogi (costituito da due palazzetti, il principale da 8000 posti, quello più piccolo da 4000) fu costruito per l’Olimpiade di Tokyo del 1964, con soluzioni architettoniche che uniscono le tradizioni giapponesi e la modernità. E’ un gioiello, anche se adesso, dopo 50 anni, risente della vecchiaia, ma in generale resta un’opera molto bella. Il problema è che l’impianto di illuminazione, all’interno, non è stato ammodernato, tant’è che, specialmente per i 6 tavoli laterali (3 e 3), la luce è davvero scarsa. Per quelli centrali appena sufficiente. Tralascio le ulteriori e innumerevoli pecche organizzative, perché ci sarebbe da scrivere un romanzo. Dico solo che l’organizzazione delle gare dell’Ittf va peggiorando sempre più.

LE GARE

Sulle indicazioni tecniche tornerò dopo i Mondiali. Per il momento faccio solo un paio di segnalazioni. Quella più importante è per la statunitense Zhang Lily, che sta facendo passi da gigante nella sua evoluzione tecnica. Nel momento in cui scrivo, ha già battuto due forti giocatrici come l’ungherese Pota n. 35 e la difesa bielorussa Viktoria Pavlovich n.11 del mondo, portando i 2 punti in più di una occasione. Guarda caso, è allenata da Massimo Costantini, che ha portato lei e Krishnateja Avvari a qualificarsi all’Olimpiade giovanile di Nanchino, ad agosto. A quella maggiore di Londra 2012 aveva portato 3 suoi atleti su 3, adesso si ripete in quella giovanile. La Romania femminile, con le sue giovani e la promettente Szocs, continua a resistere fra le migliori della Prima divisione nonostante la povertà di mezzi e la sfortuna (la Dodean che gioca con un ginocchio malandato dopo un intervento chirurgico), quella Romania che era stata
dileggiata dai commentatori italiani perché aveva perso, con le sue giocatrici allora bambine, ai Mondiali di Brema 2006. E’ la legge del contrappasso, perché l’Italia che allora fece la gradassa con la Romania e che ha cacciato Costantini ed Errigo, continua a fare brutte figure una dietro l’altra.

AZZURRO TENEBRA

Se gli azzurri, infatti, riescono a tenere dignitosamente il passo per una possibile promozione, comunque con partite sempre tirate, per le ragazze c’è il precipizio, di cui non hanno assolutamente responsabilità. Questa è tutta della dirigenza tecnica e politica. Non sto a ripercorrere tutta la storia della cacciata di Nikoleta Stefanova dalla Nazionale, ricordo solo che la scusa, inventata dal d.t. Deniso, di una sua scarsa forma, non sta in piedi: 24 partite vinte in campionato e una sola persa (contro una cinese), cui si aggiungono 2 match non giocati per un infortunio alla schiena; gli ultimi due tornei nazionali vinti cedendo appena 3 set in totale. E questa è la scarsa forma di Niko? Direbbe Totò: ma mi faccia il piacere! Il punto è che, purtroppo, le tre azzurre, Vivarelli, Ridolfi e Colantoni devono prendersi sulle spalle un carico che non tocca a loro. Non è un caso se a giocare meglio, nelle partite del girone, tutte perse, sia stata
la Colantoni, perché aveva minor pressione, da ultima arrivata e quindi con minore responsabilità. Più nervose le altre due, soprattutto la Vivarelli, che si è trovata a fare la numero 1 e a essere “costretta” a fare 2 punti a partita. Con Niko in squadra, non solo Vivarelli e Ridolfi sarebbero state più serene, con la possibilità di alternarsi con la Colantoni e quindi riposare, ma l’Italia avrebbe potuto puntare alla promozione in Prima divisione. Visto il livello tecnico della Seconda divisione, questo era un obbiettivo alla portata. Ma qui si continua ad andare avanti con le solite motivazioni che hanno portato alla distruzione del tennistavolo italiano. E poi, peggio ancora, arriva la notizia che Gigliotti non sarà più il tecnico della Nazionale femminile. Deniso ha deciso che non va bene. Ma era stato proprio lui a sceglierlo. Quindi, bisognerebbe considerare a questo punto la capacità di Deniso di valutare chi sia il tecnico giusto
per la Nazionale. Ricordo ancora che, non chiamando Errigo, aveva fatto chiaramente intendere quale sia l’andazzo. Chi sta sulle palle a Sciannimanico non può sperare di avere un ruolo. La cosa ancora più sconcertante è che Deniso, per sostituire Gigliotti, si è rivolto a, udite udite, Yang Min, Laura Negrisoli e Massimiliano Mondello, i quali, uno alla volta, hanno tutti detto no alla proposta di guidare la Nazionale femminile. Non ci stanno a dover sottostare a Deniso e hanno rifiutato, dando dimostrazione quantomeno di grande dignità. Resta allora il grande problema: chi allenerà l’Italia femminile? perché Deniso non richiama Errigo? Teniamolo bene a mente: lo sfacelo non si è ancora completato, il peggio deve arrivare.

SHARARA

E per il momento chiudo con le dimissioni di Sharara da presidente Ittf. Ha detto di essere stanco, di preferire il ruolo di presidente dell’Assemblea generale Ittf, che si dedicherà ad altre organizzazioni sportive mondiali e via di questo passo. La presidenza passa al tedesco Thomas Weikert, grande avversario di Stefano Bosi quando quest’ultimo era presidente dell’Ettu e poi candidato alla presidenza dell’Ittf l’anno scorso. Proprio da qui si deve partire per capire cosa sia realmente accaduto. La faccio breve e mi riservo di approfondire l’argomento subito dopo i Mondiali. Bosi aveva attaccato la gestione di Sharara, mettendo in risalto alcuni comportamenti che, secondo le leggi del Canada, dove risiedono gli uffici della Tms, l’agenzia di marketing dell’Ittf, potrebbero configurare irregolarità. Ci fu grande battaglia a Parigi, in occasione dei Mondiali e dell’elezione del presidente. La Cina, che aveva promesso l’appoggio a Bosi, fece dietrofront all’ultimo momento, ottenendo da Sharara l’impegno a far eleggere Shi Zhihao presidente dell’Ittf alla prossima tornata, nel 2017. Ora, un presidente che dà battaglia per essere rieletto e dice, dopo appena un anno, che è stanco e preferisce fare altro, è quantomeno strano. Anzi, a domanda in conferenza stampa, Weikert ha risposto che Sharara gli comunicò l’intenzione di dimettersi a dicembre 2013. Quindi, appena 7 mesi dopo essere stato rieletto, Sharara decide di voler abbandonare la presidenza. Ancora più strano. Cosa è accaduto davvero? C’è qualche strascico dopo le accuse che Bosi aveva rivolto a Sharara? Di sicuro c’è che i patti stanno saltando. Il tedesco Weikert resterà in carica 3 anni, ma potrebbe decidere di candidarsi a sua volta per la presidenza nel 2017, facendo saltare l’accordo con i cinesi per l’elezione di Shi Zhihao. Così, i cinesi, che hanno fatto il clamoroso voltafaccia con Bosi, si ritroverebbero a essere ripagati nella stessa maniera. Ma resta sempre il dubbio: siamo sicuri che Sharara abbia deciso da solo e non sotto la pressione dei suoi elettori (che gli avrebbero detto: “Ti abbiamo salvato da Bosi, adesso togliti di mezzo”) o di qualche situazione particolare e per il momento sconosciuta? Da tutto questo, purtroppo, può solo derivare ulteriore male per il tennistavolo, con i tedeschi che tenteranno di fregare ulteriormente i cinesi con chissà quale nuove regole e quali nuovi imbrogli.

Torneo di Taranto 17-18-19 Aprile

13 Aprile 2014 da Ping Pong Italia · 2 Commenti 

Vi segnalo anche se un po’ in ritardo un Torneo, quello di Taranto nella regione Puglia al quale bisognerebbe partecipare. I motivi per farlo sono diversi, primo fra tutti il pregevole valore del montepremi, €5000 mica male no? Poi perché ad organizzarlo ci sono dei miei vecchi amici e mi dispiacerebbe se la manifestazione non riscuotesse il successo che merita, infine un torneo in più è sempre il benvenuto.

Un’idea agli organizzatori: in America esiste anche l’iscrizione ritardata (late fee), se qualcuno volesse partecipare anche a tempo scaduto accettatelo lo stesso magari con una leggera penalità.

Vi raccomando di partecipare e buon torneo agli atleti ed agli organizzatori, sarei a casa in quei giorni e mi farebbe piacere passare una giornata a Taranto, ma è una “gara” dura.

Info e dettagli:

www.tarastennistavolo.it

The Ability That Creates Disability

21 Marzo 2014 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

An Idea For The European Table Tennis

A few years ago I highlighted, in an article from this blog, the technical differences still existing today between the Chinese and European school of table tennis. That article previous post received recognition from both the Chinese and German media. From this article I’d like to propose some suggestions that may help to narrow the performance gap existing between China and the rest of the World. To better define this subject, it’s necessary to do a short, but essential introduction about what ping pong actually is in it’s entirety.
Although ping pong, to many people may seem like a banal game (from a certain point of view it really is, one has to hit the ball back to the opposite side of the table and what’s done is done), but not to me. I strongly believe that the fundamental concepts of this sport should always be taken into account. Ping pong is action and reaction, it’s motion and coordination, it’s tactic and strategy, it’s technique and physical strength, it’s motivation and determination, and more. All these features are governed by ability. As one can see ability has multiple ways to express itself, I think that Europeans, and generally the rest of the World, except China, use ability in either a wrong or different way.
To better understand the meaning of this subject we have to talk about ability. European and the rest of the ping pong world is still suffering, and will do it for several years to come, for wanting to focus on “playing ability”, yet in various situations from time to time, their playing evolves into a type of defense. All this in addition to mistakes of technical planning as I mentioned in the previous article. The point in question I’d like to address is this one: The ability of a player to put into practice his/her best shots, skillfully.
One of the examples of “playing ability”, and probably the best ever, was J.O.Waldner. An unmatched talent capable of anything, envied as much as emulated by many followers. If on one side Waldner has been a role model, on the other side he created a situation for an abnormal technical and mental development, representing a playing style different from what is today the real concept of ping pong: fast rallies and continuity. I hope Waldner will forgive me, and far be it from me to acknowledge him for being somewhat responsible for the China-Europe gap (and the rest of the world). Furthermore, I have a deep respect for him as a person and for his accomplishments. Another influential player worthy of mention is Michael Maze. Unfortunately his victo- ry at the 2005 World Championship against Hao Shuai, playing high lobs, has set a negative precedent that contributed to the demise of European and Japanese ping pong players. The moral of the story: It’s possible to beat Chinese players with playing defense, yeah right.
Going back in time there are more examples, like French player Secretin and Liang Ge Liang, go figure the only Chinese, the so called “Allround” players, to put it better, the ability of playing with diverse style, in any situations. Again, I don’t think they are directly responsible, I’m only stating the facts, and the facts indicate that for about two decades European players haven’t been able to create a playing identity. The only exception comes from France which has excellent players (in the picture Mattenet FRA) with great potential but suffer from the drawbacks mentioned above, transforming the game into a sort of restrained action without being aggressive.
The 40mm ball has actually aided to support this negative tendency in Europe. The ball speed being slower, enticed us into even slower rallies succumbing players to play fancifully. While in China Liu Guoliang dictated the course of action for an aggressive power play, executed with ferocious tactic, (by the way, have you ever seen Liu Guoliang stepping back and playing defense?). Europeans stood by and watched hoping that a larger ball could facilitate them, wasting time and struggling against Chinese superpower, often clinging to their whimsical “playing ability”, rather than do it head to head, the ability in playing. It’s time to change attitude.

The real pioneer of modern play since the 70’s and 80’s is Hungarian Tibor Klampar. A real talent. In my opinion his play was effeminate, in the sense that today almost all women players play the same way, close to the table. They never step back, have fast action, precise ball trajectories, and spin variations. All the other players play a chopping-type defense. Among women, the playing ability at an international level has been represented only by the Hungarian Toth, often against the Asian fast play, when she would frequently play high looping lobs. I really appreciate the manner in which women play. It gives me the impression of being complementary to male play. Male players find it difficult to adopt theses strategies, they don’t even think to do these things. Can you imagine to play like women, very fast and at the same time powerfully? For sure, we have to adjust the foot work, no more crossovers, moving left and right, but with shuffle steps, and legs wide apart to maintain balance. This is essential for improving speed in the execution of strokes and explosiveness of the body, shoulder flexibility, mental speed, etc…
I’ve never attended a Chinese national championship but would really like to. I’d like to take this opportunity to recommend it to all coaches, especially European ones, to do it, there’s nothing wrong in doing it, no contraindications nor side effects, it would be just a positive thing. I’m convinced that matches between Chinese players are everything but a sort of defensive game. They face each other with head held high. One serves, the other returns the serve, does a top spin (loop) or opens up on the table, a block, and so on in an escalation of intense tactic.
To understand this concept better, I’ll give you an example that you may find very familiar. When we practice at the club, either by ourselves or in a training camp, we always end in the same situation, one player attacks, and the other defends at his/her best, withdrawing away from the table as fast as possible, often fishing with high lobs. I often see many young players stepping back from the table, with a quick sprint to get to a far position, like they were going to give up playing. How many times have we seen that scene? Many times. This strategy only stimulates the playing ability, a sort of ability that makes us weak, passive, technically and mentally vulnerable. Day after day the player develops defensive game conditions, hoping to reverse the quality of the rally hoping to resolve it with a recovering shot, a desperate counter loop, a heavy chop, and so on. It seems normal, who doesn’t do it nowadays? This is indeed the problem. We have to go back to playing fast rallies and scoring points and NOT raising the white flag, play defensively, returning the ball in the best possible way, hoping who knows what. This attitude creates weakness and mental dependence. Many times we score a point at the expense of a non-winning strategy. This gives us the illusion of being skilled, an illusion that fails fatally when playing against somebody with a solid and concrete style. Someone with speed and power, aggressiveness and determination, something that Chinese players know perfectly. Note, I’m not saying that we can’t play (ball) control, but being too passive shouldn’t be the main focus.
The Europeans are sharp, know tactics and technique and have creativity and talent. They don’t need all this, they already have it. Over time they have even improved, although they have lost the sense of playing, it’s dignity, fluidity, harmony and beauty.
I don’t like to take examples from other sports, but look at tennis, “our cousin.” Right now (Summer 2013), Wimbledon can inspire us. I’m not considering the show, I analyze the rally, the game itself. Play, rally, return the ball, if you can’t keep up, you can’t reach the ball, and you will lose. In Table Tennis it is not the same thing. If we can’t keep up, we step far from the table, retrieving, hoping not to get a final blow so we can catch up and maybe turn things around. To paraphrase tennis, I have the impression that the Chinese are phenomenal playing either on grass and on clay, while everybody else only on clay. And what about fencing, a sport resembling pingpong being a duel. In fencing one can win fighting, not stepping back. What is a duel if one runs away?

We, the rest of the World, know two methods (Dr Jekyll & Mr. Hyde), one for training schemes, the other for free playing. During training we are excellent, making very few errors, and playing regular rallies with continuous high-quality stroke execution. We are persistent, enduring, and well predisposed mentally. In free playing we change the way we play, almost hiding our ability, we get unrecognizable, then we stop the continuity, our playing gets imprecise, the strokes are less effective, we are doubtful, with a defensive attitude. All this happen during training, imagine it during a competition. Europeans need playing coherence, meaning continuity during fast rallies, reactivity of the legs, and the ability to repeat the same actions in the same way, naturally, continuously, constantly, without interruptions whatsoever, almost like playing a game. Any time we move away from this method, it means weakness. A tiny crack which, in the long run, destabilizes the whole structure, until it will collapse.
To get to a stage of real competitiveness, we have to strengthen the mentality for a consistent playing. We have to be able to keep up the rally, become more powerful, adopt tactics and strategies in a obsessive disciplined way, To achieve this, ideas are not enough, we must work, with constancy and discipline.
We need awareness to be ready to take a step backward in order to take two steps forward. We need dedication and willpower. We need physical and mental training. We have to give up the “playing ability” to leave room for coherent playing, which is the real ability playing the one with capitol A,. The one that supervises everything, the boss. We must start with the new generation of players and educate them in regard to coherent playing: the continuity of playing rallies close to the table, to open up with a flick or any spinning ball before our opponent does, not being afraid to block on the table or counter-hitting with a loop, placing the ball, and not being passive during a confrontation.
I’m sure that China is not invincible. Most players have resigned themselves to the fact that China will win. Well I’d like to go against the majority. I believe in the willpower of Europeans and the rest of the World. I’ve seen the Chinese training as well as the Europeans, The Chinese are continuous, constant, they don’t give up, we do. Even in China there’s something similar, the ones that fall into temptation with the playing ability, fatally succumb.
And us, what don’t we have that we can’t accomplish the same results?
Let’s go Rest of the World!!!

Thanks to Alex Rossi and his wife for being so helpful in translating this post. Grazie Alex

The original italian post

Un’idea per l’Europa pongistica.
Alcuni anni fa avevo evidenziato in un articolo apparso proprio su questo blog le differenze tecniche fondamentali che c’erano e che ci sono tutt’oggi tra la scuola cosiddetta cinese e quella europea. L’articolo precedente post era stato poi ripreso dalla rivista cinese e anche da quella tedesca riscuotendo notevoli apprezzamenti. Con questo pezzo invece vorrei formulare delle proposte di lavoro che potrebbero consentire di ridurre il divario qualitativo che c’è tra la Cina e il resto del mondo. Per definire meglio il contenuto di questo pezzo è importante fare una breve ma essenziale introduzione su che cos’è effettivamente il pingpong nella sua interezza.
Sebbene il gioco del pingpong per molta gente possa apparire banale (da un certo punto di vista lo è sul serio, basta rimandare la palla nell’altro lato del campo ed il gioco è fatto), per me non lo è, perché credo profondamente che i concetti fondanti del nostro sport debbano essere tenuti sempre in considerazione. Il pingpong è azione e reazione, è movimento e coordinazione, è tattica e strategia, è tecnica e prestanza fisica, è motivazione e determinazione, e altro ancora, tutte queste caratteristiche fanno riferimento a un capo, a un soprintendente: l’abilità. Come vedete l’abilità ha molti modi di esprimersi, molte sfaccettature, penso che noi europei e, più in generale, il resto del mondo eccetto Cina, faccia un uso sbagliato e/o diverso dell’abilità.

Quindi per capire meglio il senso del discorso dobbiamo partire dall’abilità.
L’Europa paga ancora oggi e per svariati anni a venire, oltre per gli errori sull’impostazione tecnica di cui parlavo nel precedente articolo, anche per il voler giocare concentrandosi sul gioco di abilità nelle varie situazioni che si presentano di volta in volta, situazioni che si evolvono in una sorta di difesa. Il punto su cui vorrei porre l’attenzione è proprio questo: l’abilità all’interno del sistema di gioco.
Uno dei più grandi maestri dell’abilità di gioco, se non il più grande di sempre è J.O. Waldner, un talento unico capace di tutto, tanto invidiato quanto emulato da moltissimi seguaci. Se da una parte Waldner ha fatto scuola, dall’altra ha creato le condizioni per una crescita tecnica e mentale anomala rappresentando un modello di gioco distante da quello che oggi è il concetto vero del pingpong ossia lo scambio rapido e la sua continuità. Spero Waldner non me ne voglia e lungi da me nel riconoscergli una qualche responsabilità diretta sul gap Cina/Europa e Resto del Mondo, inoltre nutro una profonda stima per la persona e grande ammirazione per le sue imprese. Un altro esponente da menzionare è senz’altro Michael Maze, purtroppo la sua partita dei Mondiali di Shanghai 2005 contro Hao Shuai vinta in difesa alta ha creato un precedente negativo che ha contribuito a deprimere ulteriormente il gioco europeo e in alcuni casi anche quello giapponese. Morale della favola: i cinesi si possono battere giocando in modo difensivo, furbetto.
 Andando ancora indietro nel tempo abbiamo avuto altri esempi illustri come il francese Secretin per l’Europa e, pensate, un unico cinese, uno solo Liang Ge Liang, i cosiddetti giocatori “Allround”, ossia l’abilità di gioco fatta a persona. Ripeto, ancora una volta, che non ci sono responsabilità dirette, espongo solamente la verità dei fatti. I fatti indicano che per quasi due decadi, i giocatori Europei non sono riusciti a creare una propria identità di gioco. Un’unica eccezione viene dalla Francia che ha ottimi giocatori ( nella foto Mattenet FRA) con grandi potenzialità ma che risentono di quel background che menzionavo poco fa, sviluppando il proprio gioco in una sorta di azione di controllo senza graffiare più di tanto.
La palla da 40mm ha di fatto contribuito a consolidare questa tendenza negativa dell’Europa. Il fatto che la palla vada più lenta ci ha indotto a considerare lo scambio più lento, ci siamo quindi adagiati a fare un gioco di abilità. Mentre in Cina Liu Guoliang dettava le linee guida per un gioco muscolare, aggressivo e potente eseguito con tattica feroce, (a proposito, avete mai visto Liu Guoliang indietreggiare e giocare di rimessa?) In Europa si stava a guardare sperando che quella palla ci potesse davvero favorire e quindi abbiamo perso ulteriore tempo.

Abbiamo annaspato e stiamo ancora annaspando come meglio possiamo contro lo strapotere cinese aggrappandoci il più delle volte al gioco di abilità piuttosto che andare al confronto diretto, all’abilità del gioco. È ora di cambiare registro.
Il vero precursore del gioco moderno, almeno quello che intendo io, è stato l’ungherese Tibor Klampar, considerato negli anni 70/80 un autentico talento. Mi verrebbe di dire che il suo gioco era molto femminile nel senso che oggi quasi tutte le donne giocano con quel sistema, ossia vicino al tavolo senza indietreggiare mai, puntando sull’azione rapida, il piazzamento della palla e sulla variazione di rotazioni, tutte le altre, giocano in difesa tagliata. In questo settore l’eccezionalità del gioco abile sui livelli internazionali è stata rappresentata solo dall’ungherese Toth, molto spesso, contro lo velocità asiatica, volentieri si rifugiava nella difesa alta. Io ammiro moltissimo il gioco femminile, mi dà l’impressione che sia una sorta di complemento a quello maschile a cui gli uomini fanno fatica ad adottare, anzi non ci pensano nemmeno di farlo. Ve lo immaginate giocare come le femmine ossia veloce ma allo stesso tempo esprimere potenza dei colpi. Certo occorre fare alcuni aggiustamenti sul lavoro di gambe, cambiare l’idea dei passi: non più passo incrociato per muoversi da una parte all’altra ma salto laterale mantenendo l’apertura delle gambe così da non perdere l’equilibrio. Occorre migliorare la velocità di esecuzione dei colpi e la lunghezza dei colpi, l’esplosività del corpo, la flessibilità della spalla, la velocità mentale etc.

Non ho mai assistito a un campionato nazionale cinese e vorrei tanto farlo, anzi colgo l’occasione (lo avevo già fatto in passato) per esortare i tecnici europei o qualunque tecnico ad assistere i campionati cinesi, non c’è nulla di male, non ci sono controindicazioni né effetti collaterali negativi, farebbe solo bene. Dicevo, sono convinto che le partite tra cinesi siano tutto fuorché ripararsi in una sorta di difesa di gioco. Ci si affronta a testa alta. Si fa il servizio, si risponde a un servizio, si esegue un topspin o un’apertura sul tavolo, si blocca e via continuando in un crescendo esasperatamente tattico
. Per capire meglio questo concetto devo portare un semplice esempio che a voi risulterà molto familiare, quasi quotidiano. Quando giochiamo in società, ci alleniamo per conto nostro o siamo addirittura in uno stage collettivo, ci si ritrova sempre nella stessa situazione: una parte attacca, l’altra si difende come può barricandosi spesso nel gioco da lontano, ossia indietreggiando il più velocemente possibile, e in molti casi continuando con una difesa  (fishing) anche alta (lobbing). Mi capita di girovagare qua e là per la “rete” e devo dire che ci sono molti giovani giocatori davvero veloci a prendere la posizione lontano dal tavolo, un mirabile sprint all’indietro, quasi fosse una rinuncia al gioco. Quante volte abbiamo visto questa scena? Moltissime. Questo modo di agire altro non fa che stimolare il gioco abile, quello furbo, un tipo di abilità che ci rende deboli, passivi, vulnerabili tecnicamente e mentalmente. Giorno dopo giorno il giocatore tende a creare e sviluppare situazioni di gioco difensive dove poter ribaltare la qualità dello scambio sperando appunto di risolvere il problema con un colpo di recupero, una difesa, un controtop disperato, a volte un taglio da lontano e così via. Detto così sembra normale, chi è che non lo fa al giorno d’oggi. Il problema è proprio questo, occorre tornare a giocare, a sostenere lo scambio veloce, a vincere il punto perché si è più capaci e non dichiarare bandiera bianca andando a giocare in difesa ributtando la palla alla meno peggio nella speranza di chissà che cosa. Ripeto, questo modo di fare crea dipendenza e debolezza mentale. Molte volte vinciamo il punto ma a scapito di un sistema che non è vincente dandoci l’illusione di poter competere, illusione che poi si infrange fatalmente quando si ha a che fare con un gioco, robusto, concreto, fatto di velocità e potenza, aggressività e determinazione, cose che i cinesi fanno in modo perfetto. Attenzione, non voglio dire che non dobbiamo difendere, dico solo che la difesa non deve prendere il sopravvento sul gioco aperto, di confronto. 
Noi europei siamo scaltri, conosciamo la tattica e conosciamo la tecnica, abbiamo fantasia e inventiva, non abbiamo bisogno di queste cose, ce le abbiamo già. Con il passare del tempo le abbiamo addirittura affinate, ma abbiamo perso il senso del gioco e la sua dignità, la sua fluidità, l’armonia e la bellezza. 
Non mi piace fare esempi di altri sport, ma guardiamo il tennis, “nostro cugino”, proprio in questi giorni Wimbledon ci può ispirare. Non prendo in considerazione la spettacolarità, prendo in esame lo scambio, il gioco in sé per sé. Giochi, scambi, ribatti la palla, se non sei all’altezza, niente da fare, la palla non la raggiungi e perdi. Nel pingpong non avviene la stessa cosa, se non siamo all’altezza ci rifugiamo nel gioco da lontano, andiamo in recupero, speriamo che l’avversario non ci dia il colpo di grazia così possiamo rientrare nel gioco e magari invertire la rotta. Parafrasando il tennis, ho come l’impressione che i cinesi siano fenomenali tanto nell’erba quanto nella terra rossa e tutti gli altri se la giocano solo nella terra rossa. E che dire della scherma, uno sport spesso paragonato al nostro per via dell’idea di duello. Nella scherma si vince combattendo non indietreggiando. Ma che duello è se uno tende a scappare?

Noi, inteso come resto del mondo abbiamo due modi di fare (Dott. Jekill & Mr. Hyde), uno negli schemi di allenamento e uno nelle situazioni di gioco libero. Negli schemi di allenamento siamo eccellenti, pochi errori, la continuità dei colpi, la regolarità nello scambio, esecuzione dei colpi di notevole qualità, siamo persistenti, duraturi, mentalmente ben predisposti. Quando ci troviamo in situazioni di gioco libero allora cambiamo il nostro modo di giocare, quasi a nascondere le nostre capacità, diventiamo irriconoscibili, ecco che non siamo più continui, il nostro gioco diventa confuso, i colpi sono meno efficaci, abbiamo mille dubbi e mentalmente diventiamo difensivi. Tutto questo quando siamo in allenamento, ora, figuriamoci in una competizione vera e propria.

Ai giocatori europei serve la coerenza di gioco, la continuità dell’azione veloce, la reattività delle gambe e la capacità di ripetere le stesse azioni in modo uguale, naturale, continuo, costante senza interruzioni di sorta, quasi non pensando alla partita ma giocando la partita. Ogni volta che ci si discosta da questo sistema significa debolezza. Una piccola crepa che a lungo andare destabilizza l’intera struttura fino a farla cedere del tutto. 
Per arrivare a uno stadio di vera competitività dobbiamo rafforzare la mentalità di un gioco costante, dobbiamo essere capaci di sostenere lo scambio, diventare più potenti, adottare tattica e strategia in modo disciplinato, maniacale aggiungerei. Per fare ciò le idee non bastano, serve il lavoro, la costanza del lavoro, la disciplina del lavoro. Serve una consapevolezza che ti fa essere pronto a fare un passo indietro per farne due avanti. Serve determinazione e forza di volontà. Serve preparazione fisica e mentale. Dobbiamo rinunciare al gioco abile per lasciare spazio alla coerenza di gioco, all’abilità con la A maiuscola, quella che sovrintende tutto, il capo. Dobbiamo partire con le nuove generazioni e educarle alla coerenza di gioco, alla continuità dello scambio da vicino, ad aprire il gioco prima che lo faccia l’altro con un flic o una palla di rotazione, a non aver paura di difendere bloccando sul tavolo o contrattaccare con un controtop, a piazzare la palla, a non subire quando ci si deve confrontare.

Sono convinto che la Cina non è imbattibile, forse sono in controtendenza anche perché pare che ci sia molta rassegnazione. Ho fiducia nella forza di volontà degli europei e del resto del mondo. Ho visto gli allenamenti cinesi come quelli europei, i cinesi sono continui, costanti, non cedono, noi si. Anche in Cina succede una cosa simile, tutti quelli che cedono al gioco abile fatalmente soccombono. E allora, noi, che cosa abbiamo che non possiamo fare?
Forza resto del mondo!!!

L’esclusione di Stefanova

19 Marzo 2014 da Ping Pong Italia · 6 Commenti 

del Drago Rosso

L’esclusione di Nikoleta Stefanova dalla squadra azzurra sta provocando qualche sorpresa inaspettata. Dopo il mio precedente commento, in cui fra l’altro riportavo cosa aveva scritto la Fitet su facebook, è successa una cosa strana: l’intervento della Fitet su facebook è sparito, non si trova più. Forse qualcuno si è reso conto di aver pestato una cacca gigantesca? Per sicurezza, ma soprattutto per dimostrare che non mi ero inventato alcunché, allego la foto presa da facebook nella quale compare, perfettamente leggibile, quel commento della Fitet in cui la Stefanova non viene mai nominata e nel quale c’è una fenomenale arrampicata sugli specchi per dire che Niko non è stata cacciata dalla Nazionale. Naturalmente, ho provveduto a cancellare fotina e nome della persona alla quale la Fitet risponde.
Come si vede, ho detto la verità. Ma, ripeto, la cosa più importante è che qualcuno abbia pensato di cancellare quell’intervento, come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi. E in effetti qualcosa di cui vergognarsi c’è, eccome. Così, possiamo avere un’idea più chiara del clima che si respira in questo momento all’interno della Fitet e della Nazionale. Forse pensavano che la cacciata di Niko sarebbe passata sotto silenzio, ma una volta che la Gazzetta dello Sport l’ha resa pubblica ecco che cominciano le marce indietro, fermo restando che Niko resta esclusa dai Mondiali, dove l’Italia porta solo tre giocatrici (per la squadra maschile, invece, ne porta quattro) con l’ovvio ed evidente rischio di restare con una squadra dimezzata in caso di malaugurata indisponibilità di una delle tre, indisponibilità che in passato pure si è verificata, come è normale che sia in una competizione lunga e dura come i Mondiali. Ma l’importante era tagliare le gambe alla Stefanova, mica di tentare la salita in Prima divisione. Anzi, così bisogna pensare a evitare la retrocessione in Terza divisione.
Ma non è finita, perché è spuntata un’altra cosa interessante, per la quale dobbiamo ringraziare ancora una volta il consigliere federale Bruno Di Folco. In un suo intervento sul forum di Giorno, Di Folco, in risposta a chi faceva riferimento all’esclusione di Niko, risponde testualmente così: “caro …, se ti riferisci alla Stefanova (…aspetto le convocazioni per i Mondiali che ancora non mi sono arrivate) dovresti chiedere info al Direttore Tecnico Deniso o al Tecnico del settore femminile Gigliotti. Io non sono mai entrato nel merito delle convocazioni come dovrebbe fare un buon Dirigente (dal Presidente federale all’ultimo dei Consiglieri provinciali). I responsabili tecnici hanno contratti di solito di un anno (ad eccezione di Deniso) e vengono periodicamente a relazionare in Consiglio Federale dell’attività tecnica a loro affidata. LA CONFERMA DEI LORO CONTRATTI E’ LEGATA AI RISULTATI CHE OTTERRANNO GLI ATLETI DELLE NAZIONALI E LE SQUADRE A LORO AFFIDATE. Sicuramente se ci saranno esclusioni clamorose avranno il buon senso di motivarle a noi Dirigenti, che le ascolteremo con attenzione, comportandoci di conseguenza per il futuro. Personalmente posso anticiparti che ho piena fiducia negli attuali Direttori Tecnici Deniso e Quarantelli. Vedremo”.
L’intervento di Di Folco è ILLUMINANTE, perché fa capire tantissime cose.
La prima: i consiglieri federali, in base a quanto sostiene Di Folco, non hanno ancora ricevuto le convocazioni!!! Ma poverini! Non vi fanno tenerezza? Da almeno un paio di settimane sul sito dell’Ittf c’è la lista ufficiale degli iscritti, squadra per squadra, ai Mondiali di Tokyo, ma i consiglieri federali italiani stanno ancora aspettando una comunicazione. Io preferisco non avere contatti con loro, ma qualcuno di buon cuore può inviare loro il link dell’Ittf con l’elenco degli iscritti? Così Di Folco, anche se stenterà a credere ai suoi occhi, vedrà che il c.t. Gigliotti ha convocato Vivarelli, Ridolfi e Colantoni. E basta. O forse Di Folco crede che sia ancora possibile aggiungere qualche nome alla lista, visto che se ne possono iscrivere cinque? L’unico fatto vero è che sul sito della Fitet non si è visto alcun comunicato sugli atleti che andranno ai Mondiali. Forse si illudono che basti stare zitti per cancellare la realtà. O fanno i furbetti: le convocazioni non ci sono ancora perché saranno fatte qualche settimana prima dei Mondiali, ma questo non toglie che le iscrizioni siano state già fatte. Il gioco delle tre carte funziona con chi è disposto a farsi prendere per fesso. Lo so che ce ne sono tantissimi nel tennistavolo italiano, ma la Fitet non può mica pensare che TUTTI siano così.
Proseguiamo con la seconda cosa: “se ti riferisci alla Stefanova” è oltre la fantascienza. Fino all’ultimo c’è il tentativo di negare la realtà. Mettiamo pure che Di Folco non sia a conoscenza delle convocazioni (che non ci sono) o delle iscrizioni (che ci sono), ma davvero pensa di poter stare a giocare con le parole? C’è una sola giocatrice la cui esclusione può provocare queste polemiche, ed è la Stefanova. Ma sappiamo che questo nome (come dimostrato da quell’intervento su facebook poi cancellato) è diventato come quello di Voldemort nella saga di Harry Potter: NON SI DEVE NOMINARE MAI!
Terza cosa: dice Di Folco che consiglieri e Presidente non dovrebbero entrare nel merito delle convocazioni. Infatti!!! Sappiamo come questo principio sia stato sempre rispettato. E scusate se dobbiamo tenerci la pancia per le troppe risate a sentire queste profonde verità.
Quarta cosa: la conferma dei contratti dei tecnici è legata ai risultati? Ma davvero? E allora perché Costantini ed Errigo furono cacciati? Perché vincevano troppo? E i tecnici che sono rimasti in panchina dopo le retrocessioni perché non sono stati cacciati? Perché i responsabili della Fitet HANNO OSATO contrapporsi al principio enunciato da Di Folco? Possiamo immaginare che adesso Di Folco andrà in Consiglio e li cazzierà tutti, a cominciare dal presidente Sciannimanico.
Quinta cosa: Di Folco dice che lui e gli altri consiglieri ascolteranno le motivazioni sulle eventuali esclusioni e si comporteranno di conseguenza per il futuro. Le motivazioni? Esclusa la numero 1 della squadra azzurra, la numero 1 della classifica nazionale, la vincitrice (facile) dell’ultimo torneo nazionale, e qui stiamo aspettando le motivazioni? Saranno davvero interessanti queste motivazioni! Qualche idea in proposito comincio ad averla: magari diranno che non è in forma. E già, due mesi prima dei Mondiali. In questo caso, cosa si perdeva a iscriverla ugualmente e poi eventualmente a non convocarla? E come si fa a dire che non è in forma se batte tutte le altre? La verità è che la decisione era un’altra, l’esclusione totale dalla Nazionale, che però è pesante da sostenere, tant’è che all’interno dello staff tecnico potrebbe cominciare lo scaricabarile con bersaglio finale il più debole di tutti: Gigliotti.
Finale inglorioso. In definitiva, Di Folco si astenga dal dire che aspetta le convocazioni per esprimere la sua opinione. L’unica cosa che può aspettare è l’autorizzazione di Sciannimanico a parlare, ma quella non arriverà mai. Se ne faccia una ragione, i consiglieri federali devono stare muuuuuuuuti e zitti, muuuuuuti, muuuuuuti.

Dalla Gazzetta dello Sport

12 Marzo 2014 da Ping Pong Italia · 3 Commenti 

STEFANOVA CACCIATA

Clamorosa esclusione dall’Italia femminile per i Mondiali a squadre di Tokyo (28 aprile-5 maggio). Nikoleta Stefanova, n.1 della classifica azzurra, è stata cacciata dalla Nazionale. Il c.t. Gigliotti ha convocato Vivarelli, Ridolfi e Colantoni. Stefanova non commenta, ma sul suo profilo facebook ha postato le foto delle 3 convocate e ha scritto: “Queste sono le tre convocate, questa è la classifica italiana”. Lei è la n.1, Vivarelli n.3, Colantoni n.7, Ridolfi n.9. Strana coincidenza, Stefanova viene cacciata dopo aver lasciato Castel Goffredo, squadra che fa riferimento al presidente federale Sciannimanico, ed essere passata alla Sandonatese.

Dubai, finali del World Tour ex Pro Tour

17 Gennaio 2014 da Ping Pong Italia · 1 Commento 

Articolo e foto del Drago Rosso

La stagione 2013 si è finalmente conclusa, sia pure sforando a gennaio, con le Finali del World Tour, una volta Pro Tour. Insomma, come preferisco io, con il Master, svoltosi a Dubai. Non è la prima volta, comunque, che l’ultimo atto viene spostato a gennaio, da quando, nel 1996, furono istituite queste Finali: la stagione 1998 si chiuse a gennaio 1999 a Parigi, quella del 1999 a gennaio 2000 a Sydney, quella del 2000 a gennaio 2001 a Yokohama, quella del 2001 a gennaio 2002 a Tianjin, questione di problemi organizzativi e di date più o meno adatte a seconda dei Paesi in cui si gioca. Dopo molti anni di svolgimenti “regolari” a dicembre, si è tornati a gennaio, con Dubai che preferiva questa data da abbinare ad altri avvenimenti in programma a gennaio negli Emirati Arabi. In generale, lo spettacolo non è stato granché, se si eccettuano alcune partite del singolo maschile, ma questo deriva anche da molte incongruenze dei calendari, dei sistemi di qualificazione, dei programmi dei giocatori e delle Nazionali, delle scelte dell’Ittf.

IN DISCESA

La prima impressione negativa di queste Finali la dà il pubblico, scarsissimo, nonostante non si paghi per l’ingresso. Dubai non mostra alcuna passione per il tennistavolo, nei primi tre giorni di gara non si arriva in media a un centinaio di spettatori, tenendo conto che in questo centinaio sono compresi atleti, allenatori,accompagnatori e dirigenti dell’Ittf. Insomma, uno squallore totale. Solo per la finale maschile, l’ultimo pomeriggio, c’è il “pienone”, con circa 400 spettatori, naturalmente sempre includendo i componenti della “famiglia del ping pong”. Della famosa serie “nun me ne po’ fregà de meno”. E’ l’ulteriore e inevitabile segnale della crisi che, da tanto tempo, io vado segnalando in termini di popolarità del nostro sport. L’Ittf vanta numeri da capogiro, ma solo per quanto riguarda la Tv, e sono dovuti esclusivamente ai collegamenti dalla Cina, dove peraltro nei palazzetti gli spettatori si sono ridotti allo stesso numero di quelli visti a Dubai. Il problema si aggrava anche a causa della partecipazione, sempre meno qualificata, a queste Finali, che rimangono comunque di livello superiore a Olimpiadi e Coppa del Mondo come livello medio dei partecipanti, ma che diventano via via meno interessanti per la mancata qualificazione, involontaria o voluta, di tanti forti giocatori. A proposito di quella “involontaria”, faccio notare che gente come Boll, Samsonov, Mizutani, Matsudaira e qualche altro di livello medio-alto non riescono a qualificarsi perché non hanno il numero minimo di partecipazioni ai tornei, per scelte programmatiche o per infortuni (Boll sconta sempre più i danni provocati dalla cattiva impostazione tecnica, che gli procura infortuni, prevedibilissimi, alla schiena). A proposito di quella “voluta”, ricordo che nel 2012 i tecnici cinesi esclusero appositamente Zhang Jike e Ma Long perché volevano “regalare” un’occasione per far soldi a Ma Lin e Wang Hao, che però furono fermati da Xu Xin, comunque superiore a loro ma già qualificato e la cui partecipazione non poteva più essere annullata. Per non parlare poi dell’edizione 2010, in cui non ci fu nemmeno un cinese, assenza di protesta della Cina contro le decisioni dell’Ittf che proprio quell’anno aveva abbassato da 3 a 2 il numero dei giocatori ammessi a giocare il singolo alle Olimpiadi. In contrapposizione a questo abbassamento di qualità, ecco però che l’Ittf scopre, con almeno 10 anni di ritardo, quello che io avevo sempre messo in evidenza: le Finali del World tour sono il quarto torneo del vero Grande Slam del tennistavolo. Gli ignoranti e gli incompetenti avevano sostenuto che il Grande Slam fosse composto dalla vittoria in 3 tornei di singolo: Olimpiade, Mondiale, Coppa del Mondo. Lo attribuivano perciò a Waldner e Liu Guoliang, oltre che a Kong Linghui. Avevo fatto notare che, per qualità dei partecipanti e conseguente tasso medio tecnico, le Finali dell’allora Pro Tour e oggi World Tour fossero, e lo sono tuttora come ho già detto, superiori a Olimpiade e Coppa del Mondo. Quindi, il vero Grande Slam è composto da 4 gare, non da 3. Adesso, se n’è accorto anche Ian Marshall, responsabile del settore stampa dell’Ittf, che ha scritto un articolo sull’obbiettivo perseguito da Zhang Jike di uguagliare Kong Linghui, unico giocatore ad aver vinto tutti e 4 i maggiori tornei e quindi unico ad aver conseguito il Grande Slam. Zhang Jike non ce l’ha fatta, magari vincerà questa gara prima o poi, ma resta il fatto che Kong Linghui rimane ancora l’unico ad aver compiuto questa impresa.

PARTECIPAZIONE RIDICOLA

In ogni caso, il livello tecnico si abbassa e diventa addirittura ridicolo nei doppi, anche perché la Cina, in questo caso, ha deciso di regalare qualche titolo alle nazioni disastrate, praticamente tutte. Già ai Mondiali ha cominciato a non far partecipare i migliori nelle gare di doppio maschile e misto, in quella di doppio femminile dare la vittoria ad altri sarebbe davvero una barzelletta, vista la disparità di valori. A Dubai fra gli 8 doppi maschili qualificati non ce n’è nemmeno uno cinese, tranne quello di Singapore (ex cinesi sia Gao Ning che Li Hu), che infatti vince. In quello femminile, c’è solo un doppio cinese, Li Xiaoxia-Ding Ning, che vince facilmente, ma, in generale, certe presenze, sia in doppio che in singolo (come le russe Dolgikh e Bykova, il giapponese Takakiwa, il “canadese” Wang, il francese Salifou, il brasiliano Matsumoto), sono davvero imbarazzanti.

SINGOLO MASCHILE

Premesso che non parlo dei doppi, gare assolutamente squallide, passo ai singoli, cominciando dal maschile. E qui c’è da fare subito un appunto a un’altra regola “a cazzo” voluta dall’Ittf: le teste di serie del tabellone sono decise in base al punteggio con cui i giocatori si sono qualificati, ignorando la classifica mondiale. Perciò, se un giocatore non eccelso ha partecipato a tutte le gare, arrivando negli ottavi e un paio di volte nei quarti, si ritrova in posizione più alta di uno forte che ha giocato solo il numero minimo di 5 tornei necessari per qualificarsi (naturalmente, con i punti indispensabili per risultare fra i primi 15 della classifica totale). Così, a Dubai si assiste a un quarto di finale assurdo, fra Zhang Jike, campione olimpico e mondiale in carica, e Ma Long, numero 1 della classifica mondiale. Quello che dovrebbe essere un match da finale con i due più forti giocatori del mondo, con tutto ciò che comporta in termini di “grande sfida”, di richiamo per spettatori e Tv, di spettacolo, di visibilità per lo stesso sponsor, diventa un avvenimento sperduto in un giorno qualsiasi, addirittura giocato alle ore 13, davanti a pochissimi spettatori, considerato anche che a quell’ora si sta pranzando. Aggiungiamoci che nel tabellone si crea il “solito buco” senza cinesi dove si infila Ovtcharov, ma guarda un po’ il caso, e si capisce che il tennistavolo è affidato a persone incompetenti o in malafede, con gli ovvi danni che questo comporta. Comunque, tornando alle gare, la prima considerazione da fare riguarda Ovtcharov. Nonostante il grande favore che gli viene fatto, con uno scandaloso tabellone, il tedesco dimostra ancora una volta tutti i suoi limiti. Contro il sudcoreano Kim Minseok, n.29 della classifica mondiale, Ovtcharov soffre sin dall’inizio, preso in velocità, tanto da andare sotto 3-1. Si riprende a fatica, anche perché Kim mostra anche lui molti limiti, ma cede nell’ultimo set, confermando che la sua posizione di n.6 nel mondo è solo il frutto di una partecipazione ai tornei superiore a quella degli altri, tanto da guadagnare punti che lo portano in alto, ma la sua vera qualità tecnica è molto più in basso. E questo è il campione d’Europa, il “giovane” di ben 26 anni che dovrebbe contrastare i cinesi? Per favore, non facciamo ridere. Basta guardare lui per capire quale sia la disastrosa situazione del tennistavolo europeo, ormai senza più speranza di risalire dall’abisso in cui è precipitato per colpa della supponenza dei tecnici europei, che si credono più bravi di quelli cinesi e asiatici e che invece dimostrano solo di essere autentici cani, senza offesa per i cani. E, giusto per concludere il discorso su Ovtcharov, se a qualcuno venisse il dubbio che ha perso contro un sottovalutato avversario, faccio notare che Kim Minseok, una volta arrivato in semifinale, viene letteralmente frantumato da Ma Long, senza riuscire a reggere nemmeno uno scambio. Così abbiamo un’idea della reale situazione tecnica.

QUESTIONE CINESE

Il torneo, quindi, è una questione tutta cinese. Con appena una nota per il giapponese Shiono, difensore non più giovane e rivelazione dell’anno, ma secondo me molto sopravvalutato. La sua forza sta soprattutto nella resistenza, se riesce a sfiancare l’avversario ha una speranza di vincere, ma la sua qualità tecnica è davvero limitata. Assomiglia molto a un difensore classico, visto che nel suo gioco manca quasi del tutto la parte relativa all’attacco. Sta per uscire al primo turno, contro un non eccelso Gao Ning, per giunta ripescato dopo la rinuncia del cinese Yan An, infortunato. Gao Ning conduce facilmente 3-0, Shiono è sempre in difesa e non riesce a spezzare l’azione dell’avversario proprio perché è limitato nella sua azione d’attacco, Gao Ning ha anche un match-ball, ma lo fallisce malamenteper poi crollare fisicamente. Stessa cosa nei quarti contro Kim Minseok, che va avanti 3-0, poi ha un calo fisico, ma si riprende nell’ultimo set e vince. La realtà tecnica di Shiono è di 0-4 contro tutti e due, poi può anche vincere perché è più forte fisicamente, ma se parliamo di grande tennistavolo e di grandi difensori, beh, Shiono non ne fa parte. Tornando ai cinesi, poche parole per Wang Hao, che appare sempre più lento e pesante, comunque in grado di battere facilmente Niwa, ma senza possibilità contro Fan Zhendong. Quest’ultimo, salito al n.5 della classifica mondiale, appare però non al massimo e mostra ancora una volta difficoltà insospettate contro chi non gli permette di aprire il gioco. Nel primo turno, perde addirittura due set contro il canadese Eugene Wang, un avversario che non dovrebbe vedere palla contro di lui, ma abile ad anticipare gli attacchi e ad accorciare i colpi, prima di cedere comunque alla superiorità di Fan Zhendong. Che, invece, non ha scampo contro Xu Xin, di altro livello rispetto al canadese nell’impedirgli di dare il via all’azione d’attacco e di partire lui per primo. Comunque, Fan Zhendong è potenzialmente molto più forte di Xu Xin, ma la sua immaturità tattica per il momento lo espone a più di un rischio in questi confronti, per cui la sconfitta non può nemmeno essere considerata una sorpresa. Non è una sorpresa nemmeno la sconfitta di Zhang Jike con Ma Long, visto che i due si equivalgono come potenzialità e tutto dipende dallo stato di forma. Quello di Ma Long appare migliore rispetto a Zhang Jike, ma la partita che ne viene fuori non è degna del loro valore (osservate questa schiacciata di ZJK ndr)

. E’ molto nervosa, con scambi brevi, anche se tecnicamente di alto livello. Nel settimo set, invece, si vede quale grado di gioco e di spettacolo i due possano offrire, con azioni potenti e veloci, e qui viene fuori la superiorità attuale di Ma Long. Quest’ultimo, però, contro Xu Xin in finale, si addormenta e quasi rinuncia a giocare. Certo, è vero che Xu Xin gioca i primi set molto bene e controbatte anche i colpi più potenti, ma in certi momenti si vede Ma Long che si mostra apatico, rimane fermo e nemmeno tenta l’attacco. A scanso di equivoci, non è una partita “aggiustata” su ordini superiori, questo lo so per certo, la vittoria di Xu Xin è pulita e meritata, ma l’atteggiamento di Ma Long è quello di chi, convinto di poter risolvere facilmente la questione, si demoralizza quando vede che deve soffrire. Resta il fatto che, quando il livello si alza e si vedono scambi spettacolari, (eccone un’esempio in questa bella sequenza fotografica ndr)
nell’80 per cento delle volte è Ma Long a condurre il gioco e a chiudere il punto, a riprova di una superiorità indiscussa dal punto di vista tecnico. Ma è anche vero che, come in passato ha dimostrato soprattutto ai Mondiali nelle tre semifinali consecutive perse con Wang Hao, ha più di un problema psicologico quando non riesce a imporre subito il proprio gioco.

SINGOLO FEMMINILE

Fra le donne, la mezza sorpresa è il cattivo stato di forma di Li Xiaoxia, che cede in semifinale a Ding Ning, ma poi è tutto scontato, a cominciare dalla vittoria di Liu Shiwen, che ripete il successo dell’anno prima proprio contro Ding Ning. Il match in cui Liu Shiwen deve impegnarsi di più, però, è quello contro la difesa bielorussa Pavlovich, in semifinale, un 4-2 stentato, chiuso 12-10 al sesto set col rischio di andare sul 3-3. La Pavlovich è sempre più sorprendente, tant’è che avanza a suon di 4-0 prima di cedere a Liu Shiwen: prima con Chen I Ching, di Taipei, poi con l’altra cinese Zhao Yan, per la verità non di livello superiore, che al primo turno supera a stento l’interessante difesa sudcoreana Seo Hyo Won. In generale, il torneo femminile offre scarsi spunti di rilievo.

ARBITRI

Molto più interessanti gli aspetti legati agli arbitri. Intanto, in occasione dell’incontro fra Li Xiaoxia e Ding Ning, qualcuno si è messo a sghignazzare chiedendo perché non ci fosse Paola Bongelli ad arbitrare. Detto che dopo la turbolenta finale femminile olimpica a Londra la Bongelli è quasi sparita dalle massime competizioni internazionali, non più convocata, la notizia è che fra poco non dovrebbe più risultare di nazionalità italiana, ma austriaca, visto che è da molto tempo che arbitra in Austria, con sole un paio di apparizioni nei campionati italiani. A Dubai, comunque, fanno bella figura due arbitri italiani, Mario Re Fraschini e Andrea Abascia, designati per alcuni incontri importanti (fra cui Ma Long-Zhang Jike e Fan Zhendong-Wang Hao) e col primo assistente arbitro nella finale maschile e il secondo assistente nella finale del doppio femminile. Re Fraschini rimane poi coinvolto, incolpevolmente, nel pasticcio creato da un arbitro tedesco nella finale maschile. Sul 10-3 per Xu Xin nell’ultimo set, i due cinesi fanno un po’ di show con schiacciate alte fino al punto da scambiarsi il campo e a colpire la palla facendo battere nella propria parte, che è poi quella dell’avversario. Ma Long, però, invece di completare il giro e tornare al proprio posto, decide di cambiare lo schema e schiaccia nella propria metà campo, che è quella di Xu Xin, chiudendo il punto. Ovviamente, il punto è di Ma Long, ma l’arbitro, tedesco in tutto e per tutto, visto che Ma Long ha schiacciato la palla mentre era dal lato in cui doveva stare Xu Xin, alza il pugno per segnalare che il punto va assegnato a quel lato, quindi a Xu Xin, e dichiara finito l’incontro. Re Fraschini, che deve girare i punti, cerca invano di fargli capire che non è così, che il punto è di Ma Long e che la partita non è finita, ma il tedesco è irremovibile, fino a che Ma Long e Xu Xin, incuranti di lui, continuano a giocare per finire davvero la partita, fino a concluderla dopo un altro punto, fra le risate degli spettatori per l’arbitro tedesco. Che ci volete fare: un tedesco è sempre… un tedesco!

GALA

Concludo con i premi. Stavolta, col nuovo sponsor, Gac, cinese, che costruisce automobili, non ci sono state auto in premio, solo i soldi, 104.000 dollari al vincitore del singolo. Il montepremi totale, come l’anno precedente, è di un milione di dollari. Lo chiarisco soprattutto per l’estensore dei comunicati sul sito della Fitet. L’anno scorso, scrisse che a ogni vincitore era andato un milione di dollari. Anche in quel caso, il milione di dollari era il montepremi totale. Così stavolta non si creano illusioni per i vincitori! C’era però un riconoscimento in più, in una serata speciale organizzata dall’Ittf, con una cena di gala durante la quale sono stati eletti i migliori atleti del 2013, secondo una giuria e secondo i tifosi: Zhang Jike primo in entrambi i casi fra gli uomini; fra le donne, Li Xiaoxia prima secondo la giuria, Liu Shiwen secondo i tifosi. Ma Long si è consolato con un’auto Gac, premio al numero 1 della classifica mondiale. Il bello della serata, però, non sono i premi, ma i vestiti con cui si sono presentati i giocatori. Alcuni di loro li potete vedere nel sito dell’Ittf. Nelle mie foto potete vedere gli altri, ma soprattutto Ma Long che non sa farsi il nodo della cravatta ed è costretto a farsi aiutare!

Ecco alcune altre foto, da notare le 4 istantanee di FZD

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