Servizio e risposta al servizio

18 Dicembre 2016 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Servizio e risposta al servizio saranno gli argomenti del mini corso che l’AICS Sestese ha organizzato per il 30 e 31 Dicembre a Sesto Fiorentino dove avrò l’onore di condurre i lavori nella parte teorica e pratica.

Di seguito la locandina del corso, per l’iscrizione c’è tempo fino alle 24:00 del 24 Dicembre.

A tutti i partecipanti ho riservato una sorpresa.
Ecco il programma del clinic:

30 Dicembre 2016

Ore 15:30 Saluto di benvenuto e presentazioni
Ore 16.00 Introduzione del corso
Ore 16:10 Regole sul servizio (servizi legali e illegali, come riconoscerli)
Ore 16:20 Servizio per differenti livelli di gioco
Ore 16:40 Lavoro al tavolo con dimostrazioni pratiche delle varie tipologie di servizio
Ore 17:20 break
Ore 17:30 lavoro al tavolo di gruppo su servizio e sue variazioni
Ore 18:30 Fine della prima parte e gioco libero
Ore 19:00 Chiusura sessione

Cena conviviale (argomento delle conversazioni: “pingpong”)

31 Dicembre 2016

Ore 09:30 Saluto e introduzione degli aspetti della risposta al servizio
Ore 09:45 Lavoro al tavolo con dimostrazioni pratiche
Ore 10:45 break
Ore 10:55 Lavoro al tavolo di gruppo su risposta al servizio e le sue variazioni
Ore 11:40 Problematiche individuali
Ore 12:30 Chiusura del corso, distribuzione del regalo e saluti di buon anno.

Ci vediamo a Sesto.

Ottocentotrenta

27 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 9 Commenti 

Ottocentotrenta

Se attivate i cc potrete seguire il testo in forma di sottotitoli.

Il carro dei vincitori e i presunti oppositori

17 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 22 Commenti 

del Drago Rosso

Ho preferito aspettare la prima seduta del nuovo Consiglio Federale per fare qualche considerazione sulle miserie della campagna elettorale e dell’elezione del presidente della Fitet. Sapevo che ci sarebbe stato molto più materiale interessante e non mi sono sbagliato, ma c’è qualcosa di ancor più ridicolo nella squallida situazione che si è creata: tutti quanti dicono di aver vinto, ma davvero tutti, e tutti si affannano a dire che c’è un solo sconfitto, Stefano Bosi. Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate se non fosse che c’è qualcosa di più importante per cui piangere amaramente: la definitiva distruzione del tennistavolo italiano. Ho letto addirittura commenti in cui si dice che Di Napoli è un tipino davvero intelligente e pieno di buona volontà, che dovrà essere lasciato in pace a lavorare per i futuri grandi successi del tennistavolo italiano! E naturalmente bisognerà assecondarlo con grande “senso di responsabilità”, sempre per il bene del tennistavolo italiano! Il bello è che questa tesi è stata subito accolta dalla immensa schiera di pecore e pecoroni abituati a leccare il culo dei potenti e a farsi tosare, e questo è il meno, ma, peggio ancora, è stata sposata dai presunti rappresentanti dell’opposizione in Consiglio federale, che si sono subito sdraiati davanti al vincitore e gli hanno detto: “Prego, si accomodi, ci calpesti pure, ci piace così tanto, ma così tanto”. Questi sì che hanno un cuor di leone!!!
E come risultano patetici, questi “coraggiosi con la schiena diritta”, quando intervengono sui “social” per spiegare il loro comportamento e dire che rimangono vigili e attenti, che aspettano Di Napoli al varco e che se il presidente non prenderà le giuste decisioni allora si scateneranno. Ma quanto sono teneri e dolci. Belli, ciucciottini, pisolini, giuggiolini, brodolini, i nostri teneroni che promettono grandi battaglie! Sì, promettete, promettete. Posso solo immaginare come Di Napoli si stia sbellicando dalle risate a guardarli. E il caso Norbello, di cui parlerò dopo, lo avrà fatto ancor più scompisciare, con gli “oppositori” che celebrano la loro “vittoria” in Consiglio e il Giudice sportivo che rimette tutti a posto, della serie “bambini, avete già finito di giocare, adesso lasciate lavorare i grandi”! Altro che battaglie, Di Napoli ha già constatato che con questi presunti oppositori per lui sarà una passeggiata approvare qualsiasi cosa voglia e lasciare qualche briciola ai poveri oppositori per far credere loro che sono furbi. E infatti eccoli che vanno già vantandosi di aver imposto alla maggioranza alcune decisioni e addirittura di aver ottenuto la presidenza della Commissione per la revisione dello Statuto. Me’ cojoni, direbbero a Roma. Hanno ottenuto la presidenza di una Commissione le cui conclusioni in materia di revisione della tabella voti potranno tranquillamente essere sfanculate dalla maggioranza del Consiglio federale! “Ah, ma in quel caso prenderemo drastiche decisioni” fanno capire i presunti oppositori. Certo, che faranno? Si dimetteranno? Brrrrr, che paura per Di Napoli! Sta già cominciando a tremare!

PRESIDENTE E IMPEACHMENT

E allora, vogliamo cominciare a parlare seriamente? O dobbiamo continuare ad assistere a uno sfacelo sempre più evidente? Ci rendiamo conto che è stato eletto presidente una persona che ha ricoperto il ruolo di vicepresidente per ben 16 anni e che non può nascondere le proprie responsabilità assegnandole ai presidenti dei quali lui è stato scudiero? Ricordo ancora le sue parole nel 2003, durante gli Europei a Courmayeur, quando, vicepresidente in carica, disse che l’anno dopo lui non si sarebbe nemmeno ricandidato perché era stanco. E infatti, eccolo qui, bello fresco, stavolta a fare il presidente. E vogliamo ricordare la richiesta della Commissione Disciplinare per il deferimento di Renato Di Napoli, di sua moglie e di suo figlio, per il rifiuto di nulla osta e false accuse di antisportività a due ragazzi che in seguito a quella vicenda abbandonarono il tennistavolo? Quella richiesta non è mai stata ritirata dalla Commissione stessa (che diede ragione ai ragazzi), ma non è mai stata attuata dalla Procura Federale. Una specie di “impeachment” nascosto e insabbiato dal sistema di potere. E qui si parla ancora di “lasciamoli lavorare”, soprattutto dopo che gli oppositori, in campagna elettorale, avevano giustamente detto peste e corna di chi stava al potere? Dove sono finiti quelle analisi e quei propositi di cancellare la gestione Sciannimanico-Di Napoli? E dove sono finiti i proclami di vittoria? Adesso, come già ho fatto notare, gli ex “abbiamo la vittoria in tasca” si accontentano di sparare a zero su Bosi, per sfogare su qualcuno la frustrazione della sconfitta, e di provare a prendere per il culo se stessi convincendosi di aver messo alla frusta, in Consiglio federale, la maggioranza. Beh, cari invertebrati, vi devo dare una notizia importante: AVETE PERSO. Ah, non lo sapevate? E allora ve lo ripeto: AVETE PERSO. Anzi, devo aggiungere un’altra cosa: SIETE RIDICOLI! E siete ancora più ridicoli per la vostra illusione di suscitare una indignazione popolare contro Borella, accusato di aver fatto una porcata nell’assemblea elettiva, praticamente prendendosi illecitamente voti di una società e mettendoli al servizio di Di Napoli. Per la precisione, dal punto di vista strettamente legale, non c’è stato alcun illecito da parte di Borella. Mettetevi l’anima in pace su questo, potete fare tutti i ricorsi che volete, ve lo prenderete in quel posto. Dal punto di vista morale, invece, avete tutte le ragioni del mondo. Ma il punto è un altro: se Borella non ha scrupoli a comportarsi come voi avete messo in evidenza, perché mai dovrebbe avere una crisi di coscienza e dimettersi? Ma davvero pensavate che si sarebbe dimesso sull’onda dell’indignazione popolare? POVERI FESSI! E ancora più fessi a pensare che Paglia potesse diventare vicepresidente, sulla base del Consiglio spaccato, della questione morale, del fatto che Di Napoli dovesse dimostrare di essere il presidente di tutti, delle legittime aspettative dell’opposizione che ha 5 consiglieri, delle qualità morali di Paglia e bla, bla, bla… Non vi ha sfiorato nemmeno per un momento la pura e semplice realtà, e cioè che Di Napoli doveva pagare una cambiale gigante a Borella? No? Non ci avevate pensato, grandissimi e incomparabili geni? Alla fine, consapevoli della grandissima figura di merda che avete fatto, votando voi stessi Borella ed eleggendolo addirittura vicepresidente vicario con una unanimità da vergogna, vi siete inventati la barzelletta del riconoscimento all’opposizione con l’assegnazione della presidenza della Commissione di cui sopra. Ma che squallore!

IL BELL’ADDORMENTATO

E Di Folco che fa? Lui, il leader che dovrebbe ispirare il comportamento dei consiglieri di opposizione, prima fa capire che da fuori darà le linee guida, poi dice che i consiglieri, ovviamente, sono liberi di fare quello che vogliono, poi prende le distanze dall’elezione di Borella, ma senza sconfessare i consiglieri. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Subito dopo l’elezione, su forum e social, lui fa capire esplicitamente (e la stessa tesi viene portata avanti da altri del suo gruppo) che con i 5 consiglieri di opposizione ci sarà un contatto continuo, che lui “parteciperà” attivamente alla preparazione del comportamento da tenere in Consiglio. Lui dà la prima indicazione, scrivendo questo: “Le prime scelte si vedranno subito nel primo Consiglio federale a cominciare dalla nomina dei due vicepresidenti. Sarebbe poco rispettoso per tutti dover votare queste due cariche ed eleggerle con una risicata maggioranza (6 a 5) e sarebbe bene invece condividere prima questa scelta. Noi pensiamo che Gianfranco Paglia possa ricoprire questo incarico come figura di altissimo spessore morale… Mi fermo qui e non voglio nemmeno pensare ad altri scenari (tipo proporre un consigliere travolto dalle polemiche nella sua regione per un comportamento poco consono alla sua duplice carica) che farebbero subito capire a tutti che la voglia di collaborare è fittizia, che questa Presidenza la le logiche di quella precedente e che non si è compreso appieno il risultato elettorale uscito nell’Assemblea di Terni”. Minchia!!! Di Folco è durissimo. Non si scappa: di Borella vicepresidente non si deve nemmeno parlare, è Paglia che deve prendere quel posto, altrimenti significa che Di Napoli è uguale a Sciannimanico. Ma qui siamo in presenza di un vero “duro”, uno di quelli che si vede nei film d’azione americani. La sorte di Borella è segnata, la vicepresidenza, con un Di Folco in questo splendente stato di forma, se la può solo sognare. Ma poi arriva la maggioranza bulgara su Borella e Di Folco prende le distanze, scrivendo questo: “Mi aspettavo un segnale doveroso da parte del nuovo Presidente federale e glielo avevo richiesto espressamente prima per telefono, poi via mail e successivamente scrivendolo in un post di FB a pochi giorni dalla sua elezione. Il segnale invece è arrivato dai “miei” consiglieri che, in totale autonomia, hanno deciso, dopo una richiesta di sospensione dei lavori durata 5 minuti, di votare per la proposta dei “suoi” 2 vicepresidenti. Un segnale di apertura che NON CONDIVIDO ma che accetto perché non sono Beppe Grillo e neanche pretendo di far parte di alcun Direttorio, io dico la mia cercando di convincere della bontà delle mie argomentazioni ma lì mi fermo. A mio avviso, il segnale lo doveva dare la maggioranza (peraltro maggioranza risicata in questo caso) e non doveva concederlo l’opposizione”. Insomma, non condivide ma nemmeno condanna e, alla fine, tenta pure di salvare l’opposizione dicendo che sarebbe stato dovere della maggioranza dare un segnale. Certo, e visto che la maggioranza questo segnale non lo ha dato gli oppositori si sono appecoronati e hanno votato compatti per il “consigliere travolto dalle polemiche”. Sorpresona? Non direi. Se sono i consiglieri della cordata del bell’addormentato nel bosco, logico che si siano addormentati anche loro! Se poi vogliamo dare un tono estremamente serio a questo discorso, facciamolo pure. Io abbandono per un momento il sarcasmo e provo a far notare qualcosa che ritengo fondamentale. I 5 consiglieri sono liberi di decidere quello che vogliono, ma è anche vero che sono stati votati ed eletti, nell’Assemblea di Terni, in base a un programma preciso da loro stessi presentato insieme a Di Folco, un programma che prevedeva determinate cose. Una volta eletti, sarebbero tenuti a rispettare le linee guida di quel programma, sia quelle pratiche e concrete, sia quelle morali. Se fanno qualcosa di diverso hanno il potere e la libertà per farlo, ma non possono più essere considerati rappresentanti di quel programma in base al quale tanta gente ha ritenuto di doverli mandare in Consiglio federale. Perciò, Di Folco non può essere il “padre padrone” dei 5 consiglieri, ma ha sicuramente il pieno diritto di ricordare loro i motivi per i quali si trovano in Consiglio federale e chiedere loro il rispetto degli impegni presi nel momento in cui sono entrati a far parte di quella cordata. Diversamente, potremo considerarli cani sciolti e sapremo ufficialmente che l’opposizione in Consiglio federale non esiste.

L’ARROGANZA AL POTERE

Ma a questo punto è opportuno tornare un po’ indietro, giusto per cercare di capire meglio cosa è successo prima e durante l’Assemblea elettiva. Per farla breve, ecco il quadro della situazione. Quello che si sa ufficialmente è che Bosi chiede a Vermiglio e Di Folco di appoggiarlo come candidato presidente con la prospettiva di un solo mandato, soprattutto per rifare la tabella voti. In questo modo, sostiene Bosi, si avrà la sicurezza matematica della maggioranza grazie ai voti delle due cordate, più quelli che lui è in grado di strappare agli elettori di Di Napoli. La sua proposta è rifiutata, ma proprio nelle ultime fasi che precedono l’Assemblea c’è un nuovo tentativo con una delle due parti, che accetta un incontro con Bosi e si impegna a presentare la proposta alla propria cordata. Quindi, deve essere chiaro che una delle due parti, poco prima dell’Assemblea, non ha rifiutato la proposta di Bosi, come avrebbe fatto se fosse stata sicura di se stessa e dei voti complessivi dell’opposizione, ma ha concesso una possibilità a questa soluzione. Poi, nel confronto con i suoi sostenitori, questa parte ha constatato che l’ipotesi Bosi non era gradita e ha comunicato allo stesso Bosi che l’accordo non era possibile. In particolare, una parte consistente della cordata che ha incontrato Bosi, ha minacciato di votare l’altra cordata di opposizione in caso di accordo con Bosi. Tutte e due le parti smentiscono che ci sia mai stata una eventualità del genere, che ci sia stata una discussione sull’accordo con Bosi, ma la verità è quella che ho appena detto. L’aspetto più importante di tutto questo è che in entrambe le cordate c’è stata una raffica di veti incrociati e non solo su Bosi, ma anche su altri nomi dell’una e dell’altra, tant’è che la dimostrazione si è avuta nella votazione per i consiglieri in Assemblea: un voto compatto avrebbe consentito alle opposizioni di avere 6 e non 5 consiglieri eletti, ma il voto compatto non c’è stato per antipatia personale di questo contro quello. Ed è stata l’ulteriore dimostrazione che le due cordate, come avevo fatto notare mesi fa, si stavano scannando a sangue. Non erano Vermiglio e Di Folco a scannarsi, ma tanta gente di rilievo in ciascuna delle due cordate, quella gente che ha contribuito a negare l’accordo con Bosi, accordo che avrebbe reso sicura la vittoria. Se poi qualcuno sostiene che Bosi non avrebbe tolto voti a Di Napoli può farlo tranquillamente, ma non ha capito uno stracazzo di niente di quello che è successo e di quello che sarebbe potuto succedere.
Quindi, da parte di molti delle due cordate, c’è stata solo grande arroganza nel rifiutare l’accordo con Bosi, l’arroganza di chi era sicuro di vincere e poi si è ritrovato bastonato. In questo senso, la parte più colpevole è sicuramente quella di Vermiglio, in particolare dei “grandi consiglieri” di Vermiglio, che avevano calcolato di avere 2500 voti sicuri, di stare sul 35% solo perché erano arrivati a questa percentuale 4 anni fa, nella scorsa Assemblea elettiva. La realtà è venuta fuori allo spoglio: 1965 voti, il 20,6%! Ma i grandi strateghi di Vermiglio dove avevano mai visto e sognato i 2500? Il 35%, poi, era la percentuale sui poco più di 8000 totali dell’Assemblea del 2012. Ma i geniali strateghi di Vermiglio, pronti a schifare Bosi, mica hanno pensato che con più votanti la percentuale sarebbe scesa, noooooooo! Loro sono grandi strateghi, mica si abbassano a fare simili banali calcoli. L’arroganza acceca e la cordata di Vermiglio è stata completamente cieca e arrogante. Dispiace per Vermiglio, che avrebbe meritato migliori compagni di avventura, ma è anche vero che se li è scelti lui, si è fidato di loro e ha sbagliato clamorosamente, senza ascoltare le voci di chi, prima dell’Assemblea, gli ha detto che i suoi calcoli erano completamente sbagliati. A questo punto, continuo a ritenere Vermiglio degno di stima, ma ha sbagliato tutto, si è affidato ai cialtroni e alla fine anche lui ha ceduto all’arroganza. Peccato, perché la sua onestà non è in discussione e, dopo 4 anni di Bosi, sarebbe stato il presidente giusto per la Fitet nel 2020. Lo sarebbe stato anche adesso, certo, ma non aveva i voti per diventarlo, quindi aver rifiutato qualsiasi ipotesi di accordo con Bosi è stato un clamoroso errore che adesso sta pagando nel modo peggiore, perché la sua credibilità politica è meno di zero.
Chi invece ha azzeccato i propri voti (ma solo quelli) è stata la cordata di Di Folco, con i calcoli presentati da Ady Gorodetzky. Ha detto che Di Folco e Vermiglio potevano arrivare a più di 4500 e infatti ne hanno presi insieme 4618. La differenza nell’analisi sta nella spartizione dei voti: gli strateghi di Vermiglio dicevano di stare davanti a Di Folco con un vantaggio di circa il 10%. Gorodetzky, ma questo non lo ha scritto nella sua analisi per non sollevare polemiche fra le due cordate, era convinto invece che il vantaggio stesse dalla parte di Di Folco, intorno al 10%, che poi si è rivelato essere del 7% circa. Segno che Di Folco ha potuto contare su voti sicuri, confermati in Assemblea, Vermiglio invece era completamente fuori dalla realtà. Ma l’errore più grande, questo commesso anche da Gorodetzky, è stato l’analisi dei votanti per Di Napoli. Ady sostiene di aver avuto timore della sconfitta quando si è alzato il numero dei voti in Assemblea. Giusto, ma devo far notare due cose importanti. La prima riguarda la mancanza di analisi di “tutti” i voti e non solo di quelli che si presumeva ci sarebbero stati in Assemblea. Così, in caso di “carovane” di società verso Terni, portate da Di Napoli, bisognava avere subito il quadro della situazione e regolarsi di conseguenza. La seconda riguarda l’analisi di Ady, che in verità aveva previsto che si arrivasse intorno ai 9500 voti totali e che anche in questo caso i favoriti restavano gli oppositori. Non può dire adesso che i suoi calcoli sui voti di Di Napoli erano giusti e che lui aveva messo in guardia sulla possibilità di sconfitta se si fosse arrivati ai 9500 totali, perché quella cifra avrebbe voluto dire che Di Napoli era andato a raccattare i voti di tante piccole società. Può essere vero che Di Napoli abbia fatto così, ma Ady questo quadro d’assieme lo aveva già considerato e aveva detto che l’opposizione avrebbe comunque vinto. Adesso non può sostenere che la vittoria dell’opposizione lui l’aveva prevista solo “sotto” i 9000 voti totali.
Per dimostrarlo (e quindi escludere che questa sia una mia opinione) non faccio altro che riportare le frasi di Ady, tratte dai suoi interventi sul Forum di Giorno. “Renato ha certo ancora voti, ma non ne ha 4500 quanti servono per dormire tranquilli. Sta abbastanza sotto (tabelle voti alla mano), credo che più di 4500 li abbiano Bruno e Alberto”. “Domani tutto è possibile. Forse per la prima volta l’assemblea conterà qualcosa. Penso che l unica certezza è che Di Napoli non vinca al primo turno”.
“La scorsa assemblea ebbe circa 8100 voti totali. Questa volta si salirà secondo me sopra i 9500, soprattutto con 3 o 4 candidati, che vi ricordo significano anche 400 società circa che presentano i candidati. Vi pare possibile che possa raggiungere 5000 voti? Considerate che ne prese 5494 alle scorse elezioni e, come già detto, non ha più Mugnano (grave errore, con pentimento poco dopo, non mio che non mi occupavo della politica del Mugnano), non ha più il Lazio, non ha più Marcozzi e 4 Mori, non ha più Sandonato e Pieve. E ovviamente, non posso dire tutto quanto non ha più perché tengo per adesso segreti i contatti, ad esempio nostri, di Asd che cambieranno itinerario mettendoci la faccia”.
Insomma, “vi pare possibile che possa raggiungere 5000 voti?”, infatti si è fermato a 4909!!! Quindi, non possono esserci scuse, l’opposizione ha cannato completamente i voti di Di Napoli, ha cannato completamente l’analisi della situazione, a cominciare dall’opportunità di candidare Bosi come presidente o quantomeno di consentirgli di presentarsi anche da solo, perché avrebbe tolto a Di Napoli i voti necessari per impedirgli di vincere alla prima votazione. Per questo motivo, gli oppositori scemi adesso si sfogano parlando male di Bosi e deridendolo, a loro è rimasta solo questa soddisfazione pur di non ammettere che hanno sbagliato tutto per arroganza, cecità politica e insipienza. Si sentono talmente di fottere che hanno il bisogno fisico di buttare merda su qualcuno, quindi su Bosi. Quando buttano merda su Bosi si sentono meglio, diventano allegri e sembra quasi che abbiano vinto loro le elezioni. Come ho già fatto all’inizio, li informo di una cosa sconvolgente: AVETE PERSO! E nella merda adesso ci siete voi.

CASO NORBELLO

Se poi ce ne fosse stato bisogno ecco che la brutale realtà arriva a spezzare qualsiasi illusione di cambiamento. Il caso Norbello è esemplare del fatto che il regime è in piena attività, alla faccia dei presunti oppositori che si vantano di aver fermato in Consiglio il tentativo di favorire Norbello. Ma che bravi! Hanno bloccato il tentativo della maggioranza, ma alla fine c’è il Giudice sportivo, nominato nell’era Sciannimanico, che ha riportato le cose al loro posto. Ma vediamo cosa è successo.
Norbello si iscrive alla A1 femminile, ma l’iscrizione è irregolare perché nella lista delle giocatrici ce n’è una di terza categoria, cosa vietata. Il Consiglio federale tenta di salvare Norbello, ma la proposta è bocciata 6-5. La questione passa alla Commissione Nazionale Gare a squadre. La CNG, nella riunione dell’8 novembre, rileva che il Norbello ha fatto pervenire l’elenco delle atlete il 17 ottobre, quattro giorni dopo la scadenza del termine per il tesseramento delle atlete titolari di serie A1, fissata al 13 ottobre. Mette in evidenza che Roberta Perna, con classifica di terza categoria, non ha titolo a partecipare alla A1 e quindi decide di escludere Norbello dal campionato di A1 2016-17. Semplicissimo. Ma Norbello fa ricorso e il Giudice Sportivo Nazionale, nella seduta del 10 novembre, lo riammette. Come fa? Con una spiegazione incredibile. Il Giudice riconosce che ha inserito erroneamente una atleta di terza categoria e non di seconda come previsto dal regolamento, ma poi si inventa un capolavoro. Ecco il testo preciso, compreso qualche inciampo sintattico: “Considerato tuttavia che l’errore sull’idoneità e sui requisiti propri dell’atleta non ha effetti preclusivi sulla regolarità e quindi sulla validità dell’iscrizione della società al Campionato Femminile di serie A1; infatti, questo Giudice ritiene il comportamento posto in essere dalla società più che tempestivo e concludente per ritenere valido ed efficace l’adempimento previsto”. Il Giudice aggiunge altre considerazioni per spiegare la sua decisione di riammettere Norbello alla A1, ma il succo vero è tutto nel virgolettato. Quindi, volendo fare una traduzione per capire meglio cosa ha deciso il Giudice, ne viene fuori questo: il regolamento non conta un cazzo, fate come vi pare.
Ora, fermo restando che ci sono ricorsi contro questa decisione del Giudice sportivo, il significato di questa storia è fin troppo evidente: le società vicine al potere sono intoccabili, esattamente come lo erano prima, tutti gli altri sono merdacce da non tenere in minima considerazione. All’ingiustizia, poi, si aggiunge il dileggio se si va a guardare il comunicato sul sito federale, che parla di una svista del Norbello. Oltre il ridicolo. Ma, spostandoci sul piano politico, è la dimostrazione che qualsiasi tipo di accordo con la maggioranza è impossibile. Gli oppositori potrebbero dire che più di quello che hanno fatto, costringere il Consiglio a non salvare Norbello, non potevano, perché loro non possono incidere sulle decisioni della Commissione gare e del Giudice sportivo. Giusto, ma il punto è che se il risultato finale, tramite organi di giustizia e quant’altro scelti da Sciannimanico e che continuano, ma guarda un po’, a emettere decisioni che favoriscono squadre e persone che affiancano il presidente e che hanno votato per lui, vuol dire che qualsiasi tipo di collaborazione con la maggioranza è inutile. Lo capite o no che alla fine lo mettono sempre in quel posto a chi non vota per il vincitore? E voi, presunti oppositori, vi vantate di aver ottenuto “grandi vittorie” in Consiglio e di esservi comportati da persone responsabili? E voi, presunti oppositori, state lì a votare 11-0 con chi gongola per la riammissione del Norbello e se la ride di tutti voi? Ma quanto siete bravi! Cosa vi dicono quelli della maggioranza: “ragazzini, vi abbiamo accontentati e adesso andate a giocare e non rompeteci il cazzo”? Quali saranno le vostre prossime leggendarie imprese? Vi daranno la presidenza di una Commissione “chenoncontauncazzo” e voi approverete insieme a loro delibere che ammazzano il tennistavolo italiano? O vi accontenterete semplicemente di una bustina di caramelle o un paio di cioccolatini e ve ne tornerete a casa soddisfatti per il grande lavoro svolto? Forza, fateci ridere.

COSTANTINI OLIMPICO

Concludo con un accenno a una questione nata anch’essa sul Forum di Giorno, vale a dire il riferimento a Costantini che è stato scelto dai giocatori statunitensi qualificati per l’Olimpiade di Rio come loro coach nelle gare olimpiche. Purtroppo, nella forma in cui è stata descritta, anche da persone che conoscono bene la situazione, la storia si presta a un grande equivoco. Così, sembra che Costantini abbia il solo merito di essere ben considerato dai giocatori, che comunque sarebbe un gran bel merito. Ma è bene precisare che Costantini è andato sì a Rio perché scelto dai giocatori, ma che due dei tre statunitensi qualificati erano allenati da lui nei club. E a Londra 2012 erano tre gli statunitensi in gara allenati da Costantini nei club, fra l’altro questo è un record mondiale, nessun altro tecnico, compresi i cinesi, ha mai portato tre suoi personali giocatori alle Olimpiadi. Il ruolo di c.t. degli Usa a Rio, quindi, Costantini se l’è prima conquistato sul campo, poi gli è stato riconosciuto formalmente dalla Federazione che ha accolto le indicazioni dei giocatori. Quanto al fatto che abbia portato alle Olimpiadi giocatrici cinesi, quindi avvantaggiate “di base” rispetto alle avversarie, è meglio ricordare agli sprovveduti e agli ignoranti che delle giocatrici cinesi allenate da Massimo le più forti, come Zhang Lily e Ariel Hsing (la prima a Londra e Rio, la seconda a Londra), non sono “nate tecnicamente” in Cina e poi trasferite negli Usa, ma sono nate e cresciute negli Usa, lì hanno cominciato a giocare a tennistavolo, per loro non c’è stato alcun “lavoro preliminare in Cina”, dal punto di vista tecnico sono statunitensi a tutti gli effetti. E, ultima cosa, prima che fossero allenate da Costantini i loro risultati erano molto al di sotto di quelli raggiunti con Massimo. E quando qualcuna, dopo aver raggiunto ottimi risultati con Massimo, lo ha lasciato per trasferirsi ad altro club, ha cominciato a perdere ed è scomparsa dalla scena. Perciò, quando dovete parlare di qualcosa che non conoscete, sciacquatevi la bocca e andate a rompere i coglioni da qualche altra parte.

Palline e tecnica.

9 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 6 Commenti 

Forse ho taciuto per troppo tempo ed è ora di fare ordine sul discorso sull’adozione delle palline di plastica e le conseguenze sul gioco. A dire il vero avevo già parlato della pallina di plastica durante la chiacchierata con il Drago Rosso, avevo sottolineato come questa soprattutto penalizzi o induca un atteggiamento frustrante dell’allenamento. Oggi vorrei dare ulteriori elementi per far capire lo stato delle cose e chiarire ulteriormente se mai ce ne fosse ancora bisogno. Lo so che si è detto e si è scritto tanto ma come per le puntinate o le gomme “strane”, l’argomento è sempre attuale.

Premetto che nel pingpong per comodità o scarsa conoscenza, si tende a dare più enfasi all’abilità del giocatore nel colpire la palla, la chiameremo “abilità condizionale”, piuttosto che all’attenzione tecnica su come colpire la palla “abilità reale”, sembrano concetti simili ma non lo sono, ciò rimane uno dei grandi dilemmi del pingpong, infatti vediamo tanti giocatori cosiddetti “limitati” che in qualche modo riescono a fare risultati eccezionali e credetemi sia a livello nazionale sia a livello internazionali ce ne sono un bel po’.
Partiamo quindi dallo strumento, la pallina. C’è tanta confusione e disorientamento in mezzo ai pongisti che spesso si trovano a dover giocare con palline troppo diverse tra loro, (per me fondamentalmente è questo il vero e unico problema) la cosa che hanno in comune è il fatto di essere di plastica, pertanto ci sono le Nittaku (nessuno si lamenta di loro a parte che costano uno sproposito e a fatica si trovano sul mercato), DHS (odiatissime), Butterfly (strane), Joola (neutre) fino a quelle meno conosciute come la ChenVul Maruara, o Kinson, Nexy, Peace, Yinhe. Palio, Tribax (di queste non ho commenti da fare), ma ce ne sono altre anche di più astruse. Nello specifico si contano ben 53 tipi di palline a 3* approvate dall’ITTF e sono suddivise per 37 differenti produttori.
Questi ultimi dal canto loro non hanno dirette responsabilità, loro seguono la logica del business, del mercato, per loro la palla deve produrre un ritorno economico, non è compito loro salvaguardare la tecnica o lo spettacolo, questo modo di interpretare il pingpong ovviamente non coincide con l’aspetto tecnico dei giocatori e le difficoltà che ne derivano.
La responsabilità più grande sarebbe quindi da attribuirsi all’ITTF, ma non perché abbia dato le licenze in modo troppo leggero, superficiale ma perché non sarebbe stata in grado di dare indicazioni precise sulle specifiche tecniche di produzione a cui le aziende avrebbero dovuto fare riferimento, oh naturalmente ci avranno provato, ma a giudicare dalle risultanze della qualità delle palline potrebbe dare l’impressione che le indicazioni suggerite fossero del tipo: di plastica, possibilmente anzi ovviamente sferica, lasciando l’opzione di produrre la palla con giuntura o senza giuntura (seamless o with seam), mi immagino vaghi riferimenti sul punto di rottura della palla, hanno certamente indicato un rimbalzo di riferimento minimo o medio (se volete) rispetto alla caduta della palla; pertanto, con le specifiche tecniche troppo flessibili e poco accurate, si è andati incontro ad una vera e propria giungla della qualità della palla. Palline che sembrano leggerissime, ma non lo sono; quelle con la giuntura producono un colpo diverso a seconda di dove viene colpita la palla e di conseguenza anche il rimbalzo ne subisce l’influenza, alcune suonano come palline da sagra del paese, altre sono assolutamente normali, insomma un bel caos. Un’altra delle conseguenza è l’usura precoce della gomma e del telaio, ovvio, si tende a picchiare la palla, si sottopone a forti stress l’impugnatura e a esasperare il topspin e quindi la gomma si consuma molto più velocemente rispetto a quando si utilizzava le palline di celluloide. Calcolo diabolico dei produttori in combutta con l’ITTF? non lo so ma in ogni caso cerchiamo di vedere le cose dal punto di vista del gioco del pingpong e non dal punto di vista della dietrologia del pingpong.
Certo, io sono dalla parte dei giocatori quando lamentano la scarsa qualità ma allo stesso tempo bisogna anche fare riferimento a quelle abilità di cui parlavo precedentemente che, fra le altre cose, andrebbero distinte in abilità maschili e abilità femminili.
Ho avuto modo di parlare con tanti campioni e colleghi, sembra che in coro dicano la stessa cosa, almeno quando sono di fronte a un microfono, anche il New York Times durante le Olimpiadi si è occupato del caso e proprio durante Rio 2016 onestamente a parte la pallina ne ho sentite di tutti i colori, aria condizionata troppo potente o completamente assente, umidità, tavoli diversi fra loro, luce, transenne, spettatori si, spettatori no, chi per un modo e chi per un altro si sono manifestate delle lamentele, a parte i cinesi naturalmente, ovvio loro vincono a prescindere.
A me i campioni e allenatori hanno detto cose diverse, si certo c’è un generale malcontento di cui ho espresso le ragioni poco sopra, poca adattabilità degli atleti che ovviamente preferiscono avere condizioni di gioco con uno standard sempre uguale. Ma dal punto di vista prettamente tecnico non sembra che il loro gioco ne stia subendo o abbia subito delle trasformazioni, magari come dicevo questioni di adattamento, aggiustamento ma non profonde trasformazioni tanto da dire che il gioco è più lento, che non si riesce a dare potenza, che la palla gira meno e, in definitiva, che il gioco è cambiato. A parziale conferma e lo avete visto tutti, c’è la prestazione di Samsonov che a 40 anni riesce a sfiorare la medaglia di bronzo proprio come fece Waldner nel 2004. I tempi passano, i materiali cambiano ma se c’è la tecnica di fondo, quella paga sempre.
Sembra che gli atleti si trovano in particolare disagio quando si trovano nella “impossibilità” di chiudere il punto di potenza quando l’avversario difende con i “lob” oppure facendo “fishing”, questo è vero, verissimo ma era vero anche negli anni della pallina di celluloide per giunta a 38mm, vi ricordate le grandi partite di Secretin o Gergely o Appelgren? Epiche. L’unica differenza è la mancanza del contro attacco di potenza; per contro attaccare si continua a usare il topspin, ma è sotto gli occhi di tutti, uno difende, difende, contrattacca di top e l’altro rimane sorpreso, ma non perché non riesce a sovrapporre un attacco, ma perché rimane sorpreso dal semplice cambio di ritmo. Se questo fosse vero, cioè se il fatto di fare lobbing o fishing fosse vincente come mai i cinesi non adottano questo “gioco vincente”? E aggiungo facendo una divagazione, come diceva una volta il “Dottor Divago” parlando delle famigerate gomme cinesi, le Hurricane, come mai se sono così efficaci e funzionali non vengono adottate anche da altri atleti? Mi pare evidente che ci sia una questione tecnica di fondo a cui dobbiamo fare riferimento.

Da qui si passa alle abilità riferite agli i uomini e alle donne: tra gli uni continua un proliferarsi di attaccanti puri, non si vedono molti giocatori di block o di difesa, d’altra parte gli allenatori hanno paura di impostare i propri ragazzini di block o di difesa, un po’ come nel calcio, solo se si ha la vocazione di giocare in porta allora si diventa portieri. Tuttavia per me il block rimane il miglior gioco da fare in preparazione del contro attacco. A Rio nella gara di singolare maschile su 70 atleti c’erano solo 3 difensori e credo nessuno dei 67 adotta i puntini da scambio, se avete osservato le gare dal punto di vista tattico avreste notato come ancora la terza palla o la quinta palla di potenza fanno la differenza, ad alto livello è questo il gioco che si produce, perché in quesi pochi attimi si riesce ad avere il massimo dell’esplosività, della pura potenza unita alla abilità di controllarla con lo spin. Se non si chiude il punto velocemente allora in qualche caso sporadico si raggiunge il gioco di controtop e occasionalmente il lob e il fishing; per contro, a basso livello si tende a difendere di più poiché l’abilità di chiudere il punto con la terza o la quinta palla è fortemente condizionata da due fattori, la poca regolarità del colpo (si sbaglia spesso e sovente) e avere un servizio non efficace abbastanza da rendere possibile la terza palla.
Le abilità delle donne sono opposte, loro sono speciali, hanno delle doti che noi maschi ci sogniamo di avere. Con l’esperienza americana dove per sei anni ho potuto crescere una giocatrice come Lily Zhang ho imparato quanto talento hanno nel gestire la velocità del gioco, i riflessi, la posizione del corpo rispetto alle traiettoria della palla, velocità di piazzamento, sono incredibili, per loro sembra tutto così facile. Questa abilità non procede di pari passo con l’abilità di essere esplosive, di giocare di potenza. La conseguenza è il proliferarsi di giocatrici di difesa, puntini corti sul rovescio o sul dritto, sporadiche combinazioni di gomme come antitop o puntini lunghi senza gommapiuma, la Corea del Nord, fuori da qualunque circuito, si è presentata con due difese una delle quali ha vinto il bronzo, non sarà un caso.
Il sogno sarebbe quello di sfruttare la tremenda velocità di reazione che hanno le femmine con la potenza del colpo che hanno i maschi e viceversa, purtroppo per la mia esperienza non ho trovato ancora un esemplare che sintetizzi le due cose.
Vedete come da un’analisi un po’ più approfondita delle cose si passa ad una sorta di superamento del problema pallina, ma il nostro è uno sport “carogna” dove il dubbio, la scusa, lo scaricare le proprie responsabilità sulla gomma, la luce, il pavimento, la pallina appunto, trovano terreno fertile in quel marasma di emozioni che il giocatore prova quando è in campo.

Il mio consiglio ai giocatori…lavorate di più sul servizio, troppo spesso si serve in modo casuale e soprattutto troppo lungo. Nel caso di risposta al servizio opterei per una palla tesa lunga in modo da preparare il block.
Agli allenatori dico, aprite la mente non siate convenzionali, i ragazzi ogni giorno ci rivelano tante di quelle abilità che nostro malgrado ignoriamo, ma se fossimo più attenti e umili ne potremmo invece trarre grossi benefici.

Presto aprirò un canale di consulenza online, rimanete collegati.

Grazie e buon pingpong.

La vera sfida del pingpong

4 Novembre 2016 da Ping Pong Italia · 6 Commenti 

Come definirebbe lo spettatore medio il gioco del pingpong? Tattico, tecnico, mentale, fisico? Certo se no non sarebbe uno sport. Ma nel suo svolgimento, il suo andare avanti dallo 0-0 a 11-9 o qualunque risultato esso sia, come vede lo spettatore comune lo svolgimento del pingpong? Uno sport di rapidità, veloce? estremamente veloce? supersonico o terribilmente lento? noioso? episodico?
Guardando le immagini televisive degli spettatori si notano rari momenti di esaltazione e numerosi momenti di noia, sbadigli, occhiate allo smartphone e chiacchiere varie.
A proposito di questo, mi viene in mente che qualcuno una volta mi disse una cosa sul fatto di viaggiare in aereo: volare, è il mezzo più veloce al mondo per chi non ha fretta. Verissimo.
Ecco il ping-pong assomiglia all’idea di prendere l’aereo. A bordo viaggi a 1000 km/h a terra a 0 km/h. Quindi quando andate a vedere una gara di pingpong assicuratevi di non avere fretta.
Dico questo perché recentemente mi sono imbattuto nello studiare i tempi del pingpong, veramente lo avevo già fatto in occasione dei mondiali del Qatar 2004, il risultato di quello studio lo resi noto all’ITTF che convalidò quanto allora affermavo, ma non ne fece tesoro, invitandomi a sperimentare le mie tesi in Italia, infatti girai il tutto a Bosi (allora presidente della Federazione Italiana Tennistavolo) il quale fu da subito interessato ma dopo poco la palla passò al suo successore Sciannimanico e quel lavoro non si sa più dove sia.
Purtroppo dopo 12 anni devo confermare che quello studio è attuale, anzi molto attuale e si registra, come dopo molti anni dall’inserimento del punteggio a 11 e l’adozione della palla a 40mm, uno stato di stallo, di stagnazione del nostro sport che inevitabilmente invece di attrarre pubblico lo allontana.
Attrarre il pubblico e di conseguenza fare più numeri in termini di tesserati è un problema mondiale. E non pensiate che la Cina, per quando enorme, sia un’isola felice, anche loro stanno riscontrando seri problemi.
Se in palestra, nei palazzetti a vedere le gare sono pochi, paradossalmente i numeri sono importanti a livello di web.
Comodità, facilità di accesso, immediatezza dei contenuti, ampia scelta, zapping? Non lo so ma il pingpong sul web attira un pubblico inaspettatamente variegato.
Vorrei quindi sottoporvi alcuni numeri derivanti dalla mia ricerca sulle Olimpiadi di Rio la quale si basa essenzialmente sui tempi netti di gioco e tutto il resto, il non gioco (consigli di panchina, break ogni 6 punti, tempi di attesa prima di riprendere il gioco, cambio di magliette e quant’altro), sono sicuro che rimarrete sorpresi da ciò che è sotto gli occhi di tutti.
Prima di fare ciò, mi vorrei divertire, e spero lo facciate anche voi, a prendere in esame la gara tipo dal punto di visto di uno dei due contendenti:

2′ di riscaldamento al termine dei quali scattano i rituali per la gara, asciugarsi, fare un giro dell’area di gioco, piegarsi sulle gambe, stretching del quadricipite della coscia, si notano sulle gomme alcuni granelli di polvere (non c’è problema) un po’ di fiato sulla gomma, una energica carezza con la mano, una per la nera e una per la rossa e poi classica mano destra o sinistra a seconda delle preferenze in appoggio vicino alla rete come ad asciugare il sudore sul palmo, e quindi ci siamo, è tutto pronto per l’inizio della gara.

0-0

Servizio - risposta non buona – facile attacco vincente.
E via a raccogliere la palla alla transenna, di nuovo, momento di riflessione (hmmm cosa ho sbagliato, fammici pensare, intanto appoggi nuovamente la mano vicino alla retina) mi devo concentrare di più, ah ancora polvere sulle gomme, altre carezze, una per parte.

1-0

Servizio - risposta lunga - terza palla di top - contrattacco perdente.
Stavolta è il mio avversario che va a raccogliere la palla, torna al tavolo, con cortesia mi restituisce la palla per il cambio di servizio e siamo quasi pronti a riprendere il gioco, nel frattempo incrocio lo sguardo con il mio coach che mi fa un cenno che tutto va bene, (contento lui…sono partito malissimo) ci sono sempre quei maledettissimi granelli di polvere.

2-0

Servizio corto - risposta corta – flick – rovescio - passo giro (si chiama cosi?) top - block vincente.
E via a raccogliere la pallina. (hmmm occorre una migliore strategia), questa volta appoggio la mano vicino alla retina ben due volte di seguito e mi strizzo gli occhi come a cercare una concentrazione supplementare), granelli di polvere (che incubo) basta carezze, strisciata sul pantaloncino, una per parte. Multipli rimbalzi della palla sul tavolo o sul pavimento o sulla racchetta, ovunque. Forse ci siamo, cerco lo sguardo del mio avversario che trovo e si riprende.

3-0

Servizio veloce vincente
Avversario sorpreso da tanta audacia.
La mano appoggiata due volte e i rimbalzi multipli pare abbiano funzionato, qualche saltello di auto celebrazione. Solita mano vicino alla retina, e, non si sa mai, strisciata delle gomme sul pantaloncino. Arrotolo la pallina sotto il bordo del calzoncino, così per asciugarla o per togliere altri granelli di polvere. Pronti.

3-1

Servizio corto - flick perdente.
Momento di disperazione, forse è colpa della polvere. Ancora mano appoggiata vicino la retina. La palla è del mio avversario quindi non posso far rimbalzare un bel niente, ma faccio roteare la racchetta attorno alla mano, come un giocoliere. Mi devo concentrare di più, e lo faccio ancora incrociando lo sguardo con l’avversario inviandogli un messaggio del tipo: “ora recupero, ti supero e vinco il set”. La mano mi sembra più sudata del solito, cosa c’è di meglio nell’asciugarla sul tavolo, vicino alla retina? L’ho fatto, lo faccio, lo rifarò, questo è garantito, anzi automatico, a volte indipendente dalla mia volontà, e la polvere? ah certo quasi mi stavo dimenticando, stavolta però uso il gluteo destro.

4-1

Servizio corto - palleggio corto - palleggio lungo sul rovescio - apertura di rovescio - block sul rovescio - rovescio di scambio - rovescio lungolinea -top incrociato – block - top ancora incrociato – controtop – controtop – controtop - difesa alta – schiacciata – difesa –schiacciata – difesa – schiacciata - controschiacciata vincente.
Applausi scroscianti.
Che soddisfazione quel punto. 4-2 (4+2=6 ah bene ora una piccola pausa istituzionale per asciugarsi), dopo aver raccolto la pallina subito a prendere l’asciugamano per asciugare non si sa cosa, nel frattempo penso, guardo in alto, in basso, il pavimento rosso magari cercando qualche difetto, la racchetta, una lampada malfunzionante, il coach, in quei momenti guardo dappertutto, faccio due passi (tanto non guastano), bello asciutto torno al tavolo, faccio anche qualche rituale con la pallina facendola rimbalzare con effetti diversi sulle dita.

4-2

Servizio veloce - scambio lungolinea - recupero alzando la palla - attacco vincente.
E via a raccogliere la palla (hmmm stavolta il servizio lungo non ha funzionato, meglio servire corto) mano sul tavolo vicino la rete, pulizia delle gomme, con la mano, sulla coscia, nel gluteo, con qualunque cosa, qualche movimento di gambe come per riscaldarsi ulteriormente.

5-2

Servizio corto - risposta corta - flick vincente
E via a raccogliere la pallina (hmmm accidenti!!! si aspettava la palla corta, che sciocco. Guardo il coach, cenno di time-out, lui annuisce, “Time-Out”.
E via a raccogliere la pallina (hmmm accidenti!!! si aspettava la palla corta, che sciocco. Guardo il coach, cenno di time-out, lui annuisce, “Time-Out”.
Vado alla panchina, l’allenatore mi dice di fare il mio gioco, di stare attento alla risposta che va un po’ alta, grazie dico ma se non capisco bene l’effetto è un bel casino, lui mi rincuora e mi dice dai che ce la puoi fare, stai duro e concentrato, mi convince. Mi asciugo il sudore che non c’è, bevo anche se non ho sete, obbiettivo: devo far passare il minuto, guardo e riguardo la racchetta, spero mi dica qualcosa, muta, nessun segno se non quei super noiosi granelli di polvere.
Torno al tavolo prima però una sventagliata sul tavolo con l’asciugamano, anche lì si annida la polvere assassina, e poi capatina vicino l’arbitro per depositare l’asciugamano e asciugarsi ancora (ormai l’asciugamano ha raggiunto il substrato di pelle, il derma).
Pronto al tavolo, solita mano in appoggio vicino alla retina con strisciata verso il bordo del tavolo e pulizia delle gomme. Sguardo più concentrato di prima (speriamo)

6-2

Servizio corto - risposta lunga - attacco in “pancia” - block maldestro - schiacciata vincente.
Evvai, lo devo attaccare in “pancia”, ecco la strategia. La mano strisciata verso il bordo pare abbia dato un risultato tangibile. E facciamolo di nuovo, stavolta con alcuni passi nella mia area di gioco e una flessione della schiena.

6-3

Servizio corto - risposta lunga - attacco in “pancia” - l’avversario si gira e controtop vincente.
E via a raccogliere la pallina, (hmmm se lo aspettava, esattamente come prima, quando ho servito lungo, che diavolo dovrei fare per vincere, hmmm block, block, block e poi contrattacco, deciso, d’altra parte Waldner faceva così e ha vinto di tutto e di più. Strisciata della mano, qualche balzello, ora nella risposta al servizio mi piego di più così sembro più concentrato.

7-3

Servizio corto – risposta lunga – apertura di diritto – block attivo vincente.
Mi giro verso il coach come dire visto il block funziona meglio dell’attacco, e questa la strada. Mi sento galvanizzato i 3 punti di differenza non sono poi così incolmabili. Strisciata della mano, stavolta striscio anche la sinistra, non si sa mai.

7-4

Servizio lungo – scambio – attacco – block – attacco – block –attacco –block rallentato – attacco lento – contrattacco vincente.
Cioooléé e applausi.
Non sto più sulla pelle, (7+5=12) pausa istituzionale, appoggio la racchetta, mi vado ad asciugare, onestamente ora qualche goccia di sudore scende dalle tempie (non sembra vero), mi asciugo come se avessi fatto la doccia più lunga della storia, mi asciugo dappertutto, fronte, collo, naso, occhi, orecchie, polsi, braccia, nuca, cosce, ginocchia, polpacci e giù fin le caviglie, spostando addirittura i calzini. Piccola corsetta nella mia area di gioco, qualche movimento di stretching (come se mi dovessi scaldare ancora di più. Sono pronto, anzi no, strisciata della mano, pulizia delle gomme, l’incubo polvere è sempre dietro l’angolo.

7-5

Servizio corto – palleggio che esce-non-esce – palleggio lungo – attacco fuori.
Che delusione, ero così carico e un banale attacco fuori sta pregiudicando tutto. Guardo il soffitto sperando in un’ispirazione, ora che ci penso non lo avevo guardato in precedenza, magari è questa la chiave della gara, forza andiamo avanti. Strisciata, anzi doppia strisciata, strizzo ancora gli occhi e con più vigore cerco lo sguardo verso l’altra parte del campo, duro mi dico.

8-5

Servizio – palleggio lungo –attacco – block –attacco – controattacco vincente.
Siiiiiiii.
Mi muovo più del solito, mi giro, roteo le spalle, i polsi, la racchetta è più stabile del normale, forse mi vuol dire qualcosa, Strisciata, pulizia, pronti.

8-6

Servizio lungolinea vincente.
ACE e applausi copiosi.
Che goduria quando succede questo. Strisciata, pulizia, saltelli, contatto visivo con l’avversario.
Time-Out per l’avversario…me lo aspettavo.
Vado verso la panchina correndo, l’ha raggiungo in un nanosecondo, quasi con un ghigno, il coach mi fa i complimenti per il servizio, bevo acqua, mi asciugo, parliamo di che servizio dovrei eseguire, servi corto sul diritto mi dice, il tuo avversario palleggerà lungo di sicuro e tu potrai attaccare, certo coach, lo farò, tranquillo, dato che ci sono bevo anche un po’ una bevanda energizzante.

8-7

Servizio un po’ lungo sul rovescio – attacco – block – attacco – block –attacco – block fuori.
È di sicuro colpa della polvere, accidenti avrò pulito la racchetta un milione di volte, il coach mi guarda come dire, ma non ti avevo detto di servire corto sul diritto? Mi sento depresso, ha ragione, me ne ero dimenticato, colpa della bevanda energizzante, che scherzi la mente che ci fa. Comunque bisogna andare avanti, strisciata, doppia anzi tripla, pulizia delle gomme sia sulla coscia sia sul gluteo, saltello, cerco di scacciare via la tensione.

9-7

Servizio – corto sul diritto – palleggio lungo – attacco – contrattacco fuori.
Ciooooooo
Aveva ragione il coach. Striscio, pulisco, salto, mi giro, mi piego, sono pronto.

9-8

Servizio - corto sul diritto – flick fuori.
Ciooooooooooooooooo
9+9=18 altra pausetta istituzionale, stavolta più lunga, siamo sul 9 pari, quindi un po’ più di pathos è necessario. L’asciugamano perfettamente asciutto, anche perché in tutto il set non ha asciugato un bel niente. Più lunga è la pausa e più sembra che ci si concentri di più; immaginate un pilota di formula uno o di moto GP che invece di continuare a gareggiare, giro dopo giro, a un certo punto si ferma e si fa una bella pausa così accresce la sua concentrazione e poi riprende la corsa. Qui è il pingpong, non scherziamo, la prestazione mentale è tutto, se ti distrai perdi il punto, e magari il set e magari il match, e già.
Comunque siamo al classico dei classici fine di partita 9-9 quasi una lotteria.
Strisciata, doppia, tripla, pulizia delle gomme e del manico della racchetta, siamo pronti, anzi no, ancora doppia strisciata, sguardi incrociati, chi ha lo sguardo più intenso magari vince, chissà, nessuno lo sa, non è scritto in alcun libro.

9-9

Servizio – risposta corta – palla a rete.
Depressione ai massimi livelli, un’azione talmente di base, il palleggio che è andato a rete è la massima espressione di ingenuità. Mi verrebbe voglia di chiedere un altro time-out.
Striscio, pulisco, guardo il soffitto, il coach, anche l’arbitro e il suo assistente, e il punteggio, quel 10 mi dà un fastidio inenarrabile. Ora tento il tutto per tutto.

10-9

Servizio veloce lungolinea – top incrociato – controtop vincente
Cioooooooooooooooooooooooooo
Che bello quel 10-10, non è così stupendo? Salto, rimbalzo, mi si sono allentati i muscoli della faccia anzi di tutto il corpo. Sono felice e sicuro di me, non mi può fermare nessuno.
Striscio la mano, pulisco la racchetta, il manico, sono un maniaco della pulizia.

10-10

Servizio – palla corta sul diritto – palleggio lungo – apertura –block lungolinea – attacco fuori.
Accidenti, perché stavolta non ha funzionato? Vedere quell’11 dalla sua parte e il 10 dalla mia mi indispone, ma mi indispone davvero tanto. Che fare? Ho il servizio, le ho provate di tutte. Striscio due, tre, quattro volte la mano sul tavolo, deglutisco (cosa, non si sa), guardo la racchetta sperando mi dica qualcosa, un cenno ah sì eccolo, il solito granello di polvere, sono rassegnato ma sono pronto, sto duro, lotterò, lo so che ce la posso fare, il coach è con me.

11-10

Servizio – risposta corta – appoggio corto – palla lunga – attacco di potenza – block vincente.

12-10

Fine della storia.

E ora passiamo ad analizzare i numeri.
Questo game, e forse anche questa lettura, è durato 12 minuti per un gioco effettivo di 1’40”, l’intero match finito 4-2 è durato 75’ minuti totali contro i 9 minuti effettivi.
Lo studio che ho effettuato ha riguardato una serie di gare che hanno riguardato finali per la medaglia d’oro, incontro a squadre, gara di primo turno, quarto di finale, dai maschi alle femmine, insomma uno studio eterogeneo per trovare una conferma, la conferma è che per ogni secondo di gioco ne passano 5-9 di non gioco, un’eternità. Ho naturalmente tutti i dettagli partita per partita.
Per chi gioca sembra tutto normale, ma per chi assiste, credetemi, non è normale.  E con queste premesse vogliamo vendere il pingpong in tv e attirare le masse? Missione impossibile.
La cosa bella di questo sport è il suo ritmo, il vedere i due che si scambiano continui colpi su colpi, anche se lo scambio è breve. Ma se per un motivo o per un altro le pause nel mezzo del gioco sono troppo frequenti ecco che si perde quel ritmo e la bellezza dello sport.
Credo che qualche sforzo in questa direzione andrebbe fatto, naturalmente ho le mie proposte e mi piacerebbe anche confrontarle con voi ma prima di farlo vorrei soffermarmi in alcune altre considerazioni che corroborano le mie idee.

Perché a livello amatoriale ma anche tra i bambini si assiste a un sano divertimento? perché non si preoccupano delle pause, di attese inutili, giocano e giocano di continuo, avete mai visto un bambino che sul 3-3 si ferma per asciugarsi? Porto un altro esempio, come forse sapete Susan Sarandon (attrice premio Oscar) ha aperto dei pingpong social club in alcune metropoli americane, beh l’avventore che si reca a Spin (questo è il nome dei suoi locali) e che inizia a giocare, non ci pensa nemmeno a raccogliere la palla, vorrebbe giocare un altro scambio il prima possibile, un gioco non-stop, infatti ha a sua disposizione un cesto con le palline, qualcuno del personale si preoccuperà quindi di riempirlo con altre palline; La pausa interrompe il ritmo dei clienti e quindi il divertimento, li vedi sudati fracidi ma felici, vincono o perdono il punto sono soddisfatti comunque. E ancora aggiungo, avete mai visto gli atleti che in allenamento, durante i cosiddetti training match, interrompere il gioco ogni 6 punti, asciugarsi di continuo, fermarsi almeno un minuto tra un set e l’altro, chiamare il time-out? Io non li ho mai visti, ma in gara sì, e si fa un uso spropositato di queste pause istituzionalizzate tutto a svantaggio dello spettacolo. Lo spettatore vuole l’azione e la vuole continuativa, non-stop, questa è la vera sfida del pingpong per gli anni a venire.

Ecco alcune proposte che abbiano lo scopo di ridurre i tempi di non gioco, tra l’altro oggi questi provvedimenti appaiono ancor più fattibili in quanto all’allenatore è permesso di dare consigli durante la gara:
1) uso dell’asciugamano ogni 12 punti limitato a 12”
2) dopo il primo set 30” di break in panchina
3) tra il secondo e il terzo set immediato cambio di campo
4) 1 time-out per atleta di 30”
5) ripresa del gioco entro 4-7”
6) eliminare il let nel caso in cui la palla colpisca la rete in fase di servizio.

Puntualizzazioni di Storia Federale

23 Ottobre 2016 da Ping Pong Italia · 9 Commenti 

Ho ricevuto questo post da Giovanni Bisi e volentieri lo pubblico.

Puntualizzazioni di Storia Federale

di Giovanni Bisi

E’ frequente  trovare sulle pagine del blog di Massimo interventi dai toni diffamatori di tal  lelesguizzero il quale, riferendosi peraltro a vicende ormai lontane nel tempo, lancia accuse a Massimo, il quale, dopo essere stato eletto consigliere di opposizione all’ultimo mandato di Bosi, avrebbe preferito rinunciare al suo posto in Consiglio in cambio di un contratto da tecnico retribuito, come se si fosse fatto corrompere per “vili 31 denari” ed espressioni simili.
Visto che io sono stato testimone diretto e anche protagonista di quel passaggio storico, forse vale la pena, anche se a distanza di ormai 15 anni, chiarire una volta per tutte la faccenda.
Occorre prendere le mosse dall’assemblea del 2000, a Terni: fu la prima elezione dopo l’introduzione dei rappresentanti atleti e tecnici. Massimo fu l’unico candidato dell’opposizione (con candidato alla presidenza Curcio) ad essere eletto, in quota atleti. Io rimasi fuori perché tra i candidati atleti proposti da Bosi fu Francesco Manneschi ad ottenere più voti. Già da questa premessa emerge come almeno all’inizio era stato rispettato lo spirito dell’innovazione voluta dal CONI, quella di dare voce nel consiglio federale a una rappresentanza di atleti e tecnici (per questi venne eletta Sonia Milic), intendendo per essi veri atleti e veri tecnici, con lunghe e prestigiose esperienze internazionali alle spalle e quindi idonei a dare un forte contributo di idee. Spirito che in parte si è progressivamente perso nelle successive elezioni.
All’indomani dell’ assemblea del dicembre 2000, il nuovo consiglio, con Bosi presidente, Renato Di Napoli (sì, già lui), vice presidente insieme al compianto Lucio Martini, nominò i due principali capi area, affidando il settore tecnico a Paolo Lentini e l’area agonistica al sottoscritto.
Nel corso dell’anno successivo (2001) Lentini si vide costretto ad affrontare il rifiuto dell’intera nazionale maschile (Yang Min, Mondello, Piacentini, Chen Yu Wei, Crotti e Tomasi) e vestire la maglia azzurra: i ragazzi era giunti a tale decisione per solidarietà al loro mentore di sempre, Patrizio Deniso, che era stato esonerato dalla panchina per accese divergenze con la dirigenza federale, dovute a sue pretese economiche (galvanizzato dalla leggendaria medaglia di bronzo dell’anno precedente a Kuala Lumpur) non accolte da Bosi e dai suoi consiglieri. La panchina rimase diversi mesi senza una guida, con Sarkoyan a fare da supplente in attesa che qualcuno avesse qualche buona idea.
Per quanto riguarda Costantini, il suo ruolo di (unico) consigliere di opposizione, solo contro tutti, lo rendeva inevitabilmente frustrato ed ingessato, non potendo lui dare alcun contributo concreto. Conosco bene la spiacevole sensazione per averla provata personalmente alcuni anni più tardi.
In questo contesto, nella primavera del 2002, io proposi a Bosi di apportare due cambiamenti.
Il primo, quello di disporre una inversione dei ruoli tra me e Lentini, entrambi rispettivamente più adatti all’incarico inizialmente ricoperto dall’altro: io con la mia lunga esperienza di giocatore avrei potuto essere più utile al coordinamento del settore tecnico e delle squadre nazionali (incarico totalmente gratuito, a differenza di chi lo ha ricoperto prima e dopo di me); parimenti, Paolo Lentini, notoriamente un grande lavoratore e ottimo conoscitore dei regolamenti dei campionati, dei tornei, del settore arbitrale avrebbe senz’altro fatto bene quale coordinatore dell’area agonistica.
Il secondo cambiamento che proposi fu quello di dare a Massimo Costantini la guida delle squadre nazionali e la panchina di quella maschile assoluta, sopperendo alla vacanza che ormai si prolungava nei mesi, mantenendo Maurizio Errigo alla femminile assoluta, Nannoni e Gatti alle giovanili. Per l’effetto, io sarei diventato anche consigliere federale al posto di Massimo, come primo dei non eletti.
Bosi e gli altri consiglieri furono d’accordo e condivisero questo organigramma da me suggerito; tra i principali consiglieri di peso c’era Franco Sciannimanico, particolarmente attento alle questioni delle squadre nazionali, il cui organico nella squadra femminile coincideva con quello della sua società di Castelgoffredo. Per inciso, l’abitudine di Sciannimanico di attingere alle casse federali a favore di suoi atleti (si pensi ai premi Cini e Mazzi, ai corpi militari, al progetto giovani), riducendo così le richieste di questi verso la sua società, come ben si sa si è protratta ed accentuata negli anni della sua presidenza federale.
Questi due cambiamenti di cui ho detto risalgono al giugno del 2002. Quella di inserire Massimo a capo delle nazionali, senza falsa modestia, fu un’intuizione vincente. Dicano quello che vogliono quel tal lelesguizzero (che deve essere uno che sia io che Massimo abbiamo conosciuto bene) e tutti i detrattori di Costantini che nel corso del tempo, spesso senza cognizione di causa, sono stati per lo più animati da sentimenti di invidia verso il più grande campione di tennistavolo che abbia avuto l’Italia, seguito da Massimiliano Mondello e Stefano Bosi. Massimo, come sappiamo, ha poi dimostrato nel tempo e lo sta ancora facendo, le sue doti di allenatore in giro per il mondo. Durante il suo incarico ha tra l’altro messo in atto una serie di provvedimenti che erano punti fissi dell’opposizione come le Nazionali itineranti, la meritocrazia, l’allargamento della rosa della nazionale.
Pensando a Stefano, colui che ha “inventato” il tennistavolo in Italia, dico che gli sta molto, ma molto stretto il trattamento che gli ha riservato il nostro ambiente nei mesi scorsi. Le dirette video che abbiamo seguito tutti con molto interesse hanno dato conferma della statura e della competenza di Stefano che non hanno paragoni nell’Italia pongistica.
Tornando all’estate del 2002, Massimo ed io, con l’aiuto del presidente Bosi, iniziammo fin da subito a provare a convincere i ragazzi della nazionale a farvi rientro, incentivandoli anche con l’introduzione di premi in denaro, in caso di buoni risultati. Purtroppo, l’ostinazione di chi stava dietro di loro, non ci consentì almeno fino alla stagione successiva, di riportare i sei nostri campioni a vestire la maglia azzurra. Dato che erano in programma gli europei assoluti in Italia (Courmayeur 2003), la federazione avrebbe avuto piacere ad avere entrambe le nazionali competitive; ci riuscimmo con quella femminile, con l’inserimento della Tan Wen Ling (non senza fatica, perché Errigo era stato a lungo contrario) e l’istituzione di premi in denaro molto consistenti (senza precedenti) in caso di medaglie e, in aumento, in caso di vittoria, ipotesi che all’epoca sembrava fantascientifica.
A seguito della vittoria della gara a squadre (leggendaria) a Courmayer, le ragazze ottennero dalla Federazione premi (meritati) molto importanti; di ciò, in un certo senso le ragazze devono ringraziare l’ostilità dei maschi che, per cercare di convincerli a rientrare, ci aveva spinto a promettere tutti quei soldi (i premi previsti erano gli stessi sia per i maschi che per le femmine).
La storia narra che le nostre tre fuoriclasse, Nicoletta, Laura e Tan, guidate in panchina da Maurizio Errigo, vinsero incredibilmente il campionato europeo a squadre; la Tan raggiunse la finale nel singolo battendo in semifinale proprio la Stefanova.
L’anno successivo, 2004, con il rientro finalmente dei nostri maschietti ribelli, ai mondiali a squadre di Doha entrambe le nostre nazionali ottennero brillanti piazzamenti, ottava la maschile e un gradino indietro la femminile ma solo per differenza set, unica nazione europea insieme alla Germania, a piazzare entrambe le nazionali nei primi dieci posto al mondo.
Si tratta del momento più alto (2003-2004), a livello di risultati, dell’intera nostra storia, al pari di quello ottenuto appena pochi anni prima con la medaglia di bronzo a Kuala Lumpur.
Nel 2004, a fine anno, vi fu l’assemblea federale che nominò presidente Sciannimanico, unico candidato come successore di Bosi che fin dall’inizio del suo ultimo mandato aveva dichiarato di non volersi più candidare dopo 14 anni di presidenza.
Tra le prime iniziative del nuovo presidente Sciannimanico vi fu la nomina alla guida del settore tecnico di Matteo Quarantelli e pochi mesi più tardi l’esonero contemporaneo sia di Costantini che di Errigo il quale nel frattempo, era diventato anche l’allenatore della squadra di Castelgoffredo, alimentando la questione del cd. conflitto di interessi. È certo che l’allontanamento di Errigo dalla nazionale era dipeso da contrasti personali con Sciannimanico all’interno della società che si erano inevitabilmente riverberati a livello federale.
Il motivo della scelta di fare a meno nel settore tecnico di Costantini e del sottoscritto resta tuttora un mistero: forse derivò da promesse fatte in fase elettorale e dalla scarsa dimestichezza di un presidente che non proveniva dal nostro ambiente, che non aveva “storia” nel tennistavolo. E’ indiscutibile infatti che nel periodo precedente, durato meno di tre anni, il settore delle squadre nazionali aveva operato in armonia, tra esperti e conoscitori del tennistavolo giocato, ottenendo i migliori risultati di sempre e, cosa di non poco conto, l’aver lavorato in totale autonomia. E il mio compito di capo dell’area tecnica era stato molto facilitato dall’avere avuto la costante collaborazione di persone capaci e nomi così prestigiosi del nostro mondo (in primis Bosi e Costantini e poi Nannoni, di cui non possiamo dimenticare i recenti super risultati con la nazionale juniores): si tratta di persone che rappresentano la storia del nostro sport con i loro innumerevoli titoli ottenuti al tavolo con la racchetta in mano e poi con i prestigiosi riconoscimenti conseguiti all’estero nel tennistavolo.

Punto di vista

21 Ottobre 2016 da Ping Pong Italia · 9 Commenti 

In questi e nei giorni scorsi molti dei partecipanti, e non solo, all’Assemblea Generale hanno dato le loro opinioni sui fatti accaduti durante l’evento e i risultati prodotti alla fine dell’evento per la elezione dei massimi organi federali.
Come tanti sapranno non ero presente e la mia valutazione è solo di un addetto ai lavori cioè quelli al tavolo, quelli dell’allenamento, della preparazione e dell’alta prestazione, pertanto lo riconosco, non sono un politico e ho una percezione incompleta soffermandomi solo su alcuni punti che per me sono essenziali.

Col senno di poi si può dire tutto e il contrario di tutto: si può dire che l’opposizione ha avuto successo, un enorme successo ma che al tempo stesso ha anche fallito, che la continuazione voluta da Sciannimanico non è stata sufficientemente orchestrata bene; si può dire che se non ci fosse stato un errore madornale, Di Napoli avrebbe tutti e 10 i consiglieri e chissà cosa ci si inventerebbe in questo momento; si può dire che sia l’opposizione sia l’attuale governo hanno dimenticato per strada oltre 1200 voti tutti derivanti dalle quote atleti e tecnici; si può dire che se il presidente vuole governare fino al 2020 ha una sola alternativa, il dialogo. Come vedete, si può dire di tutto e di niente, il problema vero è che non si è fatta menzione di ciò che si sarebbe dovuto dire e fare. Mi riferisco ai temi principalmente inerenti alla nostra attività sportiva, e quali sarebbero tali temi? altro non sono che i risultati agonistici per i quali il CONI contribuisce al nostro sostentamento economico/finanziario. Lo sapete si, che più si vince e più soldi il CONI ci dà? Questo dobbiamo ricordarlo, e lo statuto federale lo recita già all’art. 3 quando dice che:
1) la Federazione ha lo scopo di promuovere l’attività sportiva
2) sviluppare l’attività agonistica compresa la partecipazione alle Olimpiadi.

Le buone intenzioni rilevate e riscontrate nel programma di Di Napoli e della sua squadra indicano tutt’altro; buone intenzioni si, non ci sono dubbi ma più adattabili ad uno dei 15 enti di promozione sportiva come l’UISP, ACLI, AICS, CSI, ENDAS, PGS, CSAIN, MSP, OPES, ASC, CNS Libertas, ACSI, MSP, ASC, CUSI, ma non della FITeT, per favore, non della FITeT. Pertanto questa federazione, già prima di iniziare, è venuta meno all’art. 3 secondo capoverso dello statuto federale approvato dal CONI; quindi con il mancato adempimento dell’art. 3 questa federazione sarebbe già da mandare a casa.

Sempre da questa federazione:
Sapete quante volte la parola Progetto Tecnico è stata usata? 0
Sapete quante volte la parola Olimpiadi è stata usata? 0
Sapete quante volte la parola Tabella Voti è stata usata? 0

Siamo di fronte ad un nulla siderale rispetto a ciò che la federazione dovrebbe esprimere, dovrebbe ispirare, dovrebbe invogliare.

Parlando di storia, perché solo la storia alimenta il presente e influisce sul futuro, è evidente che il grado di opposizione politica ad una gestione federale aumenta in maniera inversamente proporzionale alla qualità dei risultati agonistici. Ed è questo che io definisco il grande paradosso FITeT e dello sport in genere.
Nel 2000 ci fu un opposizione a Bosi dovuta a una serie di strappi e ripicche all’interno della maggioranza, Bosi ne uscì con una vittoria risicata per alcune centinaia di voti contro l’avversario Raffaele Curcio, già da allora si parlava di scarsa democrazia per via della tabella voti. Il quadriennio che ne seguì in termini di risultati agonistici fu uno dei migliori di tutti i tempi, c’era già stato il bronzo a Kuala Lumpur (2000, per la verità appunto prima delle elezioni) e poi il titolo a squadre femminile europeo e medaglie vinte a Courmayeur 2003 e poi piazzamenti nei primi 8 a squadre ai mondiali 2004 e poi 5 atleti alle Olimpiadi di Atene 2004; il movimento era contento dei risultati degli italiani all’estero, il giocatore medio, il terza o seconda categoria e perché no anche il prima categoria, si sentiva orgoglioso che i suoi beniamini vincessero a livello internazionale ed era stimolato da ciò. Morale, nel 2004 Bosi se ne andò e nessuno parlava di scarsa democrazia tanto è vero che subentrò Sciannimanico, unico candidato, addirittura senza presentare un programma, ovvio il biglietto da visita erano i risultati tecnici, non aveva bisogno di altro.
Poi iniziò il declino. 2004-2008 disastroso, automaticamente l’idea di democrazia e di ingiustizie vennero in superficie. Ci fu un’opposizione latente, scomposta e anche virulenta, ma non manifestò un candidato adeguato.
Sempre più giù. 2008-2012 ancora disastro e la sete di democrazia si fece più insistente dando luogo a un’opposizione capeggiata da Vermiglio che ottenne il 35% (forse più forse meno).
Profondità abissali, 2012-2016 tracollo totale se si fa eccezione degli juniores maschili agli europei giovanili, e così la voglia di democrazia esplode dappertutto generando 3 diverse opposizioni con Bosi portatore di una proposta inedita, Vermiglio per sancire il suo ruolo di oppositore storico e Bruno Di Folco per la coerenza alle sue azioni in contrasto alla federazione (dimissioni da consigliere) tuttavia, difetto più grave opposizioni non organizzate fra loro, divise, molto egoiste e capaci di pensare all’eliminazione dell’alleato pur di tenersi tutto per se. Ciò che si chiama essere ghiotti.

Ecco questo è il punto di vista su cui serve confrontarsi e va fatto subito senza il procrastinarsi perché il tempo di organizzare un piano per fare risultati e portare l’Italia ai massimi livelli almeno a livello europeo non c’è, invece c’è il tempo dove si parla di tutto, delle poltrone, delle ipotesi, chi va qui chi va di là, un posto per me, un posto per te, cosa pensano i 5 della maggioranza, e cosa pensano quelli della minoranza, dei forse, dei vediamo, del fatto che le persone sono intelligenti e quindi verranno a sani principi, che un sacco di cose ma niente di ciò che è veramente importante. Se non si ottengono risultati agonistici saremo sempre a litigarci fra di noi e saremo sempre disponibili o vulnerabili a ipocrisie generalizzate e qualunque opposizione si abbevererà di una qualunque fonte di rivendicazione democratica e di ingiustizia sociale.
Guardate gli Europei di Budapest, le donne fuori nei gironi con risultati imbarazzanti, nemmeno una nel tabellone principale; 2 su 3 degli uomini nel tabellone poi fuori al primo turno. Ma perché non vi incazzate su queste cose. Ma perché voi dell’opposizione e della maggioranza non battete i pugni per queste miserie, ma come fate a essere così indifferenti, voi che oggi potete.

Io non sono cosi ottimista su questa federazione 2016-2020. Il dialogo, il confrontiamoci, il veniamo ai patti e così via, la realtà è tutt’altra poiché come dicevo poc’anzi, siamo lontani, davvero lontani dall’affrontare le cose reali, le cose per quali sudiamo tutti i giorni e ci danniamo il fegato tutti i giorni. Inoltre a essere sinceri, c’è un’anomalia di fondo in questo strano equilibrio che tanto si decanta come possibile futuro: il presidente Di Napoli deve tener conto delle richieste dei suoi, Borella in primis, è lecito, più che lecito; poi deve tener conto delle richieste dell’opposizione n.1 quali Gabba, Paglia & Co ancora più lecito, sacrosanto direi; l’opposizione n.1 deve poi tenere conto del suo leader Bruno Di Folco il quale deve tenere conto dell’opposizione n.2 Carloni, Bisi & Co che deve tenere conto del suo leader Vermiglio e di tutto il 19-20% che unanimemente l’ha sostenuta anche se era fuori dai giochi, anche questo estremamente lecito, accidenti se è lecito: ma che razza di equilibrio è questo, ma pensate davvero che le cose andranno bene? Siamo fuori da ogni logica e lo dico con la stretta al cuore, non ne sono contento ma è così.

Bosi aveva dato tantissima importanza ai programmi, ed aveva ragione, ricordo l’enfasi che aveva espresso in diversi dei suoi interventi live, perché è sui programmi che si costruisce il dialogo per il futuro, mi dispiace che non abbia avuto la possibilità di rinnovare l’invito in assemblea, sarebbe stato intrigante vederlo all’opera; qualcuno ha detto: “Stefano hai perso con onore, sei un signore, hai tutta la nostra stima” io dico che uno perde quando gareggia, non quando viene screcciato (termine puramente e unicamente pongistico) per via di una norma limitativa alla partecipazione democratica.

Ora l’opposizione dei 5 consiglieri ha indicato delle priorità per governare insieme, le elenco:
1) Trasparenza degli atti
2) Drastica riduzione della forbice…(voti)
3) Federazione di tutte le società.

Trasparenza: con 5 consiglieri all’interno del consiglio mi sembra davvero improbabile che non la si possa ottenere, non serve certo un atto di generosità del Presidente.
La tabella voti, oggi come oggi è la cosa più umana che si possa fare, soprattutto quando si è 6 contro 5.
Federazione di tutte le società. Altra cosa più che naturale.
Insomma richieste niente di eccezionale se si pensa di avere quasi il 50% del peso politico e mi dispiace che fra le priorità indicate non ci sia quella che è la madre di tutte le priorità che tutto il movimento aspetta, ossia fare risultati internazionali per far si che i tesserati tornino a essere orgogliosi come un tempo, ispirarsi ai propri campioni e risolvere una volta per tutte il paradosso FITeT.
Concludo con un invito.
Voi che avete votato, fatevi sentire sin da ora, non aspettate 4 anni, esigete dei fatti concreti, pretendete degli impegni da chi vi rappresenta; a chiunque ricoprisse una carica, abbiate il coraggio di dire: “questo è l’obiettivo, lo eseguo in questo modo e se non l’ottengo in un certo periodo di tempo me ne vado via, lo ripeto, me ne vado via”. Non serve dire vinco le Olimpiadi ma serve qualcosa di raggiungibile per la quale si conquisti la fiducia in sé stessi e il consenso del movimento, e non la certezza di stare comodamente al proprio posto a colpi di scuse e di arroganza. Ricordate, lo sport più di altri settori vive di meritocrazia, abbiate la forza di affermare questo principio, sempre. Sapete quale è la regola dello sport? Vinco vado avanti, perdo sono eliminato. Ce l’avete di fronte tutti i giorni, basta applicarla.

I segreti di Rio

9 Ottobre 2016 da Ping Pong Italia · 6 Commenti 

del Drago Rosso

Non sono riuscito a intervenire sul blog di Massimo per un mese a causa dell’inspiegabile blocco che questo ha in Cina, dove sono stato per i Campionati nazionali (ne parlerò in un altro articolo, in seguito). Pare che a causa dei video presenti nel blog si attivi un sistema di “protezione” legato, senza motivo in questo caso, ai divieti stabiliti dal Governo cinese su diversi siti o sistemi di comunicazione come google, youtube e altro. Perciò, non ho potuto far altro che assistere, come tante altre volte, alla consueta scorrettezza degli utenti del Forum di Giorno (questo non viene bloccato in Cina) che, invece di intervenire su questo blog per discutere di argomenti sollevati “qui”, mettono il link e ne discutono “lì”. Ancora una volta: applausoni e complimentoni! Poi sono gli stessi che dicono che il blog di Massimo “è morto”. Ma che profonda riflessione da parte di geni del pensiero contemporaneo!!! Ovviamente, sono liberi di fare quel che vogliono e decidere di discutere dove vogliono, ma rimangono profondamente scorretti. Detto che soltanto uno (Eta Beta/about blank) ha ritenuto opportuno spostarsi qui per chiedere un chiarimento a Massimo, adesso posso finalmente riprendere i discorsi interrotti dopo la Conversazione con Massimo, spiegare ancora meglio la mia opinione sull’Olimpiade di Rio e dare qualche altra notizia “divertente”, se così posso definirla. Comincio proprio da queste ultime. Ovviamente, siamo sempre nel campo delle “miserie” nostrane.

MISERIE NOSTRANE

Piccolo passo indietro alle finali scudetto a squadre: Tv solo per le gare di ritorno, vedi caso a Castel Goffredo. Ma guarda un po’ che combinazione. Ricordate la Steshenko, che aveva rischiato la radiazione da parte dell’Ittf per colpe non sue ma della Federazione italiana e che aveva lasciato Castel Goffredo? Dopo qualche anno, è tornata a Castel Goffredo e, guarda un po’ quest’altra combinazione, è stata riconvocata negli stage della Nazionale!
Torniamo alle atmosfere olimpiche. La Fitet ha rinunciato alla possibilità di mandare Stefanova a Rio, argomento di cui si è parlato a lungo. Ma quello che non sapete è che c’era anche una seconda chance azzurra. Tan Wenling, infatti, ha fatto sapere alla Fitet che era disposta a giocare di nuovo per l’Italia in modo da qualificarsi per Rio. Anche per lei, la qualificazione era meno lontana di quanto si possa pensare, perché le sarebbe bastato anche un solo torneo internazionale per rientrare in classifica in posizione avvantaggiata, a ridosso delle qualificate, e poi provare a rimontare con 3-4 tornei, cosa non impossibile. Ma Sciannimanico ha detto no anche a lei. Se si fosse trattato di dare la precedenza a chi era rimasta a giocare in Nazionale sarebbe stato comprensibile il “no” a Tan Wenling, ma visto che la possibilità di qualificazione per le altre azzurre non esisteva, perché rinunciare alla possibilità di essere rappresentati a Rio? Fra l’altro, si sarebbe fatto anche un grande favore al Coni che è sempre in cerca di numeri più grandi, come partecipanti, per acquisire meriti e finanziamenti maggiori dal Governo. E quindi si sarebbe potuto contare sulla “riconoscenza” dello stesso Coni. Ma, a quanto pare, sono più importanti le simpatie e le antipatie.

OLIMPIADI PATETICHE

E adesso passiamo all’Olimpiade. Per me, è una rappresentazione sempre più miserevole quella che offre il tennistavolo, sia come livello tecnico che come spettacolo. Ricordo ancora una volta che l’Olimpiade (come la Coppa del Mondo) è la gara più “bassa” tecnicamente. Qualsiasi Open di medio-alto livello ha un tabellone con giocatori complessivamente più forti rispetto a quello dell’Olimpiade o della Coppa del Mondo. Un “suicidio”, tecnico e spettacolare, voluto dall’Ittf quando, dopo Pechino 2008, ha deciso di ridurre a 2, da 3 che erano, i giocatori per nazione, in modo da regalare ai non cinesi una medaglia, cosa avvenuta puntualmente a Londra con la patacca al collo di Ovtcharov, il giocatore più scarso di sempre a essere salito sul podio olimpico. Altra conseguenza nefasta è che è più facile essere testa di serie e, considerando che le prime 16 teste di serie entrano in gara direttamente nei sedicesimi di finale, basta avere una posizione medio-alta nella classifica mondiale per trovarsi direttamente fra i primi 32 dell’Olimpiade e ottenere automaticamente ulteriori punti, anche perdendo subito, che vanno a falsare ulteriormente una classifica mondiale già tecnicamente insostenibile di suo. Il risultato finale è uno spettacolo indegno, niente a che fare con le “battaglie” olimpiche del passato. E’ vero che anche prima, con 3 giocatori per nazione, il tabellone olimpico era comunque “più scarso” dei Mondiali e dei principali Open, oltre che delle Finali del Pro Tour (così come la Coppa del Mondo che permetteva 3 giocatori, anziché i 2 attuali), ma almeno c’era un po’ più di consistenza tecnica e si poteva anche ammirare una certa varietà di stili e di concezione di gioco, adesso ci sono al massimo 4-5 partite interessanti, l’Olimpiade è ormai patetica e ridicola. Di conseguenza, non è nemmeno una sorpresa, tanto per fare un esempio, che una giocatrice sopravvalutata come la tedesca Petrissa Solja perda al primo incontro con la nordcoreana Ri Myong Sun, nemmeno questo gran fenomeno, visto che al turno successivo si becca un 4-0 dall’altra sopravvalutata, ma almeno un po’ più consistente, Fukuhara. Insomma, stiamo parlando del niente. Non mi azzardo neanche a fare esempi in campo maschile, tanto è il disgusto che provo a vedere quel tabellone. L’unica cosa che mi sento di fare è invitare chiunque ad andarsi a vedere il corrispondente tabellone dei Mondiali, turno per turno, e notare le differenze. Certo, all’Olimpiade non si possono avere 5 giocatori per nazione, ma anche non considerando i cinesi si può osservare quanto sia indecente la gara olimpica. A ulteriore conferma di tutto questo, una considerazione sul pubblico. Il regista televisivo si preoccupava di far inquadrare solo le parti delle tribune piene di spettatori. La realtà, però, è che l’impianto per il tennistavolo, che già era fra i più piccoli di tutti quelli di Rio, era pieno appena a metà, al massimo si è arrivati a 1500 spettatori. Questo può notarlo solo chi è presente, perché la Tv nasconde e l’Ittf fa il resto, coprendo le sue magagne che stanno affossando il tennistavolo.

IL SENSO DEL RIDICOLO

Ma dove si raggiunge il massimo del ridicolo, al di là delle preferenze personali su questo o quel giocatore, è nella gara a squadre. Qui siamo al teatro dell’assurdo, stile Ionesco. Intanto, bisogna ricordare come è nata la formula della gara a squadre olimpica. Dopo Atene 2004, l’Ittf, che già aveva realizzato l’immonda cazzata dei due doppi di una nazione nella stessa parte del tabellone per evitare una finale tutta cinese, decise che una medaglia in regalo alle altre nazioni non bastava più, ce ne volevano due, perciò si inventò la gara a squadre. Il compito di individuare la formula fu assegnato al responsabile tecnico dell’Ittf, il cinese Yao Zhenxu, che si inventò una formula in base alla quale la Cina non potrà mai perdere la gara a squadre. E già, perché potrebbe bastare un giocatore molto forte con accanto un buon doppista nel caso di Davis con doppio o un secondo giocatore un po’ più forte nel caso di Davis con soli singoli per dare qualche fastidio anche alla Cina. Esempio concreto, la semifinale dei Mondiali 2006 a Brema, con Boll vicino a fare 2 punti (battuto da un fenomenale Wang Liqin, ma vincitore di un impaurito Ma Lin), con Wang Hao tranquillo contro Fejer-Konnerth e con Ma Lin che già si stava cacando sotto in vista del possibile incontro con Suss sul 2-2. Così, Yao Zhenxu escogita la formula attuale, un’autentica vergogna accettata dall’Ittf perché ai suoi dirigenti bastava assegnare una medaglia in più alle altre nazioni, il resto non importava. Ed ecco una formula in base alla quale i due numeri 1 non si affrontano! Potrebbero incontrarsi solo se un tecnico inverte la formazione e allora lo scontro potenzialmente più interessante si ha in uno dei primi due incontri. Altrimenti, è un film senza sorprese: la squadra più compatta vince per forza, con gli ultimi due incontri che nella maggiorparte dei casi sono una barzelletta, il n.1 contro il n.3 e il n.2 contro il n.3, o quantomeno, se non sono ridicoli dal punto di vista tecnico, hanno il risultato già scontato. Al massimo, come a Rio, si può solo verificare che Xu Xin, in vistoso calo di forma nell’ultimo anno, perda con Mizutani e renda necessario un incontro in più, ma nessuna emozione, nessun dubbio sul risultato finale. Nella gara maschile, sei 3-0, otto 3-1 e appena due 3-2, entrambi al primo turno (Gran Bretagna sulla Francia, Giappone sulla Polonia), poi un appiattimento generale, una noia senza fine. Fra le donne, ben nove 3-0, quattro 3-1 e tre 3-2. Anche qui, sbadigli a volontà, a eccezione dei tre incontri finiti 3-2 (Sud Corea sulla Romania, Singapore sulla Sud Corea e Germania sul Giappone). In quest’ultimo caso, cinque ore di gioco, per riproporre ancora una volta l’assurdità delle nuove regole volute dall’Ittf. Non sto a rifare discorsi già fatti, faccio solo notare: i tempi morti si sono dilatati a dismisura, cambio palla ogni 2 punti e ogni volta si perde tempo, ogni servizio è preceduto da una infinità di movimenti preparatori e da tic nervosi, ogni 6 punti un mezzo timeout per asciugarsi il sudore, il tempo effettivo di gioco è ormai un quinto o un sesto di quello totale. Una volta, con la pallina da 38 mm, il set a 21, cambio palla ogni 5 punti, ci voleva un incontro finito 5-4 per arrivare alle 5 ore, adesso ne basta uno da 3-2: quasi la metà delle partite per lo stesso tempo, adesso avete capito dove cazzo siamo andati a finire? Ultima considerazione sulla gara a squadre femminile: la Germania sul podio con due cinesi e una sola tedesca! La “grande Germania” dai 700.000 tesserati si riduce a giocare con due cinesi (e non è la prima volta che accade) per raccattare una medaglia: Shan Xiaona e Han Ying, 33enni (Shan Xiaona giocò nel 1999 per l’ultima volta i Campionati nazionali cinesi con la squadra dell’Henan) che in Cina la Nazionale nemmeno potevano sognarsela. In finale contro la Cina, comunque, uno spettacolo desolante, a ulteriore dimostrazione della differenza di valori e del danno che si fa al tennistavolo.

GIOCHI SPORCHI

E passiamo alle situazioni più importanti e complesse, quelle che riguardano le gare di singolo, sia maschile che femminile, quelle per le quali si scatenano gli “osservatori acuti”, quelli che sono troppo furbi e non possono essere imbrogliati, che capiscono da un semplice sguardo del giocatore, da un suo sorriso appena accennato, che la partita è falsa. Credo sia inutile stare a discutere su questo argomento, visto che qualsiasi ragionamento logico è inutile con questi fuoriclasse della dietrologia, che alla fine hanno sempre ragione: se un cinese vince è perché hanno ordinato all’altro di perdere, se nella successiva partita fra gli stessi due il risultato non cambia è perché non devono destare sospetti e quindi si deve confermare il primo risultato, se invece il risultato cambia è perché si potrebbe destare il sospetto del sospetto e così via. Insomma, non c’è possibilità di ragionamento, uno si inventa un risultato falso e poi adatta alla sua tesi qualsiasi altra cosa. Quindi, Zhang Jike doveva perdere con Ma Long a Rio, poi si sono incontrati agli Open di Cina e Zhang Jik,e ha dovuto perdere di nuovo altrimenti, se avesse vinto, si sarebbe sospettato che avrebbe potuto vincere anche a Rio, ma non  lo ha fatto perché gli avevano ordinato di perdere. Io davvero non so se chi spara simili puttanate si renda conto della paranoia in cui è precipitato. L’unica cosa che posso dire è che tutti quelli che si inventano cose del genere non sanno un beneamato cazzo di quello che succede nel mondo del tennistavolo e in particolare in quello cinese. Se ne stanno seduti a migliaia di chilometri di distanza e si inventano teorie complottesche della straminchia. La cosa più divertente, per me, è che i casini all’interno della Cina del tennistavolo ci sono davvero, ma sono di tutt’altra natura e ci sono anche le partite truccate, ma sono quelle che i grandi geni italiani della poltrona davanti alla Tv nemmeno sospettano. Ve lo dico con tutto il cuore: siete ridicoli. Ma siete anche pietosi, perciò vi faccio un favore: vi racconto cosa è veramente successo non a Rio, perché lì non è successo uno stracazzo di niente, tutti gli incontri sono stati regolari, ma “prima” di Rio, perché è allora che ci sono stati i giochi sporchi, sia fra gli uomini che fra le donne, con due grandi “raccomandati”: Zhang Jike e Li Xiaoxia. Ovviamente, ognuno è libero di dire che sono io quello che spara cazzate. Nessun problema. Ognuno pensi quello che vuole. La realtà, però, nessuno può cambiarla e la realtà è che io conosco tutti i giocatori, gli allenatori e i dirigenti cinesi, ma proprio tutti, che moltissimi di loro mi raccontano cosa succede davvero nel tennistavolo cinese, dicendomi PRIMA quello che accadrà e che poi puntualmente si verifica. Così come tanti giornalisti amici miei, che non possono scrivere quello che succede veramente, vengono a raccontarlo a me. Ce ne sono molti di più allineati col potere che non mi raccontano una mazza, ma il punto è che me ne basta anche uno solo (giornalista, giocatore, allenatore, dirigente) che mi dica cosa succede e che quello diventi realtà per sapere che le informazioni sono vere e che la verità di cui sono a conoscenza è la vera verità. Tutto il resto sono chiacchiere. Perciò, i grandi “esperti” italiani continuino pure a scoprire la verità dall’espressione di un giocatore in tv, da una sua smorfia e, perché no, da una sua scorreggia di cui solo loro possono annusare il profumo, e poi sparino pure minchiate galattiche. Io mi accontento di scrivere quello che succede veramente.

FINALE FEMMINILE BIS

Parto dalle donne. Già assegnato un posto a Ding Ning, argento a Londra 2012 e campionessa mondiale in carica, sembra che l’altro debba essere riservato a Liu Shiwen, n.1 della classifica mondiale, finalista nel singolo ai Mondiali 2015 (quelli della sceneggiata di Ding Ning, finta infortunata per spezzare il cammino di Liu Shiwen verso una vittoria che sembrava assicurata), vincitrice della Coppa del Mondo 2015. Insomma, non c’è storia, anche tenendo conto che Li Xiaoxia, campionessa olimpica uscente, negli ultimi due anni non ha avuto alcun risultato di rilievo, anzi, ha perso tutto quello che c’era da perdere e in classifica mondiale è stata superata anche da Zhu Yuling e Chen Meng, della Cina, e soprattutto da Feng Tianwei, cinese emigrata a Singapore. A luglio 2016, ultima classifica prima dell’Olimpiade, si ritroverà ancora quinta, ma addirittura con poche decine di punti davanti alle giapponesi Ishikawa e Fukuhara. A parte quindi la discesa dal punto di vista tecnico, che non dovrebbe comunque pregiudicare i confronti con le giocatrici di altre nazioni, c’è il rischio che, con questa classifica mondiale, Li Xiaoxia, non essendo testa di serie n.2 perché questa spetterebbe a Feng Tianwei, potrebbe essere sorteggiata dalla stessa parte del tabellone con Ding Ning, precludendo alla Cina la possibilità di oro e argento. Tutte queste considerazioni, però, vengono messe da parte perché le decisioni vengono prese ad altri livelli, anche con l’influenza politica e sportiva di rappresentanti della Provincia dello Shandong, quella di Li Xiaoxia (e anche di Zhang Jike), a scapito del Guangdong, quella di Liu Shiwen, che ha perso potere negli ultimi anni. Alla fine, prevale la tesi che non si può lasciar fuori la campionessa olimpica, tesi discutibile perché in passato è successo che il vincitore della precedente edizione sia stato lasciato fuori dal singolo, clamoroso il caso di Kong Linghui ad Atene 2004, quando giocò solo il doppio. E allora erano tre i rappresentanti per nazione, quindi un posto su tre si poteva anche lasciare al campione o alla campionessa in carica, perché, ammesso che non fosse più ai livelli di quattro anni prima, incideva meno sulla gara. Nel caso di Li Xiaoxia, il fatto che i posti nel singolo all’Olimpiade siano solo due fa aumentare i rischi, a cominciare dalla posizione nel tabellone, che con tre giocatori era ininfluente. Per Li Xiaoxia, comunque, viene preso in considerazione anche un vecchio “debito”, quello del 2008, quando per l’Olimpiade di Pechino fu favorita Wang Nan, ormai alla frutta, proprio a scapito di Li Xiaoxia, che era più forte di Wang Nan. Ma anche in quel caso la designazione fu fatta sotto pressioni politiche e sportive, non dimenticando che Wang Nan aveva già intrapreso la carriera politica nel Partito comunista.

Una volta deciso che Li Xiaoxia deve andare a Rio, bisogna anche trovare una “giustificazione” tecnica, giusto per non rendere pubblico l’imbroglio e tenere zitti qualche giornalista meno inquadrato e il popolo del web, che in Cina può costituire un fastidio quando non si parla del Partito comunista (lì interviene la censura). Considerando che nell’ultima gara importante, i Mondiali di Suzhou 2015, Li Xiaoxia è arrivata in semifinale trovando un tabellone ridicolo per poi essere stroncata da Liu Shiwen, considerato che alle Finali del Pro Tour 2015 non si è nemmeno qualificata, che ha fatto brutte figure dappertutto, in campo nazionale e internazionale, c’è bisogno di qualche risultato. Così, si decide che vincerà gli Open del Kuwait, ordinando alle altre cinesi di perdere. Andando a guardare i risultati di quel torneo, si nota che Li Xiaoxia fatica contro una sudcoreana non eccelsa, Jeon Ji Hee, 4-2 rischiando di andare al settimo, per poi passeggiare con Liu Shiwen, 4-0 (5, 9, 6, 6), punteggio ridicolo, e poi battere 4-1 in finale Ding Ning. Della serie “scansiamoci, arriva Li Xiaoxia”. Subito dopo, viene rispedita in Cina, mentre le altre si fermano per gli Open del Qatar, in programma la settimana dopo. Non si vuole rischiare che perda con qualche non cinese e annulli l’effetto della vittoria in Kuwait, cosa che invece accadrà, in campo maschile, a Zhang Jike, già, perché per lui è stata organizzata la stessa pastetta in Kuwait e Qatar, come vedremo dopo. Rimane solo un ultimo passo, il torneo asiatico di qualificazione olimpica, che si svolgerà a Hong Kong. Per l’assurdità dei nuovi regolamenti Ittf, anche chi sarebbe già qualificato in virtù della classifica mondiale deve partecipare, pena l’esclusione dall’Olimpiade. Per la Cina, partecipano Liu Shiwen, Ding Ning, Zhu Yuling e Li Xiaoxia. La classifica finale può anche non contare ai fini dell’individuazione delle due giocatrici per Rio, perché alla fine la nazione decide per conto suo, ma in questo caso Li Xiaoxia ha bisogno di vincere per un motivo più importante: convincere l’opinione pubblica che merita di andare a Rio. I risultati sono ridicoli, con l’ecatombe delle cinesi più forti, costrette a perdere contro avversarie molto più deboli, per lasciare campo libero a Li Xiaoxia e poter far dire ai dirigenti cinesi che lei merita la convocazione per Rio nel singolo. Così, Liu Shiwen perde 4-2 al primo turno con Doo Hoi Kem, di Hong Kong! Quello che basta per permettere ai tecnici cinesi di dire che non si può puntare su lei per il singolo. Ding Ning perde 4-2 al secondo turno con la giovanissima giapponese Mima! Zhu Yuling perde 4-2 il confronto diretto con Li Xiaoxia, anche lei al secondo turno. Giova ricordare che Zhu Yuling è reduce da un anno di successi in campo nazionale (vincitrice dei Campionati nazionali 2015) e internazionale, ma di fronte a Li Xiaoxia cade come una pera cotta, giusto la finta di vincere un paio di set. Così, ecco la “strage” delle più forti cinesi, che ubbidiscono agli ordini, e Li Xiaoxia resta l’unica sopravvissuta e vincitrice del torneo, così che tutti possono dire che il secondo posto nel singolo a Rio è meritatamente suo.
Ecco cosa è successo veramente, ecco quali sono state le partite fasulle, quelle di cui nessuno dei perspicaci sherlock holmes italiani si è accorto mentre stavano tutti attenti alle smorfie di Zhang Jike, quelle sì che erano importanti. E non è finita, perché adesso passiamo al settore maschile.

LA SPINTA A ZHANG JIKE

Per parlare della massima stronzata galattica, l’ordine a Zhang Jike di perdere con Ma Long, devo prima fare un riferimento a qualcosa che ho già fatto notare molto tempo fa. In qualsiasi sport, gli appassionati, in Italia o in altri Paesi, sono informatissimi su tutto quello che succede nello scenario internazionale, ovviamente, ma anche su tutto ciò che riguarda avvenimenti e personaggi dei campionati delle nazioni che più rappresentano quello sport. Così, se parlate con qualche appassionato italiano di basket, vi accorgete che conosce perfettamente il basket Usa, ma proprio tutto, giocatori, squadre, tecnici, albi d’oro, percentuali di tiro e così via. Se andate in Cina e parlate con qualche tifoso di calcio, vi stupisce raccontandovi tutto dei campionati europei, citandovi anche gli infortunati di qualsiasi squadra e quanto si prevede che torneranno in campo. Ci spostiamo fra gli appassionati, chiamiamoli così, italiani di tennistavolo e c’è solo da inorridire. Ovviamente, non mi sogno nemmeno di fare paragoni con me, ammetto di essere malato e quindi il fatto di conoscere tutto della Cina (oltre che di tutto il resto del mondo), dai risultati dei Campionati nazionali sin dagli anni Sessanta ai giocatori dell’ultimo club dell’ultima sperduta provincia (ho le schede e le foto degli oltre seimila giocatori e giocatrici che hanno partecipato ai Campionati nazionali dal 1996 a oggi, non ce li ha nemmeno la Federazione cinese di tennistavolo!), dicevo che tutto questo lo mettiamo da parte. Ma almeno conoscere i nomi dei giocatori più famosi, evitare lo sconcio di scrivere Wang Liquin anziché Wang Liqin (ve l’immaginate un appassionato di basket che scrive Michael Jiordan?!?), leggere i risultati delle gare internazionali sul sito dell’Ittf, almeno questo è lecito aspettarselo? E allora, per capire meglio da quale pulpito nascano puttanate sesquipedali come la teoria di uno Zhang Jike che fa apposta a perdere la finale olimpica, invece di badare al suo sguardo perso nel vuoto, come fanno quelli troppo furbi dal divano di fronte alla tv in Italia, andiamo a vedere i suoi risultati sulla via per Rio. Li divido in quelli veri, il 99,99%, e quelli falsi, uno solo, ma importante. Parto dalle Finali Pro Tour 2015, a Lisbona, per un motivo fondamentale: dopo i risultati negativi di Zhang Jike successivi al bis iridato a Parigi 2013, con la sola eccezione della Coppa del Mondo individuale 2014, col 4-3 in finale (12-10 al settimo set) su Ma Long, ultima sua vittoria “vera” su Ma Long, i tecnici cinesi, Liu Guoliang in testa, hanno grandi dubbi se puntare ancora su lui per l’Olimpiade. Così, dicono chiaramente a Zhang Jike che non può più sperare di vivere di rendita sui titoli mondiali e olimpico, gli chiedono una prova concreta sul campo, che nel loro linguaggio significa una sola cosa: la vittoria. Io vengo a saperlo perché me lo dice un tecnico della Nazionale, direttamente coinvolto nella scelta. Ovviamente non posso fare il suo nome, anche se qualcuno più attento è in grado di capirlo. Altrettanto ovviamente, qualcuno potrebbe anche credere che mi sto inventando tutto e in questo caso è inutile che continui a leggere, sia perché non ne ha motivo, sia perché lo mando io a cacare.
A Lisbona, l’avvio di Zhang Jike non è esaltante, a dispetto di quanto gli abbia chiesto Liu Guoliang, vince solo 4-2 col sudcoreano Lee Sang Su in una partita nella quale ha i soliti alti e bassi. Al secondo turno vince 4-1, ma contro un avversario di media levatura come il giapponese Oshima e con tutti i set, a eccezione dell’ultimo, molto combattuti (ognuno dei due ne vince uno 17-15). Al terzo turno, c’è Ma Long, che ha superato 4-1 il portoghese Freitas, un set perso ma superiorità netta, e schiantato 4-0 Ovtcharov. Per questa partita, senza tecnici in panchina, Liu Guoliang e Xiao Zhan, allenatore personale di Zhang Jike in Nazionale, vengono a guardare la partita in tribuna stampa, proprio vicino a me. Posso quindi osservare le loro reazioni. Nei primi due set, Ma Long lascia Zhang Jike a 5, quasi non c’è gioco, un po’ come avverrà nella finale olimpica a Rio. Zhang Jike finalmente ha una reazione, vince i successivi due a 8 e 12, ma si vede che è al limite, tanto che nel quinto e sesto Ma Long riprende il comando e chiude 4-2. Liu Guoliang guarda Xiao Zhan e scuote la testa, Xiao Zhan allarga le braccia. Il destino di Zhang Jike sembra segnato. Ma Long poi vince il torneo battendo in finale 4-3 Fan Zhendong, in una partita durissima. Tornando per un momento al confronto fra Ma Long e Zhang Jike, bisogna ricordare che anche nelle Finali Pro Tour del 2013, disputate a Dubai a gennaio 2014 (ultime disputate dai cinesi prima di quelle a Lisbona perché a Bangkok 2014 la Cina non partecipò per protesta contro l’Ittf), Ma Long superò Zhang Jike, quella volta 4-3, anche se poi cedette in finale 4-3 a Xu Xin. Insomma, andando a vedere la storia dei confronti fra Ma Long e Zhang Jike si nota che dal 2014 in poi si passa dal 4-3 per Ma Long e dal 4-3 per Zhang Jike nella già citata Coppa del Mondo di quello stesso anno a risultati sempre più netti e continui per Ma Long, in un crescendo che passa dal 4-2 per arrivare ai 4-0. Basterebbe questo per capire la cosa più naturale: la crescita di Ma Long e la frenata di Zhang Jike. Torniamo alle Finali Pro Tour di Lisbona 2015. Al ritorno in Cina, si discute su cosa fare, se dire a Zhang Jike che non andrà a Rio perché non è più affidabile. La decisione deve essere presa nelle “alte sfere”, quindi con Cai Zhenhua. A questo punto, però, il destino di Zhang Jike si intreccia con quello di Li Xiaoxia perché, considerato che la campionessa olimpica in carica viene da due anni persino peggiori di quelli di Zhang Jike e che il posto per Rio per lei invece è assicurato, non si potrebbe giustificare la differenza. Combinazione: tutti e due sono della Provincia dello Shandong, che ha la potenza politica giusta per spingere Li Xiaoxia, quindi anche per Zhang Jike arriva la stessa spinta. I dubbi però rimangono e si fa un ultimo tentativo, visto che ci sono alcuni importanti Open in programma fra gennaio e marzo, quelli classificati Super Series: Germania, Kuwait e Qatar. La Cina vi partecipa con i migliori, ma non tutti, perché mancano Fan Zhendong e Xu Xin agli Open di Germania, proprio perché, per definire le scelte in vista di Rio, si vuole mettere ancora alla prova Zhang Jike contro il più forte, Ma Long. In Germania, a gennaio, Ma Long va avanti a botte di 4-0, Zhang Jike sembra in miglioramento, ma concede sempre qualcosa, 4-1 a Gionis, 4-2 a Won Chunting, 4-1 a Fang Bo ma con quasi tutti i set sul filo. In semifinale, di nuovo di fronte Ma Long e Zhang Jike. E’ un’altra occasione per Zhang Jike per convincere i tecnici, ma l’esito è disastroso per lui, Ma Long lo supera 4-0, con i set vinti a 7, 4, 7, e 7. Insomma, Ma Long è ormai uno schiacciasassi e Zhang Jike non è più in grado di reggere il confronto. Ma è anche vero che una decisione va presa al più presto e le pressioni all’interno della Federazione cinese sono sempre più pesanti. C’è una pausa per gli Open perché ci sono i Mondiali a squadre in Malesia a fine febbraio. Altra occasione per Zhang Jike per convincere i tecnici di puntare su lui per Rio. E per i tecnici è anche l’opportunità per esaltare Zhang Jike, visto che nella gara a squadre non ci dovrebbero essere problemi per lui. Non ci dovrebbero, ma ci sono, anche se vengono nascosti. Zhang Jike è il cinese, fra i primi quattro insieme a Ma Long, Xu Xin e Fan Zhendong, che perde più set di tutti gli altri, anche contro avversari scarsi, a riprova di uno stato di forma che non torna a essere quello di una volta. Nelle partite del girone eliminatorio, Zhang Jike perde un set con Chen Chien An (Taipei) e Fegerl (Austria); in quelle del tabellone finale, ne perde uno con Jiang Woo Jin (Sud Corea) e Oshima (Giappone). Ma gioca la finale e viene esaltato come un campione. Così, prima degli Open di Kuwait e Qatar, i dirigenti e i tecnici cinesi fanno la scelta: Zhang Jike andrà a Rio come secondo nel singolo, Xu Xin sarà il terzo per la gara a squadre. Una volta presa questa decisione, bisogna giustificarla agli occhi non dei “concorrenti”, perché gli altri giocatori sanno benissimo come funziona la faccenda, ma a quelli dei tifosi e dei giornalisti. Vorrei solo ricordare in proposito, che quando Kong Linghui non fu convocato per il singolo dell’Olimpiade di Atene 2004, da campione uscente, e gli venne concessa solo la possibilità di giocare in doppio, ci fu una vera sollevazione popolare dei tifosi, con milioni di messaggi di protesta riversati sulla Federazione cinese. Da allora, i dirigenti hanno messo in conto anche questo aspetto della situazione. Così, allo stesso modo di Li Xiaoxia, Zhang Jike viene designato come vincitore degli Open del Kuwait, l’unica differenza è che per lui è previsto il raddoppio, vale a dire che è designato a vincere anche gli Open del Qatar. E allora, ecco come va in Kuwait: Zhang Jike vince 4-2 al primo turno con Karakasevic, poi 4-0 con Gacina e nei quarti, contro Ovtcharov, rischia di perdere, è 4-3 con 11-8 al settimo e quasi tutti i set tiratissimi. E dopo queste prove “esaltanti” cosa succede? Che Zhang Jike in semifinale fa 4-1 a Fan Zhendong e in finale 4-1 a Ma Long, sia pure con la concessione di punteggi tirati. Un miracolo! E ancora più miracolosa appare questa vittoria di Zhang Jike se si considera cosa succede una settimana dopo in Qatar. Zhang Jike (lo ripeto, designato a vincere anche questi Open) stenta al primo turno addirittura con Chen Weixing, 4-2 contro un giocatore di 44 anni, dopo essere stato sotto 2-1 e aver rischiato di andare sul 3-1 per Chen!!! Al secondo turno ancora uno stentato 4-2, contro Gacina. Al terzo turno, il crollo: perde 4-1 con Ovtcharov, che al turno successivo si becca 4-1 da Ma Long, con quest’ultimo che, non più obbligato a perdere come avvenuto in Kuwait con Zhang Jike, dà 4-1 anche a Fan Zhendong in finale. Quella che vi sto raccontando, e che ognuno avrebbe dovuto conoscere prima di sparare minchiate sulla finale olimpica, è una discesa all’inferno. Discesa che non si ferma in Qatar.
Ad aprile, ci sono le qualificazioni continentali per l’Olimpiade. Come già raccontato per le donne, si svolgono a Hong Kong. Al primo turno, sta per succedere il patatrac, anche se non fondamentale per la qualificazione all’Olimpiade (come già detto, poi è la nazione a decidere i due partecipanti), ma sicuramente compromettente per la figura di merda che ne deriverebbe: Zhang Jike vince 4-3 con Chen Chien An, dopo essere stato sotto 3-1 e aver rischiato la sconfitta nel sesto set, vinto 12-10. Al secondo turno, si riscatta un po’ superando 4-2 Mizutani. E’ in semifinale, contro Ma Long, che stavolta però non è obbligato a perdere, come in Kuwait e come lo sarebbe stato in Qatar, proprio perché le posizioni non sono decisive per andare a Rio e ai tecnici cinesi bastava che Zhang Jike arrivasse in semifinale. Così, la partita è vera e Ma Long vince 4-2, per poi battere di nuovo Fan Zhendong in finale, 4-1. La superiorità di Ma Long è sempre più clamorosa, così come è sempre più evidente l’incapacità di Zhang Jike di stargli dietro, di reggere il confronto quando ritmi del gioco e livello tecnico si alzano al massimo. Incapacità che si manifesta, ancora una volta con fin troppa evidenza, nei successivi Open di Giappone e Sud Corea, a giugno. In Giappone, Zhang Jike batte 4-2 Kenta Matsudaira, poi 4-1 l’altro cinese Lin Gaoyuan, di medio livello e in viaggio premio per dare un contentino alla Provincia del Guangdong, ormai senza giocatori di rilievo dopo il ritiro di Ma Lin. Poi dà 4-2 a Samsonov e infine perde 4-2 con Fan Zhendong. Una settimana dopo, in Corea, altra botta: perde 4-3 al primo turno con Chen Chien An. Anche qui, come in Qatar, si nota come Zhang Jike non sia in grado di reggere fisicamente due impegni ravvicinati, a causa della sua ormai inesistente preparazione fisica, di cui ho parlato ampiamente in altri articoli. In Qatar, dopo la vittoria fasulla di una settimana prima in Kuwait, perde da Ovtcharov, che aveva battuto in Kuwait; in Corea, si ferma addirittura al primo turno. Per la cronaca, Chen Chien An poi arriva in semifinale, a riprova che non è scarso, ma lì si prende un 4-0 da Ma Long, ancora una volta a sottolineare la differenza di rendimento in qualsiasi circostanza, contro qualunque avversario e nei confronti diretti fra Zhang Jike e Ma Long. Ribadisco ancora una volta: basterebbe mettere in fila tutti questi risultati per accorgersi che il 4-0 della finale olimpica è nient’altro che la logica conclusione di un percorso, fisico, tecnico e mentale, così chiaro ed evidente che può risultare invisibile o incomprensibile soltanto agli ignoranti e agli incompetenti. Ma come cazzo mai avrebbe potuto fare Zhang Jike a fermare Ma Long dopo essere stato malmenato da lui e da altri nettamente inferiori per quasi due anni rimediando figure di merda dovunque? Non era in grado di competere con Ma Long, non lo è stato negli ultimi due anni e non lo sarà finché non riprenderà ad allenarsi seriamente. E per una volta tanto spero che vogliate apprezzare la mia diplomazia! Ah, stavo per dimenticare: gli “sherlokki sciocchi” (per evitare equivoci e polemiche inutili, faccio notare che il riferimento non è alla persona per la quale utilizzai questo appellativo, non c’entra in questo discorso) hanno spiegato anche la successiva sconfitta di Zhang Jike contro Ma Long negli Open di Cina, anche questa fasulla perché altrimenti la vittoria di Zhang Jike sarebbe stata la prova che aveva fatto apposta a perdere la finale olimpica. Fantasmagorico! Come ai dadi: esce 2 e vinci tu, esce 3 e perdo io. Comunque la finale di Rio è farlocca e ne viene data la dimostrazione scientifica. E non è finita, perché Ma Long, secondo gli acuti osservatori, ha fatto apposta a perdere la finale degli Open di Cina con Fan Zhendong. Magari sarebbe utile sapere che, dopo Rio, Ma Long non ha fatto più neanche un giorno di allenamento, letteralmente, perché tutti i medagliati cinesi, di qualsiasi sport, dopo l’Olimpiade vengono portati in giro per cerimonie pubbliche e amenità del genere per almeno un mese. Ma Long si è retto in piedi nei primi due set della finale, arrivando vicino a vincerli, poi è crollato. Ma di che cavolo stiamo parlando? Anche le invenzioni e le cazzate megagalattiche hanno un limite. Tanto per raccontare la realtà. Sull’aereo per Anshan, sede dei Campionati nazionali cinesi, seduto vicino a me (in prima classe ovviamente perché io sono un signore) c’era Ma Long. La sera prima, fino a mezzanotte, era stato in diretta in Tv, insieme a Zhang Jike e altri campioni cinesi (la tuffatrice Wu Minxia e la nuotatrice Fu Yuanhui, la squadra di pallavolo femminile e altri ancora) in una trasmissione in cui si celebravano i medagliati olimpici, ennesima trasmissione tv cui ha partecipato Ma Long, fra l’altro ballando e cantando. Poi, c’era stata la festa. Alle 4 era andato a dormire, alle 7 si era svegliato per andare in aeroporto. In aereo, mi dice che non ce la fa più e avrebbe bisogno di dormire un mese. Poi crolla e si mette a dormire davvero, lo sveglia la hostess che poi si fa un selfie con lui. Ad Anshan ha giocato un paio di partite a squadre e i doppi, niente singolo. E questa vita l’ha fatta da Rio in poi, tant’è vero che ha rinunciato alla Coppa del Mondo di singolo proprio perché non si regge più in piedi. E in Italia vengono fuori i geni incompresi che guardano una partita in tv e decidono che Ma Long ha fatto apposta a perdere con un Fan Zhendong affamato di vittorie come una bestia.

CONCLUSIONI

Analizzare il torneo olimpico, a questo punto, è superfluo, anche perché nel dialogo con Massimo Costantini sono stati messi bene in evidenza gli aspetti principali. Purtroppo, c’è sempre chi non vuol capire o non ci riesce. Addirittura, sul Forum di Giorno, ho letto un intervento in cui, citando quello che ha detto Massimo di Ma Long, si parlava del “tanto decantato ‘sempre in movimento’”. Non so se scompisciarmi dalle risate leggendo quel “tanto decantato” o mettermi a piangere per l’affronto e il dileggio che queste parole rappresentano per Costantini. Magari, chissà, posso immaginare che chi l’ha scritto non si sia reso conto che parlare in quel modo possa nascondere una presa in giro del concetto espresso da Massimo, ma resto convinto che studiare un po’ di tennistavolo aiuterebbe a capire le cose profonde che dice Massimo. Per me, comunque, restano perle per i porci. Il tennistavolo italiano non se le merita, come non si merita di avere uno come lui. Poi, magari, la memoria gli fa qualche scherzetto e ricorda male di aver visto la finale a Rio nel salotto insieme a Xiao Zhan (la mia tesi è che in quel salotto, ma in un altro momento, stessero vedendo un film porno e lì il cervello ha fatto un po’ di confusione!), ma le sue osservazioni sono oro puro per chi ha voglia di comprendere “perché” il punto, il set o la partita li vince uno anziché l’altro, “che cosa” sta succedendo sul tavolo e fuori, e non solamente la semplice successione di punti, di top e di schiacciate.

Elezioni e democrazia

29 Settembre 2016 da Ping Pong Italia · 4 Commenti 

In tempo di elezioni è quasi prassi consolidata che i singoli candidati si confrontino in quelle che si definiscono “le primarie” ossia l’opportunità di testare e tastare l’elettorato affinché si raggiunga una definizione di candidati col consenso popolare, democratico.

Per questa tornata elettorale della FITeT 2016 la regola è stata confermata ma con un meccanismo davvero insulso, offensivo direi all’idea di democrazia, ma questa non è una novità. La FITeT o il movimento pongistico nazionale ha la fama di avere un sistema…non saprei quale espressione usare: non democratico? Anti democratico? Dittatoriale? Totalitario? Scegliete voi.

Come molti potrebbero sapere, ogni candidato, per poter competere a una tornata elettorale, deve essere nominato da almeno 70 figure societarie siano esse atleti, tecnici o dirigenti, e fin qui nulla di eccezionale. L’insulto alla democrazia è un altro, è l’azione perpetrata da alcuni volta all’eliminazione “fisica” dell’avversario politico facendo piazza pulita di nomine, e quindi togliendo la possibilità di partecipare che è la madre di ogni democrazia, la partecipazione: mamma mia quanto è brutta questa cosa. Ma c’è di peggio, qualcuno si è fatto promettere la nomina ancora prima che i “giochi” ufficialmente abbiano avuto inizio, quando non si conoscevano nemmeno i probabili candidati alla presidenza. Complimenti vivissimi!!! Ancora una bella dimostrazione di democrazia e trasparenza all’interno dello sport che tutto deve essere meno di ciò che stiamo dimostrando. Gli attori coinvolti non si sentono minimamente in colpa di tutto ciò, per loro è lecito, agiscono nei binari delle regole e della legalità, come dargli torto, è nel loro diritto. Tuttavia, considero queste, azioni basse, grette e figlie di una sotto cultura democratica.

A peggiorare le cose, c’è l’atteggiamento, guarda caso, anti democratico, che vige in modo generalizzato all’interno della società sportiva stessa quando, le tre sacre componenti societarie (dirigente, atleta, tecnico), fortemente volute dal CONI un ventennio fa con lo scopo di rafforzare la democrazia interna, altro non sono che l’espressione della volontà del “capo”, dove il tecnico e l’atleta non si possono permettere di pensare in modo autonomo, indipendente, libero da condizionamenti, altrimenti scatta la punizione.

Ma dove è la democrazia? Ma davvero vogliamo raccontarci le barzellette? Ma quale ipocrisia stiamo vivendo, anzi in quale complotto antidemocratico siamo complici e vittime allo stesso tempo?

Vi racconto questa che dà l’idea di cosa oggi stiamo e state subendo.

Già nel 2002, Bosi era presidente, e lo sarebbe stato per altri due anni come aveva promesso, prima o forse dopo essere diventato allenatore della Nazionale e responsabile tecnico delle Nazionali, come membro del consiglio Nazionale del CONI in rappresentanza degli atleti, avevo fortemente esternato le mie riserve sul sistema degenerativo dei voti plurimi della FITeT che non garantiva la benché minima espressione democratica tanto a livello nazionale quanto a livello regionale; per inciso, vorrei dire che, come sapete, in medicina, quando una cellula degenera si chiama cancro, si perché è di questo che da un ventennio la FITeT è affetta, inizialmente era benigno ora è decisamente maligno, il che porta alla morte della democrazia e del pingpong.

Bene, al CONI avevo segnalato la malattia della FITeT nella sua fase conclamata, ma non mi ascoltarono, ero un pivello allora, e non battei i pugni o la scarpa sul tavolo, è un mio grande rammarico; chiesi: mettiamo un tetto ai voti plurimi. Mi risposero: buona idea! ma poi non fecero nulla. E noi, qui, italiani del pingpong, stiamo ancora combattendo con un sistema antidemocratico che, come una metastasi, va a compromettere altri organi vitali della nostra quotidiana attività sportiva.

Io non sto con Bosi, nemmeno con Di Napoli e nemmeno con l’opposizione, io sto con la democrazia e vorrei che tutti abbiano la possibilità di candidarsi. In questo momento Bosi rischia di non avere questa possibilità e sarebbe un peccato perché veniamo meno al principio di democrazia, pertanto aiutarlo a raggiungere le fatidiche 70 nominations cosi che possa competere significa semplicemente fare un atto democratico. Facciamo in modo che in tutta libertà si possa pensare, scegliere e decidere. Lavoriamo per questo obiettivo. Cerchiamo di essere onesti, di essere noi stessi, una volta per tutte.

L’altro giorno, qui in Indore nello stato del Madhya Pradesh nel cuore dell’India, durante una conferenza stampa mi hanno rivolto una domanda: dopo 6 anni fuori dall’India, che cosa hai imparato dalle tue esperienze internazionali? Ho risposto: trasparenza e leggerezza.

Le ragioni della trasparenza derivano dal fatto che sebbene chiunque commettesse degli errori o facesse delle cose fatte bene all’interno di regole ben chiare, limpide, di meccanismi oggettivi voluti dalla collettività, il suo operato è inattaccabile, rafforza il suo essere e, con esso, il suo metodo di lavoro.

Leggerezza, intesa come idea di rapportarsi con gli altri dove la propria cultura, le proprie conoscenze, lo specializzarsi in qualcosa, non è un modo per discriminare o per sottomettere chi sta vicino ma una risorsa per accettare e coinvolgere chi sta vicino.

Per concludere, due accorati appelli ai dirigenti, tecnici e atleti e di conseguenza ai candidati

  1. Ai primi, fate in modo che tutti abbiano le stesse possibilità di competere, non abbiate paura di affermare la democrazia, vi appartiene, non fatevela rubare.
  2. Ai secondi, siate bravi chirurghi ed estirpate il cancro, completamente, definitivamente.

Conversazione sul Massimo sistema

3 Settembre 2016 da Ping Pong Italia · 5 Commenti 

del Drago Rosso

Stavolta vorrei fare qualcosa di diverso dal solito articolo su una grande manifestazione o su altri argomenti. Non è un mistero che io e Massimo Costantini siamo in costante contatto e che ci incontriamo spesso durante le gare internazionali. Quando lui non è impegnato in panchina con la sua Nazionale, di solito guardiamo insieme le altre partite e le commentiamo. Inoltre, ci mettiamo a parlare di tanti argomenti del tennistavolo in generale. E’ accaduto anche in occasione dell’Olimpiade di Rio, alla quale lui ha partecipato come c.t. degli Usa, io come giornalista. Stavolta, ci siamo messi d’accordo per registrare una nostra conversazione su vari aspetti del nostro sport e trascriverla in modo da offrire, a chi interessa, sia le nostre opinioni (molto di più le sue, ovviamente) sull’attualità, sia il nostro modo di ragionare e discutere. Ecco a voi il contenuto di circa un’ora di conversazione fra me e Massimo. Alla fine c’è un mio post scriptum su un altro argomento, sempre per chi eventualmente sia interessato.

DRAGO ROSSO
Cominciamo da un argomento che vedo trattato su blog, twitter, forum: sempre la stessa cosa, che Zhang Jike ha perso volontariamente con Ma Long. A me sembra la cosa più stupida perché basta guardare la partita per capire benissimo che non è così. Per me, la prima cosa da osservare è la velocità dei due giocatori, a tutto vantaggio di Ma Long che prevale anche per il differente tempo e il differente ritmo. Non che Zhang Jike non sia capace di raggiungere determinate velocità, ma negli ultimi due anni non è stato più in grado di reggere certi ritmi.

MASSIMO
A me è sembrata una partita vera, assolutamente normale. Zhang Jike mi è sembrato “contento” di aver raggiunto la finale, perché era davvero preoccupato, il sorteggio non era granché per lui. Doveva affrontare avversari con cui aveva già perso. Infatti, in tutta la prima parte del torneo era teso, nervoso e quando ha vinto la semifinale è stato un po’ un atto liberatorio. Questo non significa che ha lasciato vincere Ma Long per ordini di scuderia, non ci credo, anche perché, nel salottino degli atleti dove noi tecnici potevamo stare, c’era la tv e lì, insieme a me, c’era l’allenatore personale di Zhang Jike, Xiao Zhan, che non era andato in tribuna, ma aveva preferito guardare la partita lì, seduto sul divano, ed era preoccupato. Uno che sa che la partita è “organizzata” non fa così, se ne frega, sta lì a guardarla quasi disinteressato. Nel caso di Xiao Zhan, si vedeva che era partecipe della partita.

DRAGO ROSSO
Sapeva che Zhang Jike in quel momento era inferiore a Ma Long.

MASSIMO
Era in difficoltà. Poi, dopo il primo set 12-10, Ma Long ha preso il largo. Ma la differenza, come dicevi tu, è la velocità. C’è una cosa da osservare, secondo me, una cosa che molti non riescono a individuare. Molti giocatori “si fermano” durante lo scambio. Si fermano, c’è un momento di stop, una sorta di stand-by, per vedere cosa succede, e quello è cruciale per perdere il punto, per arrivare in ritardo. Se osservi Ma Long, lui si muove sempre. Lui ha già una preparazione motoria, uno schema in base al quale si muove comunque, non dico in anticipo, ma si muove.

DRAGO ROSSO
Forse perché sa già cosa fare, che tipo di colpo ha preparato per il tocco successivo, sa già come impostare il suo movimento, l’azione.

MASSIMO
Sì, sa già come impostare l’azione, ma c’è proprio un atteggiamento mentale da parte di molti giocatori. Per esempio, si vedono tanti giocatori che eseguono un controtop e rimangono un attimo fermi, si vede chiaramente, sia dal vivo sia guardando il video. Guardatelo, fateci caso, c’è un momento di stop e poi la ripartenza. Ma Long non ha questa pausa, questo break durante lo scambio. E questo break è comune a tutti i livelli. Quando vedi giocare i bambini soprattutto, giocano una palla e poi si fermano. E questo è uno dei fattori più importanti per la continuità dello scambio, per seguire il gioco, per andare di anticipo. Il fatto di continuare a muoversi sembra banale, come dire “sì, è chiaro che è così”, ma poi non avviene nella realtà. C’è evidentemente una interruzione dello schema motorio che ti porta a cercare di capire “cosa succede adesso?”. E, nel momento in cui reagisci, potrebbe andar bene, ma se sei un filo in ritardo, sbagli.

DRAGO ROSSO
A proposito di questo, ricordo la sua prima apparizione ai Campionati nazionali cinesi, che fu anche la prima volta in cui lo vidi, nel 2002, aveva quasi 13 anni e il suo modo di interpretare il gioco, di attaccare, saltava come un forsennato, mostrava un’energia incredibile, ma era altrettanto chiaro che non era solo una questione di gioventù, ma di una vera e propria impostazione, sia tecnica che mentale, di attacco alla palla e di continuità nella velocità. A vederlo adesso, capisco che questa è la naturale evoluzione, portata agli estremi limiti, di quella impostazione di base.

MASSIMO
Infatti, l’impostazione di base è fondamentale. Forse non consideriamo abbastanza il “ritorno alla posizione”. Quando uno si gira o fa un controtop oppure fa un recupero, molte volte c’è, come dicevo prima, uno stop. Ma Long, invece, “ritorna”, ha questa idea della ripartenza. In buona sostanza c’è l’ha anche Mizutani, si vede in lui soprattutto quando va in recupero sulla sinistra o anche quando tende a girarsi, ha subito quel modo di fare, di andare a recuperare la posizione, perché sa che da lì deve ripartire, magari dalla parte opposta o dalla stessa parte, però c’è questa idea della continuità e secondo me questa è il fattore più importante. Guardiamo invece Ovtcharov, lui si ferma, fra due palle giocate lui si ferma, e lo stesso fa Boll. Questa mancanza di continuità del movimento secondo me porta poi a quelle differenze tecniche, di espressione del gioco e a tante altre cose collegate.

DRAGO ROSSO
Tra l’altro, secondo me, queste pause sono un danno anche dal punto di vista fisico perché fanno aumentare lo sforzo. La continuità del movimento alleggerisce lo sforzo perché fermarsi e riprendere il movimento provoca il più alto consumo di energia.

MASSIMO
E’ sicuramente uno sforzo diverso, un adattamento che viene richiesto al fisico e che non è naturale. E’ come dire che io faccio una corsa e dopo 10 metri mi fermo, sto fermo un secondo e poi riparto, e poi mi rifermo e riparto e così via, è esattamente la stessa cosa, manca la continuità del gesto tecnico, del gesto atletico, dello schema motorio se vogliamo.

DRAGO ROSSO
E io vorrei andare a vedere anche cosa c’è dietro queste capacità di Ma Long, per far capire che non nascono dal nulla, ma dalla combinazione di talento e fatica. A Rio, ho visto una seduta di allenamento di Ma Long, che necessariamente, in prossimità della gara, non poteva essere la più pesante possibile. Per utilizzare un termine comune, non siamo nella fase “di carico”. Diciamo che siamo nella fase più “leggera”. Ma Long si allena per due ore su un tavolo nella sala principale, dove si giocheranno poi tutti gli incontri ufficiali, ed è un lavoro notevole quello che fa. Alla fine, insieme al tecnico-sparring, Qin Zhijian, si sposta nella sala di riscaldamento. Siccome si libera un tavolo, che doveva essere occupato da altri giocatori non ancora arrivati, Qin Zhijian e Ma Long decidono di lavorare per un’altra ora. Beh, quest’ora di allenamento imprevisto è molto più dura e pesante delle due ore precedenti, a velocità incredibile con Qin Zhijian che lancia palline in sequenza accelerando sempre di più, le ultime della serie partono quando Ma Long sta ancora chiudendo il movimento della pallina precedente, in un vero e proprio parossismo di fatica. Quasi non ci sono pause. Ogni 5 minuti di questo lavoro senza interruzione, c’è una pausa di mezzo minuto al massimo, poi si riprende e si va avanti con schemi sempre più complessi, ma con la stessa velocità. Alla fine dell’ulteriore ora di allenamento, Ma Long si concede 3-4 minuti di stretching e finalmente va via. Quindi, dopo due ore di lavoro notevole, un’altra ora allucinante. Mi sembra che qui entriamo davvero in un altro mondo.

MASSIMO
L’ho notato anch’io e l’ho notato anche in altri giocatori e giocatrici. Per esempio, le ragazze giapponesi, dopo aver perso la semifinale a squadre contro la Germania, in un incontro durato circa 5 ore, il giorno dopo si sono allenate per 4 ore di seguito per preparare la finale per il bronzo. Ero lì e le ho viste. Non so quante volte hanno provato il doppio, e hanno ripetuto gli schemi centinaia e centinaia di volte, per quattro ore di seguito. A me pare che ci sia una componente più mentale che tecnica o fisica. Cioè, lo sforzo richiesto durante la partita c’è, sì, perché c’è, è indubbio, ma non è che se ti prepari 2 o 3 ore cambia molto. Quello che cambia secondo me è lo sforzo mentale cui gli atleti vengono sottoposti per migliorarli mentalmente, per essere meno fragili, più continui, per essere sempre pronti.

DRAGO ROSSO
Per abituarli alla sofferenza, a non arrendersi: non ce la faccio più, ma devo andare avanti.

MASSIMO
Esatto, andare avanti, devo andare avanti e sto bene andando avanti così. A me pare molto mentale questa cosa perché alla fine, quando li vedi giocare, quando fanno gli schemi, tutto il mondo, adesso generalizzo, fanno praticamente le stesse cose. Fanno lo schema delle due palline, due sul diritto e due sul rovescio che coprono col diritto, poi fanno schemi random. Voglio dire che non ci sono schemi particolari, c’è solo una ripetitività delle cose con un unico scopo: avere la costanza e la forza mentale di continuare, di tenere, di non lasciare mai. Quindi la quantità che serve ad attuare un condizionamento mentale, perché per me è un condizionamento mentale, niente di più. O come tante volte fanno sessioni di fitness, di preparazione fisica che non hanno lo scopo, lì per lì, di migliorare una prestazione fisica del giorno dopo, è solamente, ancora una volta, un forzare la mente a tenere duro, a non cedere, a essere più forti mentalmente. Sono più forte mentalmente, posso esprimere meglio il mio gioco.

DRAGO ROSSO
Quando ti ho raccontato l’allenamento di Ma Long, mi hai fatto un raffronto con la situazione italiana. Dopo uno scambio duro, il giocatore si ferma un paio di minuti, si mette a parlare, allenta la tensione, poi riprende, una differenza di mentalità che però dipende anche da chi dovrebbe imporre una mentalità diversa.

MASSIMO
Sì, c’è questo atteggiamento, è molto generalizzato per la verità, però anche qui possiamo parlare di persone che hanno comunque la consapevolezza di avere certi limiti, e li accettano, e persone che invece hanno un altro tipo di percezione, che è quella di essere al top, sempre al top. Anche i giapponesi, per esempio. Non li vedo mai scherzare durante gli allenamenti. Prima sono lì che parlano fra loro, scherzano, ma quando entrano in campo per l’allenamento ognuno diventa “egoista”, ha un sano egoismo per cui non gli interessa chi c’è intorno, non gliene importa niente, sa che deve fare un determinato lavoro, anzi se potesse ne aggiungerebbe altro, fa qualcosa in più, quindi una mentalità completamente diversa: io aspiro a qualcosa di grande e do tutto per quello; so invece che non posso aspirare a qualcosa di grande e in automatico vado a ridimenzionare quello che è il mio sforzo. E’ molto mentale, chiaramente è molto mentale, ma è un’attitudine generalizzata di tanti paesi, non solo italiana, ne ho visti tanti che fanno così. Esempio positivo, invece, sono i romeni. Mi piacciono quando giocano e quando fanno allenamento sono molto concentrati, se devono fare un certo tipo di lavoro lo fanno nel miglior modo possibile, 10 minuti tirati e giocano più palline possibili, non c’è il rilassamento tra uno scambio e l’altro, tipo “vabbé, l’ho fatto, adesso riprendo fiato”, no, cercano di riprendere la pallina prima possibile e via a fare un altro scambio, possibilmente migliore di quello giocato prima. C’è quindi un portare al limite le proprie capacità perché hai qualcosa cui aspirare, cui ambire. Mi sembra che nella maggiorparte dei casi, nell’80% delle nazioni, invece, non c’è questa attitudine mentale.

DRAGO ROSSO
Adesso vorrei tornare alla finale Ma Long-Zhang Jike. Certe volte, l’impressione che sia una partita falsa dipende anche dal numero di errori che si vedono commettere, che si pensano inspiegabili, per cui “ha fatto apposta a sbagliare”. Non si pensa che un errore ha una causa anche diretta nel colpo dell’avversario. Nel caso in questione, già abbiamo parlato della velocità di Ma Long nell’andare in anticipo e della consapevolezza di Zhang Jike di essere inferiore a Ma Long in questo momento. Quegli errori, o quel voler forzare l’apertura di rovescio dalla parte del diritto, o il fatto di non essere più convinto dei propri colpi e di rifugiarsi nelle proprie origini, vale a dire nel colpo primordiale che gli riusciva meglio e che gli dà più sicurezza, il rovescio in questo caso, tutto questo possiamo aggiungerlo all’analisi della finale olimpica?

MASSIMO
Certamente. Bisogna considerare gli aspetti psicologici. Zhang Jike sicuramente si è sentito appagato per aver raggiunto la finale, sicuramente sapeva di essere inferiore a Ma Long in quel momento, sapeva che Ma Long era in stato di grazia ed era il favorito. C’era stato un sondaggio fra tutti gli atleti, fatto dall’Ittf, su chi avrebbe vinto l’Olimpiade, e tutti avevano detto Ma Long. Insomma, Ma Long era il grande favorito. Zhang Jike era contento di essere arrivato in finale. Poi, se esaminiamo il suo gioco, Zhang Jike non è mai stato “limpido”, il suo gioco è sempre stato fatto di errori, però Ma Long ha forzato sempre, alla prima possibilità lo ha messo subito alle corde, lo ha costretto immediatamente a rallentare la palla, perché Ma Long è stato sempre il primo a essere aggressivo. Se Ma Long avesse, come dire, “interagito”, nel senso “vabbè dai, rallento un po’ questa palla e vediamo cosa fa lui”, allora Zhang Jike avrebbe potuto pensare “adesso è il momento mio, posso attaccare”, ma Ma Long non gli ha proprio dato questa possibilità e si è comportato così con tutti, sin dal primo turno, chiunque sia andato contro di lui. Anche col sudcoreano Jung Youngsik, quando si è trovato sotto 0-2, è andato diretto, senza compromessi. Certo, sembrava un po’ nervoso, forse Liu Guoliang lo aveva caricato un po’ troppo, ma lui è andato avanti come una furia. E’ aggressivo sin dal servizio e anche quando dà una risposta lunga si vede che è pronto per un attacco successivo. Molti giocatori invece giocano la palla e poi dicono “vediamo quello che fa”. E’ questa la differenza abissale. Lui non dice “vediamo cosa fa il mio avversario”, lui dice “io faccio, questo devo fare e questo faccio”. E voglio aggiungere un’altra cosa importante su Ma Long, riguarda il suo atteggiamento verso gli avversari. Che si trovi di fronte il numero 2 del mondo o il numero 200 il suo comportamento non cambia: sin dal primo punto è concentrato nella stessa maniera, si impegna nello stesso modo, per lui non esiste una gara “snobbata”, in cui accelera solo quando ce n’è bisogno. Parte veloce e aggressivo contro chiunque e va avanti sempre così. Se guardiamo il comportamento di tanti altri, anche di giocatori di alta classifica, anche di altri cinesi, possiamo notare che ci sono cambiamenti significativi a seconda dell’avversario, magari una partenza con minor tensione, un rallentamento quando il vantaggio è notevole. Ma Long no, sempre uguale dall’inizio alla fine e contro chiunque. E questo è un altro segnale della sua straordinaria forza mentale, che fa la differenza rispetto agli altri.

DRAGO ROSSO
Nelle considerazioni su Zhang Jike fatte nei vari commenti su blog, forum e twitter vari, e quindi sulla sopravvalutazione del suo valore in questo momento, mi sembra che siano state completamente ignorate le perplessità che i tecnici cinesi hanno avuto sul mandarlo o no all’Olimpiade, segno che sapevano quale fosse la sua reale situazione tecnica e che avevano dubbi persino sul fatto che riuscisse a battere i “non cinesi”. Vorrei ricordare le sue prestazioni in alcuni degli ultimi Open prima dell’Olimpiade. Contro Ovtcharov, agli Open del Kuwait, a marzo, vinse davvero a stento 4-3, poi negli Open del Qatar, la settimana dopo, incontrò di nuovo Ovtcharov e perse 4-1, per non parlare della sua sconfitta con Chen Chien An, di Taipei. C’è stato un lungo dibattito fra i capi del settore tecnico cinese, incluso Cai Zhenhua, presidente della Federazione cinese di tennistavolo (oltre che di quella del calcio), ma comunque l’uomo che dà la parola definitiva su qualsiasi cosa succeda nella squadra di tennistavolo. Si è ipotizzato di scegliere Xu Xin, ma c’erano dubbi sui suoi punti deboli contro alcuni tipi di avversario (confermati dalla sua sconfitta con Mizutani nella finale a squadre); ipotesi anche su Fan Zhendong, ma si temeva la sua immaturità mentale, che lo porta in molte occasioni a stentare contro avversari assolutamente inferiori a lui. Perciò, alla fine, Cai Zhenhua e Liu Guoliang hanno deciso che il “male minore” era Zhang Jike: ovviamente lo Zhang Jike attuale, che viene da un lunghissimo periodo di apatia, con scarsa voglia di allenarsi, con tanto tempo perduto con il golf e cose del genere, altrimenti altro che male minore. Il fatto che al primo turno gli sia capitato proprio Chen Chien An, con cui aveva già perso, e che in semifinale avrebbe dovuto incontrare Ovtcharov (che ha confermato una volta di più le sue origini in falegnameria), poi battuto da Samsonov, sono la conferma alla sensazione che hai descritto tu, quel suo “essere contento” di aver raggiunto la finale, a ulteriore dimostrazione, dico io, della sua inferiorità tecnica attuale. La stessa semifinale con Samsonov, che ha 40 anni, non ha fatto fare certo bella figura a Zhang Jike, che ha rischiato un inatteso prolungamento del match, volto a suo favore anche grazie a qualche colpo fortunato. Ma questo mi spinge a introdurre un altro argomento. Nel 2004, Waldner 39enne nella finale per il bronzo, così come Persson, anche lui 39enne, nel 2008, fino a Samsonov a Rio. Tutti gli elogi a questi atleti, esempio per tutti, ma l’indicazione tecnica generale per me è preoccupante, fermo restando, ad ogni modo, che il torneo olimpico (insieme alla Coppa del Mondo) è il più scarso tecnicamente rispetto a qualsiasi altra manifestazione internazionale: Mondiali, Finali Pro Tour e Open di primo livello.

MASSIMO
Sappiamo che in effetti l’Olimpiade “facilita” questi risultati per via della qualità dei giocatori, due atleti per nazione, basti pensare a Fan Zhendong, numero 2 del mondo che non può partecipare ed era lì che faceva lo sparring! Era incredibile vedere lui, di un altro pianeta, stare lì solo per fare gli allenamenti. L’Olimpiade quindi può favorire questi episodi. In questo caso, Samsonov ha raggiunto le semifinali giocando una partita incredibile contro Ovtcharov. Lo ha veramente annullato dal punto di vista tattico: non un servizio sul rovescio, ogni servizio era corto sul diritto, ogni risposta era corta sul diritto, anche quando Ovtcharov tentava servizi in topspin lui comunque riusciva a smorzare la palla e anche quando la dava lunga c’era sempre quello schema tattico coerente, continuo, e così lo ha imbrigliato. Si vedeva che Ovtcharov non riusciva a prendere il ritmo della palla tesa, Samsonov gli rallentava sempre la palla, gliela mandava “morta”, senza velocità. Ovtcharov non era a suo agio, tentava di girarsi, tentava di andare di rovescio a fare il flip, ma sapeva che gli ritornava una palla molle su cui non riesce a spingere. Molti giocatori si abituano a una certa palla e quando gli rompi quel ritmo, quello schema, sembra una palla stupida, di poca qualità, però contro certi giocatori che magari la soffrono funziona così. L’ho detto a Samsonov alla fine della gara, lui era ancora dolorante perché si era infortunato e aveva vinto da infortunato: “Hai fatto una partitona”. E lui, ridendo: “Lo so, lo so. Adesso spero di recuperare, ho una costola mezzo incrinata”.

DRAGO ROSSO
Tutto questo aggrava le pecche di Ovtcharov, che si presenta come il terzo incomodo e perde con un Samsonov che ha 40 anni e gioca quasi da fermo per un serio infortunio. Io tornerei al discorso sul suo peggioramento e sul suo ritorno a difetti che in alcuni momenti della carriera (come quando fu allenato da Leo Amizic) sembrava aver eliminato. In pratica: dentro ti rimangono le scorie iniziali, risalenti a quando sei stato impostato tecnicamente.

MASSIMO
Lui paga una carenza tecnica che è questa palla corta sul diritto e anche questa apertura sul diritto che non ha. Lui il diritto lo usa solo quando deve fare il controtop e cerca di portare l’avversario in questa situazione di gioco in modo tale da approfittarne. Secondo me il problema di Ovtcharov è stato questo: come per tanti altri giocatori, è prevalsa la natura conservativa, non voglio fare qualcosa di nuovo perché ho paura di perdere quello che già so fare. Quindi, sarà stato mal consigliato, o forse, non voglio dare giudizi da questo punto di vista, i giocatori a volte sono troppo preoccupati di perdere quello che hanno piuttosto che essere invogliati o stimolati a guadagnare nel gioco. Subentra la preservazione, il pensiero “ma io non posso fare questo”. E poi tanti altri problemi, come le gare continue, i giocatori non hanno tempo nemmeno per elaborare, avrebbero bisogno di mesi di stop per evolversi. E’ un po’ quello che succede in altri campi, in altri sport: io smonto tutto per rimontare, ma lo rimonto meglio. Ecco, non hanno né il tempo, né, secondo me, lo spirito giusto. Ovtcharov si sa che avrebbe potuto fare molto di più, ma avrebbe dovuto fermarsi a un certo punto, smontare il suo gioco completamente e rimontarlo in modo da arricchirlo di certe parti che continuano a mancargli. Troppe gare, corri dietro ai soldi, se hai un momento di pausa allora c’è la gara di esibizione, e fai quell’altra iniziativa per lo sponsor, poi naturalmente hai il campionato, e poi la gara della Nazionale, poi il Pro Tour di qua e di là, ma quando si allenano questi? Davvero non lo so. Rosskopf, c.t. della Germania, mi diceva che stavolta si sono allenati veramente poco in vista dell’Olimpiade. Mi ha detto che la preparazione non è stata quella che avrebbe voluto fare.

DRAGO ROSSO
L’allenamento è diventato solo una ripetizione di quello che si sa, non c’è alcun lavoro per l’evoluzione.

MASSIMO
E’ solo mantenimento. Hai un motore che gira a regime, vai lì e lo mantieni. Ma se vuoi che abbia prestazioni migliori c’è bisogno che lo smonti e ci metti su altre parti che possano dargli più potenza, che possano ottimizzare il lavoro e tante altre cose. Il lavoro dei meccanici è questo, fare aggiustamenti continui in modo che il motore sia più performante possibile a seconda delle indicazioni del pilota. Qui è la stessa cosa. Manca questo aspetto qui. Vedi giocatori che crescono bene, magari hanno dei limiti, e si vedono chiaramente questi limiti, e allora compensano con qualcos’altro, perché alla fine il ping pong è uno sport di abilità, a volte sbagli il colpo ma entra e fai anche un colpo incredibile. Se guardate la finale a squadre, l’incontro fra Mizutani e Xu Xin, tutti e due facevano dei carpiati, dei colpi arrotolati, lo stesso Ovtcharov nella semifinale a squadre contro Joo Sehyuk faceva un diritto che era contrario alle leggi della fisica, quindi la parte dell’abilità supplisce e compensa la carenza tecnica. Poi vedi Ma Long che gioca contro Joo Sehyuk e tutto fila liscio. Poi però, tornando ai giocatori nella fase di crescita, si fermano, si fossilizzano perché dicono “cacchio, questo funziona, va bene, magari arrivo nei primi dieci. Onestamente, potrei elencarli a uno a uno, ci sono lacune enormi, davvero enormi, che non vedi nei cinesi, e sto parlando dal punto di vista tecnico. Ma Long, Zhang Jike, Fan Zhendong, non mi piace molto Xu Xin, anche se ha gambe incredibili, vedi che lì c’è il lavoro continuo, negli altri c’è un lavoro spezzettato e tutto si compensa con una abilità individuale che è intrinseca in ogni giocatore. Tutti noi sbagliamo i colpi, ma in qualche modo cerchiamo di rimediare con la nostra abilità, con il tocco di palla, con il feeling, con una finta, con quello che è, ma magari la rimediamo e facciamo punto.

DRAGO ROSSO
Nei cinesi c’è l’evoluzione continua, anche nell’invenzione, non si fermano mai, pensano “vediamo se riusciamo a trovare qualche altra novità”, comunque non si fermano, né nel lavoro né nella ricerca.

MASSIMO
E’ questa la differenza, perché poi, alla fine, sei sempre lì a parlare del perché i cinesi sono i più bravi, in ogni paese è questa la domanda. Loro intanto lavorano, loro fanno ricerca, loro sono anche fortunati ad avere un numero di giocatori su cui fare ricerca. Anche a me piacerebbe fare ricerca, ma se ho tre persone in croce come posso farla? Bisogna che ottimizzi il mio lavoro in base al materiale che ho, ed è la stessa cosa per ogni altro paese. In più mettici vari interessi, economici nel senso che come dicevo prima i giocatori si fossilizzano perché hanno da pensare ai loro interessi, al loro guadagno annuale e per loro va bene così, i cinesi invece no. I cinesi hanno un continuo bacino di persone su cui lavorare, su cui fare ricerca, su cui continuare il loro discorso e lo fanno senza pressione, senza alcun problema. E’ un processo normale, naturale per loro, è un processo impossibile per noi, non anormale, assolutamente impossibile.

DRAGO ROSSO
Passiamo a un altro argomento in voga dopo l’Olimpiade di Rio: il confronto generazionale. Molti vedono giocare Ma Long e dicono che è il più forte di tutti i tempi, che se Waldner avesse giocato contro di lui avrebbe perso. E quando si fanno le classifiche “tutti i tempi”, nomi illustri vengono completamente ignorati, alcuni, somma bestemmia, nemmeno conoscono Kong Linghui!!! (ci metto solo 3 punti esclamativi, ma dovrei metterne tremila). Nel fare queste valutazioni si fa il discorso sui materiali, sulla preparazione fisica e via così. Sono argomenti che potremmo anche esaminare, ma quello che più mi colpisce è altro: in questi confronti ideali, si parla della potenza maggiore dei colpi di adesso, della migliore condizione atletica, della più alta velocità, ma non si considera mai un altro argomento e cioè cosa avrebbe potuto fare tecnicamente il “vecchio” giocatore in risposta ai colpi e all’impostazione di gioco di quello “moderno”. Secondo me questa è una grave lacuna perché si toglie ai giocatori del passato sia la tecnica di base, sia la fantasia, sia l’intelligenza per annullare il colpo dell’avversario, sfruttarlo a proprio vantaggio, vale a dire alcune delle cose che sono basilari nell’impostazione di un giocatore di ping pong. Perciò, quando penso a Waldner che gioca contro un bombardiere come Ma Long, e intendo ognuno al massimo delle proprie capacità, penso che Waldner avrebbe messo in difficoltà Ma Long e i più forti moderni con una serie di contromisure. So che non c’è la riprova, ma almeno bisogna pensare a questa eventualità.

MASSIMO
Quando penso ai giocatori di qualche tempo fa, comparati a quelli di adesso, mi sembra che alla fine la differenza sia soprattutto nella potenza. E’ vero che anche a quei tempi c’era l’idea di chiudere il punto prima possibile, c’è sempre stata, ricordiamo la “terza palla”, ma le generazioni precedenti trattavano la palla in maniera diversa, con più tocco, con più rotazione, rallentavano in buona sostanza, non acceleravano prima possibile. E questa secondo me continua a essere l’arma vincente per giocare bene. Perché è vero che appena puoi cerchi di giocare forte, ma è anche vero che non sempre hai la possibilità di farlo. Allora, arrivi a una perfezione tecnica come quella di Ma Long e lui ti spara la palla comunque, su qualsiasi palla gli arrivi, ma puoi anche osservare che fra le donne, soprattutto fra le cinesi, la prima palla non è mai di potenza, poi giocano sulla velocità della quinta palla. Quindi, servono, la palla successiva è di rotazione, ma rotazione vera, nemmeno alta, ma bassa, sulla rete, che ti porta solamente a controllarla, bloccarla, e poi cominciano ad accelerare, a pressare con la loro velocità. Secondo me quel gioco funziona. E pensando a Waldner, ma anche ad altri giocatori, mi viene in mente Lindh o Saive, avevano questa palla rallentata, senza velocità che comunque imbrigliava l’avversario, lo costringeva a bloccare morbido, prendere la posizione arretrata per aspettare di fare il controtop. E questa tattica secondo me funziona ancora. Non è facile farlo capire alle nuove generazioni, questa è la sfida, perché loro pensano solamente di poter giocare la palla più forte possibile, appena possibile, cioè fare la palla di Ma Long, che non si può fare, non si riesce a fare per tutte le motivazioni che ho detto prima. Quindi, secondo me, quei giocatori, Waldner in particolar modo con la sua astuzia, le sue finte, il suo gioco-non gioco, la sua capacità di sfruttare la velocità dell’avversario, avrebbe assolutamente potuto giocare contro gli attuali giocatori. Ma poi, come avevi ricordato tu, lo aveva dimostrato nel 2004, quando ha sfiorato il bronzo all’Olimpiade di Atene, eliminando Ma Lin e perdendo poi da Wang Liqin nella finale per il terzo posto. Lui ci giocava comunque, anche contro giocatori potenti, perché il suo servizio era buono, aveva questa prima palla che gira e non gira, palla piazzata, finte, block incredibile. E se pensi a uno come Kong Linghui, lui giocava di potenza, ma anche lui giocava molto di controllo, come bloccava lui, pochi ce ne sono stati, faceva il servizio semplice, come nella famosa finale olimpica di Sydney 2000, quando cambiò servizio e cominciò a fare il servizio di rovescio “da bambino”. Quindi il gioco di controllo, secondo me, il gioco morbido, la rotazione, il muoversi bene, il gioco tattico, tutto questo funziona oggi più che mai.

DRAGO ROSSO
Fra l’altro, io considererei la differenza della pallina, che ha portato secondo me a vere e proprie aberrazioni. Un esempio: dovendo far viaggiare una pallina più grande, si punta più sulla potenza perché ce n’è bisogno per darle spinta, cosa che considero uno dei grandi danni che la pallina da 40 ha provocato, a partire dagli infortuni a spalla e schiena che si sono moltiplicati. Un esempio: ha diminuito la possibilità di variare, con quella da 38 potevi avere la potenza nella schiacciata, insieme alla sensibilità del polso, insieme alle variazioni nel topspin (ulteriormente penalizzate dalla pallina di plastica), tutte cose che con quella da 40 vengono ridotte, limitate. Quindi, il fatto di dover puntare molto sulla potenza fisica, a causa della pallina grande, ha fatto perdere di vista che i grandi campioni con la 38 facevano anche gioco potente, con schiacciate formidabili (e controschiacciate lontano dal tavolo, colpo che non esiste più con quella da 40). Un confronto epoca contro epoca non può prescindere da questo, per me.

MASSIMO
Io ho diverse opinioni sulla pallina. Secondo me, un effetto negativo evidente si verifica durante l’allenamento. C’è frustrazione da parte dei ragazzi, soprattutto quando devono fare uno schema ripetitivo e quando arrivi a giocare 14, 18 o 22 palle sei “arrivato”, non ce la fai più perché non riesci più a sfruttare la velocità della pallina, ma ogni volta deve generare tu la potenza. Poi il block, considera che molti giocatori lo fanno in modo controllato, soprattutto in allenamento, in modo passivo, non è il block di velocità, spinto, piazzato, è un block regolare che dovrebbe permettere la regolarità. E lì diventano scemi, come assuefatti a questa cosa. Io ho notato anche nei miei americani che fanno quelle due-tre cose, che sono ancorati a quelle due-tre cose, e dopo un po’ si innervosiscono, raggiungono lo stato di stress abbastanza rapidamente. Quindi non è il gioco in sé per sé, o il tipo di colpo, è la pallina che ha portato a questa conseguenza. Invece, nel gioco normale, nella gara normale, a mio avviso non è cambiato molto nel senso dello sviluppo del gioco perché si sa che anche adesso, come prima la terza palla è fondamentale. Come dicevo prima, tatticamente c’è la possibilità di rallentare, ma, se posso, cerco di chiudere il prima possibile, perché si sa che se poi vado avanti c’è la possibilità che gli scambi diventino interminabili perché la palla non produce rallentamenti né accelerazioni. E’ un po’ come quando si comincia a fare lo scambio da vicino, vedi che questa palla è perfettamente equilibrata, da una parte e dall’altra ha la stessa velocità. Oggi, quel tipo di velocità avviene a media distanza. E quando giocano di controtop vedi che questa palla è esattamente uguale. Lo scambio moderno non è più lo scambio che fai vicino al tavolo, ma è quello che praticamente fai lontano dal tavolo. E molte volte anche lo spin è abbastanza ridotto perché tendi a colpire la pallina in modo piatto, sì una piccola quantità di spin, ma il resto è tutta potenza perché hai bisogno di lanciare la palla dall’altra parte. Ecco perché nelle donne c’è un’alta percentuale di difese. A Rio, su 70 partecipanti ce n’erano almeno 23-24 di difesa, un numero enorme, con percentuali che si avvicinano al 40%. Questo perché le donne hanno meno potenza, questa palla la vedi che ritorna di là a zero velocità e tu devi generare potenza partendo da zero velocità, quindi non c’è lo sfruttamento della velocità, è una questione fisica, per cui se la pallina mi arriva a 40 km l’ora, la colpisco e riparte a 70 km l’ora, quell’altro arriva a 100 e così via. C’è una standardizzazione e più di quello la pallina non va. Oserei dire che tutte quelle cose che si dicono sulla palla che va a oltre 160 km orari secondo me non sono più vere. Bisogna sfatare questo mito, secondo me non esiste più la palla dalle 100 miglia all’ora.

DRAGO ROSSO
Ovviamente hai ragione, l’Ittf vende fumo, la vera velocità massima della pallina dovrebbe essere sui 100-110 km l’ora. Se pensiamo che con quella da 38 si era calcolata una velocità di 178 km orari, su una controschiacciata di Kim Taek Soo, si ha un’idea della situazione. Fra l’altro, faccio notare che la velocità maggiore si raggiungeva sulla controschiacciata, non sulla schiacciata, quella controschiacciata lontano dal tavolo che con la pallina da 40 non esiste più perché la palla si affloscia, come nel badminton, e può essere tirata su solo con i topspin, che non possono mai produrre la stessa velocità di schiacciata e controschiacciata.

MASSIMO
Ecco, non è che la palla in sé per sé produca meno spin. Io sono uno che gioca di spin e posso assicurare che la palla gira. Quando gioco con i miei ragazzi e faccio un top carico, loro a fatica bloccano. La palla non è che dà più spin, ma quando vuoi dare più velocità la palla naturalmente riduce il proprio spin. Prima c’era un mantenimento di spin e di velocità, adesso sei portato a colpire la palla piatta, lo spin è veramente poco, ma non perché la palla gira poco, ma perché tu sai che se vuoi dare troppo spin la palla necessariamente rallenta. E quindi si tende a colpire la palla piatta.

DRAGO ROSSO
Ma è proprio questo il problema. Considerando tutte le variabili, di materiale, di grandezza della palla, di impostazione del colpo, di volontà del giocatore di puntare più sullo spin o sulla velocità, è comunque una palla più lenta e provoca come conseguenza il fatto che il giocatore debba irrobustirsi per farla viaggiare ancora più velocemente, con tutte le conseguenze fisiche cui ho accennato prima, con infortuni a spalle e schiena.

MASSIMO
Questo avviene perché non c’è lo sfruttamento della velocità dell’avversario. Prima, la palla accelerava colpo dopo colpo. Adesso la palla dopo due-tre colpi si standardizza, raggiunge il suo massimo, che è minore rispetto alla palla da 38, e lì non puoi più andare avanti. Ripeto: diventa un po’ un controllo di scambio da lontano, non ci puoi far niente.

DRAGO ROSSO
Appunto, scambio da lontano senza possibilità di controschiacciata.

MASSIMO
Esatto, adesso possono solo fare un controtop, ma non è un controtop di potenza, ma un controtop quasi a cambiare il ritmo. Quante volte abbiamo visto una parte che tira e l’altra parte che ributta, come quando si dice “fishing”. Si raggiunge una sorta di velocità costante. Allora, quello che fa fishing a un certo punto è in grado di cambiare quella velocità, non necessariamente supervelocità, e l’avversario è impreparato perché si aspetta sempre quella stessa velocità. In effetti non ci sono più quei colpi incredibili della palla da 38, anche se adesso ci sono sporadiche situazioni con palle davvero spettacolari.

DRAGO ROSSO
Certo, ma queste ultime si verificano solo perché è cambiato il fisico dei giocatori, più potente, che permette ogni tanto di far partire qualche cannonata lontano dal tavolo, al costo però di infortuni vari, come dicevo prima.

MASSIMO
Infatti, non è infrequente vedere scambi lunghi, il gioco si è allungato moltissimo, i tempi di gioco si sono allungati moltissimo. Se guardi le statistiche di questa Olimpiade, ci sono quelle sul numero massimo di scambi, si arrivava anche a 40-42, e poi il numero medio, una volta si arrivava a 5, adesso a 10-12.

DRAGO ROSSO
Il paradosso è che questo era proprio uno degli obbiettivi della palla più grande, secondo l’Ittf: scambi più lunghi per farli diventare più spettacolari. Il problema è che lo scambio non è diventato più spettacolare per il solo fatto di essere più lungo. Alcuni sì, ma la maggiorparte è noiosa, anche perché se una palla alta non riesci mai a chiuderla e l’avversario continua ad alzarla, tu a non poter imprimere maggior potenza, lui a non poter controschiacciare, tutto questo diventa ridicolo.

MASSIMO
Tutto questo è vero, tante volte gli scambi sono noiosi perché sono ripetitivi. C’è stato uno scambio incredibile fra Ma Long e Mizutani, ma perché era incredibile? Per due motivi. Il primo: non erano tutti e due troppo lontani, media distanza, ognuno cercava di essere più potente dell’altro, inusuale da parte di Mizutani, ma c’era il piazzamento. Se c’erano una o due palle incrociate, poi ce n’era una lungolinea, poi si cambiava diagonale per poi ritornare dall’altra parte, e allora quello era davvero spettacolare, e infatti fu uno dei punti più belli. Quindi il gioco è bello, anche quando è lungo, se c’è molto piazzamento della palla. Quegli scambi in cui si gioca dieci volte la stessa palla sono veramente noiosi. Il problema è che molti hanno paura di giocare incrociato sul diritto perché temono che l’altro faccia il controtop. Invece, secondo me, può diventare spettacolare se si piazza la palla, se si continua a variare la direzione, diventa un gioco molto più dinamico, lo apprezzi, è un gioco fisico, è un bel gioco.

DRAGO ROSSO
Ma secondo te un ritorno alla pallina da 38 è possibile? Non dico politicamente, perché l’Ittf non tornerà mai indietro, ma dal punto di vista tecnico.

MASSIMO
E’ difficile dirlo. Io, magari, più che sulla palla da 38 punterei a una flessibilità sulla gomma, come era stato già proposto dalla Commissione Atleti, Samsonov aveva parlato di una tolleranza fino a 4,2 mm e quello sicuramente potrebbe velocizzare il gioco. Ma, ancora una volta, c’è sempre l’idea che la terza palla sia ancora troppo veloce e che quindi potrebbe un po’ uccidere il gioco, c’è il servizio, rispondo male e il punto è finito. Ma bisogna anche distinguere, quando gioca il numero 1 col numero 200 e quando giocano il numero 1 e il 10. La risposta al servizio è cruciale e c’è una bella differenza fra il numero 10 e il 200. Quindi il gioco, in ogni caso, che sia con la pallina da 40 o da 38, c’è sempre. Con la 38 in effetti c’era più velocità di palla e di spostamento, c’erano più colpi improvvisi. Anch’io sono d’accordo sul fatto che era più spettacolare. Adesso, ripeto, forse più che la 38 penserei a innalzare lo spessore se vogliamo far diventare il gioco un po’ più corposo, un po’ più “maschio”.

DRAGO ROSSO
Qualcuno parla anche di innalzare la rete, che per me è la massima stronzata galattica.

MASSIMO
C’è questa possibilità. So che ne devono discutere nel 2017 se adottarla a ottobre 2017. Quindi ci sarà una votazione importante durante i Mondiali individuali di Dusseldorf, votazione già programmata, su proposta della Svizzera.

DRAGO ROSSO
Che l’ha presentata su ordine dell’Ittf che trova sempre il fesso pronto a prendersi la responsabilità delle vaccate sesquipedali.

MASSIMO
Beh, questo non posso saperlo. Comunque, la motivazione che hanno fornito è la solita: rallentare il gioco. Secondo me, sarà ancora peggio, diventerà un volley-pong. Il vero problema, secondo me, non è l’altezza della rete, il vero problema è il servizio: se io non riesco a rispondere bene al servizio, a parte il fatto che butti direttamente la palla in rete o fuori, do una palla facile all’avversario che mi punisce subito. E’ questa la paura dei governanti del tennistavolo. Ma è come se nel tennis volessi eliminare l’ace: può essere spettacolare, inaspettato. Chissà, se magari si pensasse all’idea di un servizio obbligatoriamente lungo, anche se non cambierebbe tanto a mio parere, perché con un servizio lungo sei portato a difenderti, a rimettere la palla morbida perché l’attaccante poi ti punisce. Cambiano le dinamiche, ma alla fine è sempre la stessa cosa.

POST SCRIPTUM DEL DRAGO ROSSO
Vedo in giro classifiche sui più grandi di ogni tempo. Pur non volendo discutere le indicazioni in esse contenute, perché ognuno ha diritto alla sua opinione, vorrei far notare che bisogna almeno conoscere i più importanti giocatori per poterli giudicare, altrimenti potrei mettermi a fare una classifica dei geni della fisica, piazzare ai primi posti Crozza-Zichichi e dimenticare Einstein.
Quindi, giusto per sfizio, ecco la versione ristretta delle mie preferenze.
Miglior giocatore di sempre
Pari merito Waldner e Kong Linghui. Preferenza Waldner per la fantasia, preferenza Kong Linghui per la tecnica. Dietro di loro, a pochi centimetri, Wang Liqin. Quarto posto per Ma Long e Zhang Jike.
Miglior difensore classico di sempre
Norio Takashima
Miglior difensore moderno di sempre
Ding Song
Miglior pennaiolo classico di sempre
Guo Yuehua
Miglior pennaiolo moderno
Wang Hao

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