Il Drago Rosso e la politica del Consiglio Federale

1 Ottobre 2005 da Ping Pong Italia · 4 Commenti 

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Il Drago Rosso e i Campionati Asiatici

26 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

I Campionati Asiatici disputati a Jeju, in Corea del Sud, hanno riservato conferme e sorprese, anche se queste ultime vanno comunque interpretate, visto che non significano cambio di rotta nel tennistavolo mondiale. Una grandissima sorpresa, per esempio, è la sconfitta delle cinesi nella gara a squadre e in quella del singolo, ma questo non vuol dire che il loro dominio stia per essere interrotto. Si tratta solo di un incidente di percorso, che comunque può dare qualche indicazione interessante su cosa sta succedendo in Cina e nell’Est in generale. Le conferme, invece, arrivano dal grandissimo Wang Liqin, che porta la Cina a vincere la gara a squadre, si impone nel singolo e nel doppio misto, cede solo nel doppio, insieme a Chen Qi, contro l’argento olimpico Ko Lai Chak-Li Ching, di Hong Kong, scontando soprattutto il fatto di doversi ancora assestare con il suo nuovo compagno. Ma vediamo meglio come sono andate le cose, con tutte le implicazioni tecniche.

GARA A SQUADRE
Tutto normale in quella maschile, con la Cina che distrugge tutti e che in finale rifila un 3-0 senza discussioni agli avversari più forti, i sudcoreani. In questa partita, un solo brivido per i cinesi, con Wang Hao che deve arrivare al quinto set per battere Yoo Seung Min, rimontando da 0-2. E’ anche vero però che nei tre set successivi Wang Hao non concede alcunché a Yoo Seung Min: 11-3, 11-5, 11-8. Curiosità: si è scritto che è stata la rivincita della finale olimpica di Atene, lì vinse a sorpresa Yoo Seung Min (che non aveva mai battuto Wang Hao in precedenza). E allora è meglio precisare che la finale olimpica non può avere alcuna rivincita. Chi vince l’oro olimpico poi può pure perdere altre mille volte con quell’avversario, la situazione non cambia: lui rimane campione olimpico, l’altro si mangia il fegato. Quindi, meglio cancellare questi ridicoli commenti, che purtroppo appaiono sui siti ufficialmente dedicati al tennistavolo. Tornando alla finale a squadra agli Asiatici, nessun problema per Wang Liqin contro Oh Sang Eun e per Chen Qi con la rivelazione sudcoreana, il giovane Lee Jung Woo.
E passiamo alle donne. La Cina perde 3-2 in semifinale con la Corea del Sud. Bisogna risalire al 1992 per trovare la Cina sconfitta nella gara a squadre, allora contro Hong Kong che schierava Chai Po Wa (traduzione in dialetto cantonese del nome Qi Baowa, sorella della Qi Baoxiang che giocò anche in Italia e che adesso è una dei tecnici della nazionale cinese) e Chan Tan Lui. Allora, c’era una formula diversa, la Davis, con quattro singolare incrociati e un doppio, per cui potevano bastare due sole giocatrici per fare una squadra. Adesso, la formula è una Davis particolare, con quattro singolare incrociati e uno, fra le numero 3 delle formazioni, che sostituiscono quello che una volta era il doppio. Con quella formula, quindi, era più facile che si verificassero sorprese, perché una nazione poteva anche contare su solo due giocatrici, quindi non su una base più consistente. Adesso, invece, bisogna avere anche una terza giocatrice molto forte per sperare di battere la Cina. O, ed è questo il caso specifico, bisogna sperare che qualche cinese non stia bene o che il tecnico della Cina sbagli qualcosa. La sorpresa è ancora più grande se si pensa che la Cina si trova con la Corea del Sud già nel gruppo eliminatorio (passano le prime due) e vince nettamente, 3-0. Le sudcoreane schierano due difese. Kim KyungAh e Kim Bok Rae, che perdono con Niu Jianfeng e Guo Yue, e Lee Eun Hee, battuta da Guo Yan. Poi, la Cina si ritrova la Corea del Sud in finale e succede il pasticcio. Le sudcoreane cambiano formazione, inseriscono Moon Hyun Jung (la pennaiola che ha battuto Wang Nan nel singolo ai Mondiali di Shanghai), insieme alle due difese e la piazzano come numero 2. Guo Yan, schierata come terza, batte facilmente Kim Bok Rae. Niu Jianfeng perde due punti con Kim Kyung Ah e Moon Hyun Jung. Guo Yue vince con la Moon e perde con la Kim, che aveva facilmente superato nella gara del gruppo eliminatorio. Il nervosismo fa anche la sua parte, ma il problema principale è un altro. Niu Jianfeng non è in forma, lo si è visto già ai Mondiali e lo confermerà anche dopo, tanto da saltare alcuni Open internazionali. Ciò nonostante, il tecnico Lu Yuansheng la schiera come numero 1. In pratica, lui piazza in ordine le tre cinesi in base alla loro classifica mondiale: Niu Jianfeng n.2 della classifica internazionale, Guo Yue n.4, Guo Yan n.5. Nella finale, inverte le prime due, ma non cambia il significato, perché lo stato di forma è nettamente diverso da quello rappresentato dalla classifica. Guo Yan, arrivata in finale nel singolo ai Mondiali di Shanghai (sconfitta 4-2 dal fenomeno Zhang Yining), è sicuramente più in forma di Niu Jianfeng e forse anche di Guo Yue, ma rimane n.3 nella formazione. E gli effetti si vedono, perché può anche succedere che una cinese perda una partita su due, ma non che le perda tutte e due, cosa che non sarebbe successa con Guo Yan schierata fra le prime due, insieme a Guo Yue. Si ripete quello che era accaduto nel 2002, ai Giochi Asiatici, quando la Cina perse in finale, anche quella volta clamorosamente, con la Corea del Nord. Quella volta, fu Wang Nan, numero 1 della formazione, a perdere due punti. In quella occasione, il tecnico era Li Xiaodong, cui fu tolta la conduzione della nazionale femminile proprio dopo quella batosta. Appariva chiaro a tutti che Wang Nan non era in forma, ma nessuno in Cina si sarebbe mai sognato di schierarla come numero 2 o addirittura come numero 3 (come sarebbe dovuto essere quella volta). Zhang Yining, schierata come numero 2, vinse il suo primo incontro e nemmeno giocò il secondo perché la gara si chiuse sul 3-1 (con una sconfitta anche di Niu Jianfeng, da numero 3). Poi, Zhang Yining confermò di essere la più forte vincendo il titolo di singolo, battendo in finale proprio Wang Nan, e dimostrò che con lei numero 1 (con Niu Jianfeng numero 2 e Wang Nan numero 3) la gara a squadre avrebbe avuto un’altra storia.
La Corea del Sud, comunque, ha giusto il tempo di esultare perché in finale torna a sbattere contro la realtà di una Cina più forte. Si trova di fronte, infatti, Hong Kong, con tre giocatrici che, come ho spiegato più volte, vengono direttamente dalla nazionale cinese, uscitene perché considerate non più abbastanza forti da rimanerci (e questo dà un’idea di cosa sia la nazionale cinese). Ebbene, Lin Ling, Tie Yana e Lau Sui Fei stroncano le sudcoreane, 3-0, con la sola Lin Ling in difficoltà contro la difesa Kim Kyung Ah: in svantaggio 6-8 al quinto set, azzecca 5 punti di fila e vince. Così, Hong Kong torna a vincere i Campionati Asiatici dopo 13 anni.
Ultima notazione, importante, è sull’assenza di Zhang Yining. Non si è trattato di una decisione tecnica, ma legata a un infortunio che la campionessa olimpica e mondiale ha subito proprio dopo aver vinto il titolo mondiale a Shanghai. In allenamento, mentre stava provando il doppio misto con Ma Long (in preparazione alle qualificazioni ai Giochi Nazionali) ha cercato di attaccare in topspin un servizio al limite del tavolo e ha urtato il bordo del tavolo stesso, si è fratturata la mano alla base del pollice. E’ stata due mesi con la mano ingessata e poi ha ripreso gli alenamenti lentamente. Quindi, per precauzione non è stata iscritta ai Campionati Asiatici. Ha poi ripreso l’attività internazionale con gli Open di Cina a Shenzhen.

SINGOLI
Anche in questo caso, troviamo sorprese fra le donne e risultati scontati, o quasi, fra gli uomini. Comincio da questi ultimi. Wang Liqin, che aveva vinto i Campionati Asiatici nel 1998 (in finale contro Iseki, finto giapponese, più conosciuto come Wei Qingguang, oro olimpico per la Cina in doppio nell’88) e che era stato eliminato in semifinale nel 2000 da Kim Taek Soo, torna a vincere facilmente il titolo. Da segnalare che a Jeju non ci sono Ma Lin e Kong Linghui. In questo caso, non ci sono infortuni a provocare queste assenze, si tratta semplicemente di scelte dei tecnici, che ad appuntamenti non ritenuti fondamentali, come i Campionati Asiatici, preferiscono non portare tutti i migliori. Comunque, anche se ci fosse stato Ma Lin, difficilmente il risultato finale sarebbe cambiato, visto lo stato di forma di Wang Liqin.
Parto comunque da qualche sorpresa che pure c’è stata fra gli uomini. E una sorpresa “non sorprendente” è la sconfitta di Wang Hao. Il gioco di parole è obbligato, visto che Wang Hao continua a provocare delusioni. Sconfitto nella finale olimpica, da Yoo Seung Min con cui non aveva mai perso prima, sconfitto da Maze ai Mondiali di Shanghai, si fa sorprendere di nuovo, addirittura al secondo turno, 4-2 dal giapponese Mizutani, quindi non da un fenomeno, anzi. Le potenzialità di Wang sono grandissime, ma la sua fragilità psicologica comincia a essere imbarazzante e inspiegabile. L’altra sorpresa è la sconfitta di Chen Qi, che perde 4-2 con un sudcoreano, Choi Hyun Jin, più forte di Mizutani, ma comunque di categoria inferiore al cinese. Chen Qi sta attraversando un periodo di involuzione, misterioso se si considerano i suoi mezzi tecnici (grandissima velocità e potenza), ma probabilmente qualche difetto tecnico (scarso bilanciamento delle forze e mancato equilibrio del corpo) comincia a influire sul suo rendimento.
La parte bassa del tabellone, quindi, causa le sconfitte di Wang Hao e Chen Qi, è un po’ monca. Si deve aggiungere anche la sconfitta di Ma Long con il giapponese Yoshida, ma in questo caso si può concedere qualcosa al giovane cinese, 16 anni, che ha diritto ad avere qualche alto e basso. In effetti, negli Open di Cina e Giappone, a settembre, dimostrerà il suo reale valore. Così, il sudcoreano Choi Hyun Jin, dopo aver superato anche Chiang Peng Lung (sempre più deludente il taiwanese) e Leung Chuyan (di Hong Kong), va a sbattere contro Li Ching, anche lui di Hong Kong, ex nazionale cinese, che si è premurato di battere Mizutani e di stracciare il campione olimpico Yoo Seung Min. La semifinale è combattuta, ma Li Ching, dopo essersi trovato 1-2, innesta una marcia superiore e non ha difficoltà a vincere 4-2.
Nella parte alta del tabellone, Wang Liqin distrugge tutti, fino al 4-0 a Chuan Chih Yuan (quest’ultimo sempre più in caduta libera) nei quarti di finale. In semifinale trova l’altro cinese Hao Shuai, che ha superato 4-2 il sudcoreano Oh Sang Eun. Wang iqin ha un avvio lento, come gli capita spesso, va sotto due set a zero, ma poi comincia a impestare Hao Shuai con topspin sempre più potenti e il suo compagno di squadra deve cedere. In finale, c’è un po’ di resistenza da parte di Li Ching nei primi tre set, tutti sul filo, ma poi Wang Liqin parte e chiude lasciando a Li appena 7 punti negli ultimi due set.
Fra le donne, non c’è solo la sorpresa della vincitrice, ma addirittura di una finale senza cinesi, ufficiali almeno, visto che Ling Ling e Lau Sui Fei provengono dalla nazionale cinese. Lin Ling è stata già campionessa asiatica di singolo, nel 2000 in Qatar, ma allora rappresentava la Cina. Tra l’altro, la finale degli Asiatici, contro Lau Sui Fei, è esattamente la stessa degli Open d’Italia 2002, ultima edizione di una manifestazione la cui perdita, per colpa della Federazione italiana, non è mai abbastanza rimpianta. Le cinesi ufficiali si comportano davvero male, probabilmente perché ancora scioccate dalla sconfitta nella gara a squadre. Così, Guo Yan, finalista ai Mondiali, perde 4-2 nei quarti di finale con Lin Ling. E Lau Sui Fei fa fuori le altre due cinesi più forti: Guo Yue nei quarti, Niu Jianfeng in semifinale. Guo Yue, in particolare, butta via la vittoria quando, nel settimo set, conduce 8-4: servizio a Lau Sui Fei e Guo Yue butta due volte la palla in rete, poi sbaglia il suo servizio e a quel punto impazzisce e perde. Guo Yue è una fuoriclasse assoluta, seconda solo a Zhang Yining (e sto parlando di “tutta” la storia del tennistavolo, non solo di questi anni), ma ogni tanto si addormenta. E così spreca l’occasione per diventare la più giovane campionessa asiatica di sempre nel singolo (è invece la più giovane campionessa nella gara a squadre per aver vinto i Campionati Asiatici nel 2003 a Bangkok, a 14 anni e mezzo). Sempre a proposito di giovanissime, in gara c’è anche Liu Shiwen, cinese di 14 anni e mezzo, della provincia del Guangdong (o Canton, come è conosciuta in Italia). Vincerà il doppio insieme a Guo Yan, e ci tornerò dopo, ma nel singolo ha un’imprevista battuta d’arresto. Prima batte Tie Yana (Hong Kong), poi si inceppa contro la giapponese Fukuhara, indicata come grande speranza dai giapponesi ma in realtà non eccelsa. Al turno successivo, infatti, Fukuhara perde nettamente con Niu Jianfeng, campionessa in carica nel singolo, che poi cede a Lau Sui Fei. Nella parte bassa del tabellone, detto di Ling Ling che elimina Guo Yan, nel’altro quarto di finale arrivano la difesa sudcoreana Kim Kyung Ah (che elimina per un soffio, 4-3, negli ottavi la cinese Li Xiaoxia) e la singaporese Li Jiawei, con quest’ultima che vince facilmente, 4-0, prima di cedere alla grande tecnica di Lin Ling in semifinale, 4-2 dopo un incontro comunque combattuto. La finale è una formalità per Lin Ling, 4-0 alla sua compagna di squadra Lau Sui Fei.

DOPPI
Si può parlare di piccola sorpresa nel doppio, ma nemmeno tanto, perché Li Ching e Ko Lai Chak, di Hong Kong, hanno vinto l’argento all’Olimpiade di Atene e comunque sono davvero forti, tanto che battono senza problemi i sudcoreani Yoo Seung Min e Choi Hyun Jin in semifinale. Inoltre, Wang Liqin e Chen Qi sono alla prima volta come compagni di doppio e qualcosa la devono scontare. In Cina, si stanno ristrutturando tutti i doppi, per il rinnovo causato dall’età di qualcuno e dall’addio di qualche altro. Così, Wang Liqin non ha più il suo storico compagno Yan Sen, con cui ha vinto titoli olimpici e mondiali, e sta provando con Chen Qi, anche lui mancino come Yan Sen, ma con impugnatura all’europea (Yan Sen è pennaiolo). E, comunque, Wang Liqin e Chen Qi danno subito un’impressione di forza (sono due incredibili sparapalle), battono facilmente i sudcoreani Oh Sang Eun e Lee Jung Woo in semifinale e conducono 3-2 in finale su Li Ching e Ko Lai Chak, per poi cedere di misura.
Il doppio femminile riserva la novità della giovanissima Liu Shiwen, vincitrice in coppia con la più esperta Guo Yan. In questa gara, le favorite sono Guo Yue e Niu Jianfeng, ma Niu Jianfeng conferma la sua crisi e Guo Yue non è in grado di risollevare le sorti del doppio. Arrivano comunque in finale, dopo un 4-1 in semifinale alle giapponesi Fukuhara e Fujinuma, ma poi non reggono ai topspin di Guo Yan e Liu Shiwen. Queste ultime, con un gioco fatto proprio di topspin, eliminano le due difese sudcoreane Kim Kyung Ah e Kim Bok Rae, poi superano Tie Yana e Zhang Rui di Hong Kong. Infine, la vittoria, sorprendente ma che ha un significato tecnico, visto che Niu Jianfeng, quando non è in forma fisica come è accaduto in questi campionati, è un peso per Guo Yue.
Il doppio misto, infine, è una conferma dei Mondiali, con la vittoria di Wang Liqin e Guo Yue. In semifinale trovano, imprevisto, un doppio giapponese, Yoshida e Fukuoka, che hanno fatto fuori Chen Qi e Guo Yan (con Chen Qi autore di una pessima prova). In maniera altrettanto imprevista Wang Liqin e Guo Yue si ritrovano sotto 1-2, ma poi ingranano la marcia giusta e i giapponesi si devono inchinare. Ricordo che anche in questo caso Wang Liqin ha un compagno/a mancino, a conferma che è la migliore combinazione possibile. Inoltre, si tratta anche in questo caso, come per Chen Qi, di due sparapalle, dagli attacchi micidiali. In finale, concedono in totale 23 punti nel 4-0 a Ko Lai Chak e Zhang Rui (Hong Kong), che hanno superato in semifinale i sudcoreani Lee Jin Kwon e Moon Hyun Jung, autori a loro volta dell’eliminazione di Wang Hao e Niu Jianfeng, un campionato disastroso per questi due cinesi.

Il Drago Rosso - Mondiali di Shanghai parte 4

21 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Chiudo l’analisi dei Mondiali di Shanghai con i doppi. C’è bisogno però di una premessa, che risale all’anno prima, all’Olimpiade di Atene. In quella occasione, purtroppo, si è verificato uno dei casi più gravi di politica sportiva che cerca di influenzare i risultati sul campo di gara. Mi riferisco al regolamento, varato dall’Ittf, in base al quale se una nazione ha due doppi in gara all’Olimpiade (il massimo consentito, per la gara di singolo invece il massimo è 3 giocatori di una stessa nazione) questi devono per forza stare dalla stessa parte del tabellone. Si tratta della più scandalosa decisione che sia mai stata presa da una qualsiasi Federazione internazionale, di qualsiasi sport, in tutta la storia delle Olimpiadi e, in generale, dello sport mondiale. In questo modo, si decide a tavolino chi può vincere una medaglia e chi no. A vincere l’oro sarà il più forte, certo, ma tutti gli altri si trovano ad avere una assurda limitazione che va contro tutti i principi sportivi.
Il bello è che l’Ittf, al momento in cui ha preso la decisione, l’ha definita “un miglioramento nella distribuzione delle medaglie”, come è possibile constatare se si vanno a rivedere gli articoli dell’epoca apparsi sul sito della stessa Federazione internazionale. E’ il caso più eclatante di boicottaggio ai danni della Cina e a vantaggio degli europei, che si è trasformato nel ridicolo bronzo ai danesi Maze e Tugwell. Si tratta del doppio di livello tecnico più basso fra tutti i medagliati olimpici e mondiali. Eppure, l’Ittf ha mostrato grande soddisfazione dicendo che il tennistavolo si sta espandendo in tutto il mondo, grazie a queste medaglie olimpiche che sono invece un grandissimo imbroglio. Ricordo solo che in nessun altro sport esiste un regolamento di questo genere.
Faccio questa premessa per spiegare come mai il doppio composto da Kong Linghui e Wang Hao, che vince il titolo mondiale “a sorpresa”, come hanno detto gli incompetenti, sia stato fatto fuori in malo modo all’Olimpiade. Perciò, sono opportuni ulteriori chiarimenti riguardanti l’Olimpiade. In Cina, era sorto un problema serio al momento di decidere i tre singolaristi per Atene. Kong Linghui, campione in carica, non aveva la sicurezza di poter difendere il titolo. I dirigenti cinesi avevano ufficializzato la partecipazione di Wang Liqin e Ma Lin. Per il terzo posto erano in ballottaggio Kong Linghui e Wang Hao. Gli Open di Atene a inizio 2004 erano decisivi. In quella occasione, Kong Linghui fu eliminato da Samsonov, Wang Hao arrivò in finale, dove perse con Ma Lin. Così, fu deciso che Wang Hao avrebbe partecipato alle qualificazioni asiatiche per il terzo posto a disposizione all’Olimpiade (una formalità per i cinesi). In Cina a quel punto si è scatenato l’inferno, perché i tifosi cinesi, tutti per Kong Linghui, hanno cominciato a protestare sia con la Federazione internazionale (in questo caso incolpevole perché il campione olimpico in carica non ha automaticamente diritto a partecipare all’Olimpiade successiva, e questo vale per tutti gli sport), sia con quella cinese. In più, ci sono stati gli articoli critici su molti giornali cinesi. Così, i dirigenti cinesi si sono trovati nella scomoda posizione di trovare un posto per Kong Linghui ad Atene. L’unica possibilità era nel doppio, ma anche in questo caso si presentava un nuovo problema: i cinesi consideravano come doppio numero 1 quello formato da Ma Lin e Chen Qi. Quindi, se si voleva portare Kong Linghui, bisognava escludere il doppio campione in carica, Wang Liqin-Yan Sen. Non c’erano più tornei internazionali per fare un test e si decise di far giocare ai doppi alcune partite di spareggio durante gli allenamenti nel Centro nazionale a Pechino. Il bello è che non sarebbe contato il risultato, ma il giudizio che i tecnici avrebbero dato di quelle partite fra Kong Linghui-Wang Hao e Wang Liqin-Yan Sen. Insomma, il quadro era chiaro: i tecnici avrebbero comunque scelto Kong Linghui-Wang Hao, e così fu.
Il risultato di tutto questo fu che ad Atene i cinesi arrivarono con un’enorme pressione mentale, in particolare nei doppi. In Cina, i giornali di Shanghai, città in cui è nato Wang Liqin, avevano apertamente polemizzato con la sua esclusione dal doppio. Perciò, Kong Linghui e Wang Hao scesero in campo ad Atene dovendo dimostrare che erano i più forti e crollarono subito, alla prima partita, contro Waldner e Persson, che erano ancora un doppio di buon livello, ma nemmeno minimamente paragonabile a quello cinese, tant’è vero che gli svedesi, al turno successivo persero nettamente con Maze e Tugwell. Kong Linghui e Wang Hao non avevano retto. Invece, Ma Lin e Chen Qi, designati sin dall’inizio come doppio numero 1 e sicuri di partecipare, giocarono tranquillamente e vinsero il titolo olimpico, anche se dovettero superare più di una difficoltà, visto che l’esigenza di dare uno schiaffo all’Ittf comportava comunque un peso psicologico.
E arriviamo ai Mondiali di Shanghai. Kong Linghui e Wang Hao, stavolta, giocano senza l’assillo di dimostrare chissà cosa e distruggono tutti quelli che trovano sul loro cammino. L’unico doppio col quale trovano difficoltà è, gli scherzi del destino, Wang Liqin-Yan Sen, in semifinale. Finisce 4-2, ma è una partita tirata. Dall’altra parte, Boll e Suss non trovano nessuno fino alla semifinale (nei quarti battono 4-2 i “bronzi” olimpici Maze e Tugwell, a riprova del fatto che non incontrano nessuno dei forti), quando si trovano di fronte Ma Lin e Chen Qi, che non stanno giocando bene e continuano a non giocare bene, tanto da perdere 4-1. Dall’altra parte del tabellone, invece, ci sono i doppi più forti. Oltre ai due cinesi, c’è quello dei sudcoreani Yoo Seung Min, campione olimpico di singolo, e il giovane Lee Jung Woo, molto bravo, che vanno a sbattere contro Wang Liqin-Yan Sen, e Cheung Yuk e Leung Chuyan di Hong Kong, battuti da Kong Linghui e Wang Hao. La finale è una passeggiata per Kong e Wang, che si addormentano un po’ nel quarto set, sul 3-0, ma poi non concedono più spazio ai tedeschi. Boll e Suss hanno approfittato di un tabellone fortunato e del fatto di trovare Ma Lin e Chen Qi fuori forma, ma il loro livello tecnico, come doppio, non è assolutamente da finale mondiale. Per quanto riguarda il doppio vincente, c’è da dire che Kong Linghui, oltre a essere il fuoriclasse che è in assoluto, si conferma anche come il più grande giocatore di doppio di tutta la storia del tennistavolo. Ha vinto i titoli mondiali di dppio nel ’97 e nel ’99 in coppia con Liu Guoliang, oltre a quello olimpico nel 1996, sempre con Liu. Ha dimostrato di poter giocare in coppia con qualsiasi tipo di giocatore, anche se gli sono capitati quasi sempre pennaioli. Questi ultimi, in effetti, hanno sempre bisogno di un giocatore speciale al fianco per esprimersi al meglio nei doppi. Kong Linghui è il tipo di giocatore che sopperisce a qualsiasi difetto del compagno, sia nei movimenti delle gambe, sia nell’ingombro degli spazi (i pennaioli hanno esigenze particolari e i loro compagni devono fare loro spazio), sia nelle soluzioni tecniche sul tavolo. Per un cinese, tra l’altro, vincere un titolo mondiale a 29 anni e mezzo, è un record, visto che escono dalla nazionale molto prima. Un’ulteriore prova della grandezza di Kong Linghui.
DOPPIO FEMMINILE
Anche qui una premessa, stavolta piccola. All’Olimpiade di Atene, la vittoria era andata, un po’ stranamente, a Zhang Yining e Wang Nan. Dico “stranamente” perché in quasi tutti i tornei Zhang e Wang avevano perso con l’altra coppia cinese formata da Guo Yue e Niu Jianfeng. Nella semifinale (lo scandalo dell’Ittf di cui parlavo prima), si sono viste improvvisamente Guo Yue e Niu Jianfeng arrendevoli: non forzavano i colpi, erano lente. C’era più di un sospetto che dovessero lasciare il passo non tanto a Zhang Yining quanto a Wang Nan. A Shanghai, la questione è stata tutta cinese, senza i vergognosi regolamenti dell’Ittf. Così, la finale, giustamente è stata fra le coppie della semifinale olimpica, ma in precedenza si sono viste tante altre cinesi a dare spettacolo. Così, in semifinale, Guo Yue e Niu Jianfeng devono vedersela con Guo Yan e Bai Yang (quest’ultima, molto bella, diventata famosa l’anno scorso per essere stata esclusa dalla nazionale, accusata di essere la fidanzata di Ma Lin e quindi di provocargli distrazioni, per poi rientrare qualche mese dopo, con l’impegno di non essere più la fidanzata di Ma Lin). Zhang Yining e Wang Nan trovano le cinesi di Hong Kong, ex giocatrici della nazionale cinese, Tie Yana e Zhang Rui, e hanno qualche difficoltà a batterle. Nei quarti arrivano due coppie europee (Toth-Batorfi e Boros-Vaida) e una giapponese (Fujinuma-Fukuhara), ma davvero non c’è paragone con quelle cinesi e di Hong Kong. La finale, poi, è meno bella e appassionante di quanto ci si possa aspettare. Come ad Atene, Guo Yue e Niu Jianfeng non giocano. Torna il sospetto di ordini dati dall’alto, ma stavolta (contrariamente ad Atene) mi giungono informazioni che la partita è regolare. Comunque brutta.
DOPPIO MISTO
Ai Mondiali di Eindhoven, nel ’99, la Cina stabilì un record incredibile: 8 doppi misti nelle prime 8 posizioni. I cinesi avevano un nono doppio iscritto in quei Mondiali, ma perse con un’altra coppia cinese negli ottavi di finale. A Shanghai, non si ripete quel record, ma ci siamo vicini. Nei quarti di finale, 6 doppi cinesi, uno giapponese e uno austriaco (ma quest’ultimo con la cinese Liu Jia). E negli ottavi c’è stato lo scontro fratricida fra due doppi cinesi, oltre a 3 doppi di Hong Kong che sono andati a sbattere contro quelli cinesi. Come dire che fra i primi 16 doppi ce ne sono 10 di cinesi ed ex cinesi. Wang Hao e Wang Nan, che sono dati per favoriti, ma che non lo sono nei miei pronostici, confermano le mie previsioni e perdono nei quarti di finale contro i giovani cinesi Qiu Yike (quello che battè Boll nel singolo al secondo turno dei Mondiali di Parigi) e Cao Zhen. Dopo due anni, sono ancora in gara Liu Guozheng e Bai Yang, finalisti a Parigi in una drammatica e sconcertante gara, finita 4-3 per Ma Lin-Wang Nan. A quel tempo, Ma Lin e Bai Yang erano ancora fidanzati (ho già ricordato, in proposito, l’esclusione di Bai Yang dalla nazionale nel 2004) e si trovarono a giocare contro. La vittoria di Wang Nan era obbligata perché il titolo mondiale di doppio misto era l’unico che le mancava. Ma Lin non poteva fare regali alla fidanzata, ma ci provò ugualmente. Nei primi set, cominciò a commettere errori che solo un occhio esperto poteva distinguere e anche quando chiudeva il punto, apparentemente con uno smash impietoso, era capace di offrire comunque a Bai Yang la possibilità di ribattere. Faccio due piccoli esempi. Punti regalati: movimento più ampio del braccio, quindi in ritardo, nel top di diritto, con palla più alta e possibilità per Bai Yang o Liu Guozheng di attaccare; palla corta alta da attaccare e finta di scivolata per arrivare in ritardo sulla palla e concederla a sua volta corta e alta agli avversari. Punto vinto: palla corta alta, schiacciata potente, ma proprio sulla racchetta di Bai Yang, che poi lei riesca a tirarla dentro è un altro discorso, ma l’importante è dargliela giusto sulla racchetta. Ala fine, però, Ma Lin non potè continuare e, in rimonta da 2-3, lui e Wang Nan vinsero, con Bai Yang che scoppiò a piangere, immortalata dalla Tv francese e dai fotografi. A Shanghai Liu Guozheng e Bai Yang sono di nuovo in finale, ma stavolta si trovano di fronte una coppia inedita, Wang Liqin e Guo Yue, che non hanno mai giocato insieme prima. Finisce che perdono di nuovo 4-3, ma stavolta senza avere mai la possibilità vera di arrivare a un passo dalla vittoria. Sono loro che rimontano da 2-3, ma nel settimo set Wang Liqin e Guo Yue se ne vanno. Il doppio costituito da Wang Liqin e Guo Yue è un’autentica macchina da punti, due attaccanti che fanno sfracelli con i loro topspin e le palle piazzate in angoli impossibili. Per la piccola Guo Yue, che nei giorni dei Mondiali di Shanghai ha ancora 16 anni e 9 mesi, è il secondo titolo mondiale, dopo quello a squadre conquistato in Qatar a febbraio 2004, a 15 anni e mezzo (quest’ultimo è un record assoluto) ed è la conferma che ci troviamo di fronte a un fenomeno, secondo per il momento solo a quello rappresentato da Zhang Yining.

Intervista esclusiva a Patrizio Deniso

16 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Il pensiero dei pongisti è oggi riferito da Patrizio Deniso, coach dell’ASTT Pieve Emanuele, Campione d’Italia, allenatore della squdra nazionale italiana maschile dal 1992 al 2001, con la nazionale italiana ha conquistato la medaglia di bronzo ai campionati del mondo a squadre di Kuala Lumpur del 2000.
Come è già successo per Lorenzo Nannoni rivolgiamo 10 domande altecnico lombardo.
Siamo anche in attesi di ricevere le autorizzazioni per conoscere il pensiero anche di Roman Plese allenatore della squadra femminile.

buona lettura

Nella tua carriera hai vinto davvero tanto e hai portato alcuni atleti a competere ad alti livelli, che cosa spinge un tecnico a perseverare nella strada del lavoro? E’ solo un compito al quale deve assolvere? E’ un lavoro come un altro? C’è qualcos’altro di più?

E’ un lavoro che ti piace e che svolgi con grande passione, ma la molla che ti spinge a lavorare duramente e’ il mettersi in continua discussione, la ricerca del risultato, della vittoria.
Vittoria intesa non solamente come obiettivo agonistico, ma anche umano.
Un atleta con la A maiuscola deve essere un vero uomo. Quando tu allenatore capisci che i tuoi atleti hanno appreso rispetto e disciplina (cultura del rispetto), hai vinto e forse loro potranno diventare dei grandi giocatori.

Hai una vasta esperienza, sei cresciuto prima con i tecnici cinesi e poi con Milan Stencel, vero tuo maestro, hai provato diverse metodologie, se dovessi avere un gruppo di tecnici da istruire quale è secondo te la filosofia di lavoro ideale?

La mia filosofia e’ il costante lavoro, un lavoro di qualita’, dove tecnica e preparazione fisica ricoprono una grandissima importanza e l’aspetto mentale diventa determinante nel riuscire a sviluppare una tattica efficace.
I miei giocatori devono comprendere quello che fanno.
E’ fondamentale che sappiano quanto e’ importante gestire la propria forma fisica con un lavoro costante e continuo in cui il giusto riposo rientra nella preparazione e crescita del giocatore .
Quindi lavoro costante e continuo, ottima tecnica e preparazione fisica, grande tattica.
Un bravo tecnico deve capire le varie differenze fisiche, mentali e tecniche di ogni suo atleta cosi’ da costruire un personale modello di gioco sviluppando, di conseguenza, una tecnica ed una tattica adeguate (stile).
Per me e’ importante capire se hanno capacita’ di reagire alle difficolta’, reagire positivamente alle mie provocazioni, ai miei stimoli volutamente stressanti, resistere alla fatica.
Rifiuto di lavorare con chi reagisce negativamente, incapace di sostenere pressione psicologica ed elevati carichi di lavoro e, per concludere, non sopporto i genitori invadenti, poco obiettivi e che vogliono sostituirsi all’allenatore.

Parlaci delle differenze di lavoro tra quello di club e quello di nazionale.

Sotto l’aspetto dell’impegno non e’ cambiato molto. Ero full time prima, lo sono ora, ma con una qualita’ di vita migliore e posso, finalmente, godermi la famiglia.
Il confronto tecnico e competitivo e’ sicuramente differente. Con la Nazionale ero costantemente sottoposto ad uno stress agonistico di alto livello. Il confronto era sempre con giocatori e teams di elevato valore tecnico, in Italia, salvo rari casi, non e’ così, anche se quest’anno, grazie alla Coppa Campioni, sto assaporando le stesse sensazioni.
Gli obiettivi erano differenti; inizialmente a lungo termine, per poi passare ad obiettivi a medio-lungo, medio termine. Costruita una squadra competitiva, l’obiettivo principale e’ diventato quello agonistico, ottenere risultato negli appuntamenti piu’ importanti della stagione.
In sintesi, ho inizialmente sviluppato un lavoro che tralasciasse la ricerca del risultato agonistico a favore di una faticosa crescita tecnica e mentale, nella continua selezione di atleti disponibili a lavorare quotidianamente in modo continuo e costante.
Nel Club gli obiettivi sono a breve scadenza. La gestione della squadre è quotidiana, mentre in Nazionale il lavoro più importante era effettuato prevalentemente in determinati periodi, inseriti in un programma che poteva fare parte di una periodizzazione a breve, medio, o, nel caso delle Olimpiadi a medio-lungo termine.
Il lavoro era più organizzativo. Dovevo creare una mentalità competitiva, dare un indirizzo tecnico a tutta la base. Inizialmente, come già detto, non era importante il risultato agonistico, ma quello tecnico, fisico e mentale.
Era fondamentale programmare gli impegni agonistici internazionali, tenendo presente il contesto agonistico Nazionale, inserendo stages di preparazione che rientrassero in una periodizzazione di lavoro che tenesse in considerazione di volta in volta gli obiettivi tecnici-agonistici prefissati.
Quindi obiettivi differenti, programmazione e periodizzazione differente, differenti i contenuti degli allenamenti.
Nel Club il programma di lavoro è inserito nel quotidiano contesto sociale.
L’atteggiamento nei confronti degli atleti e la loro gestione è diversa rispetto alla Nazionale che aveva allenamenti più concentrati in giornate di lavoro dettagliatamente organizzate.
Nel Club i giocatori hanno esigenze di vita personali che vanno diversamente gestite.

Hai portato il Pieve Emanuele ai vertici italiani, secondo te questa squadra a che cosa può ambire nell’immediato e questo club in futuro?

Nell’immediato vogliamo entrare fra le prime otto squadre d’Europa .
Questo e’ il primo obiettivo della stagione .
Nel futuro, considerata la grande e vulcanica determinazione del Presidente D’Ambrosio c’è la volontà di creare un settore giovanile competitivo in Europa, con una struttura tecnica e dirigenziale altamente professionale.
Una organizzazione che possa essere di riferimento non solo in Italia, ma anche in Europa.

Hai giocato per tanti anni, hai allenato per tanti anni, come si sta muovendo la tecnica del pingpong.

Sono ormai diversi anni che la tecnica è indirizzata ad una gestualità essenziale, fatta di movimenti brevi e molto rapidi in cui l’utilizzo dell’avambraccio è determinante.
Questo costringe il giocatore a rimanere molto vicino al tavolo (prima posizione) nella ricerca continua dell’impatto con la pallina sopra la sua linea di base.

Il punteggio a 11 punti ha creato senz’altro maggior equilibrio tra giocatori, infatti i risultati a sorpresa sono più frequenti rispetto al passato, puoi dirci qualcosa di come la tattica sia cambiata rispetto al punteggio?

E’ vero, c’è maggiore equilibrio. Il punteggio a 11 punti non ti permette di smarrire mai la concentrazione, basta un attimo per perdere 1 o 2 punti e perdere set ed incontro.
Per questo motivo ci sono punti meno spettacolari, non bisogna rischiare e concedere niente.
I primi punti del match diventano decisivi.
E’ fondamentale cercare di giocarli il più semplice possibile con grande qualità di servizio e risposta.
E’ necessario conoscere molto bene l’avversario ed avere bene in testa cosa fare da subito, idee chiare fin dall’inizio, senza sperimentare, ma dando grande concretezza al proprio gioco, con una tattica e strategia ben stabilite e studiate in anticipo.

Dalla tua esperienza raccolta, cosa puoi suggerire ai nostri lettori sull’utilizzo del time-out?

Il time-out può essere richiesto dal giocatore o dall’allenatore. Sono due filosofie di scelta diverse.
Per quanto mi riguarda sono io a deciderlo, ma in questo caso, ti assumi una grande responsabilità con tutte le conseguenze.
Per tale motivo devi conoscere benissimo il tuo giocatore e devi rimanere sempre molto concentrato ancor più del tuo atleta.
Solitamente chiamo il time-out in tre circostanze particolari:

1) quando si sta perdendo la linea di gioco (si sta sbagliando tattica, smarrimento tattico) o perche’ sta diminuendo il livello di concentrazione o perche’ l’avversario è riuscito a modificare la propria tattica di gioco.

2) per interrompere una fase negativa del proprio giocatore o una serie positiva dell’avversario

3) per comunicare un consiglio tattico che potrebbe essere decisivo per il risultato in un momento molto delicato del match.

Il time-out e’ una soluzione estrema che in alcuni casi, se ben gestito, (giusto timing) puo’ permettere di risolvere una situazione critica.
Non ritengo abbia senso chiamarlo quando c’è un’evidente superiorità tecnica, tattica e psicologica. In questo caso sarebbe necessario un time-out di un anno e …forse, non sarebbe ancora sufficiente. Se fossimo su un ring getteremmo la spugna.

Il distacco dalla Nazionale è stato un trauma per tutti, che cosa ti è rimasto di buono di quel lavoro e che cosa ti ha lasciato l’amaro in bocca?

Tutta l’esperienza che ho maturato, la devo al mio impegno in Nazionale.
Il ricordo della medaglia conquistata a Kuala Lumpur mi rimarrà sempre impresso. La gioia e le lacrime dei ragazzi, la felicità dei dirigenti (probabilmente vera), la commozione degli allenatori, indimenticabile!
Salire sul podio accanto a squadroni come Svezia e Cina è stata una grande emozione.
Purtroppo l’irriconoscenza di una parte dirigenziale, la mancanza di rispetto di alcuni dirigenti e non, mi ha enormemente amareggiato.
Pochi hanno riconosciuto ed apprezzato obiettivamente il risultato del mio lavoro.
Il più grande rimpianto è quello di non avere mai avuto la possibilità di difendere e spiegare il mio operato, le scelte, le decisioni, la mia strategia tecnica, nelle sedi opportune (ad es.in un consiglio federale).
Troppe volte il mio indirizzo tecnico è stato strumentalizzato per un fine politico, intorpidendo ed offuscando, volutamente, l’importanza dei risultati ottenuti. Era evidente l’esistenza di una forte opposizione politica che non accettava l’efficacia di un progetto tecnico ben sviluppato e che stava esprimendo risultati tecnici ed organizzativi di grande qualità. Risultati invidiati in tutto il mondo.

L’esperienza maturata con la Federazione, i risultati, le soddisfazioni e le delusioni, che cosa hanno rappresentato nella tua carriera?

L’esperienza maturata con la FITeT è stata interessante e costruttiva.
Sono grato a coloro che mi hanno offerto questa grande possibilità, ma tantissimo ho dato in termini di sacrificio, impegno e passione.
La piu’ grande soddisfazione, a parte i risultati ottenuti, è stata la riconoscenza, il rispetto e l’affetto dimostratemi dai miei giocatori.
Questi ragazzi mi rimarranno sempre nel cuore. Mi hanno confermato che il lavoro paga ed io, grazie a loro, sono stato completamente ripagato.
Mentre, nei confronti di alcuni presunti dirigenti ed amici, la delusione e’ stata grande, ma prima o poi tutti i nodi verranno al pettine e come diceva un grande mio amico :”non sputare in alto che ti ritorna in bocca…”

Si sa che in Italia, almeno quella pongistica, l’informazione è piuttosto latente, in giro c’è solo un gran passaparola, ci puoi dire a che punto è la vicenda legale con la FITeT e se secondo te ci potranno essere elementi per i quali potresti tornare a fare il ct?

Riguardo quest’ultima domanda, riporto quanto comunicatomi dal mio Avvocato.
Il giudice ha accolto la richiesta nei confronti della FITeT, che è stata condannataa pagare la somma di 8.251,02 euro, mentre ha respinto la domanda nei confronti del CONI, in quanto il Giudice ha ritenuto equivalente il nuovo incarico conferitomi dalla FITeT dopo l’esonero da responsabile delle Squadre Nazionali.
Siamo intenzionati a fare ricorso ed ottimisti. Non sara’ difficile spiegare che tra un incarico di responsabile di un presunto progetto formazione allenatori e quello di responsabile di una squadra nazionale c’è una notevole differenza.
Purtroppo, il giudice, donna, non ha, probabilmente le giuste competenze e conoscenze sportive. Adesso dite che Deniso e’ un misogeno.

Intervista a Wang Liqin

9 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Ho recuperato un’intervista all’attuale Campione del Mondo Wang Liqin apparsa in una rivista cinese e poi divulgata in inglese che risale a fine 2002. L’ho trovata interessante e sono sicuro che anche voi la possiate trovare tale. La traduzione è di pingpongitalia.com.

Giornalista) Ci sono alcune voci secondo le quail il livello tecnico degli allenatori della squadra nazionale sia basso. Cosa ne pensi?
Wang Liqin) Per dirla più precisamente, ci sono molti ottimi allenatori nella squadra nazionale. Forse qualcuno di loro è troppo giovane e non hanno abbastanza esperienza, e comunque non hanno poi tutta quella fretta di fare risultati rispetto agli allenatori più vecchi

G) Abbiamo saputo che hai un nuovo allenatore, la necessità di cambiare, è dovuta ai tuoi risultati mediocri?
W) Questa è una cosa ridicola. Chi ha detto che ho un nuovo allenatore? Il mio allenatore è ancora Shi Zhihao. Anche se avessi un nuovo allenatore, dobbiamo renderci conto che il pingpong non è il calcio, dove l’allenatore decide la conduzione di gara. Il giocatore di pingpong è da solo in gara ed I risultati dipendono dalla sua performance. Come possiamo lamentarci di un coach quando perdiamo?

G) Molti dicono che Liu Guoliang sarà il successore di Cai Zhenhua? Cosa ne pensi?
W) E’ troppo presto per parlarne. Penso che Liu Guoliang sia adatto a fare l’allenatore, e lui il lavoro lo conosce bene. Quando giocava, ci allenavamo insieme e ci parlava molto delle novità tecniche. Insomma è qualificato ad allenare I giocatori. Ha le idee chiare quando si entra in gara. Penso che ha bisogno di fare esperienza alla guida della squadra. Ma per il momento non è un grosso problema. Gli altri allenatori come Lu Lin e Shi Zhihao sono campioni del mondo e sono altamente qualificati.

G) Ci puoi dire qualcosa riguardo Boll e Chuan Chi-Yuan, i vostri più accreditati avversari per il prossimo futuro?
W) Questi due giocatori sono migliorati molto rapidamente, e negli ultimi tempi hanno avuto una grande considerazione. Boll ha un’ottima abilità nel servire, e non commente errori banali. E’ valido anche nell’attacco continuato. E’ abile nel confronto, e il suo passaggio tra la difesa e l’attacco è davvero buono. Possiede un ottima scelta di tempo e un ottimo tocco di palla. Chuan è feroce. Tratta la palla corta in maniera ineccepibile e ha una grande velocità. E’ particolarmente efficace vicino al tavolo quando prende lui l’iniziativa con l’attacco di rovescio. Appena attacca di rovescio riesce poi a mantenere l’attacco coprendo tutta l’area di gioco. Tuttavia da media distanza ha qualche lacuna e non è poi così potente. Questi due giocatori in definitiva saranno i nostri più accaniti avversari alle prossime Olimpiadi.

G) I coreani credono di essere superiori a voi nel doppio. Cosa ne pensi? Anche tu e Yan Sen vi siete divisi. Chi è secondo il tuo miglior partner?
W) Quest’anno i doppi coreani si sono comportati bene, ciò non significa che sono migliori di noi. E poi, devo chiarire una cosa: io e Yan non ci siamo affatto divisi. Yan sta giocando in Giappone, così io e Qin temporaneamente stiamo giocando insieme. Yan ha giocato molto all’estero quest’anno, e così non ci siamo allenati molto insieme. Se dovessimo riprendere ad allenarci non saremo molto peggio dei coreani.

G) Ultimamente i cinesi non hanno ottenuto grandi risultati. Oltre ai regolamenti cambiati, ci sono altri fattori?
W) Credo che la ragione più importante sia il punteggio a 11. Quando un buon giocatore incontra uno più scarso in un set a 21, generalmente i primi 10 punti vengono conseguiti con certezza da parte di entrambe. Poi, nella parte centrale quando si conosce il valore dell’avversario esce la differenza di livello. A 11 punti se non inizi bene la partita, subisci subito la pressione di gara e te le porti dietro per l’intera partita. Così è facile innervosirsi, e non riesci ad esprimerti al tuo normale livello. Gli incontri sono più difficili da giocare. Molti giocatori sono diventati molto forti in virtù del punteggio.

G) Ho sentito che per il prossimo anno si proporrà di tornare ai 21 punti. Credi che sia probabile?
W) Io non ho sentito nulla in proposito. Penso che se anche la federazione cinese lo proponesse l’ITTF non l’adotterebbe. Hanno impiegato tantissime energie per ridurre la nostra forza ed il punteggio a 11 ha già dato i risultati che volevano, perchè dovrebbero tornare indietro?

G) Dopo I Giochi Asiatici, non hai avuto fatto un granché bene nei successive tornei come la Coppa del Mondo e le Grand Finals. Dicono che hai problemi di concretezza di gioco, e di fragilità psicologica. Sei d’accordo?
W) No, non sono d’accordo. Dopo I Giochi Asiatici, non ero in buona forma. Ho perso contro Boll in Coppa del Mondo e nelle Gran Finals, ma non credo di aver perso a causa della troppa fragilità e della paura di perdere. In linea di principio, questa è la differenza tra le mie sconfitte precedenti, e cioè che la ragione principale sia di non aver ancora trovato l’ideale adattamento agli 11 punti e mentalmente non ero a posto. Sento molta più pressione rispetto ai 21 punti. Se faccio un paio di errori, divento nervoso, questo poi contribuisce alla performance successiva. Penso che devo migliorare la mia capacità ad adattarmi alla gara. Per quanto riguarda i recenti incontri, sto lentamente cambiando la tattica e l’approccio, e ho aggiunto qualcosa alla mia tecnica. La regola del servizio non mi ha dato particolari effetti negativi, non così come la regola degli 11 punti. Sono solido nel tipo di gioco allround, e le nuove regole avvantaggiano coloro i quali hanno un gioco aggressivo. Penso. Ma mi devo abituare agli 11 punti rapidamente. Non ci vorrà molto.

G) Hai perso contro Boll diverse volte. E’ una partita che ti dà particolarmente fastidio o ci sono alter ragioni?
W) Non penso che per me sia un match problematico, perché l’ho battuto anch’io diverse volte, A Stoccolma nelle Gran Finals, ci ho giocato meglio rispetto a Jinan. In Coppa del Mondo ho perso troppo velocemente; non ho neanche iniziato a giocare la partita che era già finita. E’ stata una sconfitta che non ho capito, e devo dire che ero anche ben preparato. Ma ho risposto male. Ero troppo preso a non perdere punti direttamente dal suo servizio, quindi la risposta era senza qualità. Non ho neanche variato bene la risposta. In genere in partita il primo che attacca vince il punto. Boll rispondeva meglio, e non ho avuto tante opportunità come le ha avute lui. Ero in posizione passiva, e ciò ha contribuito a rendere più difficle la gara. Boll aveva un gran tempismo, in special modo nella risposta al servizio.

G) L’amministrazione sportiva di Shanghai si auspica di ottenere ad Atene 3 medaglie d’oro, e la speranza è riposta su di te. Ovviamente la pressione per te sarà maggiore. Riuscirà Wang Liqin a resistere alla pressione?
W) Non ho sentito nulla riguardo questa responsabilità. Mi sento onorato, ma sento anche l’intensa pressione. Darò il mio meglio per portare gloria al mio paese e alla mia città.

G) La Provincia di Shanghai non ha vinto medaglie d’oro ai 9ì Giochi Nazionali. Ci puoi dire qualcosa sui 10ì?
W) Abbiamo avuto ottime occasioni l’anno scorso. Avevamo una buona squadra e le possibiltà di vittoria erano per la gara squadra e per quella di singolo maschile. Ma alla fine non è andato bene come volevamo, e abbiamo subìto troppo la pressione psicologica, specialmente dopo aver perso il titolo nella gara a squadre, a quel punto non eravamo più capaci di giocare al nostro livello Ora la nostra squadra non è in buona forma. Probabilmente avremo una squadra più debole ai 10ì Giochi Nazionali. Feng Zhe ha lasciato la nazionale, e Xin Minjie ha smesso di giocare. Non ci sono altri giocatori da Shanghai nella squadra nazionale ad eccezione di me e Guo Jinhao. Per fare bene ai prossimi giochi nazionali dobbiamo far crescere subito nuovi talenti. La provincia di Jiangsu sta facendo molto bene in questo settore: il loro più giovane Chen Qi ha ottenuto grandissime vittorie nella Super Lega e adesso è in squadra nazionale. Alla squadra di Shanghai mancano questi nuovi talenti

G) Cosa pensi del fatto che i mondiali del 2005 si svolgeranno a Shanghai?
W) Shanghai ha un gran bisogno di eventi importanti come questo. Ora stiamo toccando il fondo. La nostra squadra non sta facendo bene e non abbiamo particolari attenzioni dai media. Ci sono pochi tifosi e nella maggior parte delle gare di Super Lega il pubblico è scarso. Abbiamo dovuto giocare alcune partite nella provincia di Jiangsu. Penso che il pingpong di Shanghai abbia bisogno dell’attenzione di tutti. I mondiali per noi sarebbero un grande oppportunità per riportare Shanghai all’apice. I mondiali del 95 a Tianjin hanno generato interesse per lo sport locale e spero che anche i mondiali di Shanghai portino ugualmente buoni risultati.

Intervista esclusiva a Lorenzo Nannoni

3 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · 1 Commento 

Come promesso abbiamo l’opportunità di leggere ciò che i protagonisti pensano del pingpong, abbiamo così rivolto 10 domande a Lorenzo Nannoni a cui gentilmente ha risposto.
Lorenzo Nannoni nato a San Giovanni Valdarno il 10 Luglio 1968 medaglia d’argento ai Giochi del Mediterraneo dell’87, vincitore di 2 titoli assoluti di singolo, 7 titoli di doppio maschile, 4 titoli a squadre, oltre ai titoli di categoria. E’ stato vice campione europeo a squadre allievi nell’82 insieme a Francesco Manneschi, Gennaro Di Napoli, medaglia di bronzo nel doppio junior nell’85 con Manneschi Francesco.

1) Sei il nuovo CT della squadra azzurra, da ex azzurro ed ex campione che sensazioni ti da questo nuovo lavoro?

Le sensazioni sono un po’ le stesse dei primi giorni con la giovanile 4 anni e mezzo fa.
Cioè una grande responsabilità che per prima cosa deve essere di tipo educativo e poi naturalmente tecnica. La grossa differenza sta nel fatto che ora mi trovo a gestire l’attività di atleti che sono professionisti o semiprofessionisti e che alcuni dei quali erano compagni stessi di nazionale verso la metà degli anni 90.

2) Che differenze o che difficoltà pensi di incontrare passando da un lavoro part-time come ct dei giovani ad un lavoro full-time come ct dei Senior?

L’attività è sicuramente molto più impegnativa. I giorni sono molti di più e le trasferte più lunghe. Le difficoltà per adesso sono relative al far si che la programmazione dell’attività della nazionale scorra via di concerto ed in modo fluido con quella dei clubs, per il bene dei giocatori che hanno il diritto di trarre il massimo beneficio sia dall’una che dall’altra.

3) A giudicare dalla prima convocazione di Col Di Nava si capisce che intendi lavorare con tutti gli atleti che hanno avuto esperienza di nazionale, puoi illustrare quelle che sono le linee guida del tuo incarico?

Intanto per questa prima convocazione c’era bisogno da parte mia di prendere confidenza con il nuovo incarico e soprattutto con certi giocatori, che peraltro conoscevo molto bene ma con i quali non avevo mai lavorato. Una volta verificato lo stato attuale delle cose per il futuro c’è la volontà di inserire, compatibilmente con il loro livello, alcuni giovani che hanno già dimostrato o dimostreranno forte passione ed attaccamento alla maglia azzurra.

4) Conosci la storia dell’Italia Nazional Pongistica, quali pensi siano gli obiettivi oggettivamente possibili da poter raggiungere?

La speranza, com’è ovvio che sia, è quella ottenere i migliori risultati possibili. In concreto sappiamo molto bene che il panorama Internazionale è infarcito di atleti professionisti che si allenano duramente e che hanno la cattiveria agonistica che li farà emergere. Noi credo si debba andare in quella direzione anche perché ciò alzerebbe il livello medio che sarebbe già un buon risultato.

5) Oggigiorno i clubs italiani sono meglio organizzati, hanno allenatori professionisti e chiedono che i propri atleti rimangano il più possibile nel club, come pensi di poter far conciliare l’attività della squadra nazionale con quella dei clubs?

Una volta se ti volevi allenare bene (e non è detto che succedesse), dovevi fare scelte di vita drastiche. Oggi per fortuna ci sono delle realtà dove ti puoi allenare duramente stando a casa tua che è senz’altro la miglior soluzione. Purtroppo spesso succede che nonostante le buone condizioni possibili queste non siano sfruttate per cui il lavoro rimane a mezzo. Ritengo quindi che nonostante la buona organizzazione che si vede in giro per l’Italia negli ultimi anni, l’attività della nazionale sia uno step imprescindibile per gli atleti che abbiano obiettivi di alto livello. Ecco quindi che le due attività devono coesistere con l’avallo dei rispettivi Allenatori e Dirigenti.

6) C’è un problema oggettivo “atleti con passaporto non italiano” il CONI ha indicato espressamente l’obiettivo di lavorare con i vivai italiani, come pensi di gestire questa delicata questione?

L’obiettivo di tutti noi è quello di far ottenere la nazionalità ai giocatori che dimostrano attaccamento alla maglia azzurra, anche perché si tratta di giocatori pongisticamente cresciuti in Italia e con mentalità spiccatamente Italiana. Per quel che riguarda le direttive del CONI prendo atto e mi muoverò in questa direzione, anche perché sono in pieno accordo.

7) C’è un dibattito continuo a proposito le modifiche ai regolamenti dell’ITTF, cambiamenti ai quali atleti e tecnici devono adeguarsi, come valuti queste situazioni riguardo i servizi, il punteggio e la colla.

Devo dire che il punteggio ad undici mi piace molto. I set scontati sono molti meno ed anche i non addetti ai lavori con cui mi sono trovato a parlare si sono espressi positivamente. I servizi non coperti sono stati altrettanto migliorativi. Ricordo agli ultimi Europei Giovanili (Praga) l’incontro Francia-Austria, sul 2 a 2 c’è stata un partita molto spettacolare fra i numeri due anche grazie al fatto che i servizi erano talmente visibili che si andava sempre avanti con lo scambio. Sulla colla non sono così convinto che la sua abolizione porterebbe ad un miglioramento della spettacolarità dell’incontro. E’ vero, ci sarebbero meno errori di risposta, ma non vedremmo certi scambi in controtop che ormai è uno dei colpi principali in campo Internazionale. Più in generale ritengo che la direzione deve essere quella che porta alla spettacolarizzazione se l’obiettivo è quello di coinvolgere i Media ed è difficile ipotizzare strade diverse.
8) Secondo te, per gli obiettivi che ti sei posto, l’attività pongistica nazionale deve essere rivolta a favorire più quella individuale o quella di squadra?

L’allenatore è portato ad essere più coinvolto dall’attività di squadra, però non dobbiamo dimenticare che è uno sport in cui si va in campo singolarmente. Trovo che sia fondamentale la presenza di società molti forti in grado di programmare e gestire professionalmente questo sport. Di conseguenza l’attività è inevitabilmente sbilanciata in questa direzione.

9) Se dovessi dare un consiglio ai tanti tecnici che ci sono in Italia, che cosa diresti loro?

Il primo che mi viene in mente è quello di essere aperti ai confronti con altri tecnici senza dare per scontato che quello che sappiamo noi sia la verità assoluta.

Il secondo è di curare di più gli aspetti legati al condizionamento fisico. Questo è un campo dove i tecnici italiani devono lavorare molto. Non si può pensare di allenare (soprattutto ad alti livelli) senza conoscere un minimo i principi della periodizzazione dell’allenamento ad esempio.

10) Immagino che la tua famiglia sia molto contenta di questo prestigioso incarico, che cosa ti hanno consigliato in modo particolare.

Niente in particolare. Le cose che si dicono in questi casi più che altro relative ai complimenti per l’incarico ottenuto.

Nikoleta Stefanova

1 Settembre 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

Questa intervista è della radio bulgara subito dopo la vittoria degli Europei che la nostra atleta ha ottenuto insieme alle sue compagne e a Errigo.

Intervista di Elena Chahanova con Nikoleta Stefanova, trasmessa il 1.04.2003 durante la trasmissione sportiva “Na finala” della Radio Nazionale Bulgara__Ti trovi a Courmayeur sotto la più alta montagna europea e la cima del Monte Bianco. Ieri tu l’hai scalata in stile “ping pong”. Racconta agli ascoltatori della Radio Nazionale bulgara come hai fatto e come ti trovi lì?__“Sono in Italia da tanto tempo. Sono venuta qui con mamma e papà all’età di 3 anni e per noi questo è un grande risultato._La squadra non pensava di arrivare a questo successo, ma siamo riusciti perché abbiamo iniziato la preparazione da tempo, abbiamo lavorato tanto e con grande voglia. Perciò adesso è cosi bello!__Cosa ti ha detto tuo padre prima delle gare e dopo la vittoria?__“Mi ha detto di stare tranquilla e di fare il mio gioco e ha previsto che avrei disputato una bellissima gara”!__Lui ti suggerisce in bulgaro dalle tribune?__“Sì, in genere lo fa, ma questa volta c’era tanta gente e non sono riuscita a trovarlo. L’ho cercato, ma non l’ho trovato”.__Sicuramente il legame genitivo ha fatto effetto anche cosi?__“Si. E’ proprio così. Sapevo che lui mi guardava. Mi sentivo tranquilla e felice di questo.__Cosa ti aspetta ancora nel campionato europeo?__“Le competizioni individuali, coppie e coppie miste. Spero che tutto vada liscio e che io giochi bene”.
Autore: Elena Chahanova
Fonte: Radio Nazionale Bulgara

Il Drago Rosso - Mondiali di Shanghai parte 3

29 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · 1 Commento 

lettura di 12 min.

Ed eccoci al singolo femminile dei Mondiali di Shanghai. La vittoria di Zhang Yining ripara finalmente tutte le ingiustizie che questa grandissima giocatrice ha dovuto subire. Tanto per chiarire: Zhang Yining sarebbe dovuta essere campionessa del mondo già nel 2001, quando le fu ordinato di perdere in semifinale con Wang Nan. Questa non è un’illazione, non è una “voce”, questa è la verità ufficiale che in Cina tutti conoscono perché è stata così clamorosa che nessuno ha potuto nasconderla. Zhang Yining si era già vendicata vincendo singolo e doppio all’Olimpiade di Atene, ma c’era bisogno del successo nel singolo ai Mondiali per rimediare a un vuoto assurdo e scandaloso nell’albo d’oro. Zhang Yining, dal punto di vista tecnico e da qualsiasi altro punto di vista, è la più forte giocatrice che ci sia mai stata nella storia del tennistavolo. Basterebbe esaminare dettagliatamente le sue caratteristiche per capirlo, ma questo sarà oggetto di un altro mio intervento. Per il momento mi limito a contestare le classifiche “tutti i tempi” stilate da autentici incompetenti, che purtroppo hanno avuto e hanno spazio su organi ufficiali. Ai primi posti delle classifiche femminili mettono Deng Yaping e Wang Nan. Tanto per capirci, sono le due giocatrici che hanno vinto più titoli. Ma se il criterio è questo, non c’è bisogno di chiedere a cosiddetti esperti chi è la più forte giocatrice di sempre. Si va da un bambino di 6-7 anni, si fa a lui la domanda. Lui va a consultare gli albi d’oro, fa il calcolo delle vittorie e risponde: Deng Yaping al primo posto, Wang Nan al secondo. Quindi, il responso di chi nemmeno sa cosa sia il tennistavolo e di chi presume di saperlo è esattamente lo stesso. Ma se si passa a esaminare l’aspetto tecnico, allora bisognerebbe spiegare che tipo di giocatrice era Deng Yaping, con la sua puntinata lunga sul rovescio, con un gioco chiuso che era la negazione dello spettacolo e dell’evoluzione tecnica, che tipo di giocatrice è Wang Nan, comunque superiore tecnicamente a Deng Yaping, ma con tantissimi punti deboli, dalla scarsa velocità alle carenze nei movimenti e nel gioco dalla media e lunga distanza. E poi bisognerebbe spiegare che tipo di giocatrice è Zhang Yining, la cui esecuzione di alcuni colpi (il block di rovescio e l’attacco veloce di diritto) va oltre qualsiasi immaginazione. Ed è sconfortante sentire e leggere cronache e commenti che riportano solo i risultati, l’andamento dei punti nel set e ignorano totalmente cosa è successo veramente, dal punto di vista tattico e tecnico, nella partita. ”Questa vinceva 7-3 e ha perso 11-9, quella ha vinto 4-0, è fortissima”, ecco l’esempio di “analisi tecniche” approfondite. Tutto ridicolo. A questo punto è l’informazione ufficiale nel tennistavolo.
ZHANG YINING

Zhang Yining ha letteralmente distrutto tutte le avversarie, trovando qualche ostacolo solo in finale, contro Guo Yan, cui ha ceduto due set. Ma c’è una motivazione per questa difficoltà. Lei e Guo Yan sono compagne di club, a Pechino, e si allenano insieme non solo in nazionale, ma anche nell’attività del club. Quindi, si conoscono benissimo e in questi casi la più debole ha sempre un vantaggio negli scontri diretti. Zhang Yining ha perso anche un altro set, in semifinale contro Lin Ling, che oggi rappresenta Hong Kong ma che è cinese, della Provincia del Fujian, tant’è vero che come cinese è stata finalista nel singolo ai Mondiali 2001 a Osaka. In questo caso, si è trattato di un semplice colpo di sonno: ha perso 10-12, poi è stata di nuovo un rullo compressore, lasciando a Lin Ling 4, 5, 3 e 7 punti negli altri set. In totale, Zhang Yining ha perso solo 3 set in tutto il torneo, un autentico record e qualcosa di inimmaginabile. Se si va a guardare la storia dei Mondiali, si può vedere che altre cinese sono diventate campionesse del mondo perdendo pochissimi set, ma si trattava di set a 21 punti. Qui si tratta di set a 11 punti (una bestemmia per il vero tennistavolo), molto più facili da perdere. Eppure, Zhang Yining ha mostrato una sicurezza e una supremazia che nessuna altra giocatrice ha mai fatto vedere. E non è che abbia affrontato avversarie di poco conto. Detto di Guo Yan e Lin Ling, ha batttuto 4-0 la nordcoreana Kin Yang Mi, finalista proprio contro di lei all’Olimpiade di Atene, con parziali sconfortanti (4, 4, 7, 5), e la difesa bielorussa Viktoria Pavlovich con un risultato ancora più clamoroso (5, 2, 4, 2). Insomma, ha distrutto tutte. Contro qualsiasi tipo di gioco, Zhang Yining fa paura. Tutte le grandi campionesse del passato hanno sempre avuto qualche punto debole, magari contro chi praticava il gioco veloce sul tavolo, o contro le difese, o contro chi attaccava in topspin. Vincevano comunque, ma dovevano soffrire. Zhang Yining no, lei frantuma qualsiasi tipo di gioco. Contro le difese sfiora la perfezione, dico sfiora perché sta ancora migliorando il topspin violento, di chiusura, sulla palla più pesante di taglio, ma ci è vicina. Contro le giocatrici di attacco, anticipa lei i colpi o parte di contrattacco, che è micidiale, avvantaggiata da una velocità, di gambe e di braccia, che nessuna altra giocatrice ha mai avuto. Contro le giocatrici potenti, quelle che amano sparecchiare schiacciate a tutto spiano, lo spettacolo che offre Zhang Yining è da favola. Lei, che ha due braccine sottili, tanto da dare l’impressione di non avere muscoli, risponde ai colpi potenti con colpi ancora più potenti. Il segreto, naturalmente, è nella tecnica. Non contano i muscoli, come sa bene chi capisce qualcosa (pochi) di tennistavolo, l’importante è trasferire nella pallina il peso del corpo. Il peso dell’intero corpo sarà sempre superiore al singolo muscolo del braccio. Tutte le cinesi conoscono bene questa tecnica (che quasi tutti gli allenatori europei ignorano), ma Zhang Yining è colei che la interpreta nel modo migliore, oserei dire in modo “divino”. Inoltre, anche contro le schiacciate più forti indirizzate sul suo rovescio, risponde con colpi che, in questo caso, vanno oltre la perfezione, a dispetto del misero e miserabile “9” che l’ex c.t. della nazionale italiana Costantini ha assegnato al suo rovescio e al suo block. Il vero voto dovrebbe andare dal 100 (cento) in su, e non sto esagerando. A scanso di equivoci e per non fornire comodi pretesti a chi, magari, vorrebbe giustificare il suo esonero con questa errata valutazione di rovescio e block di Zhang Yining, dico subito che i voti di Costantini a tutti gli altri giocatori sono giusti, quindi chi lo ha esonerato non può accampare alcun alibi. Torno a Zhang Yining e chiudo. Non scherzo, né esagero, quando dico che lei è la più forte giocatrice di tutti i tempi. Se qualcuno ha dubbi (sto parlando di chi capisce qualcosa, gli altri non hanno nemmeno il diritto di guardare le sue partite), provi a esaminare i filmati delle campionesse del passato e di oggi, poi passi a quelli di Zhang Yining, sarà come scoprire un nuovo mondo.
LA CINA
Nel settore femminile, non si può nemmeno parlare di sfida alle cinesi, non da parte delle europee (una barzelletta), nemmeno da parte delle asiatiche, che arrivano ai turni finali, ma poi non hanno alcuna possibilità. A Shanghai, si è avuta un’ulteriore riprova che la Cina è anni luce davanti a tutti. Nei quarti di finale, c’è stato spazio solo per la bravissima Viktoria Pavlovich, che ha provocato una grande sorpresa battendo Tie Yana (di Hong Kong, ma ex nazionale cinese, come ho già avuto modo di spiegare). Poi, solo cinesi, a dispetto delle bandiere statunitensi, olandesi e di Hong Kong. Infatti, troviamo, oltre alla Pavlovich, quattro cinesi di Cina (Zhang Yining, Guo Yan, Guo Yue e Niu Jianfeng), una cinese degli Usa (Gao Jun), una cinese dell’Olanda (Li Jiao) e una di Hong Kong (Lin Ling). Gao Jun addirittura è stata campionessa mondiale a squadre nel ’93 e di doppio nel ’91 (con Chen Zihe) da cinese. E se andiamo a vedere gli ottavi di finale, troviamo altre 4 cinesi, due della Cina, Cao Zhen (che ha perso con Gao Jun) e Fan Ying (che ha perso con Guo Yue), due di Hong Kong, Song Ah Sim (che ha perso con Guo Yan) e Tie Yana (battuta dalla Pavlovich). Quindi, tre cinesi hanno perso con altrettante cinesi, solo una è stata battuta da un’europea. Negli ottavi, ci sono stati altri quattro incontri “misti”, cioè fra cinesi e non cinesi, e sono stati tutti vinti dalle cinesi: Lin Ling ha battuto Boros, Niu Jianfeng ha battuto Toth, Zhang Yining ha vinto con Kim Hyang Mi, Li Jiao ha vinto con Moon Hyun Jung, quest’ultima è la sudcoreana che nel turno precedente aveva eliminato Wang Nan, campionessa mondiale in carica, e su questo incontro tornerò dopo. Quindi, la Cina esce dominatrice ancora una volta da un confronto impari. Una sola notazione per chiudere il discorso e far capire ancora meglio quale sia la realtà del tennistavolo femminile. Nella classifica mondiale, si trovano una decina di cinesi ufficiali, più altre decine di ex cinesi sparse per il globo. Ma questa è una falsa indicazione perché in classifica va a finire chi gioca tornei internazionali. In Cina ci sono centinaia di giocatrici che non hanno questa possibilità, visto che in nazionale ce ne sono solo 50 (fra senior e giovanili) e che di questa solo un ristretto gruppo partecipa ai tornei internazionali. Così, si ha un’idea sbagliata della situazione. Ma se tutte le cinese potessero, in teoria, partecipare alle gare internazionali, avremmo una classifica in cui la prima europea non sarebbe più in alto della cinquantesima posizione, se proprio tutto va bene. La dimostrazione arriva dalla Li Jiao, cinese emigrata in Olanda, che è arrivata in semifinale agli Europei 2005 ad Aarhus, battuta dall’altra cinese, emigrata in Austria, Liu Jia. Fosse stata dall’altra parte del tabellone, contro Boros (da lei già sconfitta) o Steff (che ha battuto 4-1 proprio ai Mondiali a Shanghai), sarebbe arrivata in finale, a ulteriore riprova che persino le cinesi più “scarse” (è un paradosso ovviamente, non ce ne sono scarse) e sconosciute battono senza problemi le europee.
WANG NAN
Nel momento in cui Wang Nan è stata eliminata, nei sedicesimi di finale del singolo, dalla sconosciuta (per gli incompetenti) sudcoreana Moon Hyun Jung, il palazzetto e la sala stampa sono andati in fibrillazione. Al mondo, tramite giornali, tv e internet, è stato lanciato il ferale messaggio: clamorosa sorpresa, fuori la campionessa del mondo in carica. Poveretti, non sanno quello che dicono. Prima dell’incontro, lo scrivente Drago Rosso aveva detto ai giornalisti cinesi (lo so cosa penserete: non potete controllare) e a una giornalista italiana (piaciuta la sorpresa? Non potete dire che sono uno sbruffone, avete la possibilità di controllare) che Wang Nan avrebbe perso con Moon Hyun Jung e che, al limite, avrebbe vinto soffrendo tantissimo. Nel caso qualcuno abbia dubbi, vi indicherò in seguito la persona italiana alla quale ho fatto il pronostico. E il bello è che non si trattava neanche di un pronostico impossibile. Negli ultimi anni, Wang Nan aveva avuto un rendimento molto basso, vincendo sì i Mondiali di Parigi (di quelli di Osaka 2001 ho già detto dell’ordine dato a Zhang Yining di perdere), ma anche in quel caso con almeno una partita molto, ma davvero molto, sospetta, quella con la piccola Guo Yue, altra fuoriclasse di cui parlerò in seguito. Aveva vinto anche una Coppa del Mondo nel 2004, ma dopo aver perso con Gao Jun nel gruppo e con le sue avversarie cinesi “stranamente” abuliche. Poi, c’era stata una lunga sequela di sconfitte con le cinesi, e questo è normale, ma anche con giocatrici dalle caratteristiche tecniche ben precise: pennaiole vecchio stile. Aveva perso in Cina per due volte in un anno con una giocatrice considerata non eccelsa (dagli altri, per me è fortissima), Jia Beibei, pennaiola classica, che quindi colpisce la pallina con una sola faccia della racchetta. Aveva perso con la sudcoreana Lee Eun Sil, anche lei pennaiola classica. Aveva perso due volte con Gao Jun, altro tipo di pennaiola classica, col gioco corto di puntinata sul tavolo. Inoltre aveva anche perso con la difesa sudcoreana Kim Kyung Ah, ma questo è un altro discorso che non c’entra col significato tecnico di cui sto parlando. Aveva inoltre sempre sofferto con altre giocatrici del tipo pennaiola classica e con una che impugna all’europea ma è molto forte nello scambio veloce, Li Jiawei, che l’aveva eliminata all’Olimpiade di Atene dopo essere stata beffata a quella di Sydney (5 match-ball sprecati). Il motivo è semplice. Wang Nan è una giocatrice che, causa il tipo di fisico che ha, non è veloce e, soprattutto, soffre molto gli spostamenti laterali. Ha bisogno di restare vicina al tavolo e di impostare lei il gioco, cosa che fa benissimo. Infatti, lei sfrutta fino al parossismo i suoi colpi che sono tutti in anticipo e arrotati. Sia col diritto che col rovescio, con un colpo di polso efficacissimo, lei tocca la pallina appena questa arriva sul tavolo, come se fosse una mezzavolata, ma, a differenza di chi effettua questo colpo imprimendogli una traiettoria tesa, Wang Nan fa compiere alla pallina una traiettoria arcuata e veloce. Il risultato è che la pallina schizza sempre, una volta toccato il tavolo, anche se non si tratta di un topspin vero e proprio. Le avversarie hanno difficoltà a ribattere, ma soprattutto a impostare loro il gioco. Le pennaiole classiche, che sono portate ad attaccare velocemente già sulla terza palla, vanno a colpire Wang Nan proprio sul suo punto debole, perché Wang Nan sin trova meglio su un attacco normale, anche se potente, sul quale può a sua volta impostare la rotazione. Sull’attacco improvviso e veloce, tipico delle pennaiole, è costretta a recuperare, quindi a doversi spostare lateralmente. E così, contro Moon Hyun Jung è successo proprio questo, con Wang Nan che doveva stare dietro agli attacchi della sudcoreana, sempre la prima ad attaccare. Soffrendo, Wang Nan è riuscita più volte a ricucire la situazione, specialmente sul 2-3, con match-ball per la sudcoreana nel sesto set, sull’11-10. Nel settimo set, la storia non è cambiata, con Moon Hyun Jung sempre avanti, fino al 10-7, con tre match-ball. Wang Nan ne ha annullato uno, poi ha dovuto cedere. Nessuna sorpresa, ma una partita dal significato tecnico evidente e logico.

LA GARA

PRIMI DUE TURNI

Contrariamente alla gara maschile, non ci sono sorprese né importanti indicazioni nei primi due turni. Un paio di spunti si possono individuare nel secondo turno. La giovane giapponese Hirano batte Struse 4-3, dovendo superare anche le innumerevoli scorrettezze della Struse e i tanti atteggiamenti che portano le avversarie a innervosirsi. Raramente è possibile vedere qualcosa di più antisportivo del comportamento della Struse, esempio purtroppo seguito da tantissime giocatrici tedesche, a cominciare dalla Silbereisen (si ricorda ancora il suo pugno chiuso e strafottente in faccia alla Stefanova agli Europei junior a Terni), fatto questo che contrasta (come ho già avuto modo di dire) con l’esemplare compostezza della squadra maschile. Una sorpresa in negativo, in questo secondo turno, dall’altra giapponese Umemura, non in grandi condizioni di forma ultimamente, che perde con l’ungherese Batorfi. Ma è anche vero che la grandissima Csilla non finisce mai di stupire, da quando a fine anni ’80, nell’incontro Europa-Asia a Roma, si mise in luce battendo le cinesi. Eliminata invece la rumena Badescu, che aveva provocato una grande sorpresa ai Mondiali di Parigi 2003 battendo la cinese Guo Yan, dalla sudcoreana Moon Hyun Jung, che comincia a far capire il suo valore, prima di battere poi Wang Nan.
SEDICESIMI DI FINALE
Qui si comincia a vedere qualcosa di interessante. Viktoria Pavlovich, bella difesa, elimina Hirano al termine di un incontro combattutissimo e appassionante, Batorfi non può ripetere il bis della vittoria con Umemura e perde con Tie Yana. Poi ci sono le sorprese, alcune delle quali però non così sorprendenti. Li Jiawei, cinese emigrata a Singapore, incappa nella ragnatela di Gao Jun, che a 35 anni continua a dar fastidio a tutte. Li Jiawei, quarta all’Olimpiade di Atene (in quell’occasione aveva eliminato Wang Nan, come ho già ricordato) ha bisogno di un gioco aperto per esprimersi al massimo, col suo bellissimo gioco veloce e con le sue schiacciate potentissime. Contro il gioco corto di Gao Jun soffre, sembra comunque farcela, visto che conduce 3-2 e perde 13-11 nel sesto set, poi cede nel settimo. Altra sorpresa è quella dell’ungherese Toth che limina la campionessa europea Liu Jia. Krisztina è anche lei un grande esempio da seguire per tutte le giocatrici europee. Insieme alla Steff (quando è in forma) è una delle due sole europee che le cinesi temono, perché ha la migliore tecnica e i cinesi in generale hanno paura solo dei giocatori forti tecnicamente. E la Steff, purtroppo, non riesce a esprimersi al massimo e va a sbattere contro un muro nuovo, quella della cinese olandese Li Jiao. La Steff è la giocatrice che più di tutte le altre ha sofferto il passaggio dal set a 21 punti a quello a 11 punti, a riprova che da questa criminale rivoluzione voluta dall’Ittf sono danneggiati proprio i giocatori più tecnici e avvantaggiati quelli più deboli, che, non avendo niente da perdere, possono rischiare e qualche volta azzeccare la partita vincente. Steff, da sempre una giocatrice spregiudicata e spettacolare, ha bisogno di un set a 21 punti per esprimere la sua bravura, la sua classe. Altra sorpresa apparente è la vittoria di Song Ah Sim, cinese di Hong Kong, contro la difesa sudcoreana Kim Kyung Ah, bronzo all’Olimpiade di Atene nel singolo, battuta solo da Zhang Yining in quel’occasione. Dico apparente perché Song Ah Sim è una giocatrice molto forte e, come tutte le cinesi, sa giocare molto bene contro le difese. Guo Yan ha qualche difficoltà contro la giapponese Fukuhara, 17 anni, ma vince 4-2. La Fukuhara è stata lanciata dai giapponesi come la grande promessa del tennistavolo, la giocatrice che in futuro potrà sfidare le cinesi. La realtà è ben diversa. Fukuhara è una buona giocatrice, ma molto limitata tecnicamente, con un gioco veloce di mezzavolata e con la puntinata sul rovescio, ma senza altri grandi colpi. Il massimo cui può aspirare e un posto a ridosso delle prime dieci della classifica mondiale, se tutto va bene. Di vincere qualcosa di importante non se ne parla proprio. Infatti, per avere un’idea di quanto si debba essere brave per aspirare a qualcosa di importante viene dall’altra cinese Guo Yue, anche lei 17 anni, che ha già fatto vedere di cosa è capace. Ricordo solo che ha vinto il Master 2004 (le Finali del Pro Tour), battendo Wang Nan in semifinale e Niu Jianfeng in finale. E’ un genio assoluto e diventerà, insieme a Zhang Yining, la più forte giocatrice di sempre. Nel sedicesimi a Shanghai si diverte con la tedesca Schall (indicata come Wosik perché si è sposata), un’altra giocatrice estremamente scorretta che, avendo battuto ai Mondiali di Parigi 2003 la cinese Li Nan (ma solo perché quest’ultima era in crisi netta, tant’è vero che poi non è stata più convocata), pensava di poter competere con le cinesi. Si è trovata di fronte la Guo Yue e si è presa una mazzata di quelle da ricordare: 3, 5, 7, 6, con la cinese che si divertiva a eseguire tutti i colpi, tanto da perdere in maniera ingenua tanti punti, come se fosse un allenamento.
OTTAVI DI FINALE
Zhang Yining-Kim Hyang Mi è la ripetizione della finale olimpica di un anno prima, finisce ugualmente 4-0, ma Zhang Yining vince con molta più facilità. Vincono anche Guo Yan, facile con Song Ah Sim, e Guo Yue che batte la difesa cinese Fan Ying, anche questa facile. Niu Jianfeng ferma il camino della Toth, che però vince il primo set e si batte bene negli altri quattro. La Pavlovich resta l’unica europea in gara grazie alla vittoria su Tie Yana. La cinese olandese Li Jiao è protagonista di una gara bellissima con la Moon Yhun Jung che ha appena eliminato Wang Nan. Finisce 12-10 al settimo set, con scambi spettacolari fra due pennaiole. Gao Jun riesce a mettere in soggezione la giovane cinese Cao Zhen, quest’ultima vincitrice degli Open di Malesia a soli 16 anni (solo Guo Yue ha fatto meglio vincendo gli Open del Giappone a 15 anni), anche lei con la puntinata sul rovescio, cone Gao Jun, ma impugnatura all’europea. E’ chiaramente una sconfitta dovuta all’emozione di Cao Zhen. Lin Ling, infine, batte 4-2 la Boros, che era stata bronzo ai Mondiali di Parigi, sia pure approfittando in quella occasione, di un buco nel tabellone grande come il Grand Canyon, originato dalle sconfitte delle cinesi Guo Yan e Li Nan. La Boros ha vinto una sola volta in carriera con Lin Ling. Quest’ultima, come Zhang Yining, ha un fisico esile, ma quando si trova di fronte a una giocatrice potente, come la Boros appunto, spara cannonate più forti dell’avversaria, e questo grazie a una tecnica sopraffina, come ho già spiegato.
QUARTI DI FINALE
Zhang Yining concede appena 13 punti alla Pavlovich, che però non esce umiliata dall’incontro. Semplicemente, ha di fronte una giocatrice nemmeno di un altro pianeta, ma di un’altra galassia. Lin Ling, con la sua grande esperienza, non si fa imbrigliare dal gioco corto della Gao Jun e vince facilmente 4-1, così come fa Guo Yan contro Li Jiao, con l’olandese che ha già ottenuto un risultato sensazionale arrivando fin qui. L’ultimo quarto di finale è lo scontro più equilibrato, fra le cinesi Guo Yue e Niu Jianfeng. La piccola Guo Yue conferma la sua bravura e vince 4-2, ma comincia a mostrare qualche segno di stanchezza mentale. Il suo obbiettivo è la finale e forse anche la vittoria, ma questo probabilmente la fa innervosire, proprio perché lei si rende conto che è un traguardo alla sua portata. Se lei fosse la giocatrice-sorpresa della manifestazione, tutto sarebbe più facile, perché non avrebbe niente da perdere. Così, invece, con un Master già vinto, Guo Yue mostra la sua emozione. In fondo, non ha ancora compiuto 17 anni mentre sta giocando i Mondiali a Shanghai.
SEMIFINALI
Zhang Yining si addormenta un po’, perde il primo set 12-10, poi si sveglia e per Lin Ling non c’è niente da fare. Nella mente di Zhang Yining, fra l’altro, c’è anche un ricordo doloroso nel momento in cui affronta Lin Ling. Se nel 2001 non le fosse stato ordinato di perdere la semifinale con Wang Nan, si sarebbe trovata proprio Lin Ling in finale, vale a dire una giocatrice che aveva sempre battuto. Avrebbe così vinto il suo primo titolo di singolo in un Mondiale. Invece, ha dovuto aspettare altri 4 anni, una vera ingiustizia. L’altra semifinale, che si annuncia appassionante, è invece una grande delusione. Guo Yue non c’è proprio con la testa, vince sì il primo set, ma poi sparisce letteralmente dal tavolo e non perché il gioco di Guo Yan la metta in difficoltà. Semplicemente, non gioca più, come le è capitato in altre occasioni e proprio contro Guo Yan. Fra le due, in effetti, c’è una grande rivalità, anche se nella nazionale cinese ufficialmente non esistono cose di questo genere. Nella realtà, il dualismo esiste. Loro due si sono giocate il posto per i Mondiali a squadre 2004 negli Open di Grecia a febbraio. Si sono incontrate sapendo che la vincitrice sarebbe stata convocata per i Mondiali (le altre quattro erano già decise: Wang Nan, Zhang Yining, Li Ju, Niu Jianfeng). In quella occasione, Guo Yue, a un passo dalla sconfitta, seppe riprendersi, vinse, arrivò in finale, dove perse con Wang Nan dopo essere stata a un passo dalla vittoria e si guadagnò il posto ai Mondiali. E ai Mondiali Guo Yue finì per giocare la finale, diventando la più giovane giocatrice di sempre a vincere un titolo mondiale a squadre, a soli 15 anni e mezzo. Così, ogni volta che giocano, è una lotta di nervi, e Guo Yue in questa occasione non regge la pressione e va fuori di testa, come le era già accaduto, proprio contro Guo Yan, al Master 2003 a Guangzhou e in una semifinale degli Open di Polonia 2002 a Varsavia, quando perse una partita incredibile nella quale conduceva 3-0 e scoppiò a piangere.

FINALE

Non è una finale bellissima, soprattutto perché Zhang Yining e Guo Yan si conoscono benissimo. Giocano nello stesso club di Pechino, si allenano insieme, come ho già fatto notare. Guo Yan, essendo la più debole, è quella che deve evitare più possibile il gioco aperto. Lo fa provando ad attaccare in tospin con rotazione esasperata, sul quale Zhang Yining, un po’ anche per l’emozione (questo, lo ricordo, sarebbe dovuto essere il suo terzo titolo mondiale nel singolo, non il primo), non va con il giusto tempismo. Appena Zhang Yining riesce a impostare l’azione d’attacco, Guo Yan deve cedere. Ma è comunque un gioco spezzettato, senza scambi prolungati, tranne rare eccezioni. Zhang Yining perde il primo set, va sul 2-1, subisce il ritorno di Guo Yan, poi parte decisa. Nel sesto set, però, quando la vittoria sembra assegnata, c’è di nuovo qualche esitazione di Zhang Yining, chiaramente emozionata e un po’ nervosa, anche se non lo mostra (diciamo che sono uno dei pochi, se non l’unico, a saper cogliere i segnali di Zhang Yining). Lei però non può perdere, perché è la più grande, e infatti vince, sia pure con un sofferto 13-11. Troppo tempo era passato da quando doveva essere incoronata imperatrice del tennistavolo.
Arrivederci fra pochi giorni con le gare di doppio.

Il Drago Rosso - Mondiali di Shanghai parte 2

20 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · Lascia un commento 

lettura di 15 min.

Come promesso, comincio a raccontare i Mondiali di Shanghai, gara per gara, partendo dal singolo maschile. Wang Liqin vince il suo secondo titolo iridato individuale, dopo quello del 2001, allora in finale 3-2 contro Kong Linghui. Anche stavolta per vincere deve battere un altro cinese, Ma Lin. Lo fa per 4-2 e conferma non solo il suo gran momento di forma (aveva vinto a dicembre il Master, quello che viene comunemente chiamato Ittf Pro Tour Finals, a Pechino, in finale proprio contro Ma Lin), ma anche di essere uno dei più forti giocatori di sempre.
WANG LIQIN E LA CINA

In proposito, credo sia meglio chiarire un paio di cose su lui, visto che in passato ci sono state informazioni quantomeno inesatte e fuorvianti. E’ stato detto e scritto che Wang Liqin (si pronuncia vang licìn) dal punto di vista tecnico era considerato meno di altri giocatori dai responsabili della nazionale cinese, che deve i suoi successi non tanto alla tecnica quanto alla quantità di lavoro svolto che gli ha permesso di rimediare alle sue carenze, che ha vinto i Mondiali del 2001, rimontando da 0-2 a Kong Linghui, perché i tecnici cinesi avevano ordinato a Kong Linghui di perdere e via con cose di questo tipo.
Purtroppo, si parla di qualcosa o qualcuno senza conoscere alcunché. E allora è meglio precisare. Wang Liqin è uno dei due giocatori, insieme a Kong Linghui, che il c.t. della Cina, Cai Zhenhua, spedì in Svezia, a fare esperienza, 6 mesi ciascuno quando avevano 15 anni, perché aveva capito che erano i due migliori in assoluto e avevano bisogno di una esperienza nella nazione più forte in quel momento, stiamo parlando del ’93 e ’94, prima che la Cina ricominciasse a vincere. Cai Zhenhua, quindi, puntava proprio su loro due, oltre che su Liu Guoliang, per riportare la Cina al successo. E così è stato. Sono diventati entrambi campioni del mondo di singolo, come anche Liu Guoliang che Cai Zhenhua non ha fatto andare in Svezia per non far abituare gli svedesi (e gli europei) al suo gioco particolare. Quindi, dal punto di vista tecnico, Wang Liqin era considerato uno dei più forti.
Il vero problema per lui era il carattere. Troppo educato, un tipo che non gridava quando vinceva il punto, era considerato molle dai tecnici cinesi, che invece preferivano Ma Lin, considerato un vincente con la sua grinta, i pugni agitati verso gli avversari, le urla. Ecco perché c’era un clima di sfiducia nei confronti di Wang Liqin, considerato fortissimo come giocatore, ma poco intelligente dal punto di vista tattico e non certo un furbo o un duro. Una sua eventuale vittoria, quindi, sarebbe stato uno smacco per tutti quelli che sostenevano la sua debolezza psicologica. Durante la finale dei Mondiali di Osaka, il 90% dei tecnici cinesi sperava che Kong Linghui vincesse, proprio perché un successo di Wang Liqin sarebbe stato uno smacco colossale per loro. Altro che ordinare a Kong Linghui di perdere, stavano facendo il tifo per lui contro Wang Liqin.
Non è stato solo quel titolo mondiale, comunque, a dimostrare di che pasta sia fatto Wang Liqin, che ha fatto vedere di essere molto più duro di Ma Lin, a sua volta perdente in troppe occasioni, a cominciare dall’Olimpiade di Atene, quando è stato eliminato 4-0 da Waldner, giocando scriteriatamente e senza alcuna logica. Wang Liqin, pur con le ovvie sconfitte (ad Atene ha perso con un altro cinese fortissimo, Wang Hao, non con qualcuno nettamente inferiore a lui), è il giocatore con il massimo rendimento fra tutti quelli che si trovano nelle prime posizioni mondiali, è quello che ha retto più tempo in testa alla classifica internazionale e quello che ha vinto più gare, fra Open internazionali, Master e Mondiali. La vittoria a Shanghai è stata solo l’ultima di una serie lunghissima di successi che fanno capire quale sia il suo reale valore.
GLI AVVERSARI A SHANGHAI
SAMSONOV
Nelle previsioni dei cosiddetti esperti, i favoriti per il titolo mondiale erano parecchi, ma l’aspetto più sconcertante era il gran numero di europei considerati in grado di battere i cinesi e gli asiatici in generale. In particolare, le indicazioni erano per Boll, Samsonov, Kreanga, il campione in carica Schlager. Alla prova dei fatti, l’unico davvero in grado di sostenere il confronto è Samsonov, a dispetto del fatto che in semifinale sia arrivato Maze, e su quest’ultimo aspetto mi soffermerò più a lungo in seguito. Il bielorusso, campione d’Europa in carica, ha perso col sudcoreano Oh Sang Eun, poi arrivato in semifinale, ma ha sprecato una grande occasione, giocando quasi senza convinzione e cedendo il campo proprio sul suo punto più forte, lo scambio di mezzavolata di rovescio, non seguito dal top di diritto, cosa che Samsonov è perfettamente in grado di fare. Kreanga, potenzialmente pericoloso per chiunque, mostra i limiti quando non è il primo ad attaccare, così ha ceduto al cinese Hao Shuai, non un campione eccelso, ma comunque veloce nell’attacco.
BOLL
Boll ha mostrato ancora una volta i suoi grandi limiti tecnici, che i tecnici europei (a eccezione di Leo Amizic, nettamente il migliore di tutti) si ostinano a non vedere, tanto che a questo punto bisognerebbe chiedersi se non vogliono vederli o non sono in grado. Si comincia dall’assurda posizione delle gambe nella risposta al servizio, troppo larghe, un esempio che nessun ragazzo che comincia a giocare a ping pong dovrebbe seguire. Si continua con un movimento di diritto fuori da qualsiasi canone di armonia del corpo. Quando Boll esegue l’attacco col top di diritto sembra che riceva un colpo di spranga nella schiena, tanto il suo corpo si inarca innaturalmente. Di buono ha il rovescio, grandissimo, l’unico colpo non rovinato da chi lo ha impostato tecnicamente, e una risposta sul tavolo di diritto agli attacchi avversari. Troppo poco per aspirare a essere un vero campione. E a Shanghai non ha dovuto nemmeno aspettare i cinesi più forti per perdere (con Ma Lin, tanto per fare un esempio, ha uno 0-7 da paura nei confronti diretti), è stato eliminato da uno della vecchia guardia, quel Liu Guozheng che è vicino all’addio alla nazionale, dopo essere stato uno degli eroi in passate edizioni dei Mondiali. Il bello è che Boll avrebbe dovuto vincere 4-1 questo incontro, per come si era messo e per quello che si vedeva in campo, con un vantaggio enorme sciupato nell’ultimo set e con un pizzico di sfortuna (spigolo di Liu Guozheng su un matchball di Boll) che però non annulla i demeriti del tedesco. Ma ogni volta che Boll sembrava guidare il gioco, ecco che arrivava l’attacco del cinese a spezzare la sua azione e lui non era mai in grado di dare continuità agli attacchi. Ai Mondiali di Parigi, nel 2003, Boll aveva perso da un giovane cinese Qiu Yike, nemmeno lui un grandissimo giocatore, che aveva semplicemente contrastato gli attacchi di Boll con un efficace block di rovescio, sul quale Boll si trovava sempre fuori posizione, conseguenza questa delle anomalie tecniche, specie nel diritto, che lo portano a essere costantemente sbilanciato. Quindi, c’è sempre un ostacolo, nemmeno tanto alto, che impedisce a Boll di vincere. Arriva qualche successo nei tornei internazionali, ma nei momenti importanti, Campionati europei inclusi, vengono fuori i suoi grandi limiti, dei quali a mio avviso lui ha colpe limitate: sono dovuti al tecnico che lo ha impostato da ragazzo.
SCHLAGER
Per quanto riguarda Schlager, la sua eliminazione da parte del He Zhiwen paradossalmente non dovrebbe nemmeno essere considerata una sorpresa. In realtà, la sua vittoria ai Mondiali di Parigi era stata il frutto di una serie irripetibile di circostanze. E infatti non si sono ripetute. Ha perso con un cinese pennaiolo classico, che usa solo una faccia della racchetta, il che potrebbe sembrare incredibile, ma così non è. Schlager, che è molto intelligente, sa sviluppare un gioco che a va a colpire i punti deboli degli avversari, non solo cinesi. Non trovando più pennaioli classici, ma solo moderni, alla Ma Lin tanto per intenderci, non è abituato a confrontarsi con loro e a trovare le giuste contromisure. Inoltre, contro avversari che sfruttano attacchi improvvisi e anticipano i tempi dei colpi sul tavolo, come fanno i pennaioli classici, si trova in difficoltà perché non è velocissimo. Contro altri tipi di avversari, pure molto veloci, lui sa anticipare le loro intenzioni e quindi farsi trovare pronto. Contro He Zhiwen, ogni colpo era una sofferenza per lui. E così, ha perso.
YOO SEUNG MIN
Come ha perso il campione olimpico, il sudcoreano Yoo Seung Min. Lo scrivo in questo modo perché è il suo vero nome, contrariamente a quanto viene riportato dall’Ittf, che lo chiama Ryu Seung Min, ma anche su questo tornerò in uno dei miei prossimi interventi. Yoo Seung Min (ha lo stesso cognome del primo campione olimpico di singolo, Yoo Nam Kyu) è stata una sorpresa meno rilevante rispetto a quella di Schlager ai Mondiali 2003. In effetti, il suo valore tecnico è molto elevato: veloce e potente, ha sempre dato fastidio ai cinesi, anche se non riusciva mai ad arrivare sino alla fine del torneo con lo stesso livello di gioco. L’incostanza di rendimento, però, non significava che non potesse prima o poi raggiungere un gran risultato, cosa che è avvenuta ad Atene, sia pure con la collaborazione di Wang Hao, il cinese che si sta distinguendo per fallire gli appuntamenti importanti. Yoo Seung Min, dopo la vittoria olimpica, non ha più azzeccato una gara e così è stato anche ai Mondiali di Shanghai, quando ha ceduto all’olandese Heister, soffrendo la sua potenza e non riuscendo quasi mai ad anticiparlo, anzi era Heister che partiva sempre per primo e che avrebbe potuto chiudere addirittura 4-1, sciupando tanto sul 3-1 e risvegliandosi poi sul 3-3.
WALDNER
Un discorso a parte per Waldner, che ogni volta sembra arrivato alla sua ultima manifestazione, ma che puntualmente riappare in quella successiva. Dopo aver superato due turni contro Chou Tung Yu (Taipei) e Moldovan (Norvegia), si è trovato di fronte un muro, Samsonov. E non c’è stato niente da fare, così come era già successo ai Mondiali 2001, a Osaka, quando il risultato fu un imbarazzante 0-3 (soprattutto nei parziali), quando si giocava ancora il vero tennistavolo ai 21 punti. Stavolta, il confronto, pur nel netto 0-4, è stato più equilibrato, Waldner ha fatto comunque bella figura. Il bis del torneo olimpico, quando è arrivato in semifinale, era impossibile, per un semplice motivo. Ad Atene, Waldner aveva costruito la sua impresa grazie a vittorie su due giocatori tatticamente sprovveduti, come Ma Lin e Boll, da lui battuti facilmente. Contro Ma Lin, ha costretto il cinese a forzare gli attacchi, col risultato che Ma Lin è impazzito nel tentativo di chiudere il punto sulla terza palla, quando avrebbe dovuto fare esattamente il contrario, aspettare che Waldner sbagliasse, visto che non può più sopportare lo scambio lungo per evidenti motivi di debolezza fisica. Contro Boll, ha aperto lui il gioco su ogni punto, e Boll non sa cosa fare quando è l’avversario ad attaccare. Ma quando Waldner si è poi trovato di fronte due giocatori , come Yoo Seung Min in semifinale e Wang Liqin nella finale per il terzo posto, non c’è stata partita. La sua immensa classe può ancora reggere, ma fino a un certo punto. Quando si trova davanti un giocatore veloce o potente, non c’è niente da fare, a meno che l’altro non si faccia imbrigliare, cosa accaduta a Ma Lin e Boll, che però, come detto, si distinguono per i loro limiti di comprensione della partita. A discolpa di Ma Lin, comunque, bisogna dire che lui questo limite lo mette in mostra solo quando si fa prendere dalla tensione, visto che ogni giocatore cinese, dal punto di vista tattico, ha una preparazione che i giocatori europei (tranne rare eccezioni) si sognano.
MAZE
Concludo con Maze, acclamato dagli incompetenti come la grande sorpresa dei Mondiali. Per lui, è stato detto, si è trattato di un’ulteriore conferma dopo il bronzo olimpico nel doppio e la vittoria a squadre agli Europei. A questo punto, è opportuna qualche spiegazione. Partiamo dal bronzo olimpico nel doppio, dovuto semplicemente al fatto che l’Ittf ha approvato una regola assurda, che non c’è e non c’è mai stata in alcuno altro sport: i due doppi di una stessa nazione, all’Olimpiade, devono stare dalla stessa parte del tabellone. Per chi non è in malafede, è una regola che va contro qualsiasi principio di sport oltre che contro la Cina. Si decide a tavolino, insomma, chi deve vincere le medaglie. Nel caso specifico, si regalano medaglie alle nazioni più deboli. Così è stato ad Atene. Il bronzo nel doppio alla Danimarca è una bestemmia. Detto questo, passiamo agli Europei, quando la Danimarca ha tratto vantaggio dagli innumerevoli regali degli avversari, che hanno perso partite incredibili contro Bentsen e Tugwell. E Maze, che in teoria avrebbe dovuto garantire i 2 punti, ha perso col “polacco” Wang Zeng (Danimarca da 0-2 a 3-2),, col rumeno Crisan in semifinale (Danimarca-Romania 3-2) e con l’ “austriaco” Chen Weixing in finale (Danimarca da 0-2 a 3-2 con l’Austria). Il risultato del campo è sacro, ma il significato tecnico è tutt’altro.
Messi da parte i cosiddetti “precedenti” benaugurati, torniamo a Shanghai. Al primo turno, Maze batte 4-1 il brasiliano Monteiro, poi soffre col bravo croato Tosic (4-2), va facile col Feng Zhe, e poi, negli ottavi di finale, trova il cinese Wang Hao, che nel turno precedente ha rischiato di uscire con Cheung Yuk, cinese di Hong Kong. Una piccola parentesi: tutti i giocatori e le giocatrici di Hong Kong sono cinesi che vengono da esperienze nella nazionale cinese, non ce n’è neanche uno nato a Hong Kong. Questo Cheung Yuk è stato campione nazionale a squadre nel ’98, con la squadra del Guangdong, insieme a Ma Lin, allora si chiamava Zhang Yu (Cheung Yuk è la traduzione di Zhang Yu in dialetto cantonese). Wang Hao, tranne che nelle finali dell’Ittf Pro Tour 2003, quando vinse la finale (ma rischiando di perderla col giovane Hao Shuai) ha sempre fallito gli appuntamenti mondiali. Vincitore di molti Open internazionali, si blocca quando ha la responsabilità di una grande vittoria, basta vedere quello che è successo ad Atene, quando ha perso la finale olimpica con Yoo Seung Min. Contro il mancino Cheung Yuk, in vantaggio 3-1, si imballa, non controlla gli attacchi veloci dell’avversario e vince soffrendo, 11-8 all’ultimo set. Contro Maze, poi, piomba nel vuoto mentale assoluto. Nettamente superiore sul gioco al tavolo, si fa invischiare nella tattica difensiva di Maze. Il danese, visto che non riesce ad arginare gli attacchi di Wang Hao, si rifugia nella difesa alta, lontano dal tavolo. Wang Hao, incredibilmente, invece di alternare la schiacciata allo stop sul tavolo, si ostina nelle schiacciate a ripetizione. Con la pallina da 40 millimetri, chiudere il punto con la schiacciata alta è quasi impossibile (e questo sarà argomento di un altro mio intervento), così come è assolutamente impossibile la controschiacciata lontana dal tavolo (altro crimine dell’Ittf). E Wang Hao, alla fine, sbaglia sistematicamente l’ultima schiacciata. In tutta la partita, persa 0-4, non ha effettuato un solo stop, per costringere Maze a riavvicinarsi al tavolo. Così, la differenza tecnica abissale fra i due giocatori si trasforma in una barzelletta.
E non è finita, perché nel turno successivo Maze affronta un altro cinese, Hao Shuai, che ha caratteristiche diverse. Wang Hao è un pennaiolo moderno, destro, Hao Shuai impugna all’europea, mancino. Maze non riesce a fermare i suoi attacchi veloci e potenti, si ritrova sotto 0-3 e nel quarto set è 5-9 e 7-10, con tre palle del match per il cinese, che comincia a sbagliare come un pollo. Maze riprende ad alzare le palle e Hao Shuai, proprio come ha fatto Wang Hao, si ostina a voler chiudere il punto con la schiacciata, finendo per impazzire. Anche leui non effettua neanche uno stop sul tavolo in tutte e 7 i set della partita, che finisce col perdere.
Maze è portato in trionfo come un eroe, ma nessuno guarda ai suoi limiti tecnici e ai regali che gli hanno fatto i cinesi. Così, si arriva alla semifinale, contro Ma Lin, che sbaglia solo quando ha paura. Quando gioca tranquillo, capisce bene che impostazione tattica dare alla partita. E la gara con Maze si trasforma in una gigantesca presa in giro da parte di Ma Lin, con il pubblico che prima si entusiasma, poi comincia a ridere di Maze. Succede, infatti, che Maze comincia ad alzare la pallina, come ha fatto con gli altri due cinesi, rifugiandosi nella difesa in lob. Ebbene, sulla prima palla alta, Ma Lin effettua subito uno stop, mentre Maze se ne sta andando tranquillamente lontano dal tavolo, convinto che Ma Li comincerebbe stupidamente a schiacciare. Maze nemmeno tenta di recuperare la palla, perché è sorpreso dallo stop. Ci prova di nuovo subito dopo e Ma Lin, anche questa volta, fa subito lo stop sul tavolo, senza effettuare neanche una schiacciata. Anche stavolta Maze resta fermo. Sulle successive palle alte, Ma Lin continua a non schiacciare e stavolta Maze comincia a tentare un recupero sulla palla corta, ma qui vengono a galla i suoi grossolani limiti tecnici, soprattutto nel movimento delle gambe (che i tecnici europei si ostinano a non voler studiare, magari pensano che le gambe non servano a niente!). Nel tentativo di avvicinarsi rapidamente al tavolo, per recuperare la pallina corta, Maze addirittura si impiccia con le gambe, fino a inciampare e a cadere sotto il tavolo, perché non sa muoversi velocemente e ignora la tecnica di base del movimento delle gambe. Ormai la partita è una barzelletta, ma non è finita ancora. Dopo aver umiliato Maze con gli stop, Ma Lin passa all’affronto finale: comincia lui ad alzare la pallina con un lob di difesa (anche se non ce n’è proprio bisogno), invitando platealmente Maze a schiacciare. E Maze comincia a schiacciare, proprio come hanno fatto Wang Hao e Hao Shuai contro di lui, ed esattamente come loro non riesce a chiudere il punto, finché sbatte la pallina nella rete, fra il boato del pubblico e l’espressione di figlio di buona donna di Ma Lin, che così vendica i suoi compagni di squadra. Maze mostra così il suo effettivo valore, davvero scarso, dal punto di vista tecnico. Anche per lui, vale il discorso fatto per Boll a proposito dei tecnici che lo hanno impostato da ragazzo. Il suo braccio sinistro, che impugna la racchetta, è qualcosa di obbrobrioso: è così disarticolato che sembra il braccio di qualcuno che ha avuto una tripla frattura, non ricomposta. Non c’è assolutamente armonia nel braccio e nei suoi movimenti. A salvarlo è la grande sensibilità del polso, ma questa dote è stata rovinata dal tecnico o dai tecnici che gli hanno dato i primi “insegnamenti”, se vogliamo chiamarli così. Delle gambe già ho detto, uno scempio del manuale della tecnica. Quindi, a dispetto della semifinale mondiale, il mio giudizio su Maze è catastrofico.

LA GARA
E concludo con gli accenni alla gara, che per gran parte già ho descritto parlando dei principali protagonisti. Andiamo avanti un turno alla volta.
PRIMO TURNO
Ci sono da segnare solo un paio di cose. Intanto, la sconfitta di Primorac col difensore greco Gionis. Primorac ormai è alla fine della carriera, e non solo da quest’anno. La sua discesa è molto più netta di quelle di altri campioni che, invece, si mantengono a galla con dignità. L’ultimo suo sussulto è stata la semifinale di Coppa del Mondo, a Jinan nel 2003, perduta con Boll, ma in quel caso la sua vittoria nei quarti di finale, contro Ma Lin, fu solo il coronamento di una partita scorretta da tutti i punti di vista, con Primorac che deliberatamente perse tempo in ogni occasione per far innervosisre Ma Lin, riuscendoci. Un solo esempio per capire cosa fu quella partita, che durò un’ora e 20 minuti con tempo effettivo di gioco di appena 20’. Primorac, che a ogni punto faceva passare almeno 15 secondi prima di piazzarsi al tavolo, chiede il time-out e, alla fine del tempo, si tolse la maglietta per cambiarla (avrebbe dovuto farlo durante il time-out o alla fine del set). A parte quella vittoria su Ma Lin, dovuta a mezzucci non adeguati a un vero sportivo, Primorac non ha più combinato niente, ormai è un ex giocatore. Sempre al primo turno, due vittorie stentate di Kreanga sul difensore Liu Song, 4-3, e di Chuan Chih Yuan, di Taipei, contro il rumeno Andrei Filimon, 4-3. Nel caso di Kreanga, c’è una combinazione di difficoltà contro un difensore e un’alternanza di alti e bassi di forma dovuti anche all’età. Nel caso di Chuan Chih Yuan, invece, c’è da mettere in evidenza il netto calo avuto da questo interessante giocatore da quando non è più sotto le cure di Leo Amizic, che era il suo tecnico nell’Ochsenhausen. Con lui, Chuan era arrivato a vincere le Finali Ittf Pro Tour nel 2002, a Stoccolma. Poi, una serie di prestazioni incolori, dovute soprattutto a tattiche di gioco sbagliate. Un peccato.
SECONDO TURNO
Qui ci sono le (secondo gli incompetenti) sconfitte di Schlager e Yoo Seung Min, che ho già descritto. A queste si aggiunge l’eliminazione di Chuan Chih Yuan, quasi prevista dopo quanto visto nel primo turno: perde 4-3 col giovane giapponese Mizutani, un tipo forte, ma che difficilmente arriverà fra i primissimi del mondo. E perde anche l’altro taiwanese Chiang Peng Lung, 4-1 con l’ex cinese Feng Zhe, uno dei primi pennaioli moderni, sacrificato per tanto tempo in patria e poi emigrato troppo tardi. Fosse andato via prima, lo avremmo visto fra i primi 10 della classifica mondiale per molto tempo. Chiang Peng Lung, pennaiolo classico, è comunque in fase calante da parecchio tempo. E’ sempre spettacolare, ma poco efficace. Fra le vittime illustri, va inserito anche il belga Jean Michel Saive, che perde col tedesco Steger dopo aver condotto 3-0. Saive è un esempio di lottatore, ma stavolta deve arrendersi ala giovane età di Steger, che comunque dimostra freddezza, vincendo gli ultimi due set 14-12 e 12-10. Da notare la vittoria di Li Ching, di Hong Kong (ex Li Jing della nazionale cinese, ha partecipato anche agli Open d’Italia 1996 da cinese), sull’altro ex cinese Chen Weixing, difensore , per 4-3. Li Ching, ex pennaiolo classico, ora parzialmente moderno perché tutti i cinesi si sono adeguati, è un tipo pericoloso a dispetto dell’età, tant’è vero che sarà l’unico, nei sedicesimi, a impensierire Wang Liqin. Un po’ di sofferenza c’è anche per Ma Lin, che vince 4-2 contro il giovane sudcoreano Lee Jung Woo, ma solo perché si addormenta nel secondo e nel terzo set. Interessante, invece, il confronto fra due giovani, il cinese Hao Shuai e il tedesco Suss. Quest’ultimo, indicato come la nuova promessa tedesca, mostra però già notevoli limiti tecnici, fra cui la mancanza di velocità, di cui approfitta senza ritegno Hao Shuai. Inoltre, e più grave, Suss comincia ad avere un comportamento scorretto, si mostra più volte insofferente, soprattutto nel torneo di doppio, quando più volte, platealmente, protesta con gli arbitri. La sensazione fortissima è che si sia montato la testa e che la sua carriera sia finita prima ancora di cominciare. E’ comunque strano il suo comportamento scorretto, perché tutta la squadra tedesca maschile (quella femminile è da squalifica prima ancora di mettere piede in campo) è composta da autentici gentiluomini e sportivi, come Boll, Rosskopf, Fejer Konnerth.
SEDICESIMI DI FINALE
In questo turno non ci sono sorprese, ma solo le avvisaglie di quello che succederà negli ottavi. Intanto, il giapponese Mizutani, giustiziere di Chuan Chih Yuan, torna nei ranghi subendo un 4-0 senza discussioni dallo svedese Karlsson. I cinesi Wang Liqin, Kong Linghui, Chen Qi e Hao Shuai vanno avanti senza problemi, Liu Guozheng deve sudare un po’ contro lo jugoslavo Grujic, uno dei giocatori più tosti in circolazione, ma anche molto bravo dal punto di vista tecnico. L’incontro più interessante è fra il sudcoreano Oh Sang Eun e il russo Smirnov. Finisce 4-3 per Oh Sang Eun, dopo che Smirnov si è trovato sul 3-0. Da quel momento in poi, però, Smirnov non ha più in mano il gioco, che passa nelle mani di Oh, uno dei pochi sudcoreani a impugnare all’europea. Oh Sang Eun è bravo nel gioco veloce di mezza volata, soprattutto col rovescio, ma se la sa cavare anche dalla media distanza, con un diritto molto solido e potente. I suoi movimenti sono molto scolastici e danno la sensazione di essere lenti, ma in realtà non è così, visto che va sempre perfettamente col tempo giusto sulla palla. Infine, altri due cinese, Wang Hao e Ma Lin, per incontri tirati. Wang Hao, come già detto, vince 4-3 con Cheung Yuk, ma più delle difficoltà tecniche, mostra preoccupanti segnali di debolezza psicologica. Gli stessi segnali li manda Ma Lin, che però sa riprendersi dopo essersi trovato 2-3 contro il ceko Korbel, un altro giocatore solido e lineare, forte negli scambi potenti, che dovrebbe essere in difficoltà contro un pennaiolo considerato veloce come Ma Lin. Dico veloce perché ritengo che Ma Lin non lo sia. Come già Liu Guoliang, più della velocità, la sua caratteristica è l’anticipo sul tempo, che dà la sensazione della velocità. Ma se un avversario riesce a andare sullo stesso tempo, o addirittura ad anticiparlo, ecco che Ma Lin appare lento. Così, non è strano che Korbel lo metta in difficoltà e non soffra la sua “velocità”. Ma è pur vero che Ma Lin è forte anche nello scambio lontano dal tavolo, così riesce a superare Korbel con gli scambi potenti e non con la velocità. A proposito di Ma Lin e Wang Hao, che presentano gli stessi sintomi di debolezza psicologica, va precisata una cosa importante. Ai Mondiali di Parigi furono sconfitti da due difensori, l’ex cinese Chen Weixing e il sudcoreano Joo See Hyuk (che a Shanghai, clamorosamente, non ha giocato, dopo essere stato finalista nel 2003), avendo lo stesso tecnico in panchina. Stesso tecnico anche a Shanghai per loro, ed è anche il tecnico che è poi stato sulla panchina di Hao Shuai nella sconfitta con Maze nei quarti di finale. C’è da interrogarsi sulle reali capacità di chi, stando in panchina, subisce tante sconfitte, tutte da giocatori più deboli. Della serie “anche i cinesi hanno tecnici scarsi”.
OTTAVI DI FINALE
E’ il turno della sconfitta di Wang Hao con Maze, di Samsonov con Oh Sang Eun, di Boll con Liu Guozheng, di cui ho già parlato. Ma Lin si riprende e vince facilmente col polacco Blaszczyk, Karlsson soffre ma rimonta da 2-3 e batte He Zhiwen, Hao Shuai si libera 4-2 di Kreanga. Kong Linghui si trova di fronte il compagno di squadra Chen Qi e, come gli succede troppe volte, rinuncia a giocare. Non è una questione di giochi di squadra, posso assicurare che fra gli uomini almeno negli ultimi 10 anni non ce ne sono stati (a diferenza di quanto successo fra le donne). Il problema è che Kong Linghui non è più abituato a soffrire mentalmente e, quando pensa di trovarsi di fronte a un ostacolo insormontabile, non gioca. Nella realtà, Chen Qi non è un avversario imbattibile per lui, ma se Kong Linghui pensa in quel modo non c’è niente da fare. Chen Qi, in effetti, è un giocatore molto potente e veloce, mancino, impugnatura all’europea, che dà l’impressione all’avversario di non poter contrastare i suoi attacchi. Ma se si riesce a superare la prima fase di questa di topspin e schiacciate, si può sperare di batterlo. Naturalmente, sto parlando di giocatori di altissima classe, altrimenti il discorso non si pone proprio, Chen Qi è devastante e basta. E’ esattamente quello che Wang Liqin è stato capace di fare nei suoi incontri precedenti con Chen Qi e che farà di nuovo nel turno successivo. Kong Linghui, invece, si rassegna e perde 4-1. Eppure, la sua grandissima tecnica, la migliore in tutta la storia del tennistavolo, gli permetterebbe di tentare la vittoria. In difficoltà vera, invece, c’è Wang Liqin in questo turno, contro quel Li Ching di cui ho parlato prima. Dopo aver condotto facilmente i primi due set, si fa imbrigliare dagli attacchi veloci di Li Ching, che gli spezza continuamente il ritmo. Wang Liqin, che è abituato ad avere una carburazione lenta (parte quasi al rallentatore, poi accelera e non ce n’è per nessuno), si trova ad affrontare una partita tatticamente contraria alle sua abitudini: partenza veloce e poi rallentamento del ritmo, perciò soffre più del dovuto. Ma è anche vero che al settimo set parte sparato e Li Ching fa solo 5 punti. Nel momento decisivo, Wang Liqin dimostra che il vero duro è lui.
QUARTI DI FINALE
Ho già parlato del match Maze-Hao Shuai. Poche cose da dire a proposito di Ma Lin-Liu Guozheng, senza storia perché Liu Guozheng appare rassegnato sin dal primo punto, tanto da far pensare a un accordo. In realtà, Liu Guozheng non ha alcuna possibilità di battere Ma Lin e questo ha influenza sul tipo di gioco messo in mostra. Karlsson tenta di resistere a Oh Sang Eun, ma la sicurezza del sudcoreano nel gioco di scambi veloci fa la differenza. Infine, Wang Liqin perde i due soliti set con Chen Qi (vince quasi sempre 4-2 con lui), ma, come già detto nelle considerazioni a proposito del turno precedente, ma prende le misure ai suoi attacchi e alla fine è sempre lui ad attaccare per primo.
SEMIFINALI
Ma Lin ridicolizza Maze, vi ho già descritto come. Wang Liqin va sul 3-0 con Oh Sang Eun, perde il quarto set, ma poi chiude senza alcun problema. Lo scambio di rovescio con Oh Sang Eun non è un problema, a dispetto del fatto che alcuni osservatori (i soliti “competenti”) in passato avevano messo in dubbio l’efficacia del suo rovescio. Anzi, Wang Liqin lo ha reso ancora più potente, tanto da mettere in difficoltà Oh Sang Eun e a costringerlo alla semplice ribattuta, senza la spinta potente che il sudcoreano è solito mettere nella pallina colpita di rovescio. Poi, quando Wang Liqin comincia ad attaccare col suo potentissimo topspin di diritto, non si gioca più.

FINALE
Potrebbe sembrare una partita equilibrata, considerando che Ma Lin arriva a condurre 2-1, ma il significato tecnico è diverso. E’ sempre Wang Liqin a guidare il gioco e a impostare gli attacchi. Considerate le caratteristiche tecniche dei due, dovrebbe essere il contrario, col pennaiolo famoso per la sua "terza palla" ad anticipare i colpi. Invece, è Wang Liqin a prendere sul tempo Ma Lin e a farlo risultare "lento", così come ho spiegato prima quando ho parlato della "velocità" di Ma Lin. Wang Liqin è superiore nello scambio sul tavolo, nell’attacco, e, quando Ma Lin riesce ad attaccare per primo, riesce a contrattaccare sia col rovescio che col diritto. Ma Lin, con uno sforzo notevole, riesce a vincere secondo e terzo set, ma poi è Wang Liqin a impostare l’azione e a chiudere. E’ il giusto trionfo di un grandissimo campione e di una scuola, la cinese, che deve proseguire la sua lotta non con le altre nazioni, ma contro l’Ittf.
Appuntamento col singolo femminile, fra pochi giorni.

Drago Rosso parte 1

1 Agosto 2005 da Ping Pong Italia · 2 Commenti 

Lettura di 6 min.

Gli appassionati di tennistavolo hanno un’idea di quello che è avvenuto a Shanghai, ai Mondiali individuali? Certo, conoscono i risultati, sanno chi sono i campioni, ma possono davvero dire di sapere come sono stati questi campionati, che indicazioni tecniche ne sono scaturite, se ci sono state novità di rilievo, come è stata l’organizzazione? Se ognuno di questi appassionati dovesse rispondere sinceramente, potrebbe solo dire “no”, perché le notizie sono state scarse o nulle.
Il problema che vorrei affrontare, quindi, e non solo per quanto riguarda i Mondiali di Shanghai, è quello dell’informazione nel tennistavolo. Credo si tratti di una questione molto grave. Non solo, infatti, questo sport è in sofferenza per lo scarso spazio che gli viene riservato sui quotidiani sportivi e sulla stampa in generale, ma lo è anche per la scarsa quantità e la scarsa qualità delle notizie sui mezzi di informazione specifici del tennistavolo.
Proviamo a ricordare come si fa a sapere cosa succede in una qualsiasi manifestazione, Mondiali inclusi. Si trovano i principali risultati sui quotidiani sportivi (e nemmeno su tutti). Si possono seguire i risultati, con qualche commento, sul sito della Federazione internazionale, l’Ittf, e su quello della Federazione italiana, la Fitet. Si possono vedere alcune fasi delle gare (Europei e Mondiali) su Eurosport, che però ha saltato le fasi finali dell’Olimpiade di Atene perché non c’erano più giocatori europei. A gare concluse, si può leggere qualcosa sul Magazine dell’Ittf e sulla rivista della Fitet, oltre che su quelle delle altre federazioni nazionali.
Insomma, a vedere le gare ci sono solo quelli che hanno un abbonamento alle Tv a pagamento. I risultati e i commenti, inoltre, sono soltanto “ufficiali”, perché su mezzi di informazione che sono gestiti dalle stesse persone, internazionali o nazionali, che organizzano quelle gare. E tante volte i commenti sono affidati agli stessi allenatori o responsabili tecnici delle squadre che partecipano alle gare. Le testimonianze su tutti gli altri aspetti (organizzazione, riuscita dell’avvenimento) sono dei dirigenti dele varie federazioni. Manca completamente, come è facile capire, un qualsiasi spirito critico.
Così, si legge che tutto va bene, che i Mondiali (o altre manifestazioni) sono stati organizzati benissimo, che gli arbitri sono bravissimi, che c’è stato un grande spettacolo. Tutto perfetto, insomma. Del resto, avete mai sentito qualcuno che parla male di se stesso? E non finisce qui, perché ci sono i commenti tecnici sulle gare, che naturalmente assecondano l’andazzo generale: chi vince è il più forte, chi perde è più scarso, mai una spiegazione su quello che succede, mai un chiarimento sul perché ci sia stato un risultato a sorpresa.
Faccio un esempio concreto, così ci capiamo meglio. I Mondiali di Shanghai. Le testimonianze su tutti gli organi di informazione “ufficiali” sono concordi: una organizzazione perfetta, perché è chiaro che in Cina tutto quel che riguarda il tennistavolo è perfetto; Mondiali bellissimi, favolosi, gare interessantissime.
Provo a smantellare questo cumulo di inganni. Comincio a dire che qualcosa di veramente bello c’è stato: il livello tecnico delle gare, con vincitori “veri”, al contrario di precedenti Mondiali; la cerimonia di inaugurazione, favolosa. Detto questo, c’è tantissimo altro di brutto, che non viene citato dai tanti “testimoni” (chiarirò dopo perché metto le virgolette).
Punto primo: l’organizzazione generale. Sono stati i peggiori Mondiali degli ultimi 16 anni. Chi ha parlato di organizzazione perfetta ha citato come esempio solo la cerimonia inaugurale, bellissima come ho già detto, ma non è stato capace di citare nient’altro. Ed ecco com’è andata. I servizi per i giornalisti sono stati inqualificabili. Pensate che non c’era nemmeno l’aggiornamento dei risultati. Non c’erano le schede dei giocatori e si potevano trovare pochissime dichiarazioni degli stessi. A questo si aggiungeva in molti casi l’incompetenza assoluta. Gli addetti al centro stampa non sapevano niente dei protagonisti. Hanno addirittura scritto, in un comunicato ufficiale, che Kong Linghui aveva rivinto il doppio dopo 10 anni, perché lo aveva già vinto nel 1995 a Tianjin. Chiunque abbia un minimo di conoscenza sa che Kong Linghui in quell’anno vinse il singolo e la gara a squadre (pur non giocando la finale), il doppio fu vinto dagli altri cinesi Wang Tao e Lu Lin. I Mondiali di Shanghai, inoltre, sono i primi senza l’opuscolo finale dei risultati completi, perché i responsabili del centro stampa nemmeno sapevano che si dovesse fare, non avevano mai partecipato a una sola edizione dei Mondiali o a qualsiasi gara di tennistavolo.
Ma non è finita. I posti per i giornalisti erano a dir poco ridicoli. La tribuna stampa era fatta malissimo, si potevano vedere i tavoli di gioco solo dalle prime due file, perché l’altezza degli scalini era stata calcolata male, troppo bassi. Dalla terza fila in poi, bisognava alzarsi in piedi per vedere. Può sembrare un’esagerazione, ma è proprio così.
E le pecche, naturalmente, non riguardavano solo i giornalisti, ma tutto, dagli spettatori ai giocatori. Nella sala principale, la disposizione dei tavoli era così sballata che i giocatori per andarci e per poi uscire dovevano effettuare una specie di gimkana. Due tavoli al centro, altri di sguincio, le dimensioni delle aree di gioco tutte diverse l’una dall’altra. La situazione peggiorava nelle altre sale, specie di casbah con tavoli, transenne e posti per il pubblico ammassati uno sull’altro. C’era sì e no un metro e mezzo di spazio fra il pubblico e le transenne. Gli spettatori andavano avanti e indietro senza alcuna interruzione e i giocatori che si trovavano di fronte alle tribunette vedevano sullo sfondo una marea incessante di gente che si muoveva, con ovvio disturbo nella visuale della pallina e della concentrazione. In più, c’erano solo 16 tavoli per il riscaldamento, molto pochi per una manifestazione di questa portata.
Non è stato uno spettacolo degno dei Mondiali e la causa è tutta nella presunzione degli organizzatori di Shanghai, non degli uomini della Federazione cinese, che invece sono fra i migliori al mondo. Ma di tutto questo chi non è andato a Shanghai non ha saputo nulla.
Volontà di nascondere? Certo, c’è la mancanza di spirito critico. Lo trovate un dirigente di una qualsiasi Federazione che dice che le cose sono andate male? Ma c’è anche un altro motivo nella mancanza di informazione quando a garantirla sono solamente fonti “ufficiali”. E arrivo al motivo delle virgolette che prima ho aggiunto alla parola testimoni. I dirigenti di ogni Federazione che vanno ai Mondiali delle gare vedono al massimo il 10 per cento. Non sto esagerando, è proprio così. I dirigenti partecipano alle assemblee che si svolgono durante i Mondiali, stanno tutto il giorno in una sala ad ascoltare relazioni, a discutere e votare nuove regole e nuovi regolamenti, votano per l’elezione degli organismi dell’Ittf e delle varie commissioni. Quando tutto è finito, vanno in palestra e guardano le gare per una mezz’oretta. Molti di loro, inoltre, nemmeno le guardano, perché vanno nelle sale Vip a bere e mangiare e quando vanno nella tribuna Vip nemmeno guardano cosa succede sui tavoli, si mettono a parlare tra loro. E molti, udite udite, si addormentano. Non sto scherzando, ci sono stati giocatori e giocatrici che si sono pubblicamente lamentati per questo che è un vero affronto a loro, fatto da autorevoli rappresentanti internazionali in tante manifestazioni importantissime. Qualcuno, infine, nemmeno aspetta la fine delle gare, ma va a farsi una gita in qualche bel posto famoso, cosa che è capitata anche in Cina.
E allora, quale testimonianza mai potranno portare una volta tornati nei loro paesi, cosa mai scriveranno sulle riviste delle loro federazioni? Diranno che è stato tutto meraviglioso, l’organizzazione era perfetta e che sono stati Mondiali grandissimi.
Ma le vere indicazioni riuscirete mai ad averle? Saprete per esempio che un arbitro è stato cacciato per aver detto il falso quando è stato interrogato dalla Commissione tecnica a proposito di un episodio controverso? Nessuno ve lo dirà, ma è quello che è successo ai Mondiali di Parigi 2003.
E nessuno vi dirà che ai Mondiali a squadre 2004 in Qatar sono scoppiate le polemiche sugli arbitri per la loro sbagliata applicazione della regola sul servizio. Uno degli arbitri, addirittura, chiese che fosse espulso uno spettatore che stava protestando per le sue decisioni, a riprova del fatto che gli arbitri pensano di poter comandare su tutto, non solo sui giocatori. E gli esempi potrebbero continuare all’infinito.
Ma quello che è importante sottolineare è la mancanza di informazione per tutti gli appassionati, tenuti al buio per malafede o per semplice incompetenza. Il vero tennistavolo, purtroppo, è ancora un mistero. Le verità “ufficiali” devono essere cancellate. Ed è quello che proverò a fare. Appuntamento ai miei prossimi interventi tecnici sui Mondiali di Shanghai, gara per gara, e a quelli su tanti altri aspetti, dalle nuove regole agli arbitri alla regressione tecnica di questo sport che viene spacciata per evoluzione.

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